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 Si ritorna sempre nel luogo in cui si è stati bene. Avrebbe dovuto metterlo in conto questo Michela prima di giurare che non avrebbe più fatto visita al bungalow. O forse non avrebbe dovuto ingannarsi sulla sua forza di volontà. Ad ogni modo, come una tossica che dopo la prima botta si illude di potersi fermare facilmente e fallisce, la donna era ritornata qualche sera dopo il misfatto proprio sulla scena dell’incidente. L’edificio rosso era lì solo soletto in mezzo al verde e al canto delle cicale: la porta aperta e nessun occhio indiscreto all’orizzonte.  


 “Probabilmente a quest’ora staccano da lavoro e si fidano a tal punto dei clienti che non hanno bisogno di chiudere la porta. In effetti i clienti sono già tutti ricchissimi...”. Questo si era detta la direttrice e aveva indugiato per qualche secondo sul da farsi: in piedi, con un vestitino azzurro e le scarpe da tennis, come davanti a un precipizio; buttarsi o restare nella comfort zone? Aveva infine deciso di entrare per la seconda volta nel bungalow. Era già bagnata ed accaldata quando aveva varcato la soglia della stanza delle videoregistrazioni, aveva passato in rassegna i monitor e aveva scelto. Michela si era sentita come seduta all’interno di un cinema completamente vuoto e con la libertà di scegliere tra tutti i film del mondo. I suoi occhi si erano posati sul monitor che al momento riportava l’interno della stanza 566: gli ospiti della suddetta stanza sono Jhonny S e Marco Aquilotto, due rapper che alla stampa e sui social hanno sempre negato di essere gay, Michela aveva sempre sospettato invece avessero una storia e qualche volta ci aveva fantasticato sopra. Alla donna il sesso fra uomini eccita da impazzire. Aveva preso posto sulla poltrona nera compiacendosi che riportasse ancora gli aloni del proprio trasudo, si era sollevata il vestitino azzurro e aveva rivolto le attenzioni alla propria micetta rosa fresca di depilazione. Più che una micetta sembrava in realtà una tigre affamata che ringhia e sbava sulla sua preda. La donna aveva usato due dita per aprirsi le grandi labbra prima di iniziare a sfregarsi il clitoride. Jhonny S era inginocchiato davanti a Marco Aquilotto preso a succhiargli l’uccello e a stringergli le chiappe. Michela aveva raggiunto velocemente l’orgasmo preannunciato dal solito pizzicore ai capezzoli: l’orgasmo era stato meno violento rispetto a quello della sera precedente ma soddisfacente. La donna aveva poi pensato di scattarsi delle foto lì seminuda da inviare al marito, magari per cercare di ravvivare sessualmente il rapporto morto sotto quel punto di vista oppure per sentirsi meno in colpa; di fatto aveva afferrato il telefono e si era scattata delle foto ma non aveva avuto il coraggio di inviarle dandosi della sciocca.  


 Anche ieri sera Michela si è recata al bungalow. E’ successo però qualcosa che non si aspettava. Probabilmente avrebbe potuto evitarlo se solo non fosse diventata tanto sicura di sé. Non ha controllato con la circospezione delle prime due volte né l’assenza di strani rumori né quella di tracce fresche di fango sul pavimento. Una distrazione ha dato seguito a tutti gli eventi successivi. Michela si è fiondata dentro l’edificio con il solo pensiero di sfogare la stanchezza e la tensione di una giornata di lavoro. In hotel si era rotta la caldaia ed era stato duro avere a che fare con tecnici pigri. Così questa volta appena socchiusa dietro di sé la porta della stanza la donna si è spogliata: ha lasciato che le spalline del vestitino scivolassero via così come anche le mutandine bianche ricamate con orli di pizzo già imbrattate visibilmente di succo di fica; ha poi lasciato quegli indumenti per terra scalvandoli; si è stiracchiata sulla poltrona e abbracciandosi per un momento le ginocchia ha portato le gambe sulla scrivania di fronte. Voleva trovare la posizione giusta che le consentisse una penetrazione più profonda. Dopodiché, Michela ha scelto come le altre volte la videoregistrazione con cui trastullarsi e ha dato inizio come le altre volte alla masturbazione. Tutto come le altre volte eccetto per la sensazione insistente di venir osservata. Ci sono voluti dieci minuti buoni affinché si accorgesse che in effetti non era più sola nella stanza.  


