"Devo portarti in un posto stasera."


"Stasera? Ma stasera in centro c'è la notte bianca. Io vorrei fare shopping."


"No, Chiara. Tu stasera vieni con me."


Non dimenticherò mai quel sabato sera. Elisa era strana in quel periodo, era diversa. A volte la vedevo guardare nel vuoto ed iniziare a sorridere mentre sognava letteralmente ad occhi aperti. Io le parlavo e spesso nemmeno mi ascoltava. Io non sapevo perchè. Era palese che avesse un segreto e non me ne volesse parlare. Non subito almeno. Quella sera il suo segreto divenne anche il mio. Iniziò a dirmi qualcosa in più mentre mi portava in macchina fuori città.


"Ti spiego Chiara... C'è questo posto che non è proprio una villa. Non è nemmeno una cascina da agriturismo. Più che altro è una struttura dove tengono animali speciali."


"Cioè quindi il tuo grande segreto è un bioparco?"


"Ma quale bioparco? Ahahahah... Lo vedrai da te."


Elisa parcheggiò la macchina in uno spiazzo di fronte ad un alto cancello chiuso ed a delle mura coperte in cima da dell'edera. Sembrava l'ingresso di un cimitero più che di un posto dove tenessero "animali speciali". Le luci dei lampioni davano un aspetto ancora più spettrale a quel posto. Poteva benissimo essere la location di un film dell'orrore. Ad Elisa piaceva, era eccitatissima. Mi prese per mano, camminammo seguendo il perimetro delle mura fino a dove arrivava la luce dei lampioni e poi oltre. Con la torcia del suo telefono la mia amica mi mostrò una rete metallica squarciata, era l'ingresso abusivo da cui lei era abituata ad entrare.


"Questa è violazione di proprietà privata Eli. è reato."


"Ma figurati! In questo posto vigono ben altre regole. Ahahahahah."


Entrammo. Finimmo in una specie di boschetto dove c'era una puzza di merda assurda. Penso di averne calpestata anche un bel po'. Sarei dovuta essere in centro a guardare le vetrine della notte bianca e invece ero lì a camminare su un tappeto di escrementi turandomi il naso. Mi sembrava assurdo ma quello era niente rispetto a ciò che vidi dopo. Uscimmo dalla vegetazione e vidi grandi gabbie disposte ordinatamente in file con ai lati ganci su cui erano appesi collari e pettorine di vario tipo. Era un canile.


"Scusa Eli ma tu mi hai portata fin qui per vedere un canile?"


"Non è un canile. Qui sono ospitati animali speciali. Te l'ho gia detto. Ahahahahah."


Elisa rideva continuamente. Mi chiedevo come facesse a sentirsi a suo agio in quel posto che manteneva un aspetto inquietante anche al suo interno. C'era un silenzio opprimente. Vedevo una specie di container più in fondo che sarebbe potuto essere la guardiola di un custode, ma le luci erano spente. Sembrava non ci fosse anima viva ma non era così. Elisa non aveva perso tempo e si era subito avvicinata alla gabbia di uno di quei misteriosi animali speciali. La sentivo fare la voce da scema di quando veniva a casa mia ed accarezzava il mio gatto.


Mi avvicinai anche io a quella gabbia. Dentro non c'era un gatto e nemmeno un cane. C'era un uomo. Potete non crederci, potete smettere di leggere se volete. Io ho bisogno di confessare quello che ho visto perchè senno impazzisco. Ero scioccata allora come lo sono in parte anche oggi. Non è facile assistere a certe cose. Per Elisa sembrava normalissimo fare una sega al cazzo duro di quell'uomo nudo che spingeva sè stesso contro la grata che lo teneva richiuso per far sporgere fuori il suo pene da una rotonda fessura. Io ero senza parole, la mia amica invece ne aveva a volontà per trattare quell'essere umano come fosse un animale in cattività.


"Bravo Togo (era il nome scritto sulla targa della gabbia.) Bravo cucciolone. Resta così che ti faccio un bella sega."


Non ce la facevo a guardarla mentre masturbava quell'uomo. Vidi le altre gabbie, mi forzavo a pensare che non era possibile fossero occupate da altri uomini ma mi bastò passare in rassegna gli angusti rifugi metallici affianco a quello di Togo per rendermi conto di trovarmi in quello che pareva un vero e proprio girone infernale. Gli ospiti (o prigionieri) di quelle cucce maleodoranti erano tutti uomini nudi e sporchi come gli spazi che avevano a disposizione. Che peccati avevano compiuto queste persone per essere imprigionati in una simile bolgia?


