Emanuele, padre delle sue figlie, che avrebbe condiviso con lei venti anni di vita, era entrato prepotentemente nella sua mente, in una serata in cui entrambi avevano, come era di consuetudine in quel periodo, bevuto molto: travisati per festeggiare il Carnevale, in una bellissima villa, ospiti di una festa organizzata da un’amica di Valentina, si erano ritrovati faccia a faccia, in coda per utilizzare i bagni.
L’attrazione sprigionata dai loro corpi, l’intesa dei loro sguardi, è stata una calamita e le parole biascicate, non sono state sicuramente l’elemento determinante, per chiudere la serata per ultimi, seduti in terra, sotto un tavolo, prima di unire le loro lingue, in macchina di lei, nel parcheggio ricavato tra gli olivi.
Le rispettive compagnie di amici li avevano abbandonati e lasciati soli a vivere il loro primo momento di intimità: per la prima volta si sono assaporati, concessi ed esplorati.
Ogni tentativo di lui, di andare oltre i sensuali baci, era stato vano, per la resistenza di lei, che a fronte di una estrema voglia di lasciarsi andare, contrapponeva la fermezza delle regole, che pilotavano le sue emozioni.
Già concedersi dopo poche ore, anche semplicemente assaporando un corpo estraneo, testimoniava con assoluta certezza, l’impatto devastante che Emanuele le aveva provocato.
In quel periodo, appena compiuti i trenta anni, lei era un fiore di una bellezza unica e rara: fisico tonico, modellato da anni di karate, accompagnato da una eleganza naturale nel rendere celestiale i suoi movimenti su tacchi anche molto alti, che sembravano assolutamente prosecuzione dei suoi arti.
Qualsiasi capo indossava, proveniente esclusivamente da bancarelle a basso prezzo, poteva sicuramente esibirli nelle sfilate di Milano, Parigi, New York o Londra.
Le caviglie sottili, da cui partivano le fibre che delineavano i suoi polpacci, erano il delizioso preambolo alle sue cosce tornite, che reggevano i suoi glutei, irresistibili per essere impastati e modellati con le mani.
Ventre piatto, su cui sopra si ergevano due bellissime tette, di una terza misura, con grandi aureole e capezzoli sempre turgidi.
Capelli mori lunghi, occhi scuri, naso ossuto e ben delineato, labbra definite e sottili: tutto sempre arricchito da un ricercato trucco e scelta di accessori non banali.
Eleganza, sensualità, cura di ogni minimo dettaglio, ode alla femminilità del suo corpo, contrapposta al suo carattere ispido e spigoloso.
Entrambi, appena usciti da storie a cui avevano dedicato non attimi, ma alcuni anni della loro vita, si erano ritrovati attratti da istinti diversi: Emanuele visceralmente estasiato alla sua vista, aveva dinnanzi la donna, che sprigionava ogni suo più estremo desiderio erotico; Valentina completamente assuefatta sia mentalmente che fisicamente.
Dopo essersi conosciuti alla festa di Carnevale, avevano passato intere nottate insieme sul letto matrimoniale di lui: non appena la sua fica veniva sollecitata, il suo corpo scivolava via, come una biscia disturbata dal lancio di un sasso di un essere umano nello specchio d’acqua dove stava riposando.
Davanti a lui, fin dall’inizio, si delineava la complessità e la particolarità della femmina che aveva incontrato e che avrebbe per molto tempo rappresentato un mix di emozioni e ricerca di soluzioni, per plasmare i desideri e bisogni di entrambi: figlio unico, sempre abituato ad ottenere ciò che chiedeva senza nessuno sforzo, il destino gli aveva regalato uno splendido giocattolo, che però necessitava di comprensione del libretto delle istruzioni per funzionare.
Erano gli anni di Università. Dopo averlo conosciuto e iniziato a frequentarlo, Valentina era al settimo cielo: ogni sera, il rientro era a casa di Emanuele, diventata ormai la sua dimora.
Lui l’attendeva, spesso dormendo, non partecipando a tutte le sue serate di divertimento, che coincidevano con ogni giorno della settimana: rientrava, quasi sempre sbronza, ed in abiti succinti, che facevano pensare a tutti i maschi che la incrociavano, ad una facile da portarsi a letto.
Una gran fica che qualsiasi uomo avrebbe chiavato, ma che lui non riusciva a possedere, mettendo in atto ciò che fino ad allora aveva utilizzato nelle sue esperienze pregresse: era diversa e costantemente scombussolava, i piani che la sua mente pianificava.
Durante un fine settimana in Francia, in Camargue, fine maggio, in occasione del ritrovo annuale dei gitani di tutta Europa, per la prima volta a distanza di due mesi dal loro primo incontro, i loro corpi si sono uniti: in una camera fredda, ma non per loro, il suo cazzo finalmente era entrato nel suo corridoio accogliente ed intriso di umori.
Baciandosi, lui sopra e lei sotto, è andato in scena il cortometraggio, che potrebbe racchiudere l’essenza di tutta la loro vita insieme.
“Godo, sto godendo!!!”.
E Valentina, con voce alta, sgranando gli occhi: “Stai scherzando vero?”.
Rinvenire la chiave per poter aprire la sua cassaforte e godere di tutto ciò che vi era custodito e che si presentava alla sua vista, è stata una costante per molti anni.
L’abitudine e la rigidità a vivere il sesso, finora esplorato con altre donne, lo hanno reso insensibile ad ascoltare ciò che lei gli trasmetteva: questo, lo ha portato spesso ad essere insoddisfatto e non appagato, nonostante quella donna liberasse dal suo corpo, estremo godimento, semplicemente accarezzando ed annusando la sua pelle, indipendentemente dalla stimolazione fisica dei suoi punti erogeni.
In preda ad un potentissimo orgasmo, era arrivata anche la richiesta di lei, che lui aveva sempre sognato:
“Mettimelo nel culo”.
A queste parole, lui ha goduto immediatamente, non resistendo alla forte eccitazione. Erano i primi anni della loro convivenza, e mai più si è ripresentata una situazione simile ed una richiesta così esplicita di lei.
Hanno sempre vissuto le loro emozioni su due piani diversi, senza mai riuscire ad allinearli e sovrapporli, in modo da godere completamente entrambi l’uno dell’altra: tutto ciò che ruotava attorno al sesso non è mai stato oggetto di confronto e sempre confinato come un argomento tabù.
Nonostante la passera di Valentina, fosse costantemente un lago, che certificava l’assoluta attrazione verso il corpo di lui, Emanuele difficilmente si sentiva il maschio Alfa dominante e fautore dei suoi orgasmi: viveva il godimento di lei, come frutto di appagamento mentale e la costante richiesta di continuare a scoparla, in coincidenza con la sua eiaculazione, non faceva altro che avvalorare questa tesi.
Non è mai riuscito a farle piacere le sue mani che stimolavano la sua fica, la sua lingua che perlustrava il suo clitoride, il suo membro che si donava alle sue labbra, le sue dita che le sfioravano i capezzoli.
Quasi sempre il risultato era completamente il contrario di quello che lui avrebbe desiderato: fastidio di lei e pubblicità ad interrompere il momento clou del film proiettato sullo schermo.
Aveva una donna completamente devota a lui, ma che non è mai riuscito a tenere salda per le redini, guidandola nella strada che aveva ben impresso nella sua mente: rimanere contrariato, deluso, dovevano essere lo stimolo per capire che ciò di cui lei aveva bisogno, era di essere indirizzata; i suoi atteggiamenti erano richieste di essere educata, con dolce fermezza e rigidità.