I sogni di Manila, una bambola romantica
E come ogni mese sono qui a fare i conti, a fare quadrare ogni singolo centesimo per le spese da affrontare, dalle bollette all’affitto di casa, che si racchiude in pochissimi metri quadrati ma a me basta. Ho l’essenziale in queste quattro mura che ho reso più confortevoli possibile, con una tenda glicine, un tappeto di mille colori, un divanetto in Alcantara blu e un grande quadro con l’immagine di New York di notte… oddio, quante volte ho guardato minuziosamente ogni particolare per fantasticare e volare con la mente in quei posti meravigliosi e immaginare di vivere in quella parte del mondo. Ahimè, rimarrà solo un sogno, con quello che guadagno tra pulizie nelle case delle signore e le poche ore da baby Sitter al pomeriggio, devo solo ringraziare di poter mangiare la sera. D’altronde non conosco nessun’altro posto. Non ho mai potuto viaggiare.. pazienza! Vuol dire che continuerò a viaggiare col pensiero che anche se ho 40 anni, ho sempre ringraziato per quello che ho avuto e mi sono sempre accontentata di poco. Nata e vissuta al Sud da famiglia onesta e umile ho imparato a tenermi stretta il lavoro che ho, qualunque esso sia, visto che non ho altra scelta, pur avendo un diploma di segretaria. Oh cavolo! Devo sbrigarmi, faccio colazione veloce, e poi prendo i soliti mezzi per spostarmi. Ho sempre desiderato una piccola auto tutta per me, sì infatti la posso solo sognare… -Manila svegliaaaa è impossibile! A malapena si riesce a mangiare!
Indosso i miei jeans chiari, stivaletto nero, maglia aderente con scollo a V, tracolla e il mio inseparabile giubbino corto di pelle. Un eyeliner, mascara, fard e un rossetto chiaro Matt. Indosso un sorriso e vado a lavoro come ogni giorno.
Un’altra giornata è terminata e sono davanti alla fermata del tram…


– Cavolo, stasera ho fatto tardissimo, sono le 21, però ho guadagnato qualcosa in più per lo straordinario. Cazzo quanto mi angoscia stare qui alla fermata, la zona della Stazione è proprio brutta. Quanta fatica per guadagnarsi la pagnotta, meno male che domani è sabato e non lavoro, voglio dormire un po’di più. Pensare che quando ero una 14 enne mi era stato proposto di fare la modella e andare a Milano, la mia famiglia era contraria e io ero troppo giovane per ribellarmi, forse non piaceva nemmeno a me l’idea di allontanarmi da casa…di sicuro se fossi diventata famosa non sarei stata qui alla fermata a guardare ogni secondo l’orologio. Stasera non sembra voler passare il tram. M’incammino, almeno faccio strada, tanto il tram deve passare da qui e in tal caso lo prendo al volo. Mentre cammino ogni tanto do un’occhiata dietro. Ci sono due tipi che non mi piacciono proprio, mi sembra di averli visti poco prima in stazione.
Tutte le volte che mi giro fanno dei sorrisetti, non sono per niente tranquilla, uno di loro mi dice qualcosa… non ho capito bene ma di sicuro non era nulla di carino. Aumento il passo e loro fanno lo stesso, mi tremano le mani, cerco di prendere il cellulare dalla borsa e che cazzo non è possibile che non lo trovo in una borsa così piccola….eccolo l’ho trovato! Hanno il passo più veloce, mi tremano le gambe, nemmeno li ho guardati bene in viso per descriverli. Ad un certo punto vedo una macchina nera. E’ un SUV. Si ferma di colpo e scende un uomo che, con aria di sfida, li guarda in malo modo come a dir loro: “avvicinatevi che vi spacco il culo”.


