I magnifici quattro
Il venerdì pomeriggio, come ormai puntualmente da oltre due anni, all’ora di chiusura dei cantieri per il week end, Secondo, ingegnere capo nell’ufficio tecnico dell’azienda, andò con la sua auto al monolocale che aveva acquistato in segreto in una nuova urbanizzazione della periferia per farne un autentico pied à terre dove si andava a rifugiare per i suoi incontri con Lina, all’anagrafe Carmela, sua capo contabile.
Erano ambedue sposati, lui con Linda, cassiera in un supermercato cittadino, e lei con Ottavio, caporeparto di lei nella stessa struttura commerciale; i quattro erano, inevitabilmente, amici e si frequentavano talvolta, a pranzo o a cena o in un bar per un aperitivo o un rinfresco; anche Linda e Ottavio avevano una storia da oltre due anni; anzi, era stata la loro relazione a far scattare l’intesa tra i coniugi ‘cornuti’ e a farli ‘legare’ sentimentalmente, oltre che a letto.
Le donne erano abbastanza vicine ai quaranta, con qualche anno in più per Linda; i maschi sfioravano la cinquantina, con qualche annetto in più per Secondo; quello che li divaricava enormemente era il modo di rapportarsi con le donne; Ottavio, fornito di una buona dotazione fra le gambe, era aggressivo, violento, stallone e talvolta caprone; Ottavio era per natura dolce e romantico.
Dopo più di venti anni di matrimonio senza figli, Linda si era resa conto che la leziosa adulazione del marito, nelle scopate, l’aveva un poco annoiata; avrebbe preferito di gran lunga trovare nel letto un maschio deciso e aggressivo, al limite della violenza; non era disamorata, ma una piccola trasgressione, alla fine dei conti, non le sarebbe dispiaciuta; i discorsi di Lina, in questa direzione, l’avevano portata a interessarsi al suo caporeparto.
Sull’altro fronte, Lina quasi non ne poteva più delle aggressioni che puntualmente suo marito le portava nel letto, agli inizi tre o quattro volte a settimana, poi via via sempre più raramente; da quando aveva intrecciato la relazione con la sua amica, praticamente non la scopava che una volta ogni tanto; le confidenze di Linda le avevano instillato il desiderio di sperimentare l’amore di Secondo; spesso si masturbava fantasticando sui racconti dell’amica.
Se avessero fatto chiarezza, sarebbe stato perfino semplice decidere uno scambio dei partner, almeno di tanto in tanto, per equilibrare le situazioni; ma non volevano chiarire e nessuno pensava a divorzi, perché erano troppo in là con gli anni tutti e quattro; per una motivazione così banale, poi, non trovavano elementi utili a rompere due matrimoni in fondo felici; ma l’amichevole frequentazione era comunque gravida di pericoli.
Infatti, una sera che partecipavano ad una festa sociale, Secondo e Lina lessero immediatamente la lussuria con cui i rispettivi coniugi si strusciavano con la scusa di un’interminabile serie di balli lenti; Ottavio afferrò la donna col piglio del grande conquistatore, la strinse a sé e, da sopra i vestiti, le piantò tra le cosce una mazza durissima; Linda, in risposta, si spinse col pube contro di lui ed era evidente che il clitoride si titillava contro la mazza.
Secondo e Lina si guardarono sornioni; lei gli fece segno di glissare, lo invitò a ballare e gli si avvinghiò languida; si muovevano lenti e parlavano sussurrando nelle orecchie; lui le confessò tutto il desiderio, che da tempo coltivava, di provare con lei quell’amore che gli piaceva dispensare a piene mani; saltò fuori che da quando lavoravano a contatto di gomito nella stessa azienda si erano desiderati ma avevano fatto tacere l’istinto.
Quando videro che i coniugi sgattaiolavano clandestinamente fuori dalla sala grande, con un’occhiata si intesero e imboccarono più avanti un’altra porta che si apriva sullo stesso giardino porticato dove erano usciti i coniugi; sotto i portici la luce era scarsa e soffusa; la prima coppia scelse l’angolo più riparato e si abbandonò alla lussuria sollecitata durante il ballo; l’altra coppia scelse un angolo oscuro in un punto opposto, da dove fosse possibile vedere.
Ottavio non perse tempo; strinse Linda in un abbraccio soffocante, le infilò la lingua in gola e sollevò la gonna di pelle dalle cosce fino alla vita, scoprendo le calze autoreggenti e il perizoma che non nascondeva niente della figa lussuriosa, completamente depilata e già rorida, né delle natiche alte, carnose, perfettamente rotonde, che le facevano un perfetto culo a mandolino.
Linda rispose per le rime; aprì velocemente la cerniera del pantalone e tirò fuori il cazzo già duro come il cemento; lui si abbassò a succhiarle un poco i capezzoli ritti, tirandoli fuori a fatica dalla camicetta, le infilò un dito in figa, la masturbò a lungo e le premette le spalle per farla accosciare finché il cazzo fu all’altezza della bocca; lei, che amava molto fare pompini, non esitò a ingoiarne la maggior parte, mentre carezzava e titillava i coglioni.
Forse temendo di sborrare in bocca e per prolungare la scopata, lui si sfilò, la ruotò e fece appoggiare le mani al muro; le infilò il cazzo in figa, in un sol colpo, con violenza; si sentì che lei godette molto mentre lui la fotteva a pecorina; quando urlò per l’orgasmo, lui la tacitò coprendole la bocca; la montò per qualche minuto, poi si vide chiaro, da come se ne stava premuto contro di lei spingendo a fondo, che le stava sborrando in figa.
Secondo si trovò per un attimo a riflettere che, fortunatamente, Linda prendeva regolarmente la pillola; i due si stavano ricomponendo; lui rimise il cazzo dentro, chiuse il pantalone e rientrò in sala; lei si trattenne ad asciugarsi la figa coi fazzolettini che aveva preso dalla borsetta; risistemò reggiseno e camicetta, rassettò la gonna e si avviò alla sala; i due si guardarono negli occhi e Lina sussurrò.
“Adesso ricambiamo la cortesia; ma ti assicuro che se fai gli stessi movimenti, tra qualche minuto sarai in sala, ma da domani farai parte del coro di voci bianche; adesso mi dai l’amore che puoi; se si scatena lo scandalo, me ne fotto; ti voglio, ma neppure in figa se non ti va; voglio tutte le dolcezze, tutto il languore, tutto l’amore che tua moglie predica di te; se tutto si riduce a stasera, voglio un ricordo indelebile; se loro vanno avanti, ti proibisco di fermarti!”
Secondo l’aveva già avvolta teneramente in un abbraccio quasi fraterno e la stava sommergendo in un fremito continuo di piccoli baci che distribuiva su tutto il viso; pareva quasi che ne disegnasse il profilo e sottolineasse i particolari appoggiandovi le labbra umide d’amore; quando arrivò alla bocca, il bacio si fece sensuale e le lingue si scontrarono in un duello bagnato e furono succhiate come piccoli cazzi.
Lina fece scendere la mano e afferrò il cazzo da sopra il pantalone; quando sentì la consistenza, chiese meravigliata.
“Sei così arrapato? Vuoi metterlo dentro?”
“Sei già stanca di amarci castamente? Hai mai provato a prenderlo fra le cosce?”
“Venti anni fa, prima di farmi sverginare; provavo emozioni inenarrabili e inimitabili … “
“Ci proveremo anche stasera; prima voglio conoscere il tuo corpo, tutto; non intendo scoparti e andare via; voglio sentire tutto, gli odori, i sapori, gli orgasmi; poi faremo l’amore, solo tra le cosce se per te va bene.”
“Mi fa morire sentire che vuoi fare l’amore, non il sesso o scoparmi; intendi questo?”
“Intendo quello che stiamo facendo adesso! Senti abbastanza amore? E’ sufficiente per te o vuoi essere sbattuta come Linda?”
“La smetti, per favore? Baciami, amami, poi usa il cazzo come ti fa piacere; io ti voglio, tra le cosce, nel culo, in bocca o nella figa, mi interessa poco; voglio sentire che mi ami …. “
“Per ora, lo senti?”
