Che strana estate quella di quest’anno, che alterna frequenti e violenti temporali con giornate veramente torride.
Preannunciandosi una settimana infuocata, Manuel ed io abbiamo tentato di anticipare le nostre vacanze in montagna ma, a causa di suoi imprevisti impegni di lavoro, è dovuto tornare a Como, lasciandomi da sola nella nostra casa a 1800 metri di quota.
Non che ci stia male, intendiamoci, ma essendo abituata a condividere il più possibile il nostro tempo libero, mi pare strano essere qui senza di lui.
Oggi è appena mercoledì e dovrò attendere venerdì sera per rivedere il mio amore. Sono solamente poco più di due giorni, ma saranno lunghissimi, specialmente perché mi è venuta un’incredibile voglia di sesso.
Sarà l’atmosfera rilassata che si respira qui, o forse l’assenza di altri pensieri, ma mi sembra di avere il fuoco tra le cosce.
Avrei la tentazione di darmi una bella masturbata per placare gli ormoni, ma sarebbe la prima volta che mi pastrugno da sola da quando conosco Manuel, visto che lui ha sempre saputo soddisfarmi, anche più del necessario.
Così, stamattina, ho deciso di distrarmi dai pensieri lussuriosi e sono andata a farmi un paio d’ore di corsa.
Sarei dovuta uscire prima, perché adesso è quasi mezzogiorno e anche qui la calura opprimente si fa sentire.
Termino il mio giro e rientro in paese, rallento il passo e mi concedo un po’ di passeggiata tranquilla. Sono in un bagno di sudore.
Nel frattempo, anche l’appetito si fa sentire, così faccio mentalmente l’inventario di ciò che ho nel frigorifero e concludo che sarebbe meglio comprare un po’ di cibarie al negozio di gastronomia poco più avanti.
Nonostante sia quasi l’orario di chiusura, dalla vetrina noto che ci sono ancora parecchi clienti in attesa di essere serviti.
Entro e tutti si voltano verso di me, tranne l’anziano titolare che è intento ad affettare una mortadella. Il suo giovane aiutante, veramente carino, mi squadra da capo a piedi e si sofferma a guardarmi tra le gambe.
Mi chiedo che cosa abbia di tanto strano. Poi, vedo che diverse altre persone rimangono voltate ad osservarmi.
Così mi guardo anch’io e, con estremo imbarazzo, mi accorgo che i sottili fuseaux in cotone che indosso sono completamente inzuppati di sudore nella zona dell’inguine e dell’interno coscia, tanto che sembra che mi sia fatta la pipì addosso.
Anche il top è fradicio, al punto che i capezzoli si intravedono dietro al tessuto elasticizzato e il mio petto, come il mio viso e il collo, sono imperlati di goccioline.
Cerco di vincere l’imbarazzo chiedendo scusa ai presenti per le mie condizioni. Qualcuno mi sorride. Altri, specialmente un paio di donne, si voltano schifati dall’altra parte.
“E vabbè. Sono solamente sudata, mica una sporcacciona!” penso, mentre scruto il banco frigo e decido cosa comprarmi da mangiare.
Passa una buona mezz’ora, si è smaltita la coda ed è il mio turno. Dopo di me non c’è nessun altro.
Il titolare del negozio va a chiudere la porta a chiave e a sistemare alcune cose, lasciando che sia il suo aiutante a servirmi.
Il ragazzo, tra una porzione di verdure grigliate e l’affettatura del prosciutto, mi mangia letteralmente con gli occhi ed è di una gentilezza quasi imbarazzante.
Quando gli chiedo una mozzarella di bufala, non mi serve una di quelle rimaste nella vaschetta nel bancone, ma va nel retro a prenderne una confezione nuova, ancora sigillata, e la apre apposta per me.
Ho comprato provviste per tre giorni. Mi chiede se sono a piedi o in macchina.
“A piedi, purtroppo. Ero uscita solo per fare una corsetta…” gli rispondo, così si premura di dividere la spesa in due borse, per bilanciare il peso che dovrò trasportare per un paio di chilometri, tutti in salita.
Si sposta alla cassa, batte lo scontrino e arrotonda il totale, facendomi lo sconto di più di cinque Euro.
Pago, lo ringrazio e, in maniera del tutto spontanea e inconscia, gli lancio una delle mie raffiche di scintille dagli occhi. Me ne rendo conto solo dopo aver visto il suo viso arrossire all’istante e i suoi occhi spalancarsi dalla sorpresa.
Mi accompagna all’ingresso, mi apre la porta e mi saluta molto cordialmente. Ricambio, scendo i due scalini e prendo la direzione verso casa mia.
Percorro un centinaio di metri oltre il centro del paese, imbocco la strada a sinistra del ponte ed inizio la salita.
