Per la posta di Giovanna ho ricevuto una delle più eccitanti confessioni da un signore maturo che ha voluto svelarci un segreto della sua adolescenza, nell'intimità di un vecchio, sano e pacifico nucleo familiare... Una situazione inattesa, non voluta ma accaduta, tanti anni fa. Buona lettura.
Quello che oggi mi decido a raccontare, grazie a questo sito che ho imparato ad amare, è storia antica che a tratti avrei sempre voluto rimuovere dalla mia mante ma che invece devo dire che mi ha segnato la vita. E’ un ricordo indimenticabile e potente che non si potrà mai cancellare dai miei sogni più protetti e inconfessabili.
Ecco la storia, gentile Giovanna, che puoi pubblicare quando desideri.
Quando ero solo un ragazzo di 14 anni vivevo in famiglia, una famiglia come tante, con mia madre, mia sorella e il mio papò, che a causa del suo lavoro non tornava che all’una, ogni notte.
Mia mamma era una bella donna, non troppo alta ma con tutte le curve al posto giusto. Aveva un bel seno prosperoso senza essere però appariscente, delle belle labbra e occhi spiritosi e poi aveva un culo fantastico, dalle natiche formose e sode, cosa che lei celava nei comodi camici da casa. Quelli che si portavano anni fa, con i bottoni davanti, corti al ginocchi… quei camici che invece di rendere le massaie dell’epoca meno appetitose le rendevano arrapanti a dismisura, dato che mostravano sempre un po’ troppa coscia oppure troppo seno.
All’epoca ero bramoso di sesso come tutti gli adolescenti e assai curioso del femminile pur avendo ben poche opportunità di conoscere. A scuola eravamo praticamente tutti maschietti e a casa raramente venivano le mie cugine che erano o troppo piccole o troppo più grandi.
C’era sempre mia sorella, comunque, che aveva solo un anno più di me e che, ovviamente, aveva un corpo ormai abbastanza formato. Con lei c’era molta confidenza fisica, non si creava problemi quando, falsamente per caso, me ne stavo nella sua camera. Lei si spogliava senza dare segni di impaccio davanti a me, così potevo vedere le sue tette nude e persino, fugacemente, il pelo scuro della fessolina quando si levava le mutandine e poi si metteva il pigiamone.
Anche se fingevo di non fissarla quelle immagini le portavo con me nel gabinetto per segarmi all’impazzata fino allo sfinimento.
La sera, come si suol dire dopo “Carosello” l’abitudine era metterci sul divano, il più spaparanzati e comodi possibile per guardare la TV. Mia sorella e mia mamma, in genere si addormentavano quasi subito mentre io, probabilmente per il mio vizio e la mia curiosità nei confronti del sesso, non riuscivo proprio a dormire, anzi…
Mia sorella sonnecchiava solo per un po’ ma poi filava a lavarsi e poi crollava nel suo lettino, mammina invece era spesso talmente stanca, la sera, che crollava in un sonno pesante. Questo anche perché d’abitudine, aspettava comunque che tornasse mio padre per fargli un po’ di compagnia e poi andare a coricarsi con lui.
Comunque approfittando della situazione, intendo della vista della mia mamma accoccolata più o meno comodamente sul divano, io avevo preso a cercare le posizioni più favorevoli a mantenere un contatto fisico con la mamma, principalmente con le cosce, coi seni e col culone.
La sua vista era troppo appetitosa, soprattutto nel periodo estivo, con i camici leggeri che salivano sulle cosce fasciate dalle calze arrapanti, i bottoni sul davanti che si aprivano, spesso mostrando perfino parte del capezzolo, visto che per stare più libera, mamma si levava il reggipetto. Io la spiavo, la odoravo e mi strusciavo per quanto possibile contro le sue carni facendo del mio meglio per non farmi scoprire, col cuore in gola per l’eccitazione. Quando mi sentivo di non potermi trattenere più correvo via per masturbarmi a più non posso.
Il detto che dice che a farsi le seghe si perde la vista sarà falso, altrimenti già prima della maggiore età io avrei dovuto essere cecato.
E fu una di quelle sere di palpitazioni che accadde l’episodio che non dimenticherò mai.
Lei sembrava profondamente addormentata, lo dimostrava anche un lieve russare, ed io ero tanto arrapato da avere il sangue alla testa. Fingendo di dormicchiare a mia volta premevo vero il suo corpo, mi strusciavo fingendo un sonno inquieto e agitandomi, alla fine, feci in modo che il camicione si aprisse e ne fuoriuscisse una della sue tettone.