Vidi anche un rapporto sessuale. L'ultima gabbia in fondo alla fila deteneva due maschi, sentii i loro versi animaleschi e mi avvicinai. Lessi la targhetta coi nomi, Pepe e Kobi.  Il maschio passivo era messo a quattro zampe offrendo il sedere al suo partner. Era impossibile vederlo in faccia, la parte superiore del suo corpo era nascosta in un giacilio di coperte sporche e logore. Alle sue spalle c'era un maschio più giovane che si stava scopando come un forsennato quel compagno di cuccia sottomesso e docile. Fu allora che per un attimo io persi il controllo. Confesso che mi eccitai. Mi avvicinai alla grata da cui li spiavo e con una mano iniziai ad accarezzarmi l'inguine. Ricordo la tentazione di allentare la cintura dei miei jeans prima di fermarmi e di ricordarmi che non ero allo zoo e loro non erano bestie. Non volevo farmi corrompere da quell'ambiente così malsano. Dovevo resistere. 


Pepe e Kobi. Come si chiamavano davvero? Cosa facevano nelle loro vite prima di finire in questo posto orrendo? Mi facevo queste e tante altre domande su di loro fino a che non iniziai a sentire la squillante risata di Elisa fendere il silenzio.


La rotonda feritoia da cui Togo spingeva fuori il suo grosso membro era diventata una trappola e la colpa era tutta di Elisa che mi spiegò con orgoglio cosa aveva fatto.


"Ahahahahahah. Povero Togo! Ogni volta che lo sego gli accarezzo anche le palle e lui, imbottito di testosterone com'è, non resiste. Deve spingere anche i suoi gioielli fuori da quel buco merdoso. Ci casca sempre. Sempre!"


I genitali di quell'uomo erano incastrati nella feritoia. la cosa che mi faceva più impressione era però che non dicesse una parola per lamentarsi ma ringhiasse e guaisse come fosse un cane vero. Come poteva credere davvero di essere un animale? Come è possibile fottere la mente di un essere umano così tanto?


Elisa continuava a guardare Togo e continuava a ridere. Non la riconoscevo più. Sembrava un'altra persona rispetto alla ragazza che conoscevo. Avevamo condiviso esperienze, concerti e vacanze assieme eppure io quel suo sadismo io non l'avevo mai visto. Quel posto che a me sembrava l'inferno lei lo considerava un divertentissimo parco giochi e non vedeva l'ora di correre verso la prossima attrazione. Mi prese per mano per trascinare anche me lungo quel vergognoso giro turistico.


"Vieni Chiara! Lasciamo Togo. Che si arrangi. C'è molto altro da vedere."


Io seguii Elisa tra le viuzze di quel canile orrendamente riconvertito a prigione. Passammo davanti a cucce con uomini che guaivano ed abbaiavano cercando di attirare la nostra attenzione proprio come fanno i cani tenuti in cattività davanti a dei potenziali padroni. Alcuni muovevano il sedere in modo strano, penso volessero scodincolare pur non avendo la coda. Scene disturbanti rese ancor più grevi dalle luci giallognole e soffuse dei lampioni sparsi in quella proprietà che davano ai reclusi un che di grottesco. Elisa gli ignorava mentre mi conduceva verso un altro punto di quel luogo promettendomi nuove sconcertanti scoperte.


"Non hai visto ancora niente Chiara. In questo posto gli animali speciali non vengono solamente reclusi. Lei ci fa molto altro."


"Lei chi?"


Elisa non rispose.


Chiunque fosse questa fantomatica lei aveva senza dubbio delle velleità artistiche. C'era una sua opera in quel suo aberrante canile, la piazzetta del vinto. Appena fuori dalle lunghe file di gabbie vidi questo rotondo spiazzo a metà strada tra i cancelli chiusi ed il container giù al fondo. Calpestammo la ghiaia arrivando alla fontana che c'era al centro. Non scorderò mai quella fontana. Due vasche ovali separate da uno spazio in cui c'erano gli alti rubinetti a forma di collo di cigno da cui sgorgava l'acqua. Nello spazio che divideva le vasche c'era anche lui, il vinto. Un uomo nudo e parecchio in carne costretto da un giogo di legno a stare fermo a novanta gradi sotto la luce di un lampione. Ai suoi piedi c'era una targa su cui c'erano scritte alcune frasi che spiegavano la ragione d'essere di quella crudele installazione. 


La targa recitava così: "Vinto dalla sua stupidità. Vinto dalla sua boria. Vinto dal suo arrogante desiderio di essere più di una bestia mentendo a sè stesso.". C'era scritto anche altro ma non ricordo il testo completo.


