Dedicato a quelle Api che riescono a essere Regine pur senza ricorrere ai sotterfugi, alle bugie e alla vergogna.
 
 
A casa mangiamo qualcosa.
TV sempre squallida, invedibile: solite stronzate, terrorismo psicologico, minacce, crisi.
Sorrido tra me con amarezza:
- Non ti suona strano? Questi banditi che si fottono milioni di euro e in pochi anni si piazzano in pensione con venti, trentamila euro al mese, sono “tanto” preoccupati... per la situazione economica. Molti di noi, che guadagniamo quanto loro spendono per il cane in un anno, potremmo vivere più tranquilli se ogni sera non ci minacciassero con le loro falsità.
Dario ascolta distratto, non risponde, grugnisce.
Avrei bisogno di una doccia ma prima sistemiamo la cucina. Controlliamo il rubinetto appena riparato... la lavastoviglie si è rotta e il tecnico non ha ancora nemmeno risposto al telefono. Preferisco soffrire ancora un po’ ma cercare di essere libera il giorno dopo... sabato. “Quel sabato”!
Il cuore aumenta impercettibilmente i battiti e le tempie pulsano... i miei umori si fanno caldi nel basso ventre. Verso mezzanotte, riesco a trascinarmi a letto...
 
Dario è quasi addormentato, spengo la luce e crollo vicino a lui, confortata solo dal pigiamone di pile, fucsia, un po’ sbiadito.  Ai piedi un paio di “robusti” calzettoni grigi... quella giornata, una come tante, era passata, finalmente!
 
Da Ape a Regina, nel regno della Fantasia.
Una delle piccole sorelle si stacca dal gruppo delle Fate Campanelle, dai vestitini succinti di mille, delicati, colori.
I veli trasparenti non coprivano le forme deliziose delle piccole, aggraziate creature.
Lo spazio intorno a loro era luminoso all'inverosimile e tinto di rosa. La fatina aveva in mano una bacchetta troppo spessa per la sua manina, eppure riusciva a sostenerla.  Aveva piccole ali, da farfalla, rubate di certo ad un libro di fiabe infantili... 
Ma la fata era impertinente: svolazzava intorno a me e con la bacchetta mi toccava sempre nei punti più eccitabili. Mi picchiettava sui capezzoli, ad esempio, e insisteva, finché non riusciva a inturgidirli.
Lo stesso bacchettare ripetuto, lo rivolse poi al mio monte di Venere... e spingeva, e frugava: doveva essere proprio una stronza, come Fata.
Riprendo lentamente conoscenza... la fata svanisce, ma il suo posto viene preso dalla mano di Dario che si intrufola tra le mie cosce, dopo essersi fatto strada nei pantaloni del pigiama.
Languidamente socchiudo gli occhi, la luce esterna mi avverte che l’alba è passata da poco; il primo sole, con le sue dita rosee, sta tamburellando sulla barriera di tapparelle ancora abbassate.  Gli uccellini, fuori, cinguettano al nuovo giorno... oppure, a un giorno nuovo?
La nostra stanza è calda e accogliente, Dario al mio fianco mi coccola, più amorevole e sensuale che mai. Quando percepisce che le sue carezze sono gradite, continua a cercarmi tra le lenzuola, toccandomi e massaggiandomi il corpo nei punti più eccitabili e intimi.
Mi sistemo sorniona sul materasso.
– Aspetta. – sussurro e raggiungo il bagno adiacente. Uno sguardo veloce allo specchio... meglio restare in penombra, mi dico!
Abbasso il pigiama, non ho le mutandine e nemmeno ci penso a metterle... faccio una lunga pipì rumorosa, so che lui sente lo scroscio della pioggia dorata... lui dice sempre che gli basta pensare che quell’acquazzone sgorga direttamente dalle mie grandi labbra per far sì che il cazzo divenga duro come una colonna di granito.
Mi lavo i denti rapidamente. Ci tengo a non avere cattivi odori durante l'intimità. Naturalmente non mi lavo la figa, so che gli piace giocare con i peli bagnati e sentire l’odore forte della mia urina sulla bocca.
Torno a letto ma, prima, il pigiama lo tolgo del tutto, resto nuda, con i soli calzettoni da bolscevico.
Dario aspetta, è veramente già eccitato:
- Buon giorno, Regina – dice allegro – oggi è sabato, ricordi? - Sorrido ammiccante... e come potrei dimenticarlo? Sono mesi che aspettiamo.
Mi stendo beata e lui si sistema al mio fianco, fa in modo che contro l’anca io senta la pressione decisa del suo membro duro.
Mi accarezza languido la pancia e i seni, aspetto che lo faccia... e infatti eccolo, a frugare con le dita tra i peli della vagina, pieni di gocce, se le porta alla bocca leccandole; fa schioccare la lingua per la piacevolezza del gusto dei miei sapori. S’avvicina, vuole baciarmi... pure io ho imparato ad “apprezzare”.
Quando mi eccito, gli odori penetranti del corpo, mi fanno andare su di giri... orina, sperma, smegma, acquisiscono tutti un profumo discinto, lascivo... estremamente intimo.
E le mie porcate, alla presenza di uno degli odori, mi tornano subito in mente quando sono tra la gente, chiusa nella mia corazza di indifferenza... “Sapessero” penso tra me, cosa ho preso in bocca e poi  bevuto, stanotte...
Dario mi accarezza e mi rende languida, i miei pensieri mi fanno bagnare la vagina, anche se lui non me la sta toccando più... ora capisco il suo gioco.
Pian piano mi ha insegnato come fare a meno di lui... all’inizio non era facile, ma poi ho imparato a lasciarmi andare come fossi veramente e completamente sola... allora lui assiste, in diretta, alla mia masturbazione “segreta”, a cui nessuno potrebbe assistere mai.
Ecco, chiudo gli occhi e lascio scendere la mano sotto la pancia, come al solito; passo sulle grandi labbra rapidamente, ma raggiungo il buchetto del sedere, ne saggio la consistenza e la strettezza, mi concentro per rilassarmi e renderlo cedevole, poi ci affondo l’indice e il medio, nella loro interezza.
E’ come pigiare su un interruttore, premo e un campanello sale al cervello e mi arrapa, subito. Le dita mi affondano nell’ano mi sento subito più puttana, più disponibile.
E’ innegabile, quel culo cedevole, nasconde tante profonde pressioni che mio malgrado e contro ogni logica, mi sono sempre piaciute... anche le più violente, dolorose e crudeli. Mi hanno poi lasciato un ricordo eccitante, un segno  indelebile.
Sussulto nel letto! Adesso mi sono penetrata anche davanti, lui lo capisce e mi carezza languidamente i capezzoli, inviperiti.
 