A quel punto i due cambiano strada e si dirigono verso un vicolo. Il tipo mi domanda se va’ tutto bene e mi dice che aveva capito che quei tipi non avevano buone intenzioni. Quel signore si appresta a farmi salire in macchina per accompagnarmi e io senza pensarci due volte, accetto! Salita in macchina mi chiedo: “Ma chi cazzo è questo? Potrebbe essere un serial killer!”- io che ero cresciuta con la frase: “Non accettare nulla dagli sconosciuti, non fidarti mai degli estranei” Ecco che invece ero in macchina di uno sconosciuto. Una volta partiti lo ringraziai timidamente, ero ancora impaurita e comunque non ero del tutto tranquilla in macchina con questo tizio. Ogni tanto senza farmene accorgere, lo guardavo velocemente per scolpire nella mia mente i suoi lineamenti. Era un bell’uomo, aveva all’incirca un 55 anni, alto, capelli corti brizzolati, sbarbato e gli occhi dell’autunno…gli occhi che danno sul castano al verdastro. Li ho sempre chiamati così, perché mi ricordano le foglie in autunno. Lo ringraziai e gli dissi:
-Io sono Manila.


Lui rispose:
-Io sono Giorgio.
Notai una catenina al suo collo con una piccola iniziale: la D.
Durante il tragitto parlammo un po’ del più e del meno fino ad arrivare a destinazione. Scesi dalla macchina; era una Range Rover (neanche sapevo su che auto ero salita). Mi salutò e andò via!
Un pensiero mi gelò il sangue: non avevo detto dove abitavo, come faceva quel tipo a conoscere il mio indirizzo? Salii le scale velocemente e chiusi la porta con i ferri interni. Cercavo il cellulare dalla borsa per chiamare la mia amica e vidi un biglietto scritto a mano.
“Conosco tutto di te, non avere paura ti prego, se domani accetterai il mio invito ti spiegherò ogni cosa. Alle 22 un taxi sarà sotto casa tua, ti prego vieni da me!…firmato Giorgio!”


Quella notte non chiusi occhio, avevo mille pensieri che mi frullavano in testa, in fin dei conti non lo conoscevo, non sapevo chi fosse… poteva essere un serial killer, un delinquente, uno spacciatore, però il  capire chi fosse era più forte di ogni altra cosa. Tutto il sabato trascorse con ansia, avevo un misto di sensazioni. La ragione mi diceva di non andare, la parte folle del mio essere mi diceva il contrario. Alle 20,30 bussarono alla porta. Qualcuno aveva lasciato una grande scatola col nastro bianco. Guardai intorno e non c’era nessuno, sembrava essere arrivato dal nulla. Rientro in casa apro quella scatola con una tale emozione e curiosità che sembravo una che riceveva il suo giocattolo! Dentro c’era un vestito a dir poco strano, un abito rosa con un fiocco dietro di tulle, mi ricordava i vestiti delle bambole. Dentro c’erano scarpe di vernice nera a occhi di bue, calzettoni traforati bianchi, mutandine con un merletto, un cerchietto col nastrino in raso.
-Oddio lo sapevo, è uno psicopatico!
All’interno c’era un biglietto con su scritto:
-Ti prego, indossa quest’abito, metti mascara alle ciglia e un bel rossetto rosso fuoco. Non sono matto, giuro, vieni da me!
Indossai quell’abito con tutto il resto degli accessori, c’era anche un profumo che sapeva di fragola. Mi misi un soprabito e scesi sotto casa. Il taxi era lì ad aspettarmi! Mi vergognavo e non osavo alzare lo sguardo. Arrivammo davanti ad una villa, stavo per pagare ma l’autista mi disse che era tutto a posto così.