“Sento te, sento i tuoi baci, sento la dolcezza delle tue mani, sento l’amore che mi inonda e che travolge anche te; scusami, parlo troppo … “
“Lina, se cominciamo così, mi costringi a chiamarti ‘amore’ e a darti l’amore; ma poi non provare a chiedermi di concludere stasera; se Linda confessasse, potrei anche dire che ho visto e dimentico ma non rinuncio a te; se, come temo, non intendono fermarsi, io non demordo e mi muovo per la nostra strada, quella dell’amore, succeda quel che vuole succedere.”
Avevano ripreso a baciarsi e a perlustrare con le mani tutto il corpo; per un’abitudine ormai inveterata, quella stessa di cui sua moglie sembrava essersi annoiata, lui non riusciva a scopare in silenzio; non smetteva di sussurrarle dolcezze e complimenti, quasi accompagnava con la descrizione a parole quel che assaporava; Lina, però, proprio di quello aveva bisogno e sentiva il cuore gonfiarsi mentre l’utero, sollecitato solo dalle dita, sembrava voler esplodere.
Manipolò il cazzo da sopra il vestito e si sentì gonfiare di voglia e di piacere, mentre lo percorreva tutto sensualmente, gustandone la consistenza e godendosi il piacere che dalla mano si trasmetteva alla figa; lui le aveva sollevato la falda della gonna, che fortunatamente aveva scelto svasata e corta, ed aveva raggiunto il tanga che accarezzava la figa vogliosa, coperta da un fitto boschetto assai curato; il medio penetrato in vagina la faceva sragionare.
Lo baciò con trasporto ed affidò alla lingua il compito e il piacere di percorrere la bocca e sentire le singole papille eccitate e pronte a prendere e a dare piacere; si divoravano con una passione smodata; lei prese una mano di lui e la portò su un seno; sentì con gioia le dita stringere un capezzolo; gli prese la nuca e abbassò la testa finché la bocca fu sul seno; lui sbottonò la camicetta, spostò il reggiseno e finalmente prese in bocca il bottoncino infuocato del capezzolo; lo succhiò amorosamente.
Lei fu costretta a tapparsi la bocca con una mano per soffocare l’urlo di piacere; aprì la cerniera del pantalone e finalmente la mazza di carne fu viva nella sua mano; accennò a masturbarlo, ma lui le prese il polso e la obbligò a stare ferma, forse per non avere un orgasmo immediato; titillò a due dita il grilletto e Lina fu costretta a tapparsi ancora la bocca, affondandola su quella di lui, mentre vibrava in ogni fibra del corpo e scaricava un orgasmo di cui non ricordava simili.
Guidò il cazzo tra le cosce, accanto alla stoffa del tanga, e poggiò il manganello di traverso sulla figa; la strinse con trasporto incommensurabile e si mosse come per scopare; il vai e vieni del cazzo, proprio lungo la fessura, strofinando il clitoride, le diede immediatamente il primo orgasmo.
“Dio, quanti anni; Dino, ti metti a ridere se dico che mi sento giovane e vergine con l’unico uomo che vorrei nel mio corpo?”
“No, perché dovrei far ridere anche te, dicendoti che veramente anche io mi sento risospinto a più di venti anni fa, quando una scopata era il sogno impossibile e la figa del mio amore quasi una chimera.”
“Stasera sono io la ragazza dei tuoi sogni; non te la do, perché devi rispettarmi e aspettare che ci siano le condizioni per sverginarmi tutta quanta; ma sento di amarti e di volerti tutto.”
“Lina, lo sai che sto per esplodere sulle tue meravigliose cosce … ?“
“Non mi sporcare la gonna, per favore; non saprei come fare … “
Lui le sollevò la gonna anche sul culo e spinse con foga il ventre contro il ventre; lei teneva il cazzo duro contro la figa, perché il clitoride fosse stimolato; sentì l’orgasmo crescere e invaderle il corpo e il cuore; avvertì uno per uno gli spruzzi di sborra che lui le scaricava sul retro coscia; a ciascuno corrispondeva una fitta nell’utero che godeva col cazzo e sborrava con lui; lo riempì di baci avidi e liquidi; non si sarebbe stancata di sentire il sapore della sua pelle.
Non riuscivano a staccarsi; lei gli carezzava dolcemente il viso; lui teneva tra le mani il seno gonfio e desideroso ancora di piacere; si baciarono ancora appassionatamente e il cazzo barzotto ancora stimolò la figa di lei che non smetteva di piangere umori di orgasmo; poi si resero conto che erano spariti per troppo tempo dalla sala e che non avrebbero avuto molte scuse utili; lui prese le salviette umidificate che Lina aveva tirato fuori dalla borsetta e pulì le cosce dalla sborra.
Cercò amorevolmente di cancellare le tracce di sborrata anche dalle autoreggenti che qualche goccia l’avevano raccolta; la aiutò a rimettere a posto reggiseno, camicetta e gonna e la strinse con forza in un ultimo bacio appassionato; prima di rientrare, lei sembrò ribadirgli una tacita promessa che si erano scambiati coi baci e con la scopata provvisoria.
“Dino, io ti voglio, sia quello che sia, devi farmi ancora sentire il tuo amore, dappertutto!”
Suggellò l’impegno con un bacio e le fece sentire ancora la mazza tornata dura dentro le mutande; le accarezzò il viso e proseguì la carezza lungo il seno, i fianchi e la figa, da sopra ai vestiti.
“Non sono uno che si ferma agli assaggi; adesso voglio davvero recuperare tutti gli anni che ho ignorato la mia ragazzina inesperta; so che non è etico né corretto, ma me ne frego del bon ton; ci organizzeremo per darci amore vero, quando vorremo.”
Non fu facile rientrare nel gruppo degli amici con gli abiti gualciti ma soprattutto con sul volto stampato un senso di gioia, di soddisfazione, che la diceva lunga su quello che avevano vissuto nell’ora scarsa trascorsa in giardino; i coniugi avevano già ripreso la loro verve e stavano ancora strusciandosi e pomiciando al centro della sala con la complicità dei balli lenti; Secondo interrogò con lo sguardo sua moglie che lo mandò al diavolo con un gesto secco.
Fu l’inizio di un nuovo capitolo della loro storia; i due adulteri non esitarono a costruirsi un modus vivendi che consentisse loro di scopare anche più volte alla settimana; lo facevano volentieri nella casa dell’uno o dell’altra, quando sapevano che i coniugi erano impegnati al lavoro, spesso anche con straordinari; quando si sentivano molto sicuri, scopavano anche, velocemente, nello stesso ambiente di lavoro, nei bagni o in magazzini deserti; talvolta prendevano una camera ad ore in un hotel nei pressi.
Secondo, invece, dimostrò ancora una volta la sua naturale tendenza ad organizzare le cose a puntino; inizialmente, sperimentò la praticabilità del suo stesso ufficio, in una sala riservata, dove si appartava con la capo contabile e si scatenavano in ore di dolcezze e romantiche smancerie prima di scopare con una voglia infinita; dopo l’incontro ‘conoscitivo’ nel giardino della villa, Lina non esitò a dargli tutta la passione di cui era capace.
Con suo marito aveva percorso tutti i sentieri del sesso ed era quindi in grado di proporre e di accettare le scopate più dure e particolari che le suggerisse l’estro o che le chiedesse il suo partner, non le andava di qualificarlo ‘amante’ in senso spregiativo; il dato particolare fu che Secondo si accorse che le donne delle pulizie intuivano, quando scopavano nella saletta privata, che, passati loro, l’odore di sesso stagnava inconfondibile; si preoccupò di arieggiare il locale dopo ogni incontro.
Quando fu certo che, per i coniugi fedifraghi, non si trattava più di uno o più incontri dovuti ad enfasi sessuale, ma che i due avevano avviato una relazione adulterina vera e propria, decise di costruire una dimensione ‘altra’; approfittando della sua posizione di ingegnere capo in un’azienda molto forte in campo edilizio, individuò, in un condominio di recente costruzione della prima periferia, un monolocale elegante e discreto che elesse a propria garconnière.
