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Quella sera, Marco si trovava al registratore di cassa del negozio di biancheria intima di sua sorella. Poche ore prima, gli aveva detto che le lampadine di entrambi i camerini si erano bruciate, e voleva fare una corsa a comprarne di nuove quella sera stessa. Perciò, chiese a Marco di sostituirla per l'ultima mezz'ora.
"Non preoccuparti", disse lei al fratello venticinquenne, "a quest'ora non viene mai nessuno a fare compere. Se non dovessi tornare prima della chiusura, chiudi tu il negozio. Ti lascio la chiave nella serratura".
Marco annuì e salutò la sorella, che aprì la porta e se andò.
Il negozio di biancheria intima era abbastanza grande, e offriva un vasto assortimento di reggiseni, slip e ogni altro capo di biancheria, di qualsiasi forma, colore, tessuto o taglia, dai più modesti ai più audaci. Per qualche motivo, sembrava che i camerini fossero grandi proporzionalmente al negozio. Non erano i soliti camerini quadrati di ampiezza essenziale e sufficiente, ma erano delle vere e proprie stanze con luci proprie, morbida moquette, una comoda sedia per sedersi o appoggiare i vestiti, un piccolo tavolino per appoggiare i propri effetti personali - sedia e tavolino ambedue contro la parete frontale -, un grande specchio sulla parete di sinistra e una lunga tenda che toccava terra. Per ovviare alle luci guaste, la sorella di Marco aveva poggiato sui tavolini di entrambi i camerini un piccolo vassoio con una candela, schermata da una campana di vetro con un piccolo buco sulla parte superiore, per evitare che la fiamma venisse a contatto coi capi di biancheria. Le due grandi vetrine, poiché in allestimento, erano interamente coperte da fogli di giornale, cosicché era impossibile guadare all'interno. La porta d'ingresso, di solito aperta, era chiusa, sicché era quasi impossibile capire se il negozio fosse aperto o chiuso, se non fosse stato per la vetrofania sulla porta, indicante gli orari d'apertura.
Improvvisamente, la porta si aprì. Ne spuntò una donna dalle linee sinuose e dalle forme generose, con lunghi capelli castani, leggermente mossi, legati in una coda. Indossava una camicetta bianca talmente stretta che i pochi bottoni allacciati in corrispondenza del petto rischiavano di saltare via, una gonna nera molto aderente, che risaltava le sue forme e che faceva intravedere un perizoma sgambato rosso che spuntava dai lati, e un paio di tacchi a spillo che ticchettavano ogni volta che li posava a terra per camminare. Dietro la camicetta bianca, un reggiseno nero alquanto stretto, i cui ganci minacciavano di spezzarsi da un momento all'altro, che metteva in mostra una parte del suo seno generoso. La figura appena entrata, una donna ventisettenne di nome Elena, si avvicinò alla casa con le mani sui fianchi e camminando come se fosse su una passerella, i suoi seni che rimbalzavano vistosamente a ogni passo: tale visione fu sufficiente a creare un gonfiore nei pantaloni di Marco. Elena si parò davanti al bancone, poggiò le mani su di esso, e senza tanti giri di parole arrivò al punto: "Mi serve un reggiseno più grande per le mie enormi tette. Quello che ho adesso mi sta soffocando", disse, con un tono quasi sofferente e languido. Poi, inaspettatamente, si portò le mani dietro la schiena per qualche secondo, infilò la destra sotto la camicetta, si sfilò il reggiseno che stava indossando, e lo lanciò in parte a lei. Il suo seno libero accentuò ancora di più la scollatura sotto la camicetta mezza sbottonata, e i capezzoli che spingevano contro il tessuto si intravedevano facilmente. Marco dovette trattenersi da spalancare la bocca, e il suo gonfiore crebbe ancora di più. Col cuore a mille, Marco frugò con poca attenzione in un cesto di biancheria sotto il bancone, e porse a Elena un reggiseno push-up in pizzo rosso. Quello che non sapeva è che le aveva involontariamente dato un reggiseno di taglia terza, mentre lei vestiva una quarta abbondante. Elena prese il reggiseno, lo guardò per qualche momento e sorrise a Marco. Mentre stava ancheggiando verso uno dei due camerini dietro il bancone, disse con voce seducente, quasi a se stessa: "Non chiuderò del tutto la tenda perché ho veramente tanto caldo. Spero che nessuno guarderà dentro il camerino mentre sarò quasi completamente nuda", marcando in particolar modo l'ultima parole. Marco deglutì a fatica, e sentì il suo pene spingere contro il tessuto dei jeans. Non riuscì a resistere nemmeno per un secondo, e si avvicinò al camerino scelto da Elena, dove la tenda era leggermente scostata. Era girata verso sinistra, ovvero verso lo specchio, e aveva appoggiato il reggiseno e la sua borsetta per terra, sulla moquette. Aveva scostato il lembo di tenda opposto allo spiraglio da cui era entrata, quindi Marco non la vedeva di fronte a sé, ma di tre quarti. Si sbottonò la camicetta bianca e la gettò alle sue spalle, liberando le sue enormi tette. Le