A questo punto, sento un’auto alle mie spalle che rallenta, fino a fermarsi al mio fianco. Mi volto e trovo il ragazzo del negozio alla guida della sua Jeep.
“Posso darle un passaggio, signora?” mi chiede sorridendo.
Mi apro anche io in un ampio sorriso e accetto volentieri la sua offerta.
Scende dalla macchina, mi prende le borse dalle mani e le sistema nel bagagliaio. Apre la portiera e mi aiuta a salire sul suo fuoristrada, piuttosto alto da terra.
Partiamo e lo ringrazio ancora per la sua gentilezza: “Abita anche lei da queste parti?” gli chiedo.
“No, signora. Abito dall’altra parte del paese, verso valle. Ma ho pensato che le avrebbe fatto piacere se le avessi dato un passaggio, per evitarle la salita con i pesi sotto questo sole.”
“Gentilissimo, ma non doveva disturbarsi…”
“Si figuri! È un piacere aiutare una bella signora come lei.”
Rimango lusingata dal suo complimento. Ho abbastanza esperienza per capire che il ragazzo è molto attratto da me e, molto probabilmente, spera in un’avventura piccante.
Anche a me il tipo piace, sia fisicamente, sia nei modi di fare, oltre al fatto che il calore che ho tra le gambe ha ripreso a farsi sentire prepotentemente.
Nel frattempo, arriviamo velocemente davanti all’ingresso di casa mia e lo invito a fermarsi.
Il ragazzo salta giù dal fuoristrada, recupera le mie borse e le posa davanti alla porta che apro con la chiave.
Mi volto verso di lui che mi guarda con occhi penetranti e colmi di desiderio. Rimango a fissarlo qualche istante, sento il mio miele colarmi dalla vulva e andare a impiastricciarmi ancora di più le mutandine e i fuseaux.
Così, senza nemmeno riflettere, trascinata dalla libidine, gli dico: “Aspetti qui un minuto: metto le borse in frigo…”
Non aggiungo altro e lui mi risponde solamente “Ok.”, rimanendo con lo sguardo interrogativo ad osservarmi mentre entro in casa.
Ripongo velocemente nel frigorifero ciò che deve rimanere fresco e lascio sul tavolo tutto il resto.
Torno nell’ingresso controllando se nel marsupio ho quanto mi serve. Ho un pacchetto nuovo di fazzolettini di carta, ma realizzo di non avere preservativi, nemmeno in casa: “Vabbè, ci accontenteremo di una bella pastrugnata reciproca.” concludo.
Esco e il ragazzo mi sta aspettando appoggiato alla Jeep. Chiudo a chiave la porta e mi dirigo verso di lui tutta allegra, dicendogli: “Conosco un posticino tranquillo e fresco. Mi accompagni?”
“Certamente!” risponde, aiutandomi nuovamente a salire in auto.
Appena accende il motore, gli indico di proseguire lungo la strada che presto diventa sterrata e inizia ad arrampicarsi nel bosco.
Dopo un tratto molto ripido che ci garantisce che nessuno passi di lì per caso, la strada costeggia un piccolo pianoro assolato. Sulla destra c’è uno slargo ombreggiato, sul margine di una scarpata dove, in fondo, scorre un piccolo torrente.
Lo invito ad accostare e gli chiedo, sorridente, sicura della sua risposta: “Ti piace qui?”
“È un posto bellissimo.” mi risponde spegnendo il motore e guardandosi intorno brevemente.
Dal marsupio, che sgancio dalla vita e appoggio sul cruscotto, prendo il pacchetto di fazzolettini e glielo metto accanto.
Lui resta ad osservarmi e si gusta le mie forme invitanti, fasciate dai leggings e dal top aderentissimi. Io non vedo l’ora che mi tocchi dappertutto.
Non c’è bisogno di altre parole: ci guardiamo dritti negli occhi, le nostre teste si avvicinano, le bocche si spalancano e si incollano l’una all’altra. Le lingue prendono a vorticare e a intrecciarsi furiosamente.
Finalmente, sento la sua mano che si appoggia sull’interno della mia coscia sinistra, indugia qualche istante, e sarei anche pronta a fargliela scorrere velocemente fino alla mia passera, ma non ce n’è bisogno.
Il ragazzo si dimostra molto intraprendente e, in un attimo, la mia carnosa albicocca, ancora inguainata dagli indumenti, riceve le vigorose pastrugnate di cui aveva davvero tanto bisogno.
Allargo ancora di più le gambe per godermi appieno il suo lavorio ed aumentare, qualora fosse ancora possibile, l’oscenità di quanto stiamo facendo.