Più guardavo quell'uomo nudo, rotondo e corpulento e più mi appariva grottesco. Mi faceva pena. Non era trattato da uomo nè da cane. Non era stato reso un animale speciale. Era diventato un oggetto costretto a tenere quella degradante posizione per essere una morbida statua di carne e grasso.


"Non lo guardare così Chiara. Ti sembra un corpo sofferente? Vedi com'è in carne? Ha goduto fin troppo dei piaceri della vita."


Che stronza Elisa! Si avvicinò a lui e lo infastidì ficcando un suo dito indice nei rotolini di ciccia che coprivano i fianchi di quell'uomo. Anche lui come gli altri chiusi nelle cucce non disse una parola, protestò sommessamente con dei grugniti. Elisa rise sentendo quei versi poi poggiò una mano sulle larghe natiche di quel povero soggetto ed il suo volto si fece di colpo severo.


"Sei proprio un gran bel porcellone! Questo però non è posto per porci. Questo è un ricovero per animali speciali. Animali che abbaiano, guaiscono e latrano come fanno i cani. Animali che non grugniscono."


Elisa iniziò a far scorrere le dita della sua mano su quelle grandi chiappe sformate dall'adipe. All'inizio usò i polpastrelli poi le unghie per infastidire quell'uomo vinto che si credeva un suino.


L'ennesimo suo grugnito fece perdere la pazienza ad Elisa che tirò un violento ceffone sul quel grosso sedere.


CIAFF!


Lo ricordo ancora quello sberlone. Io sobbalzai come se a riceverlo fossi stata io. Il suo schiocco si riverberò come un eco che passò tra le file di cucce attorno alla piazzetta. Sentii abbaiare quei cani che non erano cani, sentii gli abbai spaventati di coloro che quel trattamento forse lo aveva già sperimentato e chissà in quale gabbia si trovavano. Abbai vicini e lontani, abbai sinistri e strazianti che avrebbero sciolto il cuore di chiunque. Chiunque non fosse Elisa. La mia amica andò avanti a tormentare quel povero sventurato non solo con le mani ma anche a parole.


"Sei stupido oltrechè grasso? Non capisci che quando soffri devi guaire?"


Un altro grugnito e ad Elisa tornò a prudere la mano.


CIAFF! CIAFF!


Due schiaffoni pesanti, uno per gluteo. Altro rumore che alimentò abbai e latrati di tanti uomini non più uomini rinchiusi in quel canile. Era tutto così assurdo e così sbagliato. Non potevo più sopportare quella situazione. Dovevo fare qualcosa. Sbottai.


"Basta! BASTAAA!"


Mi avvicinai ad Elisa. Gli strinsi la mano per impedirle di colpire ancora. Lei mi guardò incredula.


"Guarda Chiara che questo ammasso di lardo è stato messo qui apposta per essere maltrattato. Non l'hai capito?"


"E tu non capisci che è una persona? Che ha una dignità?"


"Dignità? Ma che dignità vuoi che abbia questo grassone? Scommetti che se vado a ravanare sotto trovo il suo imbarazzante microcazzetto? E poi cosa credi? Che se fosse stato un uomo vero sarebbe finito qua dentro?"


"Io..."


"Guardalo. Sei davvero sicura che la sua vita sarebbe migliore fuori di qui?"


Io guardai quell'uomo grasso e nudo, lo sentii grugnire e le parole per difenderlo mi mancavano. Elisa invece aveva nuove argomentazioni.


"Stare dentro la società è dura Chiara. Molto dura. C'è chi impara a starci e c'è chi non ce la fa. Per questi ultimi questo canile è il rifugio dove arrendersi, liberarsi della gravosa condizione di essere umano e diventare bestia. Anche se non sembra scelgono loro questa vita inferiore e semplificata. Dormire, mangiare, scopare e fare i bisogni. Tutto qui. A loro basta. E non è colpa mia se sono loro a scegliere di degradarsi così."


"Ma tu che ne sai? Chi ti ha detto tutte queste cose?"


"Me le ha dette lei."


Elisa indicò qualcuno alle mie spalle mentre il suo viso si addolcì di colpo. Io mi voltai e mi prese un colpo. Dietro di me c'era questa donna vestita di nero con un impermeabile di pelle scuro come i suoi stivali e come i guanti che aveva alle mani. Penso che quella donna avesse superato i quarant'anni ciononostante aveva ancora i capelli ricci e nerissimi e gli occhi sottili ed un po' esotici. Guardai quella donna misteriosa e guardai Elisa che aveva per lei uno sguardo pieno di ammirazione.