prese tra le mani e cominciò a sollevarle, prima accompagnandole coi palmi, poi facendole rimbalzare su e giù, le agitò e le scosse tenendole in mano, contro di esse e ancora su e giù; poi, simulando a gesti un'improvvisa vampata di calore, le appoggiò contro lo specchio freddo, facendosi scappare un soffice gemito; ancora, staccatasi dallo specchio, le premette con le mani contro il petto, rendendole ancora più grandi, dapprima verso lo specchio, successivamente torcendo il petto verso Marco, offrendole ai suoi occhi, coperte, senza smettere di guardare il suo riflesso. La luce della candela, unica fonte d'illuminazione nella stanza, rendeva il corpo di Elena ancora più lucente e sinuoso, ed esaltava maggiormente le sue forme. Dopo questo spettacolo, in cui il pene di Marco sussultava a ogni balzo del seno di Elena, questa si decise a provare il reggiseno. Dopo averlo preso, lo agganciò sull'addome, lo girò nella posizione corretta, infilò le spalline e lo tirò su, ma fu del tutto inutile: non c'era modo per quel reggiseno di poter coprire interamente una quarta abbondante. Elena fece finta di essere sorpresa, e continuò a tirare su il reggiseno, ora dalle spalline, ora dalla fascia, inutilmente; a un certo punto lo prese dalle coppe e cominciò a tirarlo su saltellando, facendo vistosamente rimbalzare il suo seno in quel reggiseno minuscolo. Alla fine, si arrese, e dal punto di vista di Marco sembrava che fosse riuscita a infilarlo. Indossò la camicetta allacciando pochi bottoni, ancora meno di quelli allacciati prima di entrare nel camerino, e si diresse verso la tenda. Marco non se ne rese conto in tempo ed Elena aprì completamente la tenda del camerino, presentandosi di fronte a lui in una visione di erotismo senza precedenti. La camicetta, così sbottonata, rivelava il reggiseno rosso che conteneva a malapena metà del seno, i cui ben visibili capezzoli rosei, non coperti dal pizzo e rigidi per l'impatto con lo specchio freddo, puntavano dritti verso Marco. Elena, con le mani sui fianchi, ne sollevò una per prendere Marco per il colletto della maglietta e lo tirò nel camerino, riscaldato dalla fiamma della candela, e chiuse nuovamente la tenda. Lo spinse contro la parete libera, di destra, e premette il seno contro il suo petto.
"Ti è piaciuto darmi un reggiseno troppo stretto per le mie tette, eh? Guardarmi mentre continuavano a rimbalzare nell'inutile tentativo di infilare quel reggiseno", disse con voce seducente.
Marco era incapace di parlare, intrappolato tra la parete e quella donna voluttuosa. Elena gli sfiorò le labbra con le sue, e l'erezione di Marco divenne ancora più vistosa.
"Adesso... Dovrai seguire le mie istruzioni", aggiunse.
Aprì la tenda, prese la sedia del camerino e la pose sulla soglia di esso.
"Siediti qui", disse.
Marco fece come gli fu detto, si posizionò davanti alla sedia e, prima che potesse accovacciarsi, Elena lo spinse a sedere su di essa. Senza dargli il tempo di pensare, si sedette sopra di lui, rivolta frontalmente, e gli strappò la maglietta in due metà, lasciandolo a petto nudo. Fatto ciò, si lanciò in un bacio appassionato, le sue labbra carnose che premevano contro quelle di Marco, le loro lingue che danzavano.
"Ora... stai... fermo", disse lei, rompendo il bacio.
Si inginocchiò di fronte a lui, e ovviamente non poté fare a meno di notare il gonfiore nei suoi jeans.
"Vedo che sei molto teso in questa zona", disse lei con voce seducente. "Vorrei aiutarti a sciogliere la tensione. Ti dispiacerebbe se dessi un'occhiata più... ravvicinata?"
Senza nemmeno attendere una risposta, Elena abbassò completamente la zip dei jeans, guardando Marco con occhi languidi e scoprendo la punta del suo membro. Poi, dopo un paio di secondi, senza distogliere lo sguardo e sorridendo, con un singolo movimento delle mani tirò i suoi pantaloni all'altezza della vita, e il pene palpitante di Marco finalmente rimbalzò fuori. Elena lo vide e trasalì, poi prese i jeans di Marco dalle caviglie e si liberò di loro.
"Oh mamma...", disse lei, afferrandolo in mano. "È enorme".
Passò la sua lingua sulla lunga asta eretta, e quando arrivò alla punta Marco ebbe un sussultò ed emise un debole gemito. Elena sorrise e cominciò a baciarlo e leccarlo con grande vigore, ora solo l'asta, ora solo la punta, su e giù o con movimenti circolari della lingua, facendo sussultare di piacere Marco, che doveva tenersi ai braccioli per non ribaltarsi. Dopo aver bagnato completamente il suo pene, riversando su esso una grande quantità di saliva, da cima a fondo, Elena si alzò e si diresse verso la porta del negozio. Chiuse la porta a chiave, facendo scattare la serratura; poi, estrasse la chiave e la gettò per terra. Fatto ciò, tornò da Marco, si chinò verso di lui e si sbottonò completamente la camicetta, mentre lui guardava ipnotizzato la scollatura e lo stretto reggiseno rosso. Fatto ciò, si avvicinò al ragazzo e si sedette di nuovo su di lui.
