La mia particolare via Crucis cominciò sin dagli anni della prima adolescenza, quando mi resi conto che i miei compagni, di scuola, di giochi, di vita, giocavano continuamente coi sessi gareggiando in lunghezza, in precocità, in manifestazioni di pubertà; me ne stavo cautamente in disparte per non dover essere costretto ad ammettere una palese inferiorità, dal momento che il mio ‘pisello’ non superava la dimensione della dotazione infantile.


Nella massima disperazione, mi resi conto che assumeva tutte le connotazioni del sesso maschile ma non riusciva ad andare oltre le dimensioni di sei o otto centimetri che erano degne di un ragazzino non di un uomo ormai maggiorenne; decisi di tacere con tutti, per evitare commenti che mi avrebbero distrutto; quel segreto doveva rimanere solo mio, a costo di passare per asociale perché non partecipavo a nessuno dei riti collettivi nei quale il sesso era protagonista.


Con le ragazze, la situazione era ancora peggiore; non esitavo a corteggiarle, a invitarle a un gelato, a un cinema o a una partita; e mi lanciavo anche in pomiciate dolcissime e gustose, finché si rimaneva al di qua della pressione degli inguini e la partner del momento non poteva rendersi conto della mia limitazione; appena si manifestava un accenno a provare la validità sessuale, anche solo spingendo la figa contro il sesso coperto dai vestiti, ero costretto ad inventarmi qualunque scusa.


Non erano assolutamente credibili, quelle che ero costretto ad accampare; era preferibile interrompere qualsiasi storia e cercare altri soggetti per le mie frustrazioni; anche masturbarmi diventava un’avventura; lo facevo, e anche spesso, ma restavo sempre con l’amaro in bocca di fronte al mio pisello che non usciva dai limiti di sempre; anche le sborrate erano scarse, spesso non avevo emissione di sperma e mi accontentavo di forti emozioni di piacere.


La tragedia che temevo scoppiasse si risolse nell’unico dato positivo della vicenda; Clara, una bellissima ragazza assai disinibita, che vedevo sfarfallare con tutti i nostri amici e spesso appartarsi a scoparne più di uno in rapida successione, abitava assai vicino a me; una sera l’avevano lasciata a piedi e c’ero rimasto solo io disponibile a riaccompagnarla; lo feci volentieri e sembrò quasi scoprire la mia esistenza; mi chiese di fermarmi in un parcheggio deserto.


Esitai molto; sapevo che, quando decideva di fare carsex con un compagno occasionale, si lanciava in succosi pompini e ardite scopate proprio in quelle condizioni; non volevo che scoprisse il mio segreto, anche se mi allettava molto l’idea di godere almeno dei suoi baci e delle carezze che poteva concedermi; mi fermai e lei mi si attaccò a ventosa; mi sentii portato in paradiso dai baci vogliosi che mi distribuì su tutto il corpo, dalla bocca ai capezzoli che mise a nudo.


Quando aggredì la cerniera, cercai di frenarla; mi spinse via in malo modo e abbassò pantalone e boxer; temetti la derisione, ma mi stupii quando accolse con gioia infantile la vista del mio fuscello.


“Che carino! E’ il più piccolo che mi sia capitato di toccare! Voglio sentirlo in bocca e farmi sborrare in gola; in queste condizioni, sarà come ingoiarti tutto!”


Prima che mi riavessi dalla sorpresa, l’aveva già fatto sparire nelle fauci e mi stava succhiando l’anima dalle palle; sborrai con pochi colpi e fu per me l’emozione più grande del mondo; mentre cercavo di riprendermi dall’esperienza sconvolgente, Clara sembrava ormai irrefrenabile e irresistibile.


“E’ stato bellissimo sentirti sborrare; io non ce la farei più, adesso; ho appena scopato con due mazze dure e ho sborrato non so quante volte; ma succhiare il tuo cazzetto mi ha fatto bene come bere un bicchiere d’acqua a chi ha lavorato tutto il giorno sotto il sole; sei così dolce che sarebbe meraviglioso trovarti dopo grandi scopate e godere della tua freschezza … “


“Non ti inventare pietistiche stupidaggini; è chiaro che ti ho fatto pena e l’hai succhiato solo per cortesia … “


“Queste cose forse le fa tua sorella; io amo il cazzo, comunque sia; il tuo mi affascina perché mi consente di rilassarmi dopo scopate dure; se per te andasse bene, sarei anche disposta a promuoverti mio ragazzo e a succhiarti dopo le grandi scopate; qualche volta, se tu volessi, ti farei anche sborrare in figa, prima di farmi spanare da cazzi duri; mi piace l’idea di un amante dolce e delicato, sai?”