"Dottoressa Silvia! Buonasera! Sta facendo un lavoro magnifico. Ogni volta che torno vedo più cucce e più animali speciali. Io... io la stimo da morire."


La dottoressa Silvia rispose a quei complimenti con un leggero sorriso poi guardò me. Non mi conosceva e su di me i miei occhi si fecero seri. Elisa la aizzava.


"Glielo dica dottoressa. Glielo faccia capire lei che questi reietti hanno bisogno di questo posto."


Lo sguardo della dottoressa Silvia era duro da reggere tanto che io abbassai gli occhi posandoli sulla spessa cinghia di cuoio che teneva tra le mani che non valeva come una laurea ma di certo era un attestato di cosa sapesse fare. Quello strumento faceva male solo a guardarlo ed io tenni lo sguardo intimorito sulla superficie scura e vissuta di quella dura striscia che aveva sicuramente dispensato dolore a chissà quanti sventurati.


Anche la dottoressa Silvia mi disse che tutti quei soggetti reclusi erano lì perchè nel suo canile avevano trovato il loro posto nel mondo. Lei affermava che in quelle piccole ed anguste cucce maleodoranti erano più al sicuro che nella vita vera ed anche il grasso uomo costretto a fare il vinto di quella fontana era lì perchè lo voleva. Io facevo fatica a crederlo. Guardavo la carne ed il sedere di lui ma ero scettica.


"Provi pena per Porky?"


"P-Porky?"


"Porky. Così si chiama questo suino."


"Non è un suino." provai a puntualizzare io senza successo.


"Se grugnisce è perchè vuole essere un suino. Non ti pare?"


Non sapevo come ribattere. Lei approfittò del mio silenzio per farmi una proposta a dir poco particolare.


"Non posso mettere Porky in mezzo a chi abbaia e scodinzola. Sarebbe fuori posto. Però possiamo venirci incontro."


"Cioè?" chiesi io avendo una leggera paura della risposta.


"Porky è un inetto, è l'unico che grugnisce tra tanti che abbaiano. Va punito per questo. Tu arrossa il suo sedere ed io ti garantisco che troverò una sistemazione più adeguata alla sua condizione."


Avete capito bene. Voleva fossi io a punirlo. Che stronza! Vedevo lei ed il suo ghigno divertito e non mi fidavo. Pensavo mi stesse prendendo in giro. Poi ad un tratto da una tasca del suo impermeabile nero tirò fuori delle chiavi. Io pensavo fossero le chiavi per il giogo che tratteneva quell'individuo nudo. No. Quelle servivano ad aprire altro. Io non capivo. Elisa invece fu più perspicace di me.


"Dottoressa sono le chiavi di quello che penso io?"


La dottoressa Silvia annuì.


"Posso pensarci io? La prego!"


Lei annui di nuovo ed affidò le chiavi a quella sadica della mia amica che in un attimo gli levò la gabbietta di castità. Non la avevo notata sotto quel fisico così ingombrante. Non ho potuto vederla applicata ma solo a guardarla pareva scomoda e dolorosa per un uomo. Elisa maneggiava quell'oggetto come fosse un giocattolo per consegnarlo poi alla dottoressa Silvia che me lo mostrò come prova della sua buona fede.


"Io ti sono venuta incontro. Ho tolto a Porky l'imbarazzante gingillo che limita la sua sessualità. Il prossimo passo però devi farlo tu. Puniscilo."


Non avevo mai fatto una cosa simile ad un uomo. Una volta diedi uno schiaffo ad uno che mi aveva fatto un apprezzamento spinto ma era una situazione diversa. Era un mio pari. Non era nudo e col sedere al vento. E poi lo meritava. Quel grosso omone messo a novanta gradi invece mi faceva quasi tenerezza. Mi avvicinai a Porky ed accarezzai dolcemente le sue larghe natiche. Sentivo la pelle liscia e la sua carne morbida che aveva perso tonicità da un pezzo. Lui grugnì, gradiva le mie carezze ignaro che la mia mano sarebbe presto diventata più pesante e cattiva. Avevo addosso gli occhi di Elisa e della dottoressa che aspettavano impazienti. Non potevo più stare ferma. Gli do tre ceffoni sul culo e poi basta, così pensai. E se alla dottoressa Silvia non bastano la mando a fanculo, così avevo deciso. Cominciai.


SCIAFF!