Scesi dalla macchina e i miei occhi si riempirono davanti a quella villa da favola. Notai che al cancello bianco c’era scritto “Villa Dezia” e ripensai alla medaglietta che portava al collo… Chi era Dezia??
Arrivai davanti la porta d’ingresso e mi accolse un maggiordomo distinto, tutto d’un pezzo, mi tolsi il cappottino e mi vergognavo come una ladra, mi sentivo ridicola, eppure quel maggiordomo sembrava non fare caso al mio strano abbigliamento. Mi aprì una grande porta bianca dipinta ed entrai in un mega salone, mi sembrava di stare in paradiso! Divani e mobili bianchi, tappeti, cuscini e tende sul bordeaux, ogni particolare era curato. All’improvviso arrivò Giorgio, era davvero un bellissimo uomo. C’erano dei particolari del suo viso che non avevo notato la sera prima. Indossava una giacca da camera, verde scura. Mi salutò con molta delicatezza e mi fece accomodare. Stavo per chiedergli cosa ci facessi lì e cosa stava accadendo ma lui mi disse di aspettare un attimo, solo un attimo! Mi guardava incantato ed emozionato in ogni particolare e anche se ero lontana da lui potevo sentire il suo battito cardiaco. Notai una foto su un ripiano di fronte al divano e istintivamente mi alzai per guardarla. Rimasi scioccata!! Quella donna in foto sembravo io! Con gli occhi spalancati guardai lui e gli chiesi chi fosse quella donna. Lui mi disse che era la donna di cui era stato da sempre innamorato follemente e che l’aveva conosciuta ad un ricevimento, lei a quel tempo era una cameriera e lui se ne innamorò perdutamente. Lei era Dezia. Lo accontentava in tutto, nel suo gioco perverso e in cambio lui la copriva di soldi, gioielli e quant’altro. Mi confidò che una mattina mi vide per caso alla fermata del bus e rimase scioccato per la somiglianza con Dezia e per un attimo aveva pensato che fossi lei. Cominciò a seguirmi e a indagare sulla mia vita e in pochissimo tempo era al corrente di tutto su di me.
Chiesi a cosa si riferisse quando diceva “gioco perverso”. Mi prese per mano e mi portò in una stanza piena di bambole, tutte diverse, vestiti e capelli di diverso colore ma ad altezza umana. Lui disse che ogni sera ne sceglieva una da portare a letto con lui per farci sesso. Mi disse che Dezia era stata l’unica donna che si era prestata a quel gioco ma che un giorno sparì e non si fece più vedere.
Guardai quelle bambole inquietanti…Giorgio era alle mie spalle, ci pensai un minuto e forse per la prima volta non stavo facendo la cosa giusta…ma dove mi aveva portato la vita nel fare la cosa giusta? Proprio a niente, ero stanca, senza soldi, con la voglia di realizzare qualche piccolo desiderio. Io non vivevo… “sopravvivevo”! Desideravo ogni cosa e, a chi stavo facendo del male? A nessuno! Lo facevo solo a me! Accettai di getto! Dissi di “Sì”, sarò il tuo giocattolo!