"So che le stai fissando da quando sono entrata nel camerino. È la tua occasione per giocarci", disse, dopo aver liberato il suo seno dalle costrizioni delle coppe.
Elena prese le mani di Marco e le mise sui suoi seni, e il ragazzo cominciò a stringerle e a scuoterle, ipnotizzato.
"Forse dovresti guardare più da vicino", disse lei, e senza attendere risposta prese Marco per la nuca e fece affondare la sua faccia tra le sue tette, scuotendole contro il suo volto, mentre lui baciava e leccava i capezzoli, facendola eccitare ancor di più. A causa di ciò, Elena continuava a muovere il bacino sul pene di Marco, avanti e indietro, sentendone la lunghezza sul sottile lembo di tessuto rosso che lo separava dalla sua femminilità, e la delicata frizione manteneva viva l'erezione del ragazzo. Dopo un paio di minuti, Elena staccò il suo seno, ormai completamente umido, dalle labbra di Marco, e, ancora con la camicetta aperta indosso, si inginocchiò e inserì il pene del ragazzo tra i suoi seni, li strinse attorno alla circonferenza e cominciò a muoverli su e giù, dapprima piano, poi aumentando il ritmo di tanto in tanto. Marco sentì il suo pene ingabbiato nella carne bollente di Elena e cominciò a sussultare e a gemere piano, e quando lei capì che stava per esplodere, lo lasciò andare, baciando e leccando piano la punta. Si alzò, si diresse dietro la sedia e la rovesciò in avanti, facendo cadere Marco, completamente nudo, sulla moquette del camerino, supino. Si sbarazzò della sedia, lanciandola fuori dal camerino; poi si tolse la camicetta e buttò anch'essa fuori dalla stanza, i suoi capezzoli e il suo seno all'aria; dopodiché, diede le spalle a Marco, ancora sdraiato, e si chinò a mano a mano che si abbassava la gonna, facendola infine cadere sul pavimento e offrendo al ragazzo la visione del suo fondoschiena sodo, incorniciato da un reggicalze rosso, e del perizoma che copriva ben poco di ciò che Marco desiderava vedere. Mentre era chinata, Elena si sganciò i tacchi dalle caviglie e, una volta giratasi verso Marco, scalciò all'aria, facendo volare i tacchi sopra la testa del ragazzo, rimanendo soltanto in intimo, facendo palpitare il pene eretto di Marco. Infine, si sganciò il reggiseno e se lo tolse dalla testa, come se fosse una maglietta, facendo rimbalzare il suo enorme seno. Tirò completamente la tenda del camerino ed estrasse una bottiglietta d'acqua dalla sua borsetta. Dopodiché, sfilò la campana di vetro e versò dell'acqua sulla fiamma della candela, spegnendola. Ora, il camerino era completamente immerso in una sensuale penombra, illuminato soltanto dalla luce fioca delle lampade del negozio, che penetrava dagli spiragli della tenda, illuminando tenuamente i corpi caldi dei due. Elena si inginocchiò sopra Marco e, con un movimento veloce, si strappò il perizoma rosso e lo gettò sul ragazzo, coprendogli parzialmente gli occhi; poi, versò dell'acqua sul suo petto e sul suo pene eretto, che sussultò all'impatto, successivamente versò la rimanente sulle sue grandi tette. Strofinò per qualche secondo la vulva liscia sul pene rigido di Marco, guardandolo mentre si contorceva dal piacere. Inserì il pene del ragazzo nella sua femminilità, gemendo, e, dopo essersi sciolta i capelli, cominciò a cavalcarlo lentamente e gentilmente; poi, dopo avergli dato un soffice bacio sulle labbra, premette le mani contro il suo petto nudo e aumentò l'intensità sempre di più, cavalcandolo con una passione incontenibile e gemendo di piacere a ogni salto, mentre lui la teneva per i fianchi per aiutarla a muoversi e sollevava il capo per cercare di baciarle il seno e i capezzoli. Dopo un paio di minuti di gemiti e urla di piacere, Marco si arrese alla passione ed esplose dentro di lei. Elena venne contemporaneamente, e fece ricadere il pene di Marco dopo pochi secondi, inondata dal suo orgasmo, mentre riversava sull'asta parte del liquido bianco, che usciva dalla sua femminilità a piccoli fioti. Dopo pochi minuti di baci appassionati, Elena si alzò da un Marco completamente esausto, si rivestì e uscì dal camerino. Raccolse la chiave che aveva gettato per terra, aprì la porta e se ne andò dopo aver sorriso a Marco, ancora sdraiato esausto nel camerino. Mentre camminava per strada, pensò che sarebbe tornata spesso in quel negozio di biancheria intima.