Porky grugnì in malo modo tradito dalla mia mano che credeva amica. Lo schiocco e l'impatto del mio palmo contro quella carne soffice penso non li scorderò mai. Avevo colpito la natica destra e volevo provare quella sinistra che era altrettanto spaziosa, larga ed... invitante. Lo confesso.


SCIAFF!


Altro grugnito di Porky, altro nuovo rossore sul sedere di quell'uomo a cui mi ero promessa di dare un altro schiaffone e poi basta.


SCIAFF!


Porky grugnì più forte. Forse gli avevo fatto più male. Probabilmente colpire due volte sullo stesso punto provoca più dolore. Che ne sapevo io? La dottoressa Silvia disse la sua.


"Per essere una novizia sei brava ma dovresti dargliele colpendo quel culone con un movimento dal basso verso l'alto."


Elisa mimava il movimento con le mani per farmi capire.


Tre colpi. Così mi ero promessa. Però avevo quel grosso paio di chiappe nude a portata di mano ed una insana curiosità mi stava crescendo dentro.  Volevo colpire col metodo che la dottoressa mi aveva consigliato. Andai avanti.


CIAFF! CIAFF!


Il suono dei miei ceffoni divenne più secco  ed i colpi che davo facevano più male. Il fastidio che Porky manifestava coi grugniti era palese. Ciò che mi divertiva era il contatto con quella sua carne grassa e molle che vibrava ad ogni mia sberla e che faceva sembrare ogni mio colpo ancora più potente. Poi quelle larghe natiche erano diventate sempre più rosse e calde. Non so descrivere bene a parole cosa io provassi però sentivo che quella particolare sensazione al tatto volevo viverla ancora un po' e l'unico modo era colpire ancora.


CIAFF! CIAFF!


Chiappa destra e chiappa sinistra. Altro rossore per entrambe. Altri grugniti di Porky che mi intenerivano sempre meno. Erano altri i rumori che volevo sentire.


CIAFF! CIAFF!


Andai avanti e mi misi d'impegno. Arrivai a dare altri ceffoni su quel morbido e paffuto sedere maschile poi però iniziò a farmi male il polso. Forse avevo messo troppa foga nei colpi. La dottoressa Silvia mi venne in aiuto.


"Tieni. Continua a dargliele con questa."


Lei mi diede la sua cinghia di cuoio. Me la porse e per un attimo ebbi paura ad impugnarla tanto era minacciosa. Dava parecchia sicurezza tenerla in mano. Era cuoio di una volta, flessibile ma duro. Elisa forse aveva già maneggiato quella pesante cinghia. Mi fece da tutor mimando il movimento che dovevo eseguire per far cadere correttamente il primo colpo.


CIAFF!


Per Porky fu come aver ricevuto una scarica elettrica. Grugnì ancora più forte, si mosse provando addittura a divincolarsi dal giogo in cui era intrappolato. Gli avevo fatto parecchio male.


"Che schiocco! Però non è stato un colpo molto preciso."


Il commento della dottoressa Silvia mi fece riflettere. Pensai a cosa sarebbe potuto succedere se avessi colpito meglio. Pensai al suono che avrei potuto sentire ed alla reazione di Porky ad un colpo ben inferto. Andai avanti.


CIAFF! CIAFF!


Volevo dare il colpo perfetto. Volevo sentire lo schiocco più armonioso possibile. Era una pazzia dato che tenevo in mano una cinghia di cuoio per la prima volta ma avevo sempre l'impressione di colpire troppo pesante o troppo leggero, troppo di lato o troppo al centro. Vedevo le grandi chiappe di Porky pendere un bel colore violaceo ma lui non stava fermo un attimo. Si divincolava troppo ed io ad un certo punto sbottai.


"VUOI STARE FERMO SUINO DI MERDA?!"


Lo insultai. Ed ancora oggi non me ne capacito. Fu una frase che mi uscì di bocca da sola. Io non penso così. Non parlo in quel modo. Eppure quell'insulto l'avevo prodotto io. E poi fosse stato solo quello il problema! In quel momento realizzai cosa avessi realmente fatto. Avevo inferto 50 colpi. Elisa aveva tenuto il conto. Trenta di mano e venti di cinghia. Avevo demolito il povero sedere di quel poveretto che per causa mia si ritrovava con i glutei viola. Ero stata io. IO! Mai prima di allora mai avevo fatto una cosa simile eppure quella sera avevo inflitto una severa punizione corporale ad un uomo. 


Mentre gettai a terra la cinghia di cuoio e tenni gli occhi increduli sulla carne martoriata di quell'uomo mi posi una domanda su cui dovevo seriamente riflettere. 


Ero davvero una sadica?

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