Giorgio era strafelice come un bimbo alla vigilia di Natale. Mi guardò e il suo sguardo cambiò in un attimo; mi disse di stare ferma e zitta tutto il tempo del gioco, non potevo né parlare, né ribellarmi! Ricordo che mi disse… “Strappa per qualche ora il cuore dal tuo petto e il gioco sarà più facile per te, le   bambole non hanno l’anima!” Feci un grande respiro, avevo il cuore in gola e mi sedetti sulla panca accanto alle altre bambole! Dopo qualche minuto si avvicinò e cominciò a guardarmi vicino, guardava i miei occhi e la mia bocca col rossetto rosso ciliegia, mi annusava per sentire quell’odore di fragola, mi spostò delicatamente il ciuffo dalla fronte. Rimasi immobile come una statua. Le sue mani andarono sotto il vestitino rosa e spostandomi le mutandine cominciò a toccarmi delicatamente la vagina depilata, era liscia, carnosa…mi sussurrò all’orecchio e mi disse: -Sembra di velluto, devo vedere quanto è profonda!- e smanettava le sue dita lussuriose dentro la mia vagina. Io, come una vera bambola, non potevo emettere nessun tipo di lamento. Quando finì di tastarmi la vagina, mi strusciò la sua cappella in viso e sulle labbra. Lo eccitava vedere il rossetto sul cazzo bagnato. Mi aprì la bocca con due dita e lo ficcò in bocca piano piano e poi forte forte, mi diceva che gli piaceva vedere la sborra sul mio visetto di porcellana. Mi mise in piedi e mi tolse le mutandine bianche di merletto, ordinò di fare pipì in piedi mentre mi penetrava il retto con le dita e con il bastone che apparteneva al nonno. Ricordo che quel bastone elegante aveva l’impugnatura con la testa di un leone! Direi una bugia se dicessi che in certi momenti non l’ho vissuta come una violenza ma cercavo di pensare che quella, era la chiave giusta per aprire la porta verso un altro mondo. Trattenni le lacrime con fatica, sia per il dolore fisico, che per l’umiliazione! Dio mio! Che stavo facendo??
Giorgio mi prese in braccio per portarmi sul letto e io rimasi rigida e immobile come una bambola.
“E adesso che vorrà ancora da me?”, pensai! Mi allargò le gambe, lui si spogliò di ogni indumento e si mise addosso a me. Avevo paura di guardarlo e cercavo di pensare a cose che non c’entravano nulla in quel momento orrendo e strano.
Giorgio mi allargò la vagina con le dita e mi mise un intruglio gelatinoso, non so cosa fosse, ricordo l’odore, sembrava muschio o una cosa del genere. Il suo corpo schiacciava il mio mentre mi penetrava e  ansimava con affanno. Da sopra il vestitino mi stringeva i capezzoli duri, provavo dolore ma resistetti. Mi sborrò dentro come un fiume in piena, ficcandomi dentro la bocca la sua lingua morbida e vogliosa.
Si accasciò stanco a peso morto su di me. Ad un certo punto mi sussurrò all’orecchio: -Sei stata bravissima Angelo mio. Puoi rivestirti con tutto il tempo che ti occorre, senza fretta.


Giorgio uscì dalla stanza e io mi ricomposi, mi guardai allo specchio e mi misi a piangere, mi sentii strana, non riesco nemmeno a descriverlo. Uscita dalla camera trovai Giorgio ad aspettarmi. Si era dato una sistemata anche lui. Venne verso di me, mi abbracciò forte al suo petto e mi disse che gli avevo regalato la felicità. Mi diede un assegno, io non ebbi il coraggio di guardare e lo salutai… mi accarezzò il viso e mi disse: -Tornerai da me, lo so!
Fuori dalla Villa c’era lo stesso taxi ad aspettarmi. Avevo lo sguardo perso nel vuoto, guardavo fuori ma pensavo a tutt’altro e non mi sembrava l’ora di tornare nella mia piccola casa. Feci le scale di fretta e una volta chiusa la porta andai a farmi una doccia e a mettere il mio pigiama. Prima di sedermi sul letto andai a prendere la borsa e tremante aprii l’assegno…non credevo ai miei occhi, erano diecimila euro!!! Oddio che sensazione strana! Ero felice! Tutti quei soldi erano miei! Nei mesi successivi ci furono tantissimi altri incontri e quello che mi sembrava perverso, cominciò a tramutarsi in una piacevole normalità. Giorgio era il mio sostegno. In poco tempo mi regalò un appartamento lussuosissimo e l’auto tanto desiderata! Finalmente avevo soldi e presto lui realizzò il sogno tanto voluto per il mio futuro! Mi aprii un elegante B&B da incanto! Ora volevo pensare solo al mio futuro!


Continuo ad andare ogni settimana da Giorgio…forse per lui sono sempre la sosia dell’unica donna importante della sua vita!
Lui per me è, e sarà, l’unico mio grande Amore ❤️


Racconto di Manila, cod. 111. Chiamala per avere maggiori dettagli sull’avventura che hai appena letto o per crearne una nuova assieme
 


 


 


https://www.rubyrouge.it/come-una-bambola/

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