“Se parli seriamente, io ci sto; a patto che, naturalmente, gli altri non sappiano perché lo facciamo e cosa succede tra noi; meglio dare la sensazione di essere cornuto e contento che preso in giro perché ce l’ho tanto piccolo!”


“Ti capisco benissimo; te l’ho detto, qualche volta potrei anche farmi scopare da te, prima di affrontare cazzi duri e grossi; se sei d’accordo da questo momento sei il mio ragazzo … “


“Cornuto e contento?”


“Sì, cornuto e contento; nessuno saprà mai perché ti pianto tante corna; ma sono certa che ci intenderemo e che mi darai assai più dolce piacere, diretto e indiretto, di tanti stronzi, tutti palle e stupidità .. “


Fu così che mi trovai legato a lei in un’intesa sessuale assai particolare ma che, alla distanza, mi rese felice; Clara non perse nemmeno una piccola percentuale delle sue abitudini libertine, anzi le rafforzò, perché, agli occhi di tutti, ora era garantita da un ‘fidanzato’, stupido forse, cornuto senza dubbio, ma comunque concreto e vero; i suoi amici continuarono a scoparla facendo poco caso a me che la seguivo come un cagnolino, l’accompagnavo agli incontri e la riprendevo quando era stanca.


La parte più bella per me veniva dopo, quando, rimasti soli, lei si dedicava al mio poco credibile sesso e mi deliziava con succosi pompini oppure mi concedeva leccate profonde sulle tette, sulla figa e sul culo; molte volte, specialmente quando ci vedevamo di mattina, si faceva scopare in figa perché ancora non aveva rilassato totalmente i muscoli vaginali con mazze assai più consistenti e riusciva a sentire benino il mio cazzo.


Anche l’uso del culo mi era concesso, specialmente se aveva passato uno o due giorni senza farlo sfondare da cazzi extralarge; in quel caso, riuscivo anche a sentire la stretta dello sfintere intorno all’asta e lei avvertiva il vai e vieni del mio pisello nel pozzo del suo budello; comunque, nel corso del tempo si stabilì tra noi due una sintonia insperata, almeno da me, e riuscii a godere di piaceri che avevo creduto irraggiungibili; finii per affezionarmici anche se non riuscivo ad amarla.


Durante il ‘fidanzamento’, in un paio di occasioni si lasciò scappare commenti che autorizzavano quelli che se la scopavano ad apostrofarmi con l’epiteto di ‘cornuto’; per buona sorte, avvenne tutte le volte al mare, con stalloni conosciuti appena quello stesso giorno in spiaggia; i danni furono lievi, ma non le risparmiai le mie sacrosante rimostranze e giunsi a decidere di smettere il ruolo di schiavo al servizio delle sue pruderie.


La prima volta che capitò, fu quando tornò da una grande scopata in spiaggia, al riparo delle cabine dello stabilimento, con un bullo proveniente senz’altro da una lontana provincia del sud, decisamente buzzurro e improponibile in una buona società; mentre la riaccompagnava allo stabilimento dove l’aspettavo, esclamò spavaldo.


“Ecco il tuo cornuto! Vai da lui!”


La guardai con gli occhi iniettati di sangue; solo se lei aveva rivelato i nostri rapporti, lui poteva azzardare in pubblico un simile linguaggio; mi diressi, in un silenzio di tomba, all’auto parcheggiata là fuori e sentii dal rumore degli zoccoli che si precipitava preoccupata a seguirmi; entrai in auto e lei si affrettò a sedersi al posto del passeggero.


“Perdonami ho fatto una sciocchezza!”


Non intendevo neppure ascoltarla; la riaccompagnai all’hotel dove eravamo alloggiati, la feci scendere e avviai di nuovo l’auto; mi tempestò di messaggi di scusa e mi telefonò più volte per pregarmi di passare su un episodio marginale, di non rompere un costume che ormai calzava a pennello a tutti e due e di far sbollire la rabbia senza prendere decisioni drastiche e definitive; mentre sorseggiavo una bibita fresca, riflettei che rischiavo di distruggere un lavoro certosino di anni per una sciocchezza.