 Un omaccione di 1,80 m per almeno 90 kg era entrato abilmente senza far rumore: si ergeva davanti la porta con il pennacchio in mano e i calzoni abbassati; l’uomo si stava segando. Michela è stata allora presa dal panico ma non l’ha dato a vedere. Cosa poteva fare? Urlare? Scappare nuda fuori dal bungalow? Nel bungalow non doveva esserci e in fondo non conosceva le intenzioni dell’uomo. Chi era? L’uomo, che ha una lunga barba rossa e pochi capelli dello stesso colore, continuava a menarsi il cazzo fissandola. Con la coda dell’occhio la direttrice ha quindi cercato di mettere maggiormente a fuoco l’immagine; non era possibile che non lo conoscesse, conosceva tutti all’interno del resort. L’uomo si chiama Giulio e lavora per l’agenzia di videosorveglianza, quella è la sua postazione di lavoro. A questo punto Giulio ha capito che Michela si è accorta di lui e le ha sorriso beffardamente. Ha aperto la mano libera dal segone mostrando cosa aveva in mano. Gli occhi di Michela si sono spalancati di stupore, Giulio aveva in mano delle mutandine bianche. se l’è portate sopra naso e bocca e ha inspirato. Lei non ricordava già più di aver abbandonato per la foga le mutandine sul pavimento. Tuttavia, l’uomo non sembrava avere intenzioni di aggredirla. Meglio continuare come nulla fosse. La donna ha ripreso a fissare vacuamente lo schermo e ad accarezzarsi i genitali benché in maniera impacciata e meccanica. Ci sono voluti cinque minuti affinché si accorgesse che quella situazione aveva in realtà qualcosa di molto eccitante. Una parte di Michela desiderava che quell’uomo si avvicinasse e le afferrasse con forza bruta la testa portandosela al pube; una parte di Michela voleva che quel mezzo sconosciuto trovasse il coraggio di scoparle la gola trattandola da troia. Così il focus della masturbazione si è spostato naturalmente dalla scena sullo schermo alla fantasia di sottomissione di Michela. Si sentiva di star tradendo il marito, anche se ancora solo con il pensiero, ma ciò la faceva gemere di più. Quando la donna è infine venuta voltandosi non ha però più visto l’uomo: se n’era andato e aveva portato via con sé il suo intimo. Anzi, non vedendo macchie di sperma a terra veniva da pensare Giulio ci avesse sborrato sopra... 


 Non avrebbe più dovuto avvicinarsi al bungalow, per nessuna ragione. Inoltre, doveva sperare di non incrociare presto lo sguardo del rosso: se l’era scampata bella, se fosse stato qualcun altro magari le avrebbe dato due colpi in testa e si sarebbe approfittato del suo corpo inerme. Eppure, nel pomeriggio la direttrice è stata colta da uno stupido moto di rabbia. “Cazzo, non posso credere che abbia rubato le mie mutandine. Le rivoglio”, così ha preso in prestito dal magazzino dell’hotel una racchetta da tennis meditando la sua vendetta. Stasera si è acquattata dietro una delle siepi che circonda l’edificio rosso. Se qualcuno la vedesse potrebbe quasi pensare sul serio che si sia persa dopo una partita di tennis: indossa i pantaloncini di tuta e la t-shirt bianca, in mano la racchetta che impugna come una mazza. 


 Michela non ha la certezza che l’uomo si faccia vedere ma conta sul fatto che l’abbia individuata come preda e ora ne vada a caccia. Avrà allora una spiacevole sorpresa perché la preda si è armata ed è diventata cacciatrice. Una luna crescente è alta in cielo e le stelle appaiono ammiccanti. Ed ecco che compare una figura ancora in lontananza. Si tratta evidentemente di un uomo e regge in mano una bottiglia di vetro. Si avvicina. La ragazza suda freddo e respira piano. Giulio si porta la bottiglia alla bocca, ne beve un sorso e rutta. Non è certo il ritratto dell’eleganza. E’ sicura che stia sorridendo mentre si pulisce le scarpe allo zerbino ed entra in quello che è il suo ufficio. Attende una decina di secondi prima di seguirlo. Porta più in alto la racchetta-mazza, deve essere pronta. Il piano è quello di colpirlo in testa, metterlo ko e costringerlo a farsi dare le mutandine. Le avrà con sé? Non è sicura neanche di ciò ma se non le avesse in tasca lo costringerebbe ad andare a prenderle. Non può impedire che un’ondata di calore le accenda la fica al pensiero della sua biancheria sborrata da un uomo diverso da suo marito. Tuttavia, le tocca reprimere queste sensazioni. In punta di piedi Michela si muove nella penombra, l’uomo non ha chiuso fortunatamente la porta alle sue spalle. La donna entra nell’edificio e si domanda che direzione abbia preso il predatore ora preda...Ma certo, non può essere tornato che nella stanza delle videoregistrazioni: lì ci lavora e sempre lì ha beccato la preda masturbarsi. C’è poco tempo se vuole coglierlo di sorpresa. Apre velocemente la porta interna di quegli uffici e sferra una racchettata contro Giulio! 