Sempre fingendo di stiracchiarmi per un sonno agitato mi strusciai verso di lei fino a trovarmi con la guancia sulla tetta e la bocca a distanza di un bacio dal capezzolo bruno e, ancora non lo capivo bene, puntuto per l’eccitazione. Ma neanche mi bastava: visto che la mamma dormiva ancora e aveva le gambe socchiuse, ficcai la mano tra le cosce e lentamente salii su, su fino alla mutandina, dietro cui c’era certo la fessa che emanava un calore inaspettato.
E a quel punto sprofondai nel terrore perché lei aprì gli occhi come una furia, si alzò e, preso me per un braccio mi trascinò quasi dei peso in camera.
«Ma cosa fai, sei uscito pazzo?» disse «Tutte le sere questa storia? Che ti credi che non mi sono accorta di quello che fai? Sei uno sporcaccione, ecco tutto! Per colpa di quei giornalini che hai nascosto sotto il letto ti stai scimunendo.»
Non sapevo come giustificarmi, abbassai lo sguardo, lei continuo:
«Eppure vai a scuola… fai amicizia … non c’è una ragazzina della tua età che tipice? Non hai una comitiva di amichetti per andare fuori?»
Allora trovai il coraggio di rispondere.
«Mamma ma che comitiva se tu non mi fai uscire mai? Anche se avessi la ragazzina non potrei vederla mai.»
Lei per un attimo rimase seria, poi scoppio' a ridere.
«E va bene… è vero hai ragione, non alzare la voce altrimenti si sveglia tua sorella.»
Socchiuse la porta e, più accomodante, mi disse:
"Ma cosa volevi vedere le mie tette? Già me le guardi quando io mi spoglio o pensi che non me ne sia accorta?» si aprì la camicia e le tiro' fuori, «toh guarda allora,vieni vicino tocca dai, non fare il ritroso adesso.»
Così mi avvicinai e con mano tremante toccai una zizzona, sento ancora tra le mani il calore, quella palla di carne dura, quel capezzolo duro, lo presi tra le dita e lo accarezzai a mano aperta, strinsi forte entrambe le zizze con le mani come volessi impossessarmene.
«Oh, fai piano che mi fai male,» disse lei" e le cosce vuoi guardare anche quelle?» e apri' la vestaglia sulle cosce mostrandole, misi la mano anche tra le cosce… "fermo lì disse lei « non andare oltre, la' no non toccare .Bene, adesso che hai visto tutto che fai, stai peggio di prima immagino, quindi?» rise, e senza preavviso fece una cosa che non avrei mai nemmeno sognato, e mai più scordato, si sporse in avanti e mi prese il cazzo tra le mani, da sopra il pigiama. Poi delicatamente abbassò tutto, anche le mutande e lo strinse delicatamente tra le dita… Voleva masturbarmi? Credo di sì ma…ma appena lo toccò io subito venni immediatamente tra le sue mani.
«Ma che fai?» disse sorpresa ma allegramente «Oh ma stavi proprio male, eh?» mi lasciò li' e andò in bagno a lavarsi le mani. Poi mi disse di andare a letto e di non pensarci più, mentre lei tornò sul divano da sola a guardare il telegiornale.
Mi sdraiai sul letto e, come inebetito, mi misi a guardare il soffitto, immobile, cercando di dormire o almeno di fingere perché ero troppo confuso, eccitato e imbarazzato, soprattutto perché le avevo sborrato in mano, cosa che a quell’epoca consideravo veramente sporca e peccaminosa…
Più tardi rientrò mio padre e in soggiorno li sentivo confabulare; ogni tanto lei rideva. Tremavo di paura. “Mica gli starà raccontando ciò che è successo?”
Poi sentii la porta del soggiorno scricchiolare, mi alzai dal lettino e silenzioso come un gatto andai a guardare, la porta era di quelle scorrevoli e non si chiudeva mai bene, a mia memoria.
Vidi lei che era chinata in avanti, con le mani si teneva al bracciolo del divano, la vestaglia alzata fin sulla schiena, per il resto era tutta nuda. Papa' non lo vedevo ma dagli scossoni che prendeva mia mamma capii che la stava ...
quella-volta-con-mia-madre
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Aggiunto: 7 mesi fa
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«Bellissimo racconto, il sogno di tutti i ragazzi. Unica cosa sarebbe bello se Giovanna lasciasse un commento alla fine dei racconti che le mandano per dire cosa le è piaciuto o se qualche parte l'ha eccitata»