La raggiunsi in hotel e mi sottrassi violentemente ai tentativi di rabbonirmi con un pompino,


“Clara, non cercare mai più di prendermi per culo con un poco di sesso elargito pietosamente dopo che ne hai distribuito quantità enormi a stronzi senza nerbo; gli accordi erano precisi e chiari; se non ce la fai, dillo adesso; se metti a rischio la mia dignità, oltre a riempirmi di corna, non posso garantirti che la mia reazione sarà nei limiti di legge; hai capito bene?”


“Marco, devi credermi, non ho inteso affatto offenderti; mi è scappato di dire che mi stavi aspettando e ha capito tutto; ti posso solo promettere che non si ripeterà; ci tengo a te e a salvaguardare questa situazione che sta benissimo a tutti e due; a consolazione, quel deficiente stasera va via e non lo incontreremo più; io e te, invece, possiamo ancora credere, come all’inizio, che è possibile una convivenza soddisfacente e leale; cerca di cancellare questa brutta giornata e ricominciamo … “


Ma il cosiddetto ‘incidente’ si ripeté ancora un paio di volte, fortunatamente ancora in vacanza e con soggetti lontanissimi dalla nostra vita quotidiana; ancora un paio di volte accettai di soprassedere sulla faccenda e tornammo alle nostre abitudini di vita; ma ormai ero sul chi vive e cercavo di cogliere dappertutto segnali che mi indicassero che la troia non aveva parlato e non mi aveva messo alla berlina per la mia limitazione.


Sgarrò ancora una volta, sempre in vacanza e con soggetti di passaggio; quando vidi il sorriso ironico con cui mi incontrarono, divenni una belva; trascinai Clara in macchina e la sbattei sul sedile posteriore; ero quasi deciso a punirla fisicamente, anche a costo di prendermi da lei la denuncia per violenza; a malapena riuscii a frenarmi; la spinsi sopra il sedile posteriore, corsi all’albergo, feci i bagagli e la riportai a casa; per due settimane mi feci negare e non la cercai.


Fu lei però a cercarmi con ansia e a chiedere perdono in tutti i modi; ero esasperato, ma mi risultava forse troppo comodo il tenore di vita che avevo stabilito; impegnato a lavorare come un mulo per avanzare nella carriera che avevo intrapreso di tecnico specializzato in fabbrica, passavo in fondo poche ore con lei; non chiedevo niente delle sue giornate e mi limitavo a dedurre dai rapporti sessuali tra noi quello che era avvenuto.


Ricevevo per lo più succosi pompini ed inviti a leccarla dappertutto; avevo posto la pregiudiziale che non avrei mai accettato di succhiare dal suo corpo lo sperma degli amanti e veniva da me solo dopo essersi lavata accuratamente; mi aveva detto che ora aveva un amante fisso che la faceva godere con una mazza notevole; ma che non esitava a fare pompini e lasciarsi scopare in figa e in culo ogni volta che le si presentava l’occasione.


A conti fatti, il vero cornuto era l’amante, che credeva che lei agisse alle mie spalle e non sapeva delle scopate extra; io invece, proprio perché sapevo e la lasciavo fare, ero solo lo scopamico forse solo un tantino cuckold perché ascoltavo il racconto delle sue scopate e forse mi eccitavo per quelle; le feci osservare che un vero cuckold, specie se slave, ama tanto la sua donna che gode dei suoi orgasmi con altri a cui assiste e partecipa; io non ero a quei livelli e non intendevo arrivarci; ero solo un cornuto indifferente.


Tra il serio e il faceto, mi chiese perché non prendevo in considerazione l’ipotesi di una convivenza o addirittura di un matrimonio; le obiettai che sarebbe anche stato possibile, ma solo se lei, con l’impegno alla convivenza o al matrimonio, avesse assunto anche quello di rendere più serrato il rapporto tra noi, tenendomi continuamente al corrente delle sue ‘bizze’, portandomi prove e video delle sue scopate e garantendomi che non avrebbe alzato l’asticella; promise e andammo a vivere insieme.