Lo acquistò a prezzo molto conveniente e lo attrezzò a rifugio della loro passione; lì si rifugiavano ogni volta che potevano e vi passavano ore di amore intenso e di passione sfrenata; celebrarono la prima scopata nel loro ‘rifugio d’amore’ con l‘enfasi di una strana ‘luna di miele’ fuori tempo e fuori luogo, per due sposati con altri partner da almeno vent’anni; ma le cose tra loro funzionavano proprio nella logica del grande amore adolescenziale che diventava passione e sesso.
Gli altri due, quando capitavano insieme, sembravano quasi deriderli, dall’alto delle loro scopate aggressive, quasi eroiche, che li vedevano in azione a un ritmo matrimoniale, di tre o più scopate la settimana; Secondo e Lina facevano i pesci in barile e li lasciavano alle loro pie illusioni, inventandosi i modi per vivere intensamente una passione che, anche per loro, era diventata una relazione molto impegnativa e potenzialmente pericolosa.
Nella loro posizione di dirigenti di una delicata attività, non avevano difficoltà ad inventarsi viaggi di controllo a cantieri lontani, o addirittura all’estero; la motivazione era anche vera; lui poteva in qualsiasi momento chiedere di essere mandato a controllare lo stato dei lavori e le spese di un’opera; era più che naturale, che andassero il capo dell’ufficio tecnico e quello della contabilità; esaurito rapidamente il lavoro, avevano per se intere giornate, pagate come missione, per fare gli sposini in visita turistica.
Ma, al riparo da sguardi, nei comodi alberghi che li ospitavano, tiravano fuori la grinta e le voglie mai esauribili; Secondo dava fondo a tutti i suoi sperimentati talenti di amante dolce, romantico, delicato, prima di scopare con voglia infinita e con matura esperienza; Lina scoprì la sua vena di ‘Giulietta’ pronta a sbarrare gli occhi, da un belvedere, di fronte allo spettacolo di una città nuova e mitica o ad un paesaggio al tramonto su un mare sconosciuto, a qualunque novità che colpisse la sua infantile curiosità.
Nell’arco dei due anni, girarono mezza Italia, con una ‘puntatina’ in Francia e in Spagna, ogni volta riportando emozioni che non avrebbero mai dimenticato; gli ‘adulteri’, che si credevano in una bolla di vetro lontano dalla ‘piccolezza degli schiavi del sistema’, si sbizzarrivano a scopare sempre più vivacemente; tra le loro certezze, quella di riempire di corna i coniugi era forse la più gratificante e, per qualche verso, anche la più divertente.
Era quasi con gioia mal contenuta, che salutavano la partenza per ‘viaggi di controllo dei lavori’, perché questo lasciava loro la disponibilità totale di due appartamenti, nei quali scaricare la libidine che non scendeva mai sotto il massimo livello; il colmo dell’assurdo si verificò nei due periodi di vacanza estiva, quando i fedifraghi brigarono per avere vacanze coincidenti nella seconda metà di luglio, sapendo che alle rispettive ‘metà’ era stata assegnata la prima quindicina di agosto.
La coppia degli ‘adulteri’ decise per una vacanza in un villaggio turistico in Calabria; i coniugi, ovviamente, non ebbero notizie dirette delle prenotazioni; ingenuamente, però, Linda fece le sue ricerche sul computer di casa; non fu difficile a Secondo, usando la cronologia, scoprire itinerario fissato, costi e previsioni della vacanza di due settimane; paradossalmente, il villaggio scelto si pubblicizzava con molte immagini e intuì che a catturare l’attenzione erano stati animatori e animatrici che indicavano ‘disponibili’.
Non ebbero informazioni sulla vacanza, al ritorno; ma la solita genuinità di Linda la spinse a parlarne diffusamente, con larghezza di pettegolezzi, alle amiche; poiché certi dati piccanti impiegavano poco a girare in cerchie sempre più vaste di conoscenza, in breve Carmelina fu in grado di ricostruire quasi minuto per minuto la bella vacanza di suo marito e della sua amante; riconobbe che corrispondeva perfettamente ai personaggi e che si erano molto sollazzati.
All’amica più cara, quella alla quale non nascondeva niente, neppure l’intimità più segreta, Linda aveva confidato che, nell’esame delle pubblicità, era stata molto colpita da un animatore che si descriveva dolce, comprensivo, romantico e buon parlatore; dopo la grande frenesia delle scopate con Ottavio e in vista di assaggiare molti cazzi da giovani muscolosi messi lì apposta per soddisfare le voglie più ardite, l’idea di conoscerne uno più dolce non le dispiaceva.
Il motivo profondo era che voleva recuperare, in una dimensione più libera e disinibita, le scopate lunghe e meditate con suo marito, anche per un confronto diretto tra due amanti dello stesso genere; quando si incontrarono al rientro, le confessò che aveva avuto tre serate di scopate sfiancanti con quell’animatore e che, in qualche modo, una certa nostalgia l’aveva provata, quando il ragazzo l’aveva portata a scopare sulla battigia, dopo una lunghissima passeggiata sotto la luna.
Interrotta frequentemente da baci appassionati, strette feroci con tutto il corpo, passandosi il cazzo sulla figa bollente, che solo un pareo e uno striminzito slip coprivano, e morbose palpazioni su tutto il corpo, in piedi o distesi sula sabbia, la serata era scivolata con dolcezza infinita tra momenti di estatica sosta di fronte al mare di notte, occhiate alle luci che facevano corona al golfo, dolcezze sussurrate libidinosamente all’orecchio e masturbazioni in piedi, abbracciati da soffocare.
Naturalmente, il giovane era dotato anche di una bella mazza che usava con abilità, con maturità e con garbo, ma senza risparmiarle botte da sfondare; l’aveva scopata in tutti i buchi, si era sollazzato con lunghe e studiate spagnole, l’aveva incantata con movimenti e pose, sia classiche e note che improvvisate e goduriose, per tutte e tre le notti che aveva trascorso con lei; gli altri giorni non erano passati indenni tra scopate violente, trii, quartetti e gruppi numerosi.
Ottavio, che aveva abbordato alcune delle animatrici ed altre donne tra le ospiti, non le aveva fatto mai mancare il suo cazzo sul quale si era scatenata nelle scopate più energiche ogni volta che ne avevano la possibilità, di giorno o di notte, indifferentemente; moltissime erano state le occasioni in cui avevano partecipato a trii, a quartetti e ad orge, per lo più nella notte che trascorrevano quasi sempre in riva al mare cantando, bevendo e scopando alla grande.
Dal suo ‘diario di un’estate’ risultava chiaro che se l’erano goduta e che aveva realizzato sogni antichi e nuovi, leciti e illeciti, con il solo obiettivo di godere al massimo il sole, il mare e il sesso; la considerazione con cui chiudeva le sue confidenze era patetica, perché il pensiero si rivolgeva ai ‘poveri cornuti’ costretti in città a lavorare come muli perdendosi i veri piaceri della vita; quello che non poteva immaginare, perché li considerava privi di fantasia, era che anche per loro fosse stata una deliziosa vacanza.
Di fatti, complice anche un fisiologico rallentamento del lavoro e degli impegni, per quelle due settimane, Secondo e Lina avevano praticamente convissuto nel loro ‘nido d’amore’, addirittura grati ai coniugi adulteri che gli offrivano la libertà di dimenticare qualunque legame; lavoravano quasi sempre mezza giornata; poi si sbizzarrivano come ragazzini alla chiusura delle scuole; per la maggior parte del tempo, si chiudevano in casa a scopare come scimmie.
Molti pomeriggi però li trascorrevano in giro nei dintorni, scoprendo angoli e posti ignorati sempre ma emozionanti e straordinari, per chi li viveva con gli occhi degli adolescenti che scoprivano il mondo, se stessi e l‘amore; i fine settimana, dal mezzogiorno di venerdì alla mattina del lunedì successivo, furono dedicati alle gite ’fuori porta’, dalle località marine più vicine ai siti turistici più interessanti.
