Lei attendeva….


Non era solita attendere data la sua indole impaziente ma sapeva come ammazzare il tempo ben conscia che non stava pazientando invano..


Lui stava guidando…


Di ritorno da lavoro in tarda serata aveva messaggiato a lungo con Lei, fantasticando di come sarebbe andata la loro serata insieme dopo una giornata separati. Ed era eccitato. Parecchio. In effetti era molto eccitato, caricato come una molla da tutta quella conversazione che prometteva follie.


Ma c’era traffico di sabato sera, come se fosse stato in pieno giorno e Lui stava tardando, scalpitando come in preda ad in raptus sul sedile dell’auto, scrivendoLe che stava arrivando il prima possibile e ricevendo come risposta solo dei puntini di sospensione che non lasciavano spazio a nessuna interpretazione positiva.


Arrivò nel cortile di casa propria con quaranta minuti di ritardo convinto che l’avrebbe trovata furibonda e senza nessuna voglia di stare con lui.


Si erano sposati da pochi mesi, innamoratissimi e felici come ragazzini pur non essendo più in erba ma nemmeno così in là con gli anni. Avevano preso questa casetta fuori città in affitto, piccolina ma molto confortevole e soprattutto riparata da sguardi indiscreti, ideale per agevolare le loro particolari propensioni e le loro voglie. Si erano proprio trovati! Uguali sotto ogni aspetto anche se diametralmente opposti nei loro ruoli.


Lui parcheggiò la vettura davanti alla serranda del box adiacente la casa, senza preoccuparsi di metterla dentro tanta era la voglia di sapere se Lei fosse ancora in sua attesa.


 


Entrata in casa…
Lei, seduta sul divano, stava fumando una sigaretta. Vestita di tutto punto, sembrava pronta per una serata a teatro, elegante e bellissima come sempre. Impegnava l’attesa, leggendo un libro, come suo solito, e controllando il telefono di tanto in tanto per sapere dove fosse Lui. Sentì la chiave nella porta e d’istinto guardò l’orologio: mezzanotte era passata da un pezzo e il ritardo era di conseguenza bello sostanzioso. In realtà il tempo le era trascorso veloce, grazie a tutti i suoi pensieri…aveva progettato molte situazioni in cui cacciare il suo Lui e nelle quali ridurlo ai minimi termini. Questo la faceva sempre eccitare molto…


Lui si precipitò da Lei, dove sapeva di trovarla, accusando la movida del sabato sera per giustificare il suo ritardo e scusandosi in modo plateale. Lei, per nulla seriamente adirata con Lui, mantenne uno sguardo freddo e disse:


– Di certo saprai come farti perdonare. Puoi incominciare con l’andarti a preparare che di tempo ne abbiamo sprecato già tanto!


Lui, ben sapendo cosa questo voleva dire, andò in camera da letto, si spogliò completamente e molto rapidamente e riapparve di fronte a Lei, sempre seduta sul divano, con le gambe accavallate avvolte in quel collant scuro, che la rendevano allo stesso tempo estremamente elegante e provocante. Indossava una gonna nera al ginocchio, un paio di stivaletti con tacco alto, una camicetta nera piuttosto sbottonata e una giacca da tailleur, anch’essa nera.


Gli rivolse uno sguardo solo e gli disse: – Bhe, non ti avevo detto di andare a prepararti? Non mi sembra tu sia pronto come si conviene! Ti sei solamente spogliato. Cosa aspetti?


Lui trasalì, incapace di comprendere come potesse essersi dimenticato tutto ciò che si erano detti durante la giornata. Evidentemente la fretta di precipitarsi a casa e il ritardo obbligato glielo avevano fatto dimenticare ma un solo sguardo di lei e fu nuovamente in camera, intento ad accessoriarsi a dovere. Sapeva di doversi abbindare come un cane, in buona sostanza: si strinse al collo un cinturino a mo’ di collare al quale agganciò una catena con moschettone che, momentaneamente, restò penzoloni lungo la sua spina dorsale, fredda come il ghiaccio. Prese poi la coda dotata di plug, un’acquisto che lui stesso aveva fatto pensando di poterla usare su di Lei un giorno ma che Lei fece subito sua per il proprio divertimento. Lo sminuiva parecchio e lo rendeva molto ridicolo.


Sapeva di non aver completato il suo abbigliamento ma non gli veniva alla mente cosa potesse mancare. L’agitazione per aver fatto tardi e gli sguardi gelidi della moglie lo avevano lasciato un po’ confuso. Decise quindi di mostrarsi nuovamente al suo cospetto. Gli avrebbe fatto notare Lei le sue mancanze se ce ne fosse stato bisogno.


 


Sei solo il mio cane…
Lei lo chiamò a se, nella posa più congeniale al suo stato attuale. Carponi ai suoi piedi mentre, continuando a fumare, sedeva sempre comodamente sul divano. Lo ammirò e lo fece voltare. Si mise a giocare per qualche minuto con la codina, tirandola e stuzzicandola, ben sapendo quanto a lui ciò provocasse fastidio, non essendo ancora assolutamente avezzo a stimolazione di quel tipo.


