Un paio di commenti pubblici e qualcuno in privato hanno convinto mia moglie a raccontare il seguito della sua "iniziazione" al sesso.  Sono cose che io già conosco ma scritte da lei è diverso da come potrei raccontarle io.  


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Alessia mi disse che avevo bisogno di un corso accelerato di educazione sessuale, perché si sentiva responsabile e non voleva finissi incinta o peggio. Per cui un paio di pomeriggi, sempre con le riviste porno che prendeva dal cassetto dei suoi, mi spiegava il sesso e le sue varianti. Finiva sempre che ci sditalinavamo, da sole o a vicenda. 


Ecco, la parola "ditalino" fu una di quelle che arricchì il mio vocabolario. Insieme a scopare, chiavare, fottere... ma mentre con i ditalini ero diventata assai esperta, di fottere non se ne parlava, perché secondo lei era meglio che la mia verginità la tenessi per un'occasione speciale. E poi c'era rischio di rimanere incinta.


Ero una ragazzina. Le mie tette appena sviluppate bucavano i vestitini leggeri che portavo. Ai maschi non pareva vero che quel fiorellino fosse così disponibile. Avere la loro attenzione mi faceva sentire grande e importante. Mi corteggiavano ragazzi grandi, con la macchina, che avevano disponibilità economiche che io nemmeno mi sognavo.  Il tutto a prezzo di un pompino. 


Così la mia collezione di cazzi quell'estate, passò da zero a molti in poche settimane. Mi piaceva essere desiderata, mi piaceva sapere di avere quel potere su di loro. Imparai presto che prima potevo chiedergli tutto: locali, cene, discoteche, cinema... 


Certo, provavano a scopare ma ero irremovibile. Probabilmente mi difendeva anche il fatto che per l'età che avevo correvano seri rischi, nel caso di fosse risaputo. 


"No, sono vergine... se vuoi ti faccio un bocchino, sono brava..." e accettavano tutti.  C'era pure chi mi faceva la morale, dopo: "ma ce l'hai il ragazzo? non dovresti essere così disponibile... ora perché hai incontrato me, ma se trovavi un malintenzionato?"


Raccontavo tutto a Alessia e ci scambiavamo commenti su chi e come.  Eravamo due troiette sempre disponibili.  Eravamo le ragazze della comitiva. Andavamo in una casa a ascoltare musica e lì facevamo pompini a raffica. Una volta ne feci sei di seguito. Mi ricordo la battuta che fece uno: "Saretta non avrà fame, stasera, con tutte le uova che si è bevuta..." e un altro: "si ma solo il bianco...". Non mi offendevo, ci ridevo. 


Facevano delle gare, tipo chi schizzava più lontano. Tutti appoggiati al muro e io e Alessia che li segavamo e misuravamo. O chi ce l'aveva più lungo e noi li facevamo diventare duri e poi li misuravamo. 


Il primo bacio con Alessia ce lo siamo date leccando il cazzo di Raffaele, che poi era quello che ce l'aveva più lungo. Una da una parte e una dall'altra, perché quella volta facevamo la gara a chi era più brava.


E poi c'era la gara a chi li faceva schizzare prima.  O, fra loro, a chi resisteva di più.


I ragazzi avevano 17-18 anni... stavano sempre col cazzo duro e schizzavano come idranti senza controllo. 


Passavamo i pomeriggi così.


Alessia scopava con uno di loro solamente. Io no. Andavo avanti a ditalini. Ma stranamente non erano questi giochi con i ragazzi a eccitarmi, bensì le immagini delle riviste. Mi eccitavo di più a guardare quelle immagini che a fare sesso con i ragazzi.


A me interessava essere integrata in quel mondo di grandi. Non avevo interesse specifico per un ragazzo in particolare. Si, c'erano quelli che mi erano più simpatici, con cui mi piaceva pomiciare e mi facevo toccare, ma un pompino in via amichevole lo facevo anche a chi non mi piaceva particolarmente, solo per "amicizia".


Poi però conobbi un ragazzo, Paolo, che mi piaceva davvero. Forse perché non mi prendeva in considerazione. Era più grande e fidanzato. Veniva solo nei week end perché lavorava a Ancona e quando lo vedevo era sempre con la ragazza, che mi guardava male.


Una volta riuscii a rimanere sola con lui e con il mio stile molto diretto gli dissi che mi piaceva e che se voleva potevo farlo divertire e che ero molto meglio della sua ragazza. Lui mi disse che non gli piaceva mangiare nel piatto dove mangiavano tutti. Ci rimasi male. Lo mandai affanculo e gli dissi che era frocio. Ma ci rimasi male. Così iniziai a rivedere certi miei atteggiamenti. Uscivo meno di casa e mettevo scuse. 


L'estate stava finendo e fra poco sarei tornata a Roma. Mi presi un'influenza e restai a casa, malata.  Così conobbi un mezzo cugino che era quasi medico.  La prima volta che venne nella mia stanza per sapere che sintomi avessi e per dirmi di prendere aspirine c'era anche mia nonna. Però quando passò il giorno dopo lei era dabbasso e lui salì da solo.  In realtà stavo meglio e giocherellavo sotto il lenzuolo con il mio clitoride e le labbra della mia fighetta.  


Lui era in pantalocini e maglietta. Mi disse che voleva sentire il respiro quindi mi fece sedere sul letto, tirò su la maglietta e appoggiò il fonendoscopio sulla schiena, facendomi fare dei respiri. Il contatto con lo strumento freddo mi dava i brividi e i capezzoli erano due chiodi. Lui aveva 25 anni circa, un po' di barba, era diverso dai ragazzi che conoscevo. Mi piaceva. Ma proprio per questo non avevo coraggio di dirgli niente. La delusione dell'altro che mi aveva rifiutata con disprezzo mi aveva reso molto insicura.