Anche loro scoparono molto, sempre con lo stesso partner ma con emozioni ogni volta diverse, per l’ambiente, per la situazione, per l‘entusiasmo, per la voglia di conoscersi; qualche volta, specialmente in gita, incrociando soggetti belli da ammirare, si presero in giro proponendo al partner di agganciare qualche personaggio sconosciuto e lanciarsi in avventure trasgressive; Lina puntualmente gli fece osservare che, non avendo garanzie di trovare la stessa dolcezza, preferiva il suo uomo.
Secondo, a sua volta, le ribatteva che, se aveva voglia di trasgredire, lui si sarebbe assentato per lasciarla libera delle sue scelte e sarebbe poi tornato a fare con lei quell’amore che era diventato la loro cifra a letto; finivano, normalmente, per ridere delle loro stesse provocazioni; in compenso, la conferma che stavano vivendo una ‘storia a due’ con tutta l‘armonia possibile diventava lo spunto per scopare, la sera, con maggiore entusiasmo e passione.
La situazione, ovviamene, si ribaltò quando, all’inizio di agosto, loro partirono per la vacanza; dopo averne parlato a lungo, avevano deciso di fare un’esperienza nuova e stimolante, un viaggio in Istria con sosta in un un campo nudisti, antico sogno giovanile di lui e desiderio proibito di lei adolescente; lungo la costa adriatica ve n’erano molti; Lina effettuò, dal computer dell’ufficio, la prenotazione per un bungalow ed ebbe la fortuna di trovarne uno nel campo più famoso della costa.
Quando montarono in auto, il pomeriggio del 31 luglio, ‘gli adulteri’ non avevano ancora fatto ritorno, sicché nessuno sapeva dove i ‘cornuti’ fossero finiti; Lina mandò un messaggio al marito per avvertirlo che andava al mare, non diceva dove, con alcune imprecisate amiche; Secondo, più lealmente, con analogo messaggio avvertì che partiva per una vacanza intellettuale, a lungo vagheggiata, in un paese straniero; i due sorrisero per la presunta ingenuità dei coniugi.
Il lungo viaggio in macchina fu diviso in due tappe per il traffico intenso in autostrada e per le code alle frontiere; ma lo spirito goliardico con cui lo affrontarono alleggerì il fastidio e diede lo spunto per beccarsi affettuosamente; lei derideva il quasi cinquantenne che sbavava per ammirare delle fighe al sole, ora che non era più tanto problematico incontrarne; lui prendeva in giro la donna per il vestito, simile a un prendisole, indossato per il viaggio; la gioia di vivere si toccava con mano.
Pernottarono a un centinaio di chilometri dalla frontiera con la Slovenia; l’occasione fu giusta per cenare a pesce, bere del buon malvasia e scopare fino a notte fonda; nella loro condotta di vita, la cena era un incentivo alla dolcezza e il paesaggio notturno della costa verso Trieste era ideale per tenersi abbracciati lungo una passeggiata a mare, coccolarsi e pomiciare come se davvero fossero ventenni in tempesta di ormoni; arrivarono all’albergo che quasi scoppiavano di desiderio.
Fu una delle più belle scopate che si fossero mai fatte; c’era tra loro un’atmosfera particolarmente intrigante che li portò a chiedersi perché non rendessero definitivo lo scambio dei partner, con due facili divorzi; ma Lina sapeva che Ottavio, senza di lei, sarebbe crollato con tutti i castelli di carta che s’era costruito; l’aveva conosciuto ragazzina, gli aveva concesso tutte le sue verginità e, se non fossero arrivati ad una tensione estrema, preferiva pazientare.
Ma anche Secondo sapeva con certezza che il suo destino era passare la vecchiaia con Linda; l’aveva presa che era poco più di adolescente e l’aveva tenuta a fianco per oltre venti anni sapendo che, in fondo, era ancora la ragazza indecisa che aveva conosciuto; abbandonata a se stessa, non avrebbe avuto scampo; se avesse deciso per il divorzio, non le avrebbe fatto obiezioni; ma doveva essere lei a chiederlo; per loro, la condizione di clandestinità era comunque la meno peggiore delle soluzioni.
Il soggiorno nel campeggio per naturisti fu una delizia; non era semplice entrare, da impreparati, in un mondo del tutto sconosciuto con le difficoltà che comportava esporsi nudi per tutto il giorno; Secondo esitò un poco, prima di decidere; ma bastò un’occhiata in giro per rendersi conto che le fisime erano solo sue e che derivavano da un’educazione inadeguata alla spigliatezza che tutti mostravano esibendo i corpi più diversi e spesso strani.
Rimase però stupito quando vide emergere dal bungalow la sua donna, autentica venere, disinvolta e determinata, che sbatteva in faccia al mondo il seno compatto e duro, carnoso e promettente, insieme al ventre piatto e ben disegnato, con un ombelico autentico gioiello, le gambe slanciate, statuarie e perfette, come disegnate da un angelo; sopra, il viso dolce e sbarazzino, nonostante gli anni che si leggevano solo per tre quarti dei quasi quaranta che erano.
Quando lo superò e lo precedette verso il mare, non poté fare a meno di ammirare il culo alto e tonico, le natiche disegnate come il classico violino, comprese le due effe che lo slanciavano moltissimo; meravigliandosi, si accorse che, anche in un ambiente dove il nudo era sbattuto in faccia senza remore né riserve, il corpo statuario di Lina colpisse comunque la fantasia di molti maschietti e il suo passaggio destasse sguardi voraci e libidinosa attenzione; ‘segnò il territorio’ abbracciandola.
Per tutto il tempo che trascorsero al campo, la compagna fu oggetto di ammirazione e di qualche delicato corteggiamento; tra il serio e il faceto, le chiese se per caso avesse formulato qualche pensierino trasgressivo, vista la concorrenza sleale di giovani veramente ben dotati, di tutte le nazionalità, con cui un ‘maturo’ tra i quaranta e i cinquanta, per quanto ben dotato, non poteva certo competere; il ‘vaffa’ di lei fu la prevedibile risposta accompagnata da un abbraccio amoroso che li esaltò.
Presero molto sole, conobbero gente di tutte le razze e di tutti i tipi, dialogando in uno stentato inglese, in un francese rabberciato e nel linguaggio universale dei gesti; visitarono monumenti e villaggi circostanti, pranzarono e cenarono, quasi sempre a pesce, meravigliosamente e sempre assai volentieri; la bolla di vetro che si erano costruiti intorno, alla partenza, li protesse per tutte e due le settimane; ripartirono con un po’ di magone ma con un’esperienza intensa.
I rispettivi coniugi, in città, non ebbero vita facile; impegnati nel lavoro spesso per l’intera giornata con una temperatura esterna da forno crematorio, contrastata con finanche troppa violenza dall’aria condizionata in cui erano immersi al lavoro, con esiti non esaltanti per il loro stato di salute, finirono per contare le ore che mancavano al ritorno ad una normalità accettabile; l’assenza dei coniugi avrebbe offerto la possibilità di vivere insieme il periodo, ma Ottavio aveva interessi più vari e più intriganti.
Non scoparono più di quanto fossero soliti e certamente in maniera meno entusiastica che qualche giorno prima, al villaggio vacanze; si consolarono raccontando le recenti ’avventure marine’ ad amici e conoscenti le sere che riuscivano a passare qualche ora al bar, in cerca di quiete e refrigerio; comunque la loro ‘fuga dalla città’ era vista con invidia da quanti erano stati costretti a passarvi l’estate; dei coniugi non avevano nessuna notizia e, in realtà, nemmeno ne chiedevano.
Lo ‘scenario estivo’ si era ripetuto per tutti e due gli anni in cui avevano vissuto da separati in casa; quel venerdì pomeriggio, come sempre, Secondo e Lina si incontrarono nel loro nido d’amore per decidere come passare insieme quel fine settimana; lui ormai non avvertiva neppure più, che sarebbe stato assente, la moglie, tanto preoccupata di organizzarsi monte feroci col suo ganzo, che forse talvolta neanche si ricordava di essere sposata e, comunque, metteva il matrimonio tra gli optional fastidiosi.
