Se dovessi scegliere uno tra i peggiori pazienti da cui sono andata a domicilio la mia scelta ricadrebbe senza dubbio sul signor Nerchi. Se dovessi parlare soltanto delle cure che gli offrivo come infermiera non avrei molto di cui lamentarmi.
Il suo problema più grande non era il diabete, patologia sotto controllo grazie anche alle mie iniezioni sottocutanee di insulina, quanto piuttosto la sua palese dipendenza dal sesso. Per dare ascolto ai suoi bassi istinti si lavava di rado e seguiva con difficoltà la sua dieta ipoglicemica. Le sue giornate le trascorreva in mutande o altrimenti nudo. Quando però arrivavo io sembrava recuperare un minimo di decenza e si rivestiva ma le sue mutande e i suoi calzoni tirati su in fretta e furia oltre che quella sua aria contrariata che può avere solo chi viene interrotto su più bello mi davano l'idea fossi entrata in casa sempre nel momento meno opportuno. Poco importava che le iniezioni di insulina fossero a cadenza settimanale e le mie visite fossero programmate.
Posso dire che entrare in casa del signor Nerchi è un'esperienza che non si dimentica tanto facilmente. Più che essere un'abitazione è un mondo a sé stante popolato da fazzolettini di carta lasciati distrattamente in giro usati ed ingialliti dallo sperma secco e tempo scandito dal rumore dei suoi bestiali versi di godimento udibili a volte già dal pianerottolo da chiunque avesse avuto la sventura di capitare abbastanza vicino alla sua porta.
La sua camera da letto sarebbe potuta sembrare quella di un comune uomo di sessant'anni se chi la avesse osservata avesse fatto finta di non notare l'enorme quantità di poster osé raffiiguranti donne nude che facevano da tappezzeria alle pareti che uno può aspettarsi di trovare nella stanza di un adolescente in piena tempesta ormonale ma di certo non lì. A volte ho pensato che se avessi avuto il coraggio di guardare sotto il suo letto forse avrei trovato le riviste porno da cui erano stati staccati quei poster pieni di tette e culi come li avrebbe nascosti un ragazzino per tenere da parte quel materiale sconcio all'insaputa della propria madre. Non lo so, può darsi.
A volte era capitato che misurassi la sua glicemia proprio all'interno della sua camera da letto. Lui a volte mi guardava e si accorgeva che a volte buttavo l'occhio su tutto quel materiale spinto che addobbava le pareti faticando a mascherare il mio disagio. Lui allora come per volersi giustificare ripeteva sempre la stessa frase.
"Me li ha comprati mio figlio."
Purtroppo era vero. Il signor Nerchi era ridotto così perché il figlio pur di intascare mensilmente la pensione del padre aveva iniziato ad assecondare le sue richieste sessuali rendendolo di fatto una specie di animale in gabbia che chiedeva dalla vita solo un'ultima cosa, sborrare. Al figlio poco importava che il cervello di lui sarebbe potuto finire in pappa a suon di schizzate, cosa che puoi è successa. Al figlio importava solo non essere scocciato mentre gestiva i beni di famiglia e suo padre se ne stava rinchiuso in quella casa come uno scimmione ingrifato ammazzandosi di seghe.
Anzi no. Non solo di seghe a dire il vero.
A casa del signor Nerchi si presentavano tanti professionisti. Il piano di presa in carica dei servizi sociali prevedeva che oltre me ricevesse la visita del suo medico di famiglia, di un operatore sanitario ed una collaboratrice familiare peruviana, quest'ultima se ne andò dopo che lui aveva iniziato ad allungare le mani. Un giorno però quando mi presentai al suo domicilio incontrai una professionista di ben altro tipo che doveva entrare in quella casa proprio come me. Era una ragazza che avrà avuto non più di 25 anni, capelli neri, pelle un po' scura per via dei suoi lineamenti sudamericani. Aveva un trucco deciso, tanto profumo addosso e un paio di tacchi vertiginosi. Era una puttana. Scoprii così che il figlio pagasse ed organizzasse gli incontri sessuali del padre.