Non voglio certamente essere l’unica a ricevere piacere, perciò allungo la mano verso il suo inguine e le mie dita urtano il generoso rigonfiamento che il ragazzo ha tra le gambe.
Gli afferro il pacco come fosse il pomello del cambio e lo muovo, cercando idealmente di inserire tutte le marce in sequenza casuale.
Proseguiamo a toccarci così per diversi minuti, poi sento la necessità di fare pipì.
Provo a trattenerla, ma la masturbazione a cui mi sottopone il mio amico non fa che accentuare lo stimolo, fino a portarmi a non resistere più. Così mi stacco dalla sua bocca e gli dico dolcemente: “Perdonami, interrompiamo un attimo: devo fare pipì.”
“Che problema c’è?” mi chiede, e aggiunge: “Perché dobbiamo interromperci? Se non le dispiace, la faccia adesso, qui.”
Rimango sorpresa dalla proposta. Così, per essere sicura della sua richiesta, gli chiedo nuovamente: “Qui, in macchina?”
“Certo! La faccia mentre gliela tocco…” dice.
Mette una mano dentro i leggings e trova le mie mutandine sportive elasticizzate, a vita alta. Riprende ad accarezzarmi la patata con ancora maggiore foga, infilando il dito indice nel mio solco intimo, fino a farcelo scomparire.
Dopo un attimo di disorientamento, decido di accontentare questo suo feticismo, così rilascio i muscoli addominali.
Lo zampillo attraversa le mutandine, sgorgando tra le sue dita. Lui accelera il loro movimento, così, dopo la pisciata, si becca anche il potente spruzzo della mia squirtata che finisce fin sul cruscotto e sul parabrezza.
Ho un orgasmo devastante. Le contrazioni della mia vagina sembrano non volersi esaurire.
Durante la mia goduta, non ho mai lasciato la presa sul suo cazzo, ma ora mi ci dedicherò con molto trasporto.
Il tipo è stato bravissimo a farmi godere e in ogni cosa ha fatto da quando ci siamo incontrati al negozio. Perciò, decido che riceverà uno dei miei migliori trattamenti.
Appena mi riprendo dall’orgasmo, lo guardo con occhi raggianti e gli dico: “Adesso tocca a te farti una bella goduta.”
Lo invito ad inclinare il suo sedile e lo aiuto a slacciarsi i pantaloni. I suoi boxer stanno trattenendo a stento l’erezione che immagino possa anche essere dolorosa, costretta dal tessuto aderente.
Gli somministro un paio di veloci ma decise strizzate, poi abbasso il pantaloncino.
Appare alla mia vista un cazzo maestoso, già scappellato, dritto come un fuso e densamente ricamato da vene e nodosità che lo rendono davvero attraente.
“Mmm…” è tutto ciò che riesco a dire o a pensare, mentre allungo la mano destra per impugnare il magnifico scettro. Ormai, ogni mio pensiero è rivolto a questo pisellone e al piacere che riceverò a masturbarlo con tutta la mia abilità di grande troia.
Mi stupisco un po’ a definirmi tale, ma in questo momento mi sto sentendo davvero così: stupendamente e magnificamente troia, ancor di più per il fatto che sto già pregustando il momento in cui narrerò questa esperienza a mio marito, dalla quale ne trarrà anche lui grande piacere e godimento.
Le mie dita affusolate si serrano attorno al pistolone del ragazzo, la cui circonferenza è tale che esse non riescono nemmeno a congiungersi.
Nel mentre, lo fisso negli occhi, tengo la bocca socchiusa e, di tanto in tanto, faccio istintivamente guizzare fuori la lingua.
Lui ha portato le mani sulle mie tette che, costrette dentro al top sportivo, sembrano dover esplodere da un momento all’altro.
Gliele lascio palpare e pastrugnare come più gli aggrada. Proseguo a segarlo lentamente, facendo anche ruotare la mano per stimolarlo maggiormente.
“Ti piace così?” gli chiedo con tono lussurioso.
“Ohhh, signora… Lei ha le mani fatate…” mi risponde sospirando.
“Immagino che avrai un sacco di ragazze che ti fanno questi lavoretti, visto che sei un ragazzo molto carino e gentile…”
“Beh, sì. Ma nessuna è brava come lei, ahhh…”
“Hai voglia di sborrare, caro? Vuoi che ti faccia venire?”
“Ohh…, sì. La prego...” mi risponde con voce supplichevole.
“Adesso ti farai una sborrata che nemmeno te la immagini.” penso tra me e me.
Quindi, avvicino le labbra al glande e, senza interrompere le profonde segate, glielo prendo in bocca, facendo frullare la lingua attorno a tutta la cappella.
Mi è possibile inserirlo solo per pochi centimetri, date le sue dimensioni, ma quanto riesco a succhiare è sufficiente per procurargli un notevole incremento del piacere.