All’incirca uguale era la situazione per Ottavio, che aspettava che Lina gli comunicasse un impegno per il fine settimana, per sentirsi libero di organizzarsi meravigliose notti di sesso con l’amante; in uno strano incrocio di tessere di un puzzle surreale, i quattro vivevano ormai vite parallele che, per definizione, non potevano incontrarsi, ciascuno perso dietro ai sogni, alle illusioni o ai castelli in aria più o meno legittimi.
Secondo aveva notizia di una piccola località nei dintorni, dove alcuni anni prima si era trovato benissimo; propose a Lina di passare il week end in un posto affascinante, in un hotel suggestivo con ottimo ristorante; lei gli chiese solo di passare dalla farmacia, prima di uscire dalla città; per il resto, le andava benissimo qualunque soluzione, a patto che con loro viaggiasse l’amore di sempre; il ricordo della recente estate in Istria era ancora troppo vivo per accontentarsi di meno.
In farmacia, fece scorta di preservativi; a Secondo che la guardava con aria interrogativa, fece osservare che la pillola andava interrotta almeno ogni tot mesi, per consentire all’organismo di smaltire effetti collaterali; per quel mese, aveva deciso di non assumere l’anticoncezionale e doveva cautelarsi; lui aveva il dovere di accettare il goldone come protezione; se non avesse voluto, doveva proporre alternative, anche l’eventuale sostituzione dell’amante; lui si limitò a rimproverarla con lo sguardo.
Il posto era decisamente ricco di fascino, in una vallata chiusa da monti non eccelsi, con un laghetto forse artificiale cui facevano da corona boschi di pini e di abeti; l’unica costruzione era un alberghetto in stile alpino, modello baita, prevalentemente in legno con tetti spioventi; il pianoterra era adibito a ristorante e sala per ricevimenti; i due piani elevati comprendevano le camere sobrie, eleganti e ben curate; un posto decisamente per innamorati in cerca di gioia di vita.
Lina fu felice di esserci, sin dall’arrivo; mentre Secondo si occupava degli adempimenti, si aggirò come farfalla tra le composizioni floreali che decoravano le aiuole antistanti l’ingresso; quando lui uscì, dopo avere depositato lo zaino con le poche cose che avevano portato, lo trascinò felice verso il bosco più vicino, quasi a riempirsi occhi, polmoni e cuore di tanta bellezza e di aria pura; si mise a correre come una e giocò a nascondino tra gli alberi.
Lui la sorprese dietro un grosso abete e la catturò con un bacio dolcissimo; Lina si sentì sciogliere d’amore e lo abbracciò con tutte le forze, spingendo il pube contro il suo per cercare sfogo alla sua voglia di sentirlo, anche da sopra i vestiti; le bocche si divoravano con furia cannibalesca; le lingue giocavano a rimpiattino alternandosi a succhiare e lasciarsi succhiare; le mani si agitavano sui corpi a cercare il contatto più intimo con la pelle.
Lina aveva una voglia irresistibile di sesso e non lo nascondeva; lo spinse contro l’albero, gli aprì la cerniera e tirò fuori il cazzo; sollevò fino alle anche la gonna a tubo e si abbassò sulle ginocchia; infilò una mano fra le cosce, spostò la stoffa del perizoma e si martellò il clitoride, mentre ingoiava per metà la mazza dura di lui.
“Che diavolo fai? Ci possono vedere!”
“Beh!?!? Vedrebbero un cazzo meraviglioso in un pompino straordinario in una natura lussureggiante e incontaminata. Cosa hai contro la naturalezza?”
Impossibile far ragionare una donna persa nel suo piacere; Secondo non ci provò; le carezzò i capelli, le strinse il viso tra le mani e lasciò che si godesse il gusto di succhiarlo; sentì dai gemiti soffocati sul cazzo, avvertì dai fremiti del corpo e vide dallo sguardo perso nel piacere che aveva avuto un primo orgasmo; le sfilò il cazzo dalla bocca, la sollevò per le spalle e la baciò con amore; lei gli si abbandonò languida e portò una delle mani di lui sul seno, nella camicetta; lui capì e strinse un capezzolo.
Infilò tra le cosce la mano libera e cominciò a masturbarla con delicatezza e decisione, mentre le strofinava libidinosamente il seno; interrompendo per un attimo il bacio lussurioso che stavano scambiandosi, le chiese se volesse andare in camera a scopare, prima della cena; lei rispose che no, dopo cena avrebbero fatto l’amore per tutta la notte; per ora, gli chiedeva di farla godere come potevano; lui non si azzardasse a sborrare; lo avrebbe fatto più volte, poi.
Completò il ditalino stimolando contemporaneamente il clitoride con le dita, il capezzolo sfregandolo e la bocca baciandola con amore; la sentì esplodere in un orgasmo mortale; la tenne stretta per impedirle di scivolare a terra languida di piacere e svuotata di forze; sentì un’armonia di intenti che lo mandava ai pazzi; capì che veramente il loro era amore puro; aspettò che si riprendesse, coprendole tutto il viso di baci dolci e quasi casti; attese che si ricomponesse e tornarono all’hotel.
Si informarono sulla cena ed ordinarono già per due; intanto, presero due calici di prosecco e si sedettero ad un tavolo, quello dove avrebbero cenato; Lina decise di vedere la camera e di portare le loro cose; ritirò lo zaino e la chiave, salì al primo piano e dopo alcuni minuti ridiscese; era quasi raggiante mentre elogiava la bellezza dell’arredamento con mobili finto antico ma efficienti, con coperte e lenzuola vecchio stile, ‘una camera per sposi novelli!’, aggiunse sorniona; lui la baciò a stampo.
Cenarono in un clima di grande romanticismo, con candele e fiori al centro, cibo squisito e giusto per due innamorati; bevvero moderatamente del vino bianco; allegri e gioiosi andarono abbracciati fino alla camera; lei si lasciò cadere sul letto, aprì le braccia e accolse il suo uomo sul corpo caldo di passione; cominciò il sacro rito della spoliazione che eseguirono in linea con i loro comandamenti, sfogliando, come petali di rose, i singoli capi e depositando baci sulle parti emergenti.
Secondo aggredì i bottoni della camicetta e li aprì, uno ad uno, depositando baci vogliosi sui lembi di pelle che scopriva; quando ebbe davanti il seno, si fiondò sui capezzoli e ne succhiava uno mentre strofinava l’altro fra pollice e indice; le emozioni che lei riceveva erano celestiali; si abbandonò al piacere con tutta se stessa; l’unica cosa che riusciva a sentire, oltre ai capezzoli titillati, era il cazzo di lui che, ancora nei pantaloni, le premeva sulla figa e la faceva godere.
Lui passò poi alla gonna e la sfilò dai piedi; portò via, insieme, anche le scarpe; poiché non aveva calze, rimase col solo perizoma che sottolineava ed esaltava la figa, anziché coprila; quando si abbassò sul ventre per uno dei suoi meravigliosi cunnilinguo, lei lo frenò, lo rovesciò supino e aggredì la camicia; quando l’ebbe sfilata, si lanciò a pascersi dei capezzoli che sapeva più sensibili dei suoi; mentre ne succhiava uno e titillava l’altro, aprì la cerniera del pantalone e afferrò il cazzo.
Secondo si fermò immobile e si abbandonò all’ondata di piacere che montava, dall’inguine, su per il petto fino al cervello; sentì la beatitudine avvolgerlo mentre Lina lo masturbava con la grazia, la dolcezza, il trasporto che metteva nel sesso; la fermò quando si accorse che si avvicinava troppo a sborrare; si stese bocconi tra le cosce, afferrò il perizoma e lo sfilò fino ai piedi; si tuffò sulla figa e cominciò a succhiarle l’anima; lei lo seguì nel piacere fino all’esplosione dell’orgasmo.