La situazione fu piuttosto surreale. Una volta entrate lui neppure mi salutò. Era come se non ci fossi. Non provava vergogna per essersi presentato in mutande col membro già barzotto, se ne fregava completamente di apparire come un puttaniere troppo pigro per guadagnarsi la compagnia di una donna senza pagare. Anzi era proprio su di giri. Aveva occhi solo per quella bambola fatta di carne, cuore e sentimenti che avrebbe avuto a disposizione per un po' di tempo. Tempo che avrebbe sicuramente tolto a me.
Non potete immaginare quanto fossi incazzata quel giorno. Possibile che il figlio del signor Nerchi fosse tanto coglione da non essersi accorto di aver fissato l'appuntamento tra quella cavallona e suo padre nella stessa ora in cui gli avrei fatto visita io? Ero nera. Se avessi avuto quel deficiente davanti a me in quel momento penso che lo avrei preso a sberle. Provai a chiamarlo tre volte per chiedergli come si fosse permesso di mettermi in quella imbarazzante situazione che mi impediva di svolgere il mio lavoro. Le prime due volte squillava, la terza il numero risultava irraggiungibile. Che stronzo! Era evidente sapesse di aver fatto una cazzata. Dopo aver letto il mio nome sullo schermo penso abbia spento il telefono.
Quando rimisi il telefono nella mia borsa il signor Nerchi e la prostituta sudamericana si erano già imboscati in camera da letto ed io che quel giorno oltre a misurare la glicemia avrei anche dovuto aggiornare la cartella clinica da presentare ai servizi sociali non volevo rassegnarmi a dovermela prendere in quel posto perdendo chissà quanto tempo.
Mi avvicinai alla porta della camera da letto ne impugnai la maniglia scoprendo però di avere soltanto il coraggio di spingerla quel po' che bastava per socchiuderla e nulla di più. La voglia di scopare aveva spinto il signor Nerchi ad usare il sapone ad a radersi. Lo vidi sdraiato sul letto completamente nudo e con il cazzo già duro mentre quella formosa ragazza si spogliava davanti a lui ed io ero di fatto diventata la guardona che li stava spiando.
Il figlio di quel maiale aveva scelta proprio bene la troia con cui far divertire suo padre! Dopo averla vista togliersi la giacca e la gonna inguinale potevo constatare che quella prostituta fosse una stangona con un gran fisico, sembrava una di quelle donne nude raffigurate su quegli imbarazzanti poster che tappezzavano la stanza. Indossava soltanto un body fatto a perizoma nella parte di sotto che metteva in risalto i suoi larghi fianchi e le natiche piene e rotonde del suo sedere. Lui mise una mano su quel gran paio di chiappe prima ancora di chiederle il nome.
La ragazza diceva di chiamarsi Nathalie, di essere peruviana e di fare il mestiere più antico del mondo per pagarsi gli studi. Dettagli di una conversazione che il signor Nerchi si stufò subito di portare avanti. Solo in camera con quella ragazza la voce di lui si indurì palesando un lato di sé che a me non aveva mai mostrato. Il signor Nerchi aveva un modo di fare piuttosto autoritario tanto che interruppe il discorso con un ordine.
"Nel cassetto del comodino c'è un flacone di olio da massaggi. Prendilo e versamene un po' sul petto."
Nathalie ubbidì. Tirò fuori il flacone e fece cadere un po' del suo contenuto vischioso sul torace irto di peli grigi di lui ma quando lei si apprestò a spalmargli la crema con le mani lui non esito a correggerla.
"No, non così. Con le tette!"
Lei lo assecondò abbassando subito la parte alta del suo body esibendo il classico seno da ragazza sudamericana. Aveva due mammelle dalle generose dimensioni e dall'aspetto quasi materno con quei grossi capezzoli messi in risalto dalle due larghe areole. Lei si mise a cavalcioni su di lui poggiandogli le tette addosso, non ho dubbi che lui sentisse scorrere molto bene le punte di quei seni sul suo torace durante l'intera durata di quell'unto massaggio.
Quel laido incontro sessuale a pagamento già degradante di per sé assunse ancora più squallore quando lui afferrò il flacone dell'olio da massaggi pretendendo di farlo colare sul seno già unto di Nathalie. E non solo. Volle anche essere ringraziato dopo aver spalmato l'olio con alcune lente e godute palpate a mano aperta.
"Grazie!" disse Nathalie.