Una sera, come se nel pomeriggio ci fosse stato un vero matrimonio, invitammo a cena alcuni amici, in un noto ristorante, e recitammo la manfrina dei giovani sposi compresi i brindisi pungenti e provocatori; tutti evitarono accuratamente i riferimenti alle abitudini scoperecce di lei; alla fine, ci ritirammo in una camera dell’hotel dove si era svolta la cena e demmo vita a quella che sarebbe stata la nostra ‘luna di miele’.


Come mi aveva promesso, nella settimana precedente non aveva scopato con nessuno, meno che mai con me, ed arrivò alla camera nuziale con una voglia infinita; entrando in camera, l’avevo avvertita che il suo amante aveva ricevuto un suo invito ad occupare una camera poco più avanti e che l’aspettava lì, dopo che avessimo ‘consumato’; per la gioia, riuscì a ‘sentire’ il mio cazzetto, anche se le titillava a malapena il clitoride; ebbe anche un orgasmo devastante, forse per la particolare situazione.


Mentre io mi appisolavo dopo la sborrata in figa, lei uscì dalla camera e si trasferì in quella occupata dall’amante; d’accordo con il direttore, cliente della ditta per cui lavoravo, avevo installato un sistema di controllo e di registrazione a distanza; fui in grado di verificare come, quando e quanto lui la scopò per tutta la notte, spanandole abbondantemente la figa e il culo e consentendole di smettere di succhiare quando la bocca cominciò a dolerle.


Cominciò la nostra vita in comune; lavoravo molto e guadagnavo bene; lei, invece, fece alcune prove in diverse funzioni, poi optò per un ruolo di operaia che le garantiva un salario abbastanza basso; ma, con le mie entrate, riuscivamo facilmente a tenere un livello agiato di vita; con un mutuo di durata infinita, comprai l’appartamento in cui vivevamo e mi feci carico di tutti gli oneri, mentre il suo salario era destinato alla sua cura del corpo invidiabile.


Ridusse notevolmente le sue pretese sessuali; mantenne il rapporto col suo amante, sempre convinto di scoparla alle mie spalle ma abbastanza furbo da non fare commenti sulla situazione; diradò le sue ‘fughe’ nei cessi dei bar e delle discoteche; solo di tanto in tanto si concedeva ‘distrazioni’ con sconosciuti, spesso in auto; per mia serenità, avevo sistemato nella casa un sistema di controllo che faceva scattare la registrazione quando lo richiedevo con un comando dal cellulare.


In questo modo, fui in grado di sapere che, qualche volta, si era portata in casa degli sconosciuti e ci aveva scopato con grande lussuria; per non turbare gli equilibri, la avvertii che, nel nostro particolare rapporto, la lealtà e  la chiarezza erano presupposti imprescindibili; sembrò capire e prendere coscienza che era pericoloso anche per lei se avesse continuato a ingannarmi; per qualche tempo, sembrò frenare il suo istinto di ninfomane; poi fu ripresa dalla voglia matta.


A quel punto fu chiaro che la sua era diventata una voglia di supremazia; di fronte alla mia debolezza, aveva deciso, forse senza rendersene neppure conto, che voleva asservirmi alle sue voglie e ridurmi apertamente a suo cuckold e slave; la prova implicita la ebbi una sera che, di fronte alle mie contestazioni razionali e logiche, sbottò nell’epiteto ‘impotente’ che per la prima volta nella nostra storia usava.


Non le risposi, ma il dolore che provai fu indicibile; mi limitai a preparare il giaciglio sul divano in sala e per due settimane non le rivolsi la parola; intanto, accentuai i miei controlli e potei constatare che aveva improvvisamente interrotto ogni rapporto, escluso quello con l’amante fisso che si limitò a diradare un poco; era evidente che si era ampiamente pentita dell’errore commesso; ma sapevo che ormai non c’era più spazio per la bonomia e per il perdono; la rottura era alle porte.


Ricucimmo alla meno peggio anche quello strappo e riprendemmo le normali abitudini, comprese le succhiate, le leccate e le scopate che puntualmente mi offriva; cominciò anche a raccontarmi con puntigliosa ricchezza di particolari le sue performance sessuali, certa che mi avrebbe eccitato ascoltarla; in parte, ne ero anche motivato, ma lei esagerava nell’interpretazione delle mie emozioni e credette di vedere confermate le sue convinzioni sulla mia schiavitù a lei.