Continuarono a lungo leccandosi, succhiandosi, titillandosi, masturbandosi; poi lei lo volle in figa, a pecorina, ma gli ricordò che non era protetta; nel caso, usasse il preservativo o, meglio, le sborrasse pure nel culo; amava essere inculata specialmente da dietro e, in quel momento, era la pratica più giusta per loro; lui la rassicurò sulla sua capacità di controllarsi; le avrebbe sborrato nel culo ma prima voleva sentirla tutta; le consegnò un profilattico e le insegnò a piazzarlo con la bocca.
Per tutta l’ora successiva non fecero che godersi in bocca e in figa; Lina diede fondo a tutta la passione e sborrò senza freni, presa dall’atmosfera che stava vivendo; Secondo colse che era un momento particolare della loro relazione e la montò in ogni modo, prolungando all’infinito il piacere di godere e di farla godere con gioia; Lina gli sfilò il preservativo, si sistemò carponi e allargò le natiche; non era ormai necessario preparare lo sfintere e lui la inculò, con amore e con garbo.
La teneva per le tette, mentre picchiava con forza e con gioia contro le natiche meravigliose, che tanto ammirava e che tanti torcicolli aveva provocato, al mare, in estate; non poteva fare a meno di riempirsi gli occhi della purissima linea della schiena, dall’osso sacro al collo, e delle forme piene, dei fianchi perfettamente disegnati; ma soprattutto era eccitante il semplice suono del ventre che picchiava contro il culo, mentre i coglioni sbattevano sulla figa; l’insieme lo portò alla sborrata.
Si fermò appoggiato sulla schiena di lei che, in ginocchio, lasciava riposare il corpo dopo il grande assalto e gli orgasmi che aveva sentito succedersi in continuazione mentre riceveva l’amore nel culo; quando si distesero ansanti e svuotati sul letto, lo avvertì che doveva parlargli e che lui doveva fare il favore di ascoltare in silenzio per almeno una decina di minuti, finché non gli avesse detto quello che doveva; lui promise e si stese attento ad ascoltare.
Lina gli confessò che l’affermazione che interrompeva la pillola per depurare l’organismo era vera a metà; effettivamente, ogni tre o quattro anni era consigliato di saltare un mese di contraccezione per smaltire gli eccipienti e gli effetti collaterali; non era consigliabile scopare senza tutela, in quel mese, perché una eventuale maternità poteva rivelarsi problematica e pericolosa; lei avrebbe potuto rimandare ancora quell’operazione.
In realtà la decisione di interrompere la contraccezione nasceva dalla volontà di lei di avere un figlio e di averlo da lui; sapeva perfettamente che sarebbe stato giusto farlo col coniuge legittimo; ma suo marito era sterile, senza saperlo; quando aveva più o meno trentacinque anni, si era beccato la parotite; questa malattia, contratta da ragazzi, non aveva conseguenze; in un adulto, comportava una debilitazione degli spermatozoi e la conseguente sterilità.
Suo marito l’aveva contratta in età più che adulta; il medico di famiglia, che aveva verificato la temuta conseguenza, aveva taciuto la cosa al diretto interessato, perché si rendeva conto che, col maschilismo da cui era dominato, l’idea della sterilità l’avrebbe prostrato e forse distrutto; lei aveva accettato con rassegnazione di non avere un figlio che il suo istinto reclamava; essersi innamorata e avere sconvolto la sua vita l’aveva spinta a decidere di farsi inseminare dall’uomo che amava.
Il figlio, per lei, sarebbe stato il prolungamento senza fine di quell’amore; non intendeva a nessun costo divorziare, se Ottavio non lo avesse deciso con lei; ma non sarebbe stata infedele e gli avrebbe parlato della sua scelta; se Secondo accettava di essere il padre naturale di suo figlio, lei avrebbe continuato ad amarlo attraverso il figlio; se non se la sentiva di accettare una situazione così pesante, si sarebbe rivolta ad una istituzione per l’inseminazione artificiale.
Secondo la ascoltò attentamente e un milione di pensieri gli correvano in testa mentre lei esponeva motivazioni lineari e incontrovertibili; se lei avesse taciuto e si fosse fatta ingravidare a sua insaputa, non avrebbe potuto fare niente per impedire che avesse un figlio suo, riconosciuto dal legittimo consorte ma geneticamente di un altro; parlare prima, e con estrema chiarezza, esprimeva solo la volontà di fare di quel figlio, concretamente, la continuità di un amore stupendo ma aleatorio come tutte le cose umane.
La rabbia gli montò quando dovette riflettere che sua moglie neanche questo aveva saputo decidere; ogni volta che avevano parlato di una possibile maternità, i timori per la linea del corpo, dopo il parto, avevano prevalso; cercò tutta la calma possibile di fronte alla delicatezza del tema e abbracciò la donna con amore; per ora, non aveva idee, ma si rendeva perfettamente conto che in tempi rapidi le doveva una riposta; lei si aspettava la più semplice, ma per lui era anche la più dolorosa.
“Lina, se accettassi di essere il padre segreto di tuo figlio, quale sarebbe il ruolo che potresti assicurarmi?”
“Ci ho già riflettuto; intanto, dopo la nascita, farei i test di paternità e depositerei gli esiti, con una mia dichiarazione, da un notaio, nel caso che il , cresciuto, volesse fare chiarezza sulle sue radici; lo stesso varrebbe per te, ma mi fido della tua lealtà per non abusare di questo vantaggio; nell’immediato, tutto dipende dalla risposta di Ottavio; se ha l’intelligenza che gli attribuisco, non vorrà conoscere il nome del padre naturale.
Se invece lo vorrà sapere, dovrà accettare di essere padre legittimo e putativo, ma dovrà concederti di essere molto vicino e attento a nostro figlio, se ne avrai voglia; comunque sia chiaro che il figlio sarà innanzitutto mio; se arrivassimo ai divorzi, sarei felice di vivere con te e con nostro figlio; se non arriviamo allo strappo finale, mi sta bene che mio figlio abbia due padri, uno naturale ed uno legittimo; so di essere egoista, ma un figlio è soprattutto una realtà mia; gli altri devono scegliersi il ruolo.”
“Lina, mi sconvolgi, naturalmente, perché è un risvolto a cui non avevo mai pensato; ma sento che hai ragione; ti dico subito che tendenzialmente mi da gioia sapere che qualcosa di questo amore, qualcosa anche di me, resterà al di là dei casi della vita; abbiamo un mese circa, mi pare; se non puoi rimanere incinta in questa tornata, devi aspettare il prossimo ciclo per decidere se sarò io a darti il figlio che vuoi; userò questo tempo per riflettere su tutto, anche sui problemi di eredità.
Non ti offendere, ma un figlio è anche un erede e non voglio trascurare questo aspetto; io non ho eredi, allo stato attuale; non mi dispiacerebbe sapere che del frutto del mio lavoro alla fine qualcuno ne beneficiasse; preferirei che foste tu e nostro figlio; ma non posso e non voglio lanciarmi a piedi uniti contro un poveraccio che ha la sola colpa di non controllare la cinghia dei pantaloni; l’altra vittima sarebbe una ragazza in un corpo di donna che non sa decidere, neanche di fare un figlio col marito.
Forse è giusto aspettare che qualcosa sedimenti, prima di decidere; sarò felice di mettere in cantiere con te un figlio nostro; sono certo che lo decideremo, insieme; intanto, prendiamo tempo; dopo avermi tirato una mazzata così dura e così affascinante, ti concedi ancora o vuoi lasciarmi dormire stordito dalla novità? Abbiamo scelto questa località per passare un fine settimana, che non è quella dell’inizio dei lavori per nostro figlio; come ce la gestiamo?”
“Scopando, amore mio, sfinendoci dal languore da sesso; mi hai dato spesso piccole morti da orgasmo; adesso, per tre giorni, fino a lunedì mattina, me ne darai tante che alla fine diventeremo indivisibili e moriremo sul letto.”
Se non era una promessa, ci mancò poco; per l’intero sabato e tutta domenica se ne stettero quasi rintanati in camera; uscivano per andare a pranzo, a cena e per concedersi qualche passeggiata deliziosamente sentimentale per i sentieri pittoreschi tra i boschi circostanti con affettuosità e svenevolezze che avrebbero fatto ridere chi li avesse visti; ma erano splendidamente soli e si concessero anche qualche piccola variante, soprattutto masturbazioni reciproche e qualche pompino.