"Grazie papà!" La corresse subito lui. "Mentre facciamo le nostre porcate a letto voglio che tu mi chiami papà."
Nathalie si bloccò imbarazzata per alcuni istanti mentre la faccia del signor Nerchi assunse un'espressione di perverso compiacimento ed io, nonostante ormai avessi capito che razza di porco lui fosse, stavo colpevolmente accarezzando l'inguine dei miei pantaloni. Ripetevo a me stessa che quell'uomo e quelle sue fantasie di incesto facessero schifo ma intanto iniziavo a sentirmi sempre più umida in mezzo alle cosce e la tentazione di aprire i bottoni dei miei pantaloni per iniziare ad infilare una mano nei miei slip stava diventando sempre più forte ed io iniziavo a non farcela più a resistere. Ripetevo a me stessa che quell'uomo e quelle sue fantasie di incesto facessero schifo ma intanto iniziavo a sentirmi un po' troppo umida in mezzo alle cosce e la tentazione di aprire i bottoni dei miei pantaloni per iniziare ad infilare una mano nei miei slip stava diventando sempre più forte.
Ormai non riuscivo più a smettere di spiare da quella porta socchiusa, questa situazione sotto sotto mi eccitava e non potevo farci nulla. Non pensavo di avere dentro una curiosità così morbosa più da voler sapere fino a che punto si sarebbe spinto il signor nerchi e che insisteva a fingere che quella ragazza ancora a cavalcioni sopra di lui fosse davvero sua figlia.
"Brava amore di papà. Adesso strizza quelle grandi tettone che hai. Fammi vedere come sono belle tutte unte d'olio."
"Sì papà."
Che stronzo! Con quella fantasia di incesto voleva mettere Nathalie in difficoltà e ci riusciva. Ogni sua richiesta era una velata pretesa di vedere quella ragazza peruviana comportarsi in modo sempre più osceno. Poco dopo infatti chiese di ricevere una sega da realizzare mettendo il suo membro duro in mezzo ai grandi seni di lei. Non gli bastava più però che quelle grandi mammelle fossero unte solo di olio da massaggi.
"Adesso amore mio devi fare quello che ti dico. Sei pronta ad ascoltare il tuo papà?"
"Si... papà."
"Brava. Adesso tira su le tue belle tette e bagnale coi tuoi sputi."
Nathalie era rossa in viso per l'imbarazzo e probabilmente lo ero anch'io. Dovevo esserlo per forza dato che ormai avevo già da un pezzo la mano dentro le mie mutande e non riuscivo più a smettere di accarezzarmi molestando spesso anche il mio clitoride.
SPUTH!
Nathalie iniziò a sputare sul suo seno facendo piovere grandi goccioloni di saliva che scendevano giù colando e raggiungendo anche il suo addome mentre il signor Nerchi la esortava a far uscire dalla sua bocca sputi ancora più carichi di liquido.
SPUTH!
Anche io sputai anche se con maggiore discrezione. Feci colare un grosso candelone di saliva sulla mia mano per farla scivolare meglio dentro e fuori le mie labbra vaginali che avevano sempre più bisogno delle mie carezze.I miei pantaloni iniziavano a scendere sempre più giù. Non potevo tenerli. Con l'altra mano infatti ero occupata ad accarezzare il mio seno nascosto sotto la maglia che non vedevo già l'ora di togliere. L'eccitazione che sentivo dentro stava montando sempre di più e ormai era più importante di qualunque altra cosa. Quel giorno sgrillettarmi il clitoride era diventato più importante del mio lavoro da infermiera e della mia famiglia. Ricordo infatti di aver sentito il mio telefono vibrare dimenticato nella tasca nella mia giacca lasciata nel soggiorno di quella casa. Non so chi potesse essere stato a chiamarmi, forse il mio compagno o una chiamata da scuola che riguarda mia figlia. Non so. Non risposi. Il cellulare continuò a vibrare ma io lo ignorai perché un altro suono attirò prepotentemente la mia attenzione.
CIAFF
Nathalie si era messa nuovamente a cavalcioni sul signor Nerchi però questa volta in senso inverso porgendo le sue rotonde natiche alla vista e soprattutto alle mani di lui avvicinandogliele sempre di più per poter posizionare le sue grandi tette proprio addosso al membro duro e svettante di quel porco che aveva iniziato a dare i primi schiaffetti alle rotonde natiche di lei.