Alzò sempre più l’asticella, facendo trattenere gli amanti occasionali in camera nostra fino al momento in cui sapeva che sarei tornato; alcuni sconosciuti li incrociai uscendo dall’ascensore e seppi che erano gli stalloni che poco prima l’avevano montata in tutti i buchi, anche perché appena in casa volle succhiarmi il cazzo; ero nauseato dalla sua semplicioneria; mi riteneva tanto stupido da prendere per oro colato le panzane che cercava di rifilarmi.


Non avrei voluto distruggere una volta per tutte una relazione in fondo conveniente; misi in rete il video di una sua scopata nella nostra camera, oscurando i volti; quando fu presa d’assalto da chi l’aveva individuata, mi chiese cosa ne sapessi; le feci osservare che era semplice arrivare all’identità di chi aveva pubblicato il video; quando risultò che era partito dal suo tablet, bestemmiò in maniera oscena ma non poté fare altro; dovette farsi perdonare di avere scopato nel nostro talamo.


Il rapporto zoppicante si trascinò ancora per qualche settimana; quando mi resi conto che ormai l’obiettivo era quello di umiliarmi pubblicamente, scattò la mia reazione difensiva; osservai a lungo i movimenti e fui in grado di prevedere quando sarebbe venuta a scopare in casa nostra con un estraneo; lasciai l’ufficio con una scusa e mi sistemai nello sgabuzzino poco prima che entrassero gli amanti; quando fu chiaro che erano quasi nudi, uscii d’improvviso.


Mi presentai imperturbabile nel riquadro della porta mentre si stavano spogliando; quando mi vide, Clara si bloccò e urlò di paura di fronte alla pistola che le avevo spianato in faccia.


“Marco, che fai?”


“Blocco due estranei che si sono infiltrati in casa mia con l’intenzione di derubarmi, di aggredirmi e forse di farmi del male; adesso chiamo la polizia e avverto che avete violato la mia proprietà e avete messo a rischio la mia incolumità; oppure, seminudi come siete, uscite dalla porta e non vi fate vedere mai più … “


“Marco, che dici mai? Queste sono solo corna a un impotente cuckold … “


“Cara la mia inguaribile imbecille e ignorante, le corna si fanno a un parente, un padre, un fratello, un marito, uno zio; io non ho nessun rapporto di parentela né con te né col caprone che ti porti dietro; siete due maiali conosciuti in molti ambienti; vedremo la polizia a chi crederà, fra due porci sorpresi nudi in casa di estranei, e un onesto cittadino vittima forse di una lurida troia; ve ne andate, chiamo la polizia o devo sparare?”


“No, per pietà, non spari; ce ne andiamo, ce ne andiamo; io, almeno, me ne vado; troia, questo è il marito cuckold e slave davanti al quale potevamo scopare liberamente? Ringrazia Dio che voglio salvare la pelle, altrimenti te la farei pagare io … per favore, mi lasci vestire e sparisco.”


Si rivestì scompostamente e fuggì via saltellando per infilarsi le scarpe; andai nella sala e prelevai dalla borsa di Clara le chiavi della casa e quelle della macchina, presi le carte di credito che facevano aggio sul mio conto, le consegni la borsa e i vestiti e l’accompagnai alla porta mentre bestemmiava come uno scaricatore; le sbattei dietro le spalle l’uscio di casa e fu quella l’ultima volta che vidi la mia ex compagna.


Qualche mese dopo, poco più di un anno, ero in autostrada con la mia nuova compagna, Clelia, che mi aveva accettato coi miei limiti, alle stesse condizioni che avevo stabilito con Clara; a differenza di lei, però, non solo rispettava la clausola della lealtà ma aveva autonomamente deciso che avrebbe trasgredito solo se e quando fosse stato possibile farlo insieme senza che vi fossero commenti strani dal partner del momento.


Avevamo già fatto molte esperienze, in quella logica, e frequentato alcuni privè dove la libertà autentica consentiva anche ad un ipodotato di fare sesso, con la sua donna almeno, nella maniera migliore possibile; il meccanismo preferito dalla mia compagna era succhiarmi l’uccello mentre un amante occasionale la prendeva, da dietro o da davanti, e le riempiva il culo o la figa con una mazza quasi sempre di notevole dimensione; ad un incontro del genere eravamo diretti.