Quando ‘si dovettero rassegnare’ a rientrare al solito lavoro, il lunedì mattina, Secondo le promise che avrebbe usato il mese intero per pensare alla sua ipotesi e che, se le cose fossero andate come sperava, non sarebbe stato necessario che si rivolgesse all’inseminazione artificiale; lui desiderava un figlio e lo voleva con lei, qualunque potesse essere la conseguenza inevitabile; si riconciliarono con il quotidiano, di certo più entusiasti e carichi di prima.
Le cose che si erano detti, in condizione di rapporti normali, avrebbero imposto forse di fare una certa chiarezza con i rispettivi coniugi; ma nessuno dei due voleva rischiare che, scoperti gli altarini, si rompesse la loro libertà di scopare come, dove e quando volessero; in fondo, la moglie dell’uno, e il marito dell’altra, da due anni scopavano senza curarsi affatto dei doveri coniugali; Secondo tentò cautamente di parlare con Linda.
Non valse a nulla ricordare a sua moglie che da due anni non si incontravano, a letto soprattutto ma anche solo per pranzare o per cenare; che la loro separazione era un dato di fatto da far solo legalizzare con una sentenza del tribunale; lei gli oppose che per venti anni era stata moglie fedele, da due anni si sentiva donna libera ed esigeva che lui aspettasse che la ‘ventata’ passasse; se voleva evitare conflitti e scandali, si cercasse un’amante; rinunciò definitivamente a qualunque forma di dialogo.
Non ebbe migliore sorte un analogo tentativo di Carmela, di parlare con Ottavio; inalberandosi su un presunto principio di superiorità del maschio Alfa, le impose di non creare problemi e di fare la buona moglie; Lina gli lasciò intendere che forse rischiava di incornarsi sullo stesso palco da cervo che le aveva imposto per due anni; diventò quasi violento ed urlò che era lui a comandare in casa e che suo compito era stare zitta.
Quando ne parlarono, appena si rifugiarono nel solito nido d’amore per darsi tanta passione, i ‘cornuti’ si trovarono concordi nel ritenere che forse l’idea dei due divorzi non era poi così scandalosa o peregrina; decisero, comunque, di aspettare che passasse un po’ di tempo; quando fosse rimasta incinta, era quasi inevitabile che i discorsi prendessero altre pieghe; quanto meno, potevano decidere di essere loro a scoprire gli altarini, lasciare gli adulteri e costruire una nuova famiglia.
Quando, dopo qualche mese, Lina ebbe la certezza della maternità, fece in modo che si incontrassero ancora una volta al solito bar, per mettere le carte in tavola; quasi avesse ‘sentito’, con istinto primitivo, il senso dell’incontro, Linda aggredì per prima.
“Si può sapere perché diavolo avete voluto questo incontro che, ad occhio e croce, non fa piacere a nessuno?”
“Forse per parlare delle corna che da un paio d’anni ci piantate senza problemi!”
“Chi dice questa sciocchezza?”
“Cara mogliettina, non pensavo che fossi anche così vile; tutta la città parla di voi e della vostra relazione; i pettegolezzi che tu stessa hai provocato, parlando con la tua cosiddetta amica del cuore, hanno consentito di sapere anche quante volte hai scopato in quel villaggio dove ti trascinai quasi a forza dieci anni fa; ha parlato anche delle tue notti con quello che speravi di trovare all’altezza delle mie prestazioni; ma non ti preoccupare delle corna che mi hai fatto; nel caso, ne renderai conto in tribunale; il problema ora è tra Lina ed Ottavio; loro hanno problemi ben più grossi da affrontare e non so come ne usciremo.”
Ottavio guardava sua moglie, al tempo stesso spaventato e minaccioso; Lina fece un numero e attivò il vivavoce.
“Ciao, Giovanni, sono Carmelina; sono qui con Ottavio e deve sapere quella cosa che gli hai taciuto per carità di patria … “
“Ottavio, se mi ascolti, sappi che dieci anni fa, durante quella cura contro la parotite, non ti rivelai che negli adulti quella malattia comporta la sterilità; non sperare di poter avere un figlio; non te l’avevo detto, per non offendere il tuo spiccato senso dell’orgoglio maschile; se Lina mi ha chiesto di rivelare la verità, ci deve essere un motivo molto solido.”
“Grazie, Giovanni; il motivo c’è ed è decisamente solido; scusami se ti ho disturbato. Ciao.”
Ottavio era bianco come un cencio; non si muoveva e Lina dovette colpirlo un paio di volte per farlo reagire.
“Dai, Ottavio, non è un problema così grave; pensa che puoi scopare senza preoccuparti se lei prende la pillola … “
Linda scattò all’improvviso in una maniera e con un linguaggio che mai le avrei attribuito.
“Maledetta stronza, e tu ci convochi qui per dirgli questo in pubblico?”
“Senti, nobildonna dei miei stivali; l’ho fatto qui, non in pubblico ma davanti a te che sei quella che negli ultimi due anni si è sbattuta alla grande; l’ho detto ora perché sono incinta e il figlio non è suo … “
Stavolta fu Linda a crollare come svenuta; non aveva mai pensato ad un figlio con Ottavio, perché Secondo era decisamente preferibile come padre; ma sapeva quanto costasse quella denuncia di impotenza ad un maschio così arrogante; quando si riprese, volse lo sguardo a Secondo che la ignorò a bella posta.
“Si può sapere chi è il padre di questo tuo figlio?”
“Quali titoli ha vostra Nobiltà per porre questa domanda?”
“No, pensavo che a tuo marito lo avresti rivelato … “
“Scommetto che avevi anche pensato che mio marito avesse il dovere di riferirlo immediatamente a te; sei proprio convinta di essere la padrona del mondo, solo perché tuo marito ti ha lasciato impunemente farti scopare dal mio?”
“Secondo, la senti questa che dice?”
“Linda, mi hai rotto il cazzo; sono stufo di te, della tua imbecillità e della tua fanciullaggine che non ti fa vedere il ridicolo in cui ti rotoli; hai provocato tanti di quei casini da farci una rivoluzione ed ora pretendi che la donna che hai offeso, umiliato, mortificato ti racconti cose che sono solo sue private, intime? Tu sragioni; devi farti controllare per lo meno da un buon analista; le cose che hai fatto in questi mesi sono indegne di una persona intelligente come te; forse devi curarti.”
“Forse è meglio se sto zitta e mi faccio gli affari miei ... “
“Ottima conclusione, anche se in ritardo. Ottavio riesci a ragionare e a dirmi cosa ti passa per la testa?”
“Lina, che vuoi che ti dica? Mi è crollato il mondo addosso, lo capisci?”
“Io capisco che tu non puoi avere figli e io ne aspetto uno che non è tuo; come ti vuoi comportare?”
“Tu sei mia moglie e ci siamo sposati per amore; io non ho smesso di amarti, nonostante i miei assurdi stravizi; se a te può stare bene, essendo il tuo legittimo consorte, avrei il diritto di legittimare come nostro il figlio che aspetti; il padre naturale cosa rappresenta per te?”
“Non sono capace di raccontarti bugie; è l’uomo che amo con tutta me stessa; cerca di capire, per favore; di lui sono e forse resterò innamorata per sempre; a te voglio un bene infinito, proprio l’affetto che nasce da quello che tu dici; anch’io so che mi sono innamorata di te quando ero poco più che una , ti ho vissuto con grande dedizione nonostante il tuo vizio maledetto; non voglio e non vorrò mai separarmi o divorziare.
Con l’uomo che amo ho parlato a lungo, prima di mettere in cantiere questo figlio; è disposto a farsi da parte; lui sa che il figlio è mio e che il padre, legittimo o naturale, deve meritare di esserlo; se tu accetti di essere il padre di mio figlio, dovrò per forza chiederti di meritarlo; non posso dichiarare a mio figlio che suo padre è un puttaniere; non sarà mai un figlio di puttana, qualunque cosa possa credere la nobildonna che ti sei scopato fino a stamane.