Il figlio del signor Nerchi deve aver pagato profumatamente quella puttana peruviana per farle accettare tutte quelle richieste imbarazzanti. Non so se l'avesse avvertita delle laide fantasie di incesto del padre. Nonostante lei si impegnasse era evidente che recitare il ruolo della figlia non fosse per lei un compito molto gradito.
Nathalie comunque iniziò a sfregare il suo caldo e morbido seno sul grosso pene di lui che per essere un uomo di oltre sessanta anni era piuttosto ben piazzato. Inoltre si dimostrò anche sorprendentemente bravo di lingua dato che ogni tanto lei fermava il suo massaggio con le tette per gemere in modo scomposto. Chissà lui cosa stava combinando con la bocca alla fessura intima di lei. Forse non si era accontentato di passare la lingua sulla sua vagina calda ed umida ma aveva anche osato molestare con la bocca il suo perineo e magari il suo ano. Non lo so, può darsi. Non posso saperlo perché da dove ero io non riuscivo a capire quale sua zona del corpo lui stesse leccando. Posso solo dire che era veramente attivo tanto da spingere Nathalie a fare versi animaleschi simili ai muggiti di una vacca.
Forse Nathalie non era tanto brava a cogliere lo spirito dei giochi di ruolo zozzi a tema di incesto ma di sicuro era molto brava a coccolare il rigido membro del signor Nerchi con le sue abbondanti forme. Non sarebbe mancato molto al momento in cui quel maiale avrebbe spruzzato fuori il suo seme lordando il petto e la faccia della ragazza. Nonostante l'eccitazione io fui abbastanza lucida per capire che avrei fatto meglio a non essere lì non appena il signor Nerchi avesse buttato fuori tutta la sborra di cui era capace. Avevo le mutande fradicie e l'interno coscia tutto bagnato dai miei umori come del resto lo erano anche le mie mani ed anche se mi fossi rivestita in tempo non ero sicura di essere in grado di mascherare la mia eccitazione. Non mi ero mai sentita così. So cosa vuol dire masturbarsi mentre ci si lascia trasportare dalle proprie fantasie sessuali ma fare la guardona continuando a stuzzicare il proprio sesso offre un coinvolgimento del tutto diverso oltre a nuove e potenti sensazioni. Ad un certo punto mi ero tolta mutande e pantaloni e dovetti addirittura sedermi su una sedia perché le gambe non mi reggevano più.
Non potevo restare lì. Dovevo raggiungere l'orgasmo prima che lo facesse il signor Nerchi. Dovevo sgrillettare veloce. Molestavo il clitoride quando non ficcavo almeno due dita dentro le labbra della mia vagina umida. Mi impegnai molto e per fortuna vinsi quella particolare gara. Raggiunsi l'orgasmo per prima ma non gemetti nè esultai. Dovevo fare silenzio se volevo uscire da quella casa senza farmi notare. Ebbi la prontezza di riflessi di far cadere i miei liquidi solo sul pavimento e non sulla sedia riuscendo a tenere pulita quest'ultima. Poi mi rivestì in fretta prima di prendere i fazzolettini che avevo in borsa per pulire come meglio potevo sia il mio interno coscia che il pavimento. Temevo che si potesse vedere qualcosa dello schifo che avevo lasciato per terra anche quando il pavimento sarebbe tornato asciutto.
All'improvviso, poco prima di infilare la porta che dava sul pianerottolo, sentii un gemito animalesco che sembrava appartenere ad una bestia selvatica. In realtà era il signor Nerchi. Penso avesse appena spruzzato generosi fiotti di sperma sulle tette e sulla faccia della prostituta peruviana.
Non avevo più tempo. Presi la borsa, la giacca col telefono ed il kit per l'insulina uscendo di corsa da quella casa. Appoggiata poi contro il muro del pianerottolo lessi i messaggi in sospeso del mio telefono per ricordarmi chi io fossi più che per vera curiosità. Ero Camilla. Ero moglie, madre ed infermiera professionale ed ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile che quel giorno me ne fossi completamente dimenticata facendomi travolgere dai sensi.