Mi accorgo che il suo cazzo si irrigidisce e si ingrandisce ancora di più. È ormai prossimo a sborrare e le sue dimensioni sono diventate colossali.
Stacco la bocca e il ragazzo, puntando i piedi e le spalle, inarca la schiena. Lo accompagno, adattando il movimento della mia mano sul suo pistolone. Sento gorgogliare lo sperma, ormai prossimo a liberarsi dalla costrizione delle palle.
“Meno tre, meno due, meno uno… Ora!” penso, formulando il mio inesorabile conto alla rovescia che non sbaglia mai, grazie alla mia esperienza di abile segatrice.
Con puntualità cronometrica, l’enorme getto di densa crema bianca spruzza verso il cielo, in un lungo filamento che si distende maestoso e prepotente, per poi rompersi in diversi rivoli che, ricadendo, vanno ad impastarsi sul cruscotto, sul volante e sul suo ventre, arrivando anche sui miei capelli e sul mio avambraccio.
Continuo imperterrita a segarlo come una forsennata, provocando la fuoriuscita di altre spruzzate, meno copiose ma ugualmente numerose che finiscono ovunque.
Quando vedo tali spettacoli, la mia mano prosegue a segare senza controllo, fino a quando non è l’uomo ad invitarmi a fermarla.
Con il suo pieno soddisfacimento, interrompe anche le palpate alle mie tette, ma ci lascia le mani ancora per un minuto, mentre ci scambiamo un tenero bacio che culmina in un’altra vorticosa limonata.
Con la mano pulita, afferro il pacchetto di fazzolettini e lui mi aiuta ad aprirlo e ad estrarne qualcuno.
Mentre cerco di togliermi l’impastamento dalla mano, lui, dolcemente, mi toglie dai capelli un paio di appiccicosi schizzi.
“Non preoccuparti. A casa mi faccio una bella doccia. Guarda come sono conciata…” dico, riconoscente per il suo gesto.
In effetti, sono veramente conciata da buttare via: madida di sudore, impiastrata di sperma ovunque, senza dimenticare che il ragazzo ha anche voluto che mi pisciassi addosso, prima di farmi squirtare, così ora ho mutandine e leggings inzuppati di ogni fluido corporeo.
Lascio che sia lui ad utilizzare i restanti fazzolettini, per darsi una sistemata e per togliere dagli interni della macchina le tracce più visibili dell’enorme sborrata che gli ho provocato.
Appena pronto, mette in moto e inizia la manovra che ci fa tornare sullo sterrato che percorriamo con cautela, data la sua notevole inclinazione.
“È proprio un posto magnifico, non lo conoscevo.” osserva.
“In effetti. Mio marito ed io siamo appassionati di fuoristrada, quindi lo abbiamo scoperto praticamente subito quando, qualche anno fa, siamo venuti a vedere la nostra casa per la prima volta.” gli spiego.
Arriviamo davanti a casa mia. Ferma la macchina, poi mi guarda: il suo è lo sguardo di un ragazzo innamorato. Ricambio con occhi dolci, così prende coraggio e mi chiede: “Ci rivedremo?”
Rimango un attimo in silenzio, poi gli rispondo: “Se fossi single, ti chiederei di fidanzarti con me, te lo giuro.
Ma sono sposata. Anzi, felicemente sposata, con un uomo fantastico che mi permette di concedermi ‘piccole distrazioni’ come questa. Perciò, chissà. Forse, un giorno. Se mi prendesse la voglia che avevo oggi, sicuramente tu sarai la mia prima scelta in assenza di mio marito, ma non posso prometterti altro. Mi dispiace.”
“Capisco, e apprezzo molto la sua sincerità. La ringrazio del piacere che mi ha dato e rispetterò il nostro intimo e dolcissimo segreto.”
Commossa dalle sue parole, non mi sento di aggiungere altro.
Gli do un veloce bacio sulle labbra, recupero il mio marsupio, scendo dal fuoristrada ed entro dal cancello, senza voltarmi. Lui attende che abbia varcato la porta di casa, quindi si allontana definitivamente.
Vado subito in bagno, apro l’acqua della doccia, mi tolgo tutto il disastro di indumenti che indosso e lo butto in lavatrice.
Mi infilo sotto il getto tiepido e, mentre mi massaggio il corpo, inebriata dal profumo del bagnoschiuma, rivedo mentalmente le scene di quanto accaduto poco prima.
Rifletto anche sulle parole che userò per raccontare tutto a mio marito.
Infine, mi viene istintivo questo pensiero: “Amore, cerca di arrivare puntuale venerdì, altrimenti va a finire che faccio un’altra pazzia!”
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«Bellissimo racconto molto eccitante complimenti»