Tra i miei desideri più spinti e profondi ve ne è uno che ho sempre tenuto nascosto a tutti. Nemmeno io so dirvi se realmente vorrei che questo pensiero accadesse davvero, ma quel che è certo è che immaginare questa situazione suscita in me una particolare eccitazione. Sto parlando di assistere allo stupro di mia madre. Non so da dove sia nata questa mia crudele perversione. Chissà, forse dopo aver visto qualche scena in tv.



Esistono diversi film porno o non porno, infatti, con scene di violenze di vario genere a familiari o conoscenti. Fra i tanti spicca ad esempio ”Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick in cui ci sono varie scene di violenze, fra cui quella iniziale in cui il protagonista, Alex, insieme ai suoi drughi, penetra nell’abitazione di uno scrittore e qui violenta la moglie davanti agli occhi impotenti del marito.



Negli altri racconti vi ho descritto il corpo di mia mamma e vi ho ampiamente parlato del desiderio di vederla esibirsi davanti a tutti, soprattutto davanti a degli sconosciuti. E’ una situazione che mi ha sempre fatto salire l’adrenalina. Da premettere che, fin da piccolo, l’ho sempre vista girare nuda per casa e il suo corpo era men che meno eccitante. Tettone grandi, capezzoli grossi, fianchi larghi pronti ad accogliere i cosiddetti “colpi di minchia”...



Il suo corpo ha sempre suscitato in me fantasie e sogni perversi. Ma il peggiore (o migliore, dipende dai gusti) fu il sogno che feci una notte di alcuni anni fa, quando avevo ormai ampiamente superato i 30 anni.



I sogni sono sempre un po’ confusi e spesso si tende a dimenticare un po’ tutto. Ma alcuni elementi di quel sogno rimasero indelebili nella mia mente. 


Del sogno ricordo che abitavamo in una villetta isolata nel bosco. Di quelle costruite in legno, come si vedono spesso nei film western. Io rientravo da scuola e, a pochi passi da casa, trovo parcheggiate diverse motociclette grosso calibro, tipo Harley Davidson, enormi. Quel tipo di moto viene spesso guidata da energumeni muscolosi e barbuti.



Mi mimetizzo gettandomi a terra e cerco di capire cosa stesse accadendo. Proprio in quel momento si spalanca la porta d’ingresso dalla quale due sconosciuti, molto muscolosi e barbuti, trascinano a forza la mia mamma fin sulla verandina esterna, un po’ come fecero Alex e i drughi con la moglie dello scrittore.



Una volta trascinata all’aperto, la mia mamma viene imbavagliata ed immobilizzata con delle corde, legata ad un pilastro della verandina. Nel sogno c’è un altro particolare che accomuna la scena a quella vista nel film. Il barbuto con un coltello pratica dei fori sul vestito di mamma, ad altezza seni, sufficienti a farli uscire allo scoperto. Due enormi mammellone, bianche, un po’ più grosse di come fossero nella realtà, a dire il vero, sgusciano una ad una, con un effetto a pressione, da quegli stretti fori appena spuntati sul suo vestito scuro.



Ma, dimensioni a parte, erano proprio le tettone di mamma. Stessa areola color nocciola e stesso capezzolo grosso come un dito al centro. Anche la forma era la stessa, classica a melanzana. Il capezzolo sembrava particolarmente turgido. Forse per effetto dello sfregamento avvenuto durante la colluttazione o forse perché all’aperto faceva un po’ freschino. Oppure perché, malgrado la situazione cruenta in cui si era improvvisamente ritrovata, mamma si era comunque eccitata… chissà!!!



Dal modo come fossero uscite le mammelle intuii che non indossava il reggiseno, ma questo particolare non doveva stupirmi. In casa in estate amava stare comoda e fresca. Quindi, abitualmente, indossava solo dei larghi prendisole, coloratissimi, che le arrivavano fino al ginocchio, e sotto metteva solo le mutandine, rigorosamente bianche. In quel sogno il suo abbigliamento rispecchiava la realtà.



A questo punto il barbuto, che sembrava essere il capo, sfoga i suoi istinti animaleschi sulla mia mamma. Con forza strappa, partendo dal basso, i bottoni che consentivano l’apertura frontale del prendisole, fino all’altezza delle sue mutandine. Successivamente, con la stessa violenza, le strappa via anche quelle, privandola completamente dell’intimo. Abbassandosi i pantaloni fa fuoriuscire il suo grosso membro e lo punta sulla vagina ricoperta da un folto pelo, nero e riccioluto.



Io, eccitato come non mai, volevo comunque intervenire per aiutare mamma che gridava a squarciagola aiuto e pietà. Ma che potevo fare, da solo, contro quei brutti ceffi muscolosi? E rimasi lì, impietrito ad assistere alla scena.



Il panzone barbuto infieriva colpi secchi contro il ventre di mamma che rispondeva con urla di dolore e di supplica. Ma, a poco a poco, le urla si trasformavano sempre più in mugolii e gemiti di piacere. Inoltre notavo che, anziché divincolarsi, allargava le cosce per ricevere meglio i colpi di minchia inferti.



Erano ormai trascorsi svariati minuti, ma sembrava che il tutto durasse da un’eternità. Il panzone continuava ad infliggere colpi di minchia alla mia mamma che adesso, con mio enorme stupore, lo supplicava di non fermarsi mentre il pube cominciava ad arrossarsi: “sì, siiiiii, continua cosiiiiiii, fammelo sentire tutto dentroooo, sbattimi come una troiaaaaa….”



Nel frattempo alle spalle del barbuto si erano radunati i suoi amici motociclisti. Inizialmente assistevano impassibili alla scena. Successivamente, uno di loro allungo la mano su uno dei seni turgidi e penzolanti di lei. La grande areola scura scomparve sotto le sue grosse dita che iniziavano a stringersi. Un altro motociclista, invece, chinò la testa sull’ultimo seno rimasto libero. Vidi la sua bocca spalancarsi sul capezzolo che andò a succhiare avidamente. Le labbra si stringevano ripetutamente sull’areola tirando il chiodo verso l’esterno, come se fosse di gomma.



Avevo la sensazione di assistere ad un film porno. Altri motociclisti la palpavano lungo il corpo. Le loro mani, dalle caviglie risalivano lungo le cosce tastando la pelle per poi finire sulle grosse chiappone di mamma. Un altro di loro andava a strappare via di dosso i pochi lembi del prendisole che erano ancora rimasti integri, lasciandola totalmente nuda così come nonna l’aveva fatta.



E finalmente dopo interminabili penetrazioni vaginali il panzone, sazio della figa di mamma, sgrullando sulle sue cosce il grosso cazzo, si allontanava da quel corpo esausto esclamando con voce possente e roca: “avanti, sotto a chi tocca, adesso?”


Fu proprio a quel punto che mi svegliai. Ci vollero parecchi secondi affinchè mi rendessi conto di aver fatto solo un brutto sogno constatando, nel frattempo, di aver sborrato anch’io nelle mie mutandine. Mi vergognai profondamente per aver provato piacere in una situazione così sadica che vedeva protagonista la mia mamma, eppure mi sentivo pienamente soddisfatto ed ancora eccitato, al punto che mi dovetti segare per far passare la mia eccitazione.