Entrai in un’area di servizio per soddisfare normali esigenze fisiologiche; sbagliai un accesso ed entrai nell’area di parcheggio degli autotreni; ad un bivio, ferma su un marciapiedi, vidi stagliarsi netta la figura della mia ex in abbigliamento da puttana da strada; accostai decisamente e suggerii alla mia compagna di chiedere le tariffe.


“Bella, quanto prendi?”


“Quindici in bocca, venti in figa e trenta nel culo; se volete giocare a tre, ci si mette d’accordo … “


“Ti sei svenduta completamente o hai deciso finalmente di farti pagare per prostituirti?”


“Marco!?!?! Che diavolo ci fai qui?”


“Tu mi pare che ci fai quello che hai fatto sempre, anche se con formule diverse!”


“Amore, tu conosci questa prostituta?”


“Lo sai che una troia mi ha umiliato volgarmente, no? Bene, ti presento Clara, la mia carnefice … “


“Senti, stronzo, non dimenticare che sono stata quella che ha ridato fiducia in te stesso, prima di offenderti per stupidità; hai mai provato a pesare le colpe vere e qualche debito che avresti?”


“Ricordo; mi avevi parlato; puoi aspettarmi al bar e prendere un caffè? Ho bisogno di parlare con la tua ex … o devo dire con l’unica donna che ti ha dato fiducia prima di me?”


“OK; ti prego solo di non affrontarlo come un caso di quelli che segui in ufficio, da assistente sociale; Clelia il male ce l’ha nel DNA, credimi … “


Scese e si avvicinò; parcheggiai appena possibile e andai al bar; avevo già bevuto il mio caffè e stavo affrontando quello che Clelia aveva lasciato diventare freddo; lo accompagnavo con un brioche, visto che potevo solo aspettare; le vidi comparire dalla porta centrale e Clara era profondamente cambiata; vestita comunque in stile zingaresco con gonna ampia fino a terra, scarpe aperte e blusa abbondante, aveva un trucco leggero e insomma appariva solo una gran bella ragazza.


“Marco, la tua amica mi ha spiegato il casino che avete combinato con la vostra arroganza e il desiderio di picchiarvi duro; sai bene che ha avuto la peggio ma non sai che si è dovuta piegare a un protettore per sopravvivere; vuole uscirne ma non può liberarsi da una società che la condanna e non ha mezzi per sopravvivere; ho deciso che saremo noi ad aiutarla perché comunque è stata, a suo modo, innamorata di te e tu le devi molto, prima dello scontro.


Un mio amico, piccolo imprenditore ad un centinaio di chilometri da qui, ha bisogno di un’applicata di segreteria e la assumerebbe a paga sindacale; noi la aiutiamo a trovare un alloggio da cristiani e lei diventerà un’altra persona; ho già parlato con Riccardo che l’aspetta domani; se sei contrario, come si dice in certe occasioni o parli adesso o taci per sempre; non è lavoro da assistente sociale, ma da amica che aiuta una donna in difficoltà; lo faremo per un amore comune ma anche per nostro figlio.”


“Aspettate un figlio? Come avete fatto?”


“Clara, forse dovresti riflettere prima di agire; hai mai sentito parlare di inseminazione artificiale? Ho raccolto lo sperma di Marco e ho fatto fecondare un ovulo che mi è stato impiantato nell’utero e ha attecchito; sarò madre di un figlio dell’uomo che amo; ci abbiamo pensato a lungo, ci è costato molto, ma ci fa felici … “


“Siete straordinari; pensate allo sesso modo e parlate la stessa lingua; io non potevo arrivarci; dove siete diretti?”


“Andiamo a spassarcela un poco al privè ’Arcobaleno’ … “


“Scusa, davvero Marco pensa di andare a un privè e spassarsela?”


“Siamo quasi degli habitué in quel genere i locali … “


“Non prendermi per stupida; come fa il tuo compagno con quella dotazione?”


“Di quella mi occupo io che ne sono innamorata; agli altri lascio facoltà di scoparmi, ma mi mantengo sempre stretta al mio uomo; succhiargli l’uccellino mentre mi scopano o anche solo tenerci stretti per le mani intrecciate ci da tanto amore che i cazzi altrui diventano giocattoli di carne utili solo