 Per una frazione di secondo Giulio fa in tempo a notare la donna e a parare con l’avambraccio il colpo. Perde un po’ di sangue, niente di grave. E’ sorpreso ma nel suo volto non si legge rancore: “Cosa diamine avevi in mente di fare?”. Fa una pausa, Michela evita il suo sguardo e non risponde. Lui continua: “Ti sono venuto a cercare. Volevo restituirti queste. Sta tranquilla, le ho lavate” e porge a Michela le sue mutandine bianche. Sono pulite. Per essere un pervertito è gentile ma forse è ipocrita. Non è stata forse lei a violare una proprietà privata e per diverse volte? Non è stata forse lei a violare l’intimità dei suoi clienti facendone oggetto di autoerotismo? Esatto, lei è almeno pervertita quanto lui. Possibile che sia più pervertita di lui, una sgualdrina. Lo conferma il fatto che ora la sua vagina sta colando, lo conferma il fatto che un brivido di piacere le percorre la schiena ogni volta che si dà della troia.  


 “Su quali ospiti ti sgrilletterai stasera?” 


 La domanda dell’uomo la imbarazza. Le guance di Michela si infiammano. Si aspetta sul serio che si sgrilletti ancora una volta davanti a un mezzo sconosciuto? Di certo niente nel tono di voce di Giulio suggerisce scherno o strafottenza. Giulio ribadisce il concetto: “”Non penso ci sia nulla di male. Tu ti masturberai guardando loro, io mi masturberò guardando te. Sei bellissima mentre ti tocchi. E’ maledettamente serio ed è convinto non ci sia nulla di sconveniente. Sa almeno che è sposata? Senza alcun dubbio. Ora che la stanza è illuminata ha notato più volte il suo sguardo correre alla fede d’argento. Giulio sa che la donna è tentata di spogliarsi all’istante e dar sfogo al suo desiderio. Sembra penetrarle l’anima con i suoi occhi verdi. D’altro canto, se Michela rifiutasse non sarebbe certa l’assenza di conseguenze. Michela chiude gli occhi, si riempie i polmoni con un lungo respiro e inizia a denudarsi: per primo leva la maglietta lasciandosi però il reggiseno viola e poi giù anche pantaloncini e mutandine anch’esse viola. Questa volta non lascerà però gli indumenti alla mercé di Giulio. Si avvicina alla scrivania e si siede. Apre le gambe: sono bianchissime e di sicuro morbide, Forse dovrebbe usare una crema protettiva meno forte quando prende il sole. Con la coda dell’occhio vede che l’uomo si slaccia la cinta e cala i bermuda neri. Alla luce della lampada appare in tutta la sua rozzezza: una pancia pelosa straborda da una canotta grigia, ha le mani callose e su una spalla ha una rosa tatuata come se ne vedono tante in giro; ha un cazzo di dimensioni medie percorso da innumerevoli piccole vene, la cappella è grossa e rossissima. La sta sbranando con gli occhi. La direttrice finge di guardare uno dei tanti schermi mentre si tocca un seno e gioca ad aprire e chiudere le grandi labbra. In realtà anche lei sta fantasticando su di lui. Gemiti attraversano la stanza sebbene Michela non vorrebbe. Di risposta l’arnese del pervertito sembra farsi più imponente. Michela è ormai costretta a chiudere gli occhi per non tradire la direzione del suo sguardo. Si morde un labbro. Forse se non avesse chiuso gli occhi le cose sarebbe andate diversamente. Quando riapre gli occhi è sul punto di venire ma ha lo sguardo turbato: Giulio si è mosso verso di lei e ora è di fronte a lei. Giulio allunga una mano e intreccia le sue dita alle dita della mano che la donna ha sul seno; delicatamente trascina la mano di Michela sul suo cazzo. La donna ha il cervello in pappa, non sa se vuole o può fermarlo. “Vuoi?”, a queste parole non ha dubbi su cosa fare e comincia la sega. Entrambi sono sul punto di esplodere in un orgasmo. Prima che possa succedere Giulio prende il viso della donna e avvicina il suo, la bacia. Nessuno dei due può reggere oltre e il bacio si fa più intenso. Le due lingue fanno mulinello: si intrecciano, si scambiano salive e si amano. Giulio schizza due volte. Parte della sborra si riversa sulla mano della donna ma qualche schizzo finisce per arrivarle intorno all’ombelico. Michela è esterrefatta: ha segato davvero un uomo diverso da suo marito e lo ha fatto con la mano della fede.


  


 Per qualche giorno sarò fuori città. Perciò non so quando riuscirò a pubblicare il terzo capitolo di questa storia ma arriverà. 


 

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