Lo fece quindi voltare con il muso rivolto verso le sue gambe e gli controllò le palle…


– Ti ho detto per due volte di prepararti e per due volte non sei stato abbastanza capace di essere pronto per me. Perché non sei legato come dovresti essere…vammi a prendere gli elastici…tutti!


Lui fece per alzarsi ma Lei lo fermò: hai mai visto un cane bipede? Vai come ci devi andare, a quattro zampe, naturalmente.


Lui, sentendosi mortificato, si voltò e gattonò fino al cassetto in camera che custodiva tutti i loro “giochi”. Conteneva oggetti di ogni tipo, quasi tutti esclusivamente capaci di trasformarlo in quello di cui Lei aveva bisogno, in funzione dei suoi capricci. Prese il sacchetto in velluto che conteneva gli elastici, lo mise in bocca e ritornò da sua moglie, sempre procedendo come un bravo cane. Avrebbe scodinzolato, per dimostrare quanto fosse stato bravo, se fosse riuscito a muovere il culo a dovere, ma era troppo indolenzito dal plug per provarci.


Lei aprì il sacchetto e rovesciò il contenuto sul cuscino a fianco: con calma e lentezza iniziò a scrutare gli elastici, in spesso silicone nero, di varie grandezze…una decina più o meno, fingendo indecisione nello scegliere.


– Alza le braccia e resta in ginocchio. Sì, proprio qui, di fronte a me – intimò


Incominciò a mettergliene uno, piuttosto stretto alla base del cazzo. Poi un altro, più stretto ancora, sull’asta stessa, già bella tesa. Ne prese altri tre, con i quali gli strinse i coglioni fino a renderli tesi e gonfi, prossimi a scoppiare.


-Adesso incominciamo a ragionare! Cosa ne pensi? Bastano?


Lui mugolò un “sì” così piano che lei decise di metterne altri due o tre…così per essere sicura che Lui fosse davvero convinto. Ne prese uno facendolo schioccare con le dita. Lo tese al massimo e lo fece passare sul cazzo duro portandolo sino alla base. Raccolse anche le palle e vi fece passare pure quelle…quindi mollò di colpo. Lui urlò e si accasciò. Con tono innervosito gli disse di alzarsi immediatamente e di rimanere zitto e prese a tirare la catena che aveva come guinzaglio, portandolo nuovamente eretto. Ripeté la stessa operazione con gli altri elastici, nello stesso medesimo punto, facendoli sempre schioccare. Lui, con grande impegno, rimase fermo, mugolando appena.


Con entrambe le mani iniziò a scorrere le dita su tutta la sua lunghezza, notando con gusto quanto vibrasse e pulsasse sotto le sue dita, quel cazzo gonfio sul procinto di esplodere. Lo afferrò un paio di volte con ben poca gentilezza e gli diede qualche schiaffo, solo per il gusto di vederlo ballonzolare…e chiaramente per il piacere che provava nel fargli male.


-Adesso cosa mi dici? Ti senti sufficientemente…come dire…impacchettato?


Lui questa volta annuì con vigore ma Lei continuò: – ma guarda, ne sono avanzati soltanto due…poverini. Davvero vogliamo lasciarli qui soli soletti? Dai, non saranno certo questi due miseri elasticini a farti arrendere, no? Non vorrai mica offenderli?


Senza aspettare risposta li prese entrambi e velocemente li posizionò alla base della cappella, mollandoli violentemente e facendolo gridare.


Rapida gli mise una mano in bocca, per tappare quel grido fastidioso, scavando con le dita fino alla sua gola, spingendo e stantuffando la sua bocca con veemenza.


-Ti ho detto che devi stare zitto! Succhia porco e stai zitto!


Tolse la mano e vedendola piena della saliva del suo maiale, la ripulì sulla sua faccia, strisciandola e spalmandola su tutto il suo viso.


-Non ti posso toccare che subito mi sporchi…guarda che schifo…vai a prendermi i guanti, subito!


Così dicendo continuò ad asciugarsi la mano sul corpo di Lui, che si mosse per obbedire alla sua richiesta.


 


Spuntino di mezzanotte…
Tornò mesto con un paio di guanti neri in nitrite, di quelli che si usano negli studi medici per capirci. Lei si alzò e con passo deciso andò a lavarsi le mani. I tacchi che martellavano il pavimento con forza, a scandire ogni suo passo. Con calma indossò i guanti e subito sentì un brivido percorrerla lungo la schiena…le dava sempre un senso di eccitazione indossarli…le piacevano alla vista e al tatto. Ora poteva toccare qualunque porcheria lui avesse fatto…


A Lui cadde l’occhio sul posacenere che si trovava sul tavolino di fronte al divano…pieno zeppo come di chi, nell’attesa di qualcuno, fuma troppo. Lei notò il suo sguardo e lo apostrofò: -Cosa controlli? Hai fame per caso? Oh ma che sciocca, sei rientrato da lavoro e non ti ho nemmeno preparato uno spuntino. Ora rimediamo subito!