Ecco, ora sono pronta a masturbarmi con dolcezza e determinazione. La mano sale e, mettendola a coppa, mi contengo la vagina mentre, dalle grandi labbra, già fuoriesce una lieve umidità calda. Allora Dario, al settimo cielo, mi si avvicina ancora di più e comincia a sussurrare una storia che conosco già...
- E quindi, ti ecciti lo stesso? Non provi nessuna vergogna ad arrapare per una situazione così? -
 Mi faccio rossa ma gongolo a sentirmi svergognare...
- Ti rendi conto, hai accettato la corte di uno che nemmeno sai com’è fatto? Un vecchio; ricordi la settimana scorsa, al telefono? Lo ha detto chiaro: per essere certo di avercelo duro prenderà del viagra. E tu, non contenta, me lo hai anche passato al telefono! Ti pare la cosa giusta da fare? Quello, dall’altro lato della cornetta dice di chiamarsi Francesco e che aveva fatto delle chat con te... per settimane, fino a quando con le tue parole lo hai indotto a masturbarsi! Non ti vergogni di avergli mandato le tue vere foto, intime... erano solo nostre, private, invece... ti sei infoiata come una cagna in calore e ti sei esibita per un estraneo.
Le ho viste le foto nelle mail: i seni... la vulva... le dita che aprivano la fessura. -
Intanto le mie dita mi lavoravano il clitoride, e spesso affondavano in figa. Piccole correnti di piacere mi attraversavano il corpo, mentre ogni tanto sussurravo un “Siiii!”, ammettendo ogni colpa davanti a mio marito.
Avrei tanto voluto essere chiavata, in quei momenti, ma sapevo che quello era solo il preludio, l’inizio di una giornata molto intensa.
 - Francesco mi ha raccontato tutto, ricordi? E dava anche degli ordini: comandava! Ti impose di tenermelo in bocca, mentre parlavo con lui. Ed io chi sono, nessuno? Per metterlo a mia moglie devo aspettare che un altro me lo conceda? Non provi niente per tutto questo? -
“Cazzo!” penso mentre mi faccio sempre più calda “Cazzo, se “provo qualcosa”... ohhhh, sì che provo qualcosa, amore, provo la voglia di essere una puttana che prende cazzi alla rinfusa.”
 Lui mi incalzava, vedendomi eccitatissima.
 - Mi ha detto che tu volevi essere scopata da lui, e che io lo dovevo sapere, inoltre mi ha chiesto se te lo saresti fatto mettere indietro. Non sapevo che pensare, ho detto va bene, per me va bene, se per lei non ci sono problemi... puoi fartela!
Poi te l’ho chiesto, ricordi? Esplicitamente, mentre mi succhiavi l’uccello, che l’uomo al telefono, il vecchio, mi chiedeva il permesso di farti il culo... e tu, come una troia, non ti sei ribellata.
Poi Francesco chiese anche di telefonargli, voleva sentire i suoni intimi del nostro accoppiamento.
Così, lo facemmo. E tu niente...
Tu hai visto il suo cazzo in foto? Ti è piaciuto? -
In questi momenti mi è difficile gestire la voce ma riesco a dire sì, sibilando e sbuffando: il primo orgasmo di questo sabato sta per raggiungermi.
- E la telefonata? Che puttana; nemmeno allora hai provato nulla... nessuna remora, nessun senso di colpa.
Quello lì, ci ha fatto sentire tutti i particolari di come si smanettava il pene. Infatti, ascoltammo i battiti del cazzo sulla pancia, per quella sega dedicata a te. Volle sentire il suono della tua pompa, però, e tu... lo prendesti ancora più in fondo, facendogli sentire il rumore di come in certi momenti, ti soffocasse.
Sentendosi autorizzato dalla tua esibizione, senza mezzi termini, disse che avresti dovuto fargli lo stesso bocchino, davanti a me che guardavo impotente. Poi disse: “Adesso chiavala, dille di mettersi come una pecorella, io sono con voi; tra poco sborro... ho tutte le foto di tua moglie stampate, è una gran figa! Pensando che la chiavo io, adesso schizzo sulle foto... lei lo sa come faccio. Una volta, con la webcam, ha voluto vedere il pene che eruttava lo sperma. Non lo sapevi?”
Infatti, io non sapevo niente... tutte quelle porcherie dette e fatte me le hai confessate dopo, quando candidamente mi hai raccontato tutto... anche che desideravi che scopassimo in tre con quell’uomo mai visto. -
 
Sono tutta sudata, le dita, due, tre, affondano senza incontrare resistenza nella sorca bagnata, non riesco a rispondere, ho voglia di cazzo... raggiungo quello di Dario... ha la forma di un grosso fungo, con la cappella in evidenza. Lo prendo con la mano libera. Lo stringo nel pugno come se volessi strapparlo e infilarmelo dentro.
Sto per venire, Dario lo sente, non molla i capezzoli, ora, oltre a carezzarli, li succhia avidamente. La cosa che mi arrapa di più, è sapere che quel giorno ne avrò avuti ben due a disposizione, desiderosi di me, di affondarmi nelle parti intime. Wow... non ce la faccio a resistere, devo venire.
- Allora, sei mia moglie, o la puttana del vecchio? Che fai se vuole chiavare sul serio? Ti tiri indietro? Prima o poi lo tirerà fuori, ne sono certo, e vorrà depositare il suo sperma da qualche parte... dentro di te...
Che fai? Lo accogli? E io? Dovrò aspettare finché mugola di piacere, come un maiale...? Quei suoni da porco, come la settimana scorsa. Gli parlavi come se niente fosse, gli raccontavi dei colpi che prendevi... appena gli dicesti che lo avevo estratto per venirti sul culo, impazzì! Lo sentimmo insieme mentre ansimava e gridava: “Vengo, sborro... oh... quanta, quanta... è tutta per te... per voi!”
 
Come resistere? Eccomi, vengo, vengo come fossi da sola con le mie fantasie più perverse, ma non sono da sola, c’è Dario arrapato, al mio fianco e ci siete voi, lettori... che condividete le mie emozioni, e questo rende il mio orgasmo qualcosa di unico e irripetibile.
(Richiedi a Giovanna il racconto completo)
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