Ho ceduto all’amore quando ho capito che avevi una storia profonda e pericolosa; mio figlio è e sarà figlio dell’amore, mio per il padre naturale e di quell’uomo per me; siamo d’accordo che, se tu accetti di riconoscerlo, lui non avanzerà pretese; neanche lui vorrebbe divorziare dalla moglie; è sposato male anche lui; ma è un galantuomo e si fa da parte, per me e per mio figlio; il pallino è a te; se accetti, non parliamo più né di divorzio né di corna; se non ti sta bene, cercherò altri percorsi.”
“Secondo, io spero che sia tu, come credo, l’uomo di cui Lina è innamorata; mia moglie ha fatto il tuo ritratto e mi vergogno adesso quanto avrei dovuto farlo per due anni; il figlio sarà nostro ed io avrò cura di lui come faresti tu se potessi riconoscerlo; Linda, un figlio ti cambia tutte le prospettive; Lina non mi ama ma mi vuole bene; mi farò bastare il suo affetto e l’amore me lo prenderò da nostro figlio; forse dovresti rivedere anche tu qualche convinzione.
Ci ritiriamo con le ossa rotte; avevamo creduto di strafare e di calpestare la dignità di due poveri cornuti; se è vera solo la metà delle cose che ho sentito, siamo stati dei dilettanti, lo capisci? Non essere ancora dilettante; cresci e arrenditi alla realtà adulta.”
“Cosa hai sentito dire?”
“Cazzo! Due minuti fa tuo marito ha rivelato che, dieci anni fa, in quel villaggio turistico non volevi andarci, lui ti ci trascinò quasi a forza; tu, la solita capricciosa volubile, te ne innamorasti; dieci anni dopo hai fatto finta di scoprirlo con me e in realtà mi hai trascinato in un posto dove ti aveva fatto fare l’amore alla grande; sono convinto che anche il viaggio all’estero era un vostro vecchio sogno … “
“No; lui pensava a un campo nudisti ed io ero contraria … “
Lina ha tirato fuori nel cellulare una foto e la mostra ad Ottavio.
“Secondo, non è che anche tu hai usato Lina per ripercorrere i sogni infantili?”
“No, mio caro; sapevo esattamente che quelle cose le aveva desiderate da giovane, che le aveva proposte alla moglie e che lei le aveva bruciate nella sfiducia e nel disgusto; ci siamo innamorati da morire perché ci siamo sentiti in profonda sintonia, nel lavoro come nella vita, a letto come nell’amore; ricorda solo che devo rinunciare a tutto questo, se decido di stare con te … “
“Lina, ti prego, niente ‘se’; noi andremo via da qui diretti casa e ci coccoleremo la tua gravidanza come fossimo incinti insieme; sarò il padre che ti aspetti, giuro; ormai vado per i cinquanta e ne avrò settanta quando nostro figlio ne avrà venti; devo impegnarmi, se non voglio soffrire lo scarto di età e rovinare tutto anche con lui. Secondo, non è proprio ortodosso, ma devo chiederti di farti da parte e lasciarci salvare la famiglia; forse io non lo merito, ma tu sai essere generoso … “
“Sono foto in un Natur Kamp, quelle che ha Carmela? Ho sentito che ti chiama Dino e tu la chiami Lina; non sei mai riuscito a inventarti un nomignolo per me? O la ami più di quanto amassi me venti anni fa? Scommetto che l’hai portata in quell’alberghetto tra i pini e in tutti quei posti dove facevo finta di annoiarmi per obbligarti a coccolarmi per convincermi; capisci che assurdo? Pretendevo le coccole e, alla fine, ti ho fatto le corna perché mi facevi troppe coccole e mi scopavi poco.
Stai aspettando un figlio che non sarà mai tuo e che non saprà mai di essere tuo; nostro figlio avrebbe oggi venti anni, scoperebbe come il padre e troverebbe una Lina che lo accetta e lo adora, se non mi fossi preoccupata delle smagliature e avessi voluto veramente una famiglia … Esiste un’uscita da questa tela di ragno o è troppo tardi per pentirmi?”
“Linda, come faccio a spiegarti in maniera matura le cose, se continui a comportarti da ragazzina capricciosa? Stiamo affrontando una vita futura di ostacoli e difficoltà, con un figlio e due padri, con una donna che ama un uomo ed è sposa decisa ad essere fedele ad un altro; tu sei gelosa di un nomignolo e lo nascondi; Secondo, Secondino, Dino; Carmela, Carmelina, Lina; mi pare abbastanza lineare e semplice, per una professoressa di italiano; come si può modificare Linda?
I diminutivi e i vezzeggiativi servono per vezzeggiarsi; è difficile dire, mentre sei sul punto di sborrare, ‘Carmela, ti amo’; si può, certamente, ma è stentato; invece ‘Lina, ti amo’ è più diretto, immediato e intenso; il nome bisillabo è imperativo; Linda è già bisillabo; se dico ‘Linda ti amo’ non ho bisogno di altro; ma devo sentirlo, prima di dirlo; funziona anche ‘Linda, ti voglio bene’ ed è più vero, più lineare, meno passionale, forse buono per una lunga vecchiaia insieme.”
“Stai facendo dialettica lessicale o parli per comunicare qualcosa?”
“Parlare è per se stesso comunicare; i contenuti dipendono da noi. Ti sei chiesta a chi spetti il compito di chiudere i vecchi capitoli ed aprire eventualmente i nuovi?”
“Carmela e Ottavio non si sono posti il problema; hanno deciso insieme … “
“Hai almeno capito che amo Lina con tutto me stesso, al punto che accetto di rinunciare al figlio che sarebbe nostro, perché la voglio vedere felice col marito piuttosto che lacerata tra passato e futuro? Ti rendi conto che non hai nemmeno ammesso una tua colpa nell’aggressione a me? Ancora credi di poter far passare per ingenui capricci le tue scorribande sessuali?
Vuoi sentirti dire che non ti amo più, perché amo Lina con tutto me stesso e nei tuoi confronti provo solo l’affetto nostalgico per quella che credevo che fossi e invece ho scoperto che non è mai esistita? Che cazzo vuoi, in definitiva?”
“Voglio riprendermi il tuo, di cazzo; ma con tutto quello che c’è dietro, sensibilità, cultura, intelligenza, pazienza, amore, tutto lo capisci? Non azzardarti a dire che è il solito capriccio dell’imbecille che non vuole crescere; è vero, sono stata per due anni Peter Pan, ho avuto paura delle stesse ombre che mi creavo e non ho voluto crescere; ora che vorrei prendere coscienza di me e maturare, non ho gli strumenti né la forza; ho bisogno di te, ora più che mai.
Lo so che non mi ami più; ho fatto di tutto per cancellare l’amore dal tuo cuore; in realtà credevo di indurti a soddisfare ogni mio capriccio, ogni esagerazione; ho distrutto l’amore in te che ne avevi tanto da riempirne un’altra donna riversandolo in lei anche maltrattato com’era, perché hai fede e non molli; voglio riprendermelo quell’amore, che era mio; la tua dea non me lo impedirà perché deve costruire il suo nido col marito e col loro figlio.
Tu dovrai imparare ad amarmi di nuovo, ma non come la ragazzina da accontentare perché è una deficiente irrimediabilmente capricciosa; dovrai amarmi da donna adulta, da compagna, da complice, come adesso ami la tua dea, con tutto te stesso; voglio che mi dai un figlio nostro, lo stesso che hai dato alla tua dea; ma questo sarà soprattutto tuo e dovrà avere il tuo imprinting in tutta la vita, dalla nascita fino a che resisterai.
Anche noi dobbiamo tornare a casa, senza ‘se’ e senza ‘ma’ e dovrai armarti di tanta santa pazienza perché devo crescere e sarai tu garante che non sbaglierò più un passaggio, che crescerò e sarò donna matura, amica, amante, socia e tutto quello che due persone possono essere se veramente si vogliono bene e si amano.”