Si risededette e accese un’altra sigaretta, lo fisso per qualche secondo e una mano guantata le scivolò tra le cosce..aprì leggermente le gambe e iniziò a fregare delicatamente la mano. In effetti stava colando da un po’ ma la vista di Lui così annullato al suo cospetto, a terra in silenzio, umiliato da quella coda piantata nel culo, la obbligò a darsi un po’ di sollievo.


Con un colpo del piede gli fece capire che doveva spostarsi, si alzò e andò in cucina. Rimase ferma qualche secondo davanti al frigo aperto, scegliendo con cura cosa prendere per sfamare il suo cane.


Decise per un vasetto di yogurt, lo aprì e tornò a sedersi sul divano.


-Allora, ti va di mangiarne un po’? Sì? Oh ma che bravo, avvicinati forza!


Il suo tono era dolce come di come quello che si usa con i cuccioli o i bambini.


Lui fece qualche passo verso le sue gambe, non senza difficoltà. Indossava la coda da un bel po’ e sentiva bruciare il buco del culo ad ogni movimento delle anche. La osservò aprire lo yogurt e inserire quattro dita al suo interno. Saggiarne quasi il peso, prima di scaraventare a terra, con un gesto violento della mano, quella crema bianca…


-Dai su, cosa aspetti? Mangia!


E indurendo il tono: – Forza, cosa pensavi, che t’imboccassi forse? Devi leccarlo dal pavimento. E pulisci bene tutto che non voglio un merdaio in terra!


Lui, sempre più mesto, fece per avvicinarsi a quelle chiazze di yogurt sparse sul pavimento, quando Lei, all’improvviso e con prepotenza, calpestò una delle più grosse, girando e premendo con lo stivale.


-Ho deciso che ne mangerai anche direttamente dalla suola della mia scarpa – così dicendo gliela premette direttamente in bocca, con tale impeto, da farlo accasciare di lato a terra.


Lei continuava a premere con forza e a pulirsi la suola su tutto il suo viso, mentre Lui, come un cucciolo affamato, leccava tutta la superficie della scarpa, affannandosi per rimuovere tutto lo yogurt appiccicatosi. E ingoiava. Qualunque cosa trovasse sotto quella scarpa la mangiava, per Lei.


Quando decise che la suola poteva andare le mando un’occhiata di supplica di potersi occupare del pavimento, fiondando la faccia su di un’altra pozzetta di yogurt. Iniziò a leccarlo tutto e dove ne vedeva traccia, preoccupandosi di pulire ogni centimetro e, naturalmente, ingoiando anche la sporcizia che poteva trovare. Aveva quasi finito quando Lei si fece colare sulla lingua quello che era rimasto in fondo al vasetto, lo fece girare un po’ in bocca e lo sputò direttamente sulla testa di Lui che stava ancora leccando a terra.


– Guarda cos’hai combinato – gli disse con tono severo – Guarda che schifo che fai.


Gli passò la mano sulla nuca, dove la poltiglia sputata era finita e raccogliendola la rigetto a terra a pochi centimetri dalla sua faccia. Lui fece per andare a leccarla ma ricevette una pedata sulla guacia: -Aspetta, non ho finito!


Prese il posacenere sul tavolino e lo svuotò sopra la poltiglia di yogurt e saliva.


-Era questo che guardavi con ingordigia, vero porco?


Poi la impastò con la mano continuando a sputarci sopra. Lui inorridì alla vista di quel pastone che si stava formando pieno di cicche e cenere.


-Mangia, porco! Cosa aspetti?


Senza aspettare risposta, ne raccolse più che poté e gliela ficcò direttamente in bocca, aprendogliela a forza e spindendogliela in gola, facendolo tossire e salire conati.


Lui sbavò violentemente e vomitò a terra quello schifo, incapace di trattenersi…ma nemmeno questo la fermò, anzi, lo prese a schiaffi con quella mano sporca, uno, poi un altro e un altro ancora per poi spingergli il muso sopra quello che era rimasto a terra e che Lui aveva vomitato, premendoglielo con forza con lo stivale. Finì con l’usare la sua testa per ripulire il pavimento, a mo’ di straccio.


Stanca, dalla veemenza che si era impadronita di lei, gli diede un calcio alzandosi dal divano, si sfilò i guanti luridi e glieli gettò addosso. Guardò il suo viso, ancora appiccicato a terra sopra quella porcheria, gli sputò sopra la guancia, lasciandogli un grosso grumo di saliva colargli verso la bocca e gli disse:


– Mi fai schifo! Sei peggio di un maiale. Sei peggio di un cesso! Un cesso sporco. Vado a rinfrescarmi un attimo….quando torno voglio trovare tutto perfettamente pulito.


E andò in bagno.


CONTINUA…
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