Ma lui continuava toccarmi per farmi girare. Poi disse che non sentiva bene e invece dello strumento poggiò l'orecchio sulla schiena.  La barba pizzicava, i capelli mi solleticavano. Mi sentivo arrossire ma ero eccitata. Avrei voluto toccarmi, subito.  Lui riuscii accidentalmente a sfiorarmi i capezzoli. Poi mi disse: "sono sempre così duri?" toccandone uno con la punta delle dita. Avrei voluto che lo stringesse a pinza, che me lo tirasse, perché era collegato al clitoride. Ma lui si limitava a toccarlo. Respiravo più forte e per la prima volta ero io a essere sedotta.  Ero seduta sul letto, la maglietta tirata su al collo, in mutandine. Lui era seduto vicino a me e quando si alzò vidi chiaramente il bozzo che tendeva i pantaloncini. Al punto che lui era costretto a stare piegato leggermente in avanti tanto era evidente. 


Questo mi diede sicurezza. Appoggiai la mano su quella sporgenza e sotto sentii chiaramente la forma del cazzo, duro. Lui rimase sorpreso: "che fai? no... scusa... "balbettò, tirandosi indietro, ma non troppo, perché potevo ancora toccarlo.  Avevo voglia, e anche lui. Ma c'era mia nonna sotto. 


"sei una ragazzina ... "mi disse. 


"ti prego... " mi sfuggì. Lo volevo veramente. Per la prima volta.  


"fra poco nonna esce. Va a messa e poi si ferma che fa il catechismo ai ... "


"va bene... vedo se posso... "


Uscì. Aspettai che nonna andasse via. Sarebbe tornato? 


Tornò. Andai a aprire. Portava uno sciroppo per la tosse. La scusa. Era imbarazzato. Non sapeva che dire. Alla fine disse "sembri più grande di quello che sei... hai uno sguardo molto sensuale... " 


Io non volevo rovinare tutto facendo la maschiaccia... niente frasi tipo "ti faccio un bocchino?" anzi aspettavo tremebonda come una vera femminuccia. Alla fine si decise e mi accarezzò il viso, il collo i seni. Mi baciò. Mi leccò i capezzoli. Vedevo il cazzo gonfio sotto i pantaloncini, lo accarezzavo da sopra. Quando si alzò in piedi, erano pantaloncini larghi, da jogging, con lo slip interno. Bastò superare quel velo e la cappella lucida uscì dal basso, lungo la coscia. Bella, gonfia, rossa. Era impacciato però, ma capendo che la vista del suo cazzo non mi aveva sconvolta, abbassò i pantalocini e l'uccellone saltò su come una molla, verso di me. Avevo occasione di dimostrare che non ero una ... guardandolo negli occhi, mi inginocchiai davanti a lui con le labbra socchiuse, aspettando che lui facesse il gesto di darmelo in bocca. 


Finalmente. Era il mio terreno. Gli stavo facendo vedere quanto ero brava, ma lui mi sollevò, mi fece girare appoggiata al letto, piegata e cominciò a strofinarmelo fra le labbra della fighetta.  Si mischiavano i suoi umori, la mia saliva, la mia bava. Non gli dissi niente.  Spinse e mi sverginò. Ero così lubrificata che non mi fece male. E forse mi ero già deflorata da sola, quasi, con le dita, perché nemmeno se ne rese conto. Era bellissimo. Finalmente stavo scopando. Mi tornavano in mente le immagini delle riviste porno in quella posizione: "a pecorina". Mi vidi da fuori e questo bastò per farmi venire. Ebbe il buon senso di tirarlo fuori e schizzarmi sulla schiena. Lì si accorse di un po' di sangue. 


"hai le mestruazioni?" mi disse.
"no. ero vergine" risposi. Mi guardò sconvolto: "Potevi dirmelo..." 


" perché? io volevo... è stato bellissimo..."


Lui è stato il mio primo vero uomo. Mauro. 


Era troppo più grande di me, quindi non diceva niente in giro e nessuno andò a raccontargli che in paese molti ragazzi avevano usufruito dei miei servizietti orali.  Studiava a Roma e ci frequentammo per quasi un anno. Aveva una stanza nel quartiere Tiburtino e scopavamo in tutti i modi. Con lui ebbi il mio primo orgasmo anale.  Per essere così giovane, anche lui, era un bel porco.  Gli piaceva guardare i porno con me e commentarli. Gli piaceva anche guardarli e farsi spompinare. Avrebbe voluto andare in un cinema a luci rosse insieme, farsi spompinare da me. Ma non aveva il coraggio di farlo.  Io facevo il primo anno all'artistico. 
Puoi capire che era una relazione da tenere segreta.


Per me è sempre stato così. Le mie storie, quele vere, sono sempre state indecenti, da non far conoscere in pubblico. Sono nelle mia natura. Sono le cose che mi eccitano. Il gusto del proibito, del non convenzionale. 


Non a caso ora che sono grande, mi intriga da matti scoparmi i ragazzi inesperti.  Ricordo quei pomeriggi con tutta la batteria, alle gare di schizzi e non sento alcuna eccitazione. Era solo una cosa cameratesca. Oggi da adulta vorrei ricreare la stessa situazione, ma gestendola da adulta, costruirla, gestirla. Cinque, sei ragazzi dai cazzi duri e pieni di voglia da far schizzare ... che schizzano così tanto e così forte... prenderli tutti... sentirli bollenti addosso... assaggiarli ... mmmm ora basta scrivere che ho voglia di cazzo.


 


 

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