Buonsenso


Sia io che mia moglie siamo convinti che, dopo venti anni di matrimonio, i rapporti si sono un poco ‘stancati’, specialmente per quel che riguarda l’intesa sessuale e che, forse, darci una sferzata di rinnovamento non sarebbe fuori luogo; naturalmente, quello che le chiedo è di non buttarsi, come spesso le capita, sulle cose con l’enfasi della neofita e di non commettere errori che potrebbero ritorcersi contro e provocare danni.


Molte volte è già capitato che, avuto l’abbrivio, si sia lanciata in avventure al limite dell’impossibile e sia stato poi assai difficile tornare indietro e ripristinare una razionalità e il buonsenso delle scelte; mi rassicura che non farà colpi di testa; ma, intanto, comincia ad avanzare proposte al limite dell’assurdo per ‘dare la sveglia’ ad un rapporto sonnecchiante.


L’idea più immediata è naturalmente quella di organizzare qualcosa che ci veda impegnati paritariamente in un’energica attività sessuale che coinvolga altre persone; le propongo di cercare il percorso per avviare un progetto di scambio di coppia che consenta certamente a lei di fare sesso davanti a me e con il mio assenso ma ponga anche me nella condizione di godere di un rapporto alternativo davanti a lei e col suo consenso.


La prima ipotesi di Cristina è invece che lei faccia sesso con un maschio davanti ai miei occhi e che io accetti la cosa con lo spirito del ‘cornuto contento’ senza fare molte storie; mi fa presente infatti che, per l’iniziativa a cui pensa lei, un amante che venga a possederla in casa nostra davanti a me, ha già un’idea molto precisa, un collega d’ufficio che spesso l’ha provocata e che la tampina abbastanza nettamente, ma col quale giura di non avere affatto pensato di fare niente di concreto fino a quel momento; per l’ipotesi della coppia, invece, brancoliamo nel buio e dovremmo fare prima qualche indagine.


Le faccio osservare a mia volta che la proposta è troppo nettamente spostata a suo vantaggio, che manca cioè di quell’equilibrio che dovrebbe essere a fondamento delle iniziative; inoltre, per come la pone lei, farlo venire a casa nostra e copularci davanti a me consenziente, potrebbe innescare processi imprevedibili e che il tipo potrebbe addirittura sentirsi autorizzato a trattarmi da cornuto contento, peggio ancora da cuckold o da schiavetto al loro servizio con conseguenze imperdonabili.
Cristina si mette addirittura a ridere e mi prende in giro perché prima sollevo io un problema; poi, di fronte alle soluzioni proposte, mi tiro indietro spaventato; quando mia moglie ragiona in quel modo, è impossibile farle cambiare registro ed alla fine si può solo lasciarla sbagliare finché non ci si trova con le mani dentro e cerca di correggersi, pentita.
Non mi da nemmeno la possibilità di discuterne con serenità prima di lanciarsi; il sabato successivo, a cena, si presenta il suo amico, a me totalmente sconosciuto e da me assolutamente non atteso, che prende immediatamente a comportarsi da padrone, abbrancando sin dalla porta mia moglie e baciandola con passione sulla bocca, mentre le infila le mani sotto la gonna, dietro, a palpare saporosamente il sedere, e davanti, a titillarle la vulva; lei lo favorisce con pochi movimenti e sento dai gemiti che gode immediatamente.
“Tu sei il cornuto?”
Mi apostrofa con prepotenza e volgarità; mia moglie accenna di si con un sorriso.
“Beh, portaci il caffè a letto perché noi abbiamo da fare!”
Il tono continua ad essere perentorio ed offensivo; mia moglie continua a sorridere come un’ebete.
“Cristina, ma è questo che hai deciso?”
“No … per la verità … “
Ma l’altro non le consente di continuare; mi caccia via in malo modo e la trascina letteralmente sul letto dove la fa arrivare già completamente nuda; sono letteralmente inebetito e mi fermo a guardare l’energumeno che prende Cristina con malgarbo e la stende sul letto, la spalanca letteralmente e prende a succhiarla tutta quanta.
“Guarda, impotente, guarda come fa godere una donna un vero uomo!”
Mia moglie non articola parola, sembra perduta in un paradiso di piacere; la sua maschera di libidine mi è totalmente sconosciuta; mi siedo sulla poltrona ai piedi del letto e li osservo quasi calamitato dallo spettacolo; dopo averla leccata a lungo, l’energumeno le monta addosso e vedo una mazza enorme, di certo più di venti centimetri, che si fa largo nella sua vagina forzandola evidentemente e sento i gemiti di lei che gode mentre viene penetrata; subito dopo, la fa girare e la mettere carponi sul letto; le lecca un poco l’ano.
“Cornuto, adesso vedrai come le rompo il sedere, a questa troia!”
Detto fatto, spinge la sua mazza nell’ano forzandolo con l’accompagnamento delle grida di lei, prima di dolore e subito dopo di goduria; per un’ora e più assisto impotente alle violenze che le porta, in vagina, nel retto e in bocca, senza nessun rispetto, senza nessun decoro; quando si sono stancati, si riveste e, facendomi il segno delle corna, si avvia all’uscita; lascio mia moglie sul letto, esco anche io e vado a sbronzarmi al bar; non è facile tornare a casa.
Cristina si è già ricomposta come se niente fosse, mi guarda con aria di sfida e mi chiede se sono contento di come sono andate le cose; le chiedo se si è divertita e mi risponde sfrontata che sì, per essere stata la prima volta, si è divertita e che il sabato successivo faranno il bis.
“Attenta alle sorprese!”
Le dico; agita la mano come a scacciare un moscerino e mi lascia solo in cucina; dormo per una settimana nella stanza degli ospiti e non la degno di uno sguardo; ormai è guerra, lo so e decido di combattere anche sporco.
Il sabato pomeriggio, come aveva annunciato, il collega arriva con protervia, bacia Cristina e mi apostrofa.
“Cornuto, preparati a vederci godere e portaci il caffè!”
Dalla porta posteriore dell’appartamento entrano i miei tre amici coi quali vado a caccia; portano al guinzaglio Molosso, un pastore maremmano di proprietà di uno di essi e Franco ha in mano la doppietta da caccia che punta sull’intruso e gli ordina di lasciarsi legare le mani ed imbavagliare, cosa che gli altri due fanno immediatamente; Cristina è spaventata, naturalmente, e quasi urla.
“Nicola, per l’amor di dio, che cosa state facendo?”
“Voi cosa avete fatto!?!?!?!?”
“Ma … il fucile … il cane.”
“Sta zitta, troia!”


E’ stato Luigi a parlare, uno che l’ha sempre trattata da regina; ora le stringe intorno alla bocca un bavaglio e la lega.


I due si agitano e cercano di divincolarsi; i miei amici costringono Cristina a sedere sulla stessa poltrona dove sono stato tormentato io e fanno stendere carponi il suo collega, al quale provvedono ad abbassare pantaloni e mutande; Pasquale gli spalma sul sedere una crema con odore di cagna in calore e accompagna il mastino al didietro del poveretto; il cane annusa a lungo e si sente che trova odori interessanti perché il suo membro sbuca immediatamente dalla guaina e si erge in tutta la sua lunghezza.


E’ una bestia di più di venti centimetri con una palla minacciosa alla radice e due testicoli grossi come pesche; Pasquale lo accosta al sedere e guida l’asta verso l’ano; a quel punto la natura fa il suo corso, il cane balza coi suoi quaranta chili sul dorso dell’individuo accucciato e lo penetra in un sol colpo; l’urlo non esce, bloccato dal bavaglio, ma si legge tutto nella smorfia di dolore, nel volto sfigurato, nello sguardo allucinato; e sembra quasi leggersi nel dolore di mia moglie che sembra trafitta dallo stesso bastone.


“Troia! Per lui piangi; per la umiliazioni che ha imposto a me, ridevi!?!?!?”


Mi guarda con gli occhi da cerbiatto ferito e le lacrime le scorrono copiose; il suo collega, sotto il cane, sanguina dal sedere abbondantemente, ma Pasquale mi rassicura; basterà lasciarlo al pronto soccorso e poi saranno cavoli suoi spiegare come si è fato rompere il didietro; molti penseranno ad un nero troppo dotato che lui ha scelto incautamente per soddisfare la sua omosessualità; Cristina sbarra gli occhi, di terrore e di meraviglia.


“Non preoccuparti, poi avrai il tuo!”


La minaccio con l’aria cinica; continua a piangere.


“Certo, in venti anni di matrimonio, non ti ho mai fatto piangere come questo amante che doveva essere occasionale e che decide la tua vita!”


Intanto il cane ha riempito l’intestino del poveretto ed ha infilato il nodo che comincia a gonfiarsi, tappando anche la piccola emorragia iniziale; restano legati così per circa mezz’ora; io i miei amici ci sediamo in salotto a bere cognac, lasciando sola Cristina a guardare il collega sventrato, piangente e sanguinante; quando il cane si sgancia e si allontana, Pasquale tampona con uno straccio l’ano grondante sperma e sangue, tira su i pantaloni e le mutande, scioglie i legacci, ma non il bavaglio e, in tre, trasportano via il corpo semiesanime del malcapitato; come annunciato, lo lasceranno davanti al pronto soccorso per farlo curare.


Rimasti soli, libero mia moglie dai legacci e dal bavaglio e la invito perentoriamente ad andarsene; siamo in regime di proprietà divisa, la casa è mia, lei ha il suo lavoro, mi ha umiliato, mortificato, offeso in ogni modo; ora se ne va, semplicemente.


“Non posso andarmene così, non saprei dove; dammi almeno il tempo di trovarmi un alloggio.”


“Vai dal tuo amante o da uno dei tuoi amanti; non vedo cosa tu possa fartene di un cornuto omosessuale e impotente al quale hai dimostrato quanto sei troia dentro!”


“Se ammetto di avere fatto un errore enorme, non riesci a perdonare?”


“Cosa dovrei perdonarti? Di esserti comportata da troia? Di aver calpestato i principi stessi del buonsenso con cui ti avevo proposto di agire? Di avermi fatto trattare peggio dell’ultimo schiavo in America al tempo di Lincoln? Di aver consentito al tuo collega di fare stuoino del tuo corpo e pezza da piedi della mia dignità? Con quale diritto puoi chiedere il perdono?”


“Forse perché ho letto a qualche parte che il debole si vendica, come hai fatto tu appena qualche minuto fa; ma il forte sa perdonare e il saggio sa dimenticare.”


“Davvero?!?!? Interessante!!!! E tu, dimmi, in quale categoria ti collochi? Tra i deboli perché hai ceduto al gusto di umiliarmi? Tra i forti, perché perdoni a te stessa di essere stata troia fino al midollo? Tra i saggi perché passi una spugna sulle umiliazioni che mi hai imposto e dimentichi?”


“Ho sbagliato, fortissimo, e pagherò l’errore, non solo con l’umiliazione che mi hai imposto davanti ai tuoi amici; tu sei stato umiliato, non posso negarlo visto che c’ero; ma è successo tra me, te e lui; ora lui ha pagato e io sto per pagare; tu mi hai umiliata vergognosamente davanti a testimoni, ad estranei anche se sono nostri vecchi amici; il tuo orgoglio non è ancora soddisfatto? Hai ancora bisogno di vendicarti?”


“Tu hai ucciso con un solo gesto la mia fiducia in te, l’amore che ci ha tenuto insieme tanti anni, la passione con cui ti ho amato in tutti questi anni; tu mi hai fatto venire a nausea questo tuo corpo che adoravo, lo hai gettato ad un porco che ne ha fatto quello che voleva, esattamente quello che non avresti mai sopportato da me. Anche questo hai ucciso.”


“Lo so; mi sono resa conto che in una settimana sei passato dall’adorazione per il mio corpo allo schifo più vergognoso; non posso restituirti l’amore, il piacere, il gusto di fare sesso con me; ho sbagliato e pago; ma non posso andarmene allo sbaraglio, non posso finire sul marciapiede solo per soddisfare il tuo orgoglio; ricordati che comunque ci sono due figli frutto di questo amore; e non hai il diritto di uccidere anche loro; anzi, prima che il leguleio che c’è in te lo dica, non hai il diritto di sancire che io insieme al resto ho ucciso anche loro; va bene così?”


“Tu adesso puoi solo andartene, non ti reggo qui tutti i giorni a casa mia, a ricordarmi come sei irrazionale e quanti danni sa fare la tua incapacità di contenerti.”


“Ma tu, almeno, hai capito perché è successo tutto questo?”


“Perché eri una troia dentro e alla prima occasione è venuto fuori in tutta evidenza.”


“Certo, per essere un bravo avvocato, hai la risposta assai immediata e semplice; tu sei innocente; tu non hai nessuna responsabilità; tu sei quello razionale che trova sempre una stupida irrazionale che si fa male da sola …”


“Non riesco a capirti …”


“Forse un giorno capirai; e spera che sia abbastanza presto per non pagare fino in fondo il prezzo della tua cecità.”


Sto per obiettare; ma non posso perché suonano alla porta; non aspettiamo nessuno e siamo sorpresi; lo siamo ancora di più quando, aperta la porta, entrano i nostri figli che dovrebbero essere a chilometri di distanza, nella città dove studiano all’Università.


“Cosa vi porta qui, fuori di ogni abitudine?”


“Mamma, ti sei dimenticata la scadenza dell’affitto della stanza, delle rate delle tasse, del fatto che ci hai lasciato per più di un mese con la solita striminzita paghetta?”


“Oh, Dio, era una settimana fa … “


“Beh, vostra madre non poteva ricordarsi, perché era troppo impegnata a comportarsi da prostituta …”


“Papà, come ti permetti, che diamine dici? … Mamma non è una prostituta!!!”


“Infatti, ho detto che si è comportata da prostituta … “


“Giorgio, lascia stare, tuo padre ha ragione; ho commesso un grave errore e mi sono comportata malissimo … “


“Beh, anche se fossi andata a battere sul marciapiede, sei sempre la nostra amatissima mammina e non ce ne frega se gli fai un po’ di corna a questo prepotente!”


“Bene, adesso vedrete che cosa farà vostra madre con le corna di questo prepotente, quando uscirà da questa casa; sapete quanto costa mantenervi all’Università? Diciamo 1500 euro al mese; lei ne prende 800 di stipendio; visto che non fa la prostituta di professione, dove li prenderà quei soldi? Hai visto che lusso fa la tua mamma, in abiti, gioielli, cene, feste? Da dove vengono quei soldi? Forse devi leggerti Pavese e scoprire che anche una moglie la da per lo stipendio che il marito porta a casa.


Aspetta, Teresa, lo so che è un’affermazione maschilista come d’altronde era Pavese, ma un principio di verità c’è; la vostra mammina, tra le altre cose, sa essere amorosa e chioccia con voi; purtroppo per lei, però, se lo può permettere perché il fondo da cui attinge è il reddito di suo marito al quale lei ha facoltà di attingere senza controllo, perché il marito forse è anche il prepotente che lei ha umiliato a sangue col suo comportamento ignobile, ma finora non si è mai sognato di lesinarle niente, né in beni materiali, né in affetti o beni spirituali.”


“Vero, verissimo, amore mio; e non c’è ironia; sei stato, sei e sarai sempre l’amore mio, qualunque cosa sia successa o stia per succedere; sei tu che non hai saputo leggerlo, forse mai, preso com’eri dalla tua smania di potere. Io sono passata dalla dominazione di mio padre a quella di mio marito, i due grandi avvocati tutto ordine, disciplina e legge, senza trasgressioni, senza sogni, senza sbandamenti, tutto buonsenso, logica e razionalità; perfettamente uguali, in questo.


Ho avuto tutto da te, anche quello che non chiedevo e di cui potevo non avere bisogno, compresi due figli meravigliosi, tanto amore e tanto sesso; mi hai dato sempre tutto senza lesinare. Ma forse è il verbo che va corretto; mi hai CONCESSO tutto, perché tu concedi dall’alto del tuo potere, accompagnato dalla tua bonomia, dal tuo buonsenso, tu non mi lasci libera di prendere, tu mi dai tutto quello che tu hai deciso che è bene per me.


Ragazzi, è vero, io ho sempre mentito perché presentavo le cose come se fossi io a consentirvi di seguire i vostri sogni; in realtà, invece potevo essere generosa perché sfruttavo la potenza del mio padrone e signore, perché ho sempre avuto un controllore, un mastino che mi stava sul collo e mi diceva che di là non dovevo andare, che quella scelta era inopportuna.


Io, fino a che non ho perso la testa, ero ricca e rispettata, ma non ho mai comprato nemmeno uno straccetto per casa al mercato rionale, mi sono sempre servita agli atelier, con la carta di credito che mio marito graziosamente mi concedeva di usare, a patto che spendessi come e dove diceva lui. Vedi, amore mio, è questo che cercavo di dirti, prima che arrivassero i ragazzi. Tu hai la colpa enorme, immensa, imperdonabile, irrimediabile, di aver sempre voluto decidere la mia vita; e so bene con certezza che lo facevi per il mio bene, nel mio interesse, in nome della logica, della razionalità, del BUONSENSO.


Tu non riusciresti mai ad accettare che la mia scelta di farti cornuto in tua presenza, facendoti anche umiliare dal mio amante occasionale, fosse un modo per rompere UNA SOLA VOLTA lo strapotere della tua lucidità; sapevo e so bene che pagherò caro quel gesto di libertà e, se te la devo dire tutta, come tutti i combattenti per una libertà, pago con gioia quel prezzo anche se dovesse essere andare a battere su un marciapiede perché il tuo strapotere mi impedirà di avere un posto di lavoro meglio retribuito.


So che non ti rassegnerai a perdere la tua schiava e continuerai a perseguitarmi; perché sei stato tu a volermi far lavorare presso i tuoi amici, per controllarmi; forse non te ne sei neanche reso conto, ma per venticinque anni hai deciso la mia vita; io ho fatto la scelta opposta una sola volta; e forse la pagherò per sempre; ma sono felice di aver lottato; sei un imbecille perché non capisci una cosa elementare; non ero felice di farti le corna, ho sofferto come non potrai mai immaginare, a vederti umiliato in quel modo e per colpa mia; ma mi sono vergognata ancora di più di te, quando ho visto la tua vera debolezza esprimersi nella vendetta su quel poveraccio che è solo un bel fallo senza nessuna umanità dietro.


Mi ha fatto più schifo vederti abbassare a vendicarti di quella nullità di quanto me ne facesse, e me ne faceva, dio, se me ne faceva, farmi sbattere con violenza da quel caprone, mentre sono abituata da sempre al tuo amore delicato, ai preliminari che durano anche una vita e mi fanno avere orgasmi infiniti, alle copule attente, pacate, preziose che sai fare solo tu, per quello che ne so. Non ho goduto di niente di quel che tu hai immaginato; forse ho sofferto più di quanto sto male adesso che sto per andarmene.


Ma sappi che la responsabilità è anche e forse per la maggior parte tua, che non hai saputo rapportarti ad una donna ma hai voluto una schiava; e se mi sono fatta sottomettere da un caprone è stato solo per dimostrarti quanto siete uguali, tu col tuo abito grigio e i modi eleganti, e lui con la sua violenza ed ottusità. Ragazzi, mi dispiace che abbiate dovuto ascoltare discorsi tanto vergognosamente ignobili, per una vicenda che è addirittura macabra per quanto è squallida.


Ho umiliato a sangue la persona che amo di più al mondo, quella a cui devo più che a chiunque e che sicuramente non meritava il trattamento a cui l’ho sottoposta, ma ha risposto con una viltà che mi fa ancora più male ed ora devo pagare andando via da qui; ma forse un momento di verità serve anche a voi; almeno avete gli elementi per decidere serenamente che fare.”


“Mamma, non c‘è niente da decidere; se le cose stanno così, posso solo dirti che ti ammiro per il tuo coraggio; se voglio corrispondere allo stesso modo, oggi stesso mi cerco un lavoro e vengo a stare con te; con due stipendi modesti si riesce a vivere onestamente, senza bisogno di prostituirsi, meno che mai per dare una lezione di vita ad un tiranno ottuso e leguleio.”


“Eh, no, miei cari, voi non mi lasciate sola col tiranno a prendere il posto di mia madre; tu sei stata figlia della tua realtà, hai detto tu stessa che sei passata dalla servitù a tuo padre a quella a tuo marito; io non ci sto a diventare, come te, schiava di mio padre per diventare poi schiava di un marito; meglio affrontare la vita con voi che amo al di sopra di tutto e senza esercizio di potere; anche io posso lavorare, se necessario anche lavare scale, e in tre riusciremo a trovare un tono di vita che sia adatto alle nostre esigenze vere, non quelle che l’artificio del benessere ci ha costruito.”


“Nicola, scusa ma devo essere per forza chiara, almeno adesso. Noi non possiamo andare in mezzo a una strada solo perché hai deciso di liberarti di noi. Finché sarà necessario, noi restiamo qui cercando di procurarti il minore fastidio possibile; ma andremo via solo quando saremo in grado di assicurarci un tetto sulla testa ed una sopravvivenza dignitosa. Se vuoi opporti, mi costringerai a interpellare uno dei tuoi colleghi divorzisti, il più duro e pericoloso, e per te potrebbero essere rogne; quindi, accetta che continuiamo a vivere qui come abbiamo fatto per venti anni ed aspetta che ce ne andiamo. Credo che qualche settimana ci basterà.”


“Sei diventata così brava coi sillogismi, adesso? Tu ti porti l’amante in casa e ci fai umiliare e sarei io che voglio liberarmi di voi? Non sei stata tu a decidere di liberarti? Ma forse la libertà da poveri non ti conviene ed è meglio assicurarsela da benestanti! Volete qualche settimana per decidere di imparare finalmente a conquistarvi la vita col lavoro?


Benvenuti a bordo della barca di un povero cornuto che da vent’anni esercita la professione dell’asino da lavoro per quel benessere che all’improvviso vi fa schifo! Veramente volete questo? Davvero volete distruggere una storia ventennale per un equivoco? Okay, accomodatevi, prendetevi il tempo che volete ma poi sparite, per sempre e completamente!”


“Amore, quale equivoco? Mi pare che sia tutto chiaro; ti ho amato, ti amo e ti amerò sempre, te l’ho detto; ma ti ho tradito, ti ho offeso ed ho consentito che venissi sanguinosamente umiliato; tu, giustamente, hai deciso che devo andarmene; i miei figli hanno valutato che preferiscono affrontare la vita e forse la povertà con me piuttosto che vivere con la tua agiatezza che però risulta pelosa, visto che fai pagare con la libertà le concessioni che dai. Quale sarebbe l’equivoco?”


“Non è uno solo; il primo è che io ti ho amato, ti amo e ti amerò tutta la vita, esattamente come dici tu; questo dovresti metterlo nel conto, ma ti fa assai più comodo dimenticare l’amore che da sempre ti porto per attaccarti al presunto dispotismo che avrei praticato senza che tu alzassi una sola lamentela, prima di scattare nella ‘rivoluzione libertaria’ che ti ha suggerito di trattarmi da stuoino tuo e del tuo occasionale amante; vi faccio pagare le concessioni con la privazione di libertà?


Ragazzi, quando vogliamo aprire un dibattito sulla libertà vostra di prostituirvi in tutte le discoteche e quella di quell’imbecille di vostro padre che deve solo pagare? Non avete parlato in questi termini coi vostri amici, che l’hanno riferito ai genitori che l’hanno riportato a me? Questa è la libertà di cui blatera vostra madre? Secondo, i ‘tuoi’ figli sono anche ‘miei’ e non solo all’anagrafe.


Però tu adesso hai deciso con loro di fare il ‘bel gesto’ di andare a fare la fame e lasciarmi da solo sbattendomi addosso il peso di responsabilità che sono certamente mie ma di cui siete correi e complici da sempre, per avere taciuto sempre, anche quando ritenevate che fossi un pericoloso tiranno, come dici però solo adesso per costringermi a rodermi nel pentimento per le sciocchezze che secondo te avrei fatto, nella certezza di assicurarvi benessere e sicurezza, assai prima che tu ti vestissi da barricadiera e scatenassi la tua troiaggine per i motivi che hai chiarito.


Io checché ne dica adesso tu che, di colpo, ti trovi a combattere per rivendicazioni libertarie, un po’ tardi, se permetti, non rinuncio né a te, né ai ‘nostri’ figli e quindi, usando ancora una volta quel buonsenso che pare ti faccia tanto schifo, vi invito, per l’amore che ci ha unito in questi anni, a non salire in cattedra e a non tentare inutilmente di scaricarmi addosso gli errori commessi da tutti, solo per sentirvene immuni.


Esiste ancora una terza via, quella di dimenticare insieme e di ricominciare insieme e concordi, in armonia e in parità, quella stessa parità che io a tuo avviso non avrei saputo rispettare, convinto di possedere la logica e quindi l’unica verità possibile, ma che tu hai scaraventato nel cesso quando mi hai fatto umiliare da un porco amico tuo che neppure conosco. Possiamo ricominciare cancellando questo brutto episodio?”


“Papà, io come tutte le figlie femmine, sono innamorata del fustaccio che è mio padre; ma istintivamente sono portata a difendere la mia meravigliosa mamma; sono pronta a tornare ad essere la tua cocca, ma se dovessi persistere nella tua arroganza maschilista non ci penso due volte a mandarti al diavolo, come farei con un fidanzato o con un amante di una sera; felicissima di passare la spugna e di ricominciare come se niente fosse capitato. Ma voglio anche da te la garanzia che non ci troveremo più di fronte a questa situazione.”


“Cristina, per evitare di girare a vuoto intorno allo stesso centro, credi che possiamo ricominciare proprio da dove dicevi tu, da una copula fatta come sappiamo solo noi, con tutti i crismi del nostro amore, per seppellirci dentro tutta l’imbecillità di un momento?”


“Io ho decisamente sbagliato gravemente in questa occasione, come è già accaduto altre volte; e tu lo sai bene, perché già abbiamo dovuto ricucire crepe; ma sono anche pronta da sempre a rinnovare l’amore nostro, senza neanche dover ricorrere a surrogati o cercarli insieme; sei tu che dovrai preparati a tornare a caccia sapendo di dover spiegare perché sei tornato ad amare una come me.”


“Un amore lo riconosci se supera anche i pantani di una sbandata; l’amicizia la riconosci se supera anche l’errore di un equivoco. Se non riesce a superarlo, non è amicizia.”


“Allora, sappi che, nonostante quello che è successo, io ti amo veramente e sono pronta a tutto, insieme a te.”


“Ragazzi, visto che siete qua, prendete questa carta di credito, andate in un ristorante o in una pizzeria, cenate e, stasera tardi, tornate a dormire a casa, ma lasciate in pace la camera da letto; io e mamma abbiamo qualcosa da cercare tra le lenzuola e probabilmente avremo bisogno di molto tempo, di molta passione e di molto amore, se vogliamo trovare tutti i frammenti e ricostruire una porcellana rotta.”


Le ore successive, esclusa una breve interruzione per mangiare un pacco di biscotti, bagnati nel latte, e innaffiarli con un ottimo cognac, ci servono per quei preliminari infiniti che tanto piacciono a mia moglie e nei quali lei dice che sono particolarmente bravo.


Ed io mi perdo sul suo corpo, alla ricerca di quei particolari che nel corso degli anni mi hanno catturato, entusiasmato, avvinto e fatto godere infinitamente con lei; li trovo nei capezzoli grossi e saporosi come fragole, frutto forse degli allattamenti al seno ma comunque erotici da morire, da consumarcisi le labbra, suggendoli, e la lingua, leccandoli fino alla stanchezza; li trovo nel ventre teso e piatto, nonostante gli anni e due maternità ormai lontane nel tempo; li trovo nella peluria che copre il monte di venere, a quel che mi dicono una rarità di questi tempi, quando le donne sono tutte rasate a zero; li trovo nella vulva saporita e deliziosa da leccare, mordicchiare, amare all’infinito; li trovo nella vagina rorida, già innaffiata da intensi orgasmi provocati dall’amore che ci stiamo scambiando.


Poi è lei a prendere il sopravvento e decide di impossessarsi della mia asta; non lo ha fatto spesso né sempre volentieri, per una strana forma di repulsione istintiva; ma forse essere stata obbligata a dare piacere all’altro facendosi copulare in bocca quasi con violenza l’ha indotta a diverse valutazioni ed ora sento che mi estrae l’anima dal sesso, mentre lecca, succhia, morde e accarezza il membro dalla radice alla punta; non ho mai goduto tanto di una fellatio di Cristina e mi rendo conto che forse allargare la conoscenza ad altri rapporti davvero può aprire la mente a ben altri piaceri, se si decide di farlo insieme e d’accordo.


La faccio scivolare su di me finché la sua vulva é davanti alla mia bocca, allargo le natiche e metto in piena vista l’ano bello spanato, dopo le botte ricevute di recente, passo la lingua sulle pieghette e le sento fibrillare, vibrare e pulsare di eccitazione, infilo il dito medio nel canale rettale e reagisce sorbendolo tutto fino alla nocca; gli affianco l’indice e spingo a fondo; intanto afferro tra le labbra il clitoride e succhio, sento che comincia a colare umori vaginali ed insisto finché è un’autentica pioggia che mi cade nella bocca.


Affianco alle due dita anche l’anulare e sento che l’ano è sforzato; allunga una mano dietro e cava via la mia dal sedere, segno che la disturba l’eccesso di penetrazione, riporto le dita a due e riesco a muoverle nella cavità anale con molta semplicità, lei geme soffocando i suoni sul sesso che sta ingoiando fino alla radice.


“Ce la fai a godere così?”


Le chiedo staccandomi dall’ano; si stacca anche lei dal sesso.


“Non voglio venire così, voglio che mi fai godere con il sesso dentro e voglio che mi riempi l’utero di sperma!”


La faccio smontare dal mio corpo e la deposito supina sul letto; mi sollevo sulle ginocchia, le giro intorno e mi vado a collocare tra le cosce.


“Non essere precipitoso, fammi godere molto, per favore.”


Il tono di Cristina è quasi di preghiera; la posseggo delicatamente riducendo al minimo il movimento dell’asta in vagina; piuttosto, è tutto il corpo che gode del suo, il ventre che accarezza il ventre, il torace che stimola i seni, le cosce lungo le cosce e le mani che le passano delicatamente dappertutto; godo a sentire il sapore, quasi, della pelle sotto le dita, del ventre sotto la bocca e del viso che le labbra accarezzano, passando sulla fronte, sugli occhi.


“Ti amo, Cristina, ti amo più di ogni altra cosa al mondo!”


Sta piangendo, dolcemente, in silenzio; le lacrime le scorrono sul volto ed io vado a raccoglierle sulla lingua, più dolci e saporite di tutti gli umori che potrei prendermi dalla vagina, adesso; e la bacio appassionatamente, con la gioia di ritrovare un amore che temevo di avere perduto; l’orgasmo arriva così, spontaneo e naturale, dolce, senza sussulti, per progressivo raggiungimento della massima soddisfazione.


Sento che anche lei si scuote, trema ad ogni palpito del mio membro nella vagina, segno che anche lei sta raggiungendo l’orgasmo; il sonno ci coglie così, all’improvviso, e ci fa piombare in un nero vuoto e cupo, quasi definitivo; ma ci svegliamo più tardi, quando i nostri ragazzi vengono a spiarci, di ritorno dalla loro serata libera, e ci trovano ancora abbracciati e stretti come non mai; è la prima volta, in venti anni, che ci sorprendono nudi e ne sono quasi felici.


Quando apro gli occhi, stanno appena sgattaiolando fuori dalla camera; si sveglia anche Cristina, per i miei movimenti; ci viene da sorridere, quasi di complicità; indossiamo le vestaglie e li troviamo in salotto che scherzano e ci fanno il verso. Siamo tornati alla normalità, forse; ed è un bene per tutti, in fondo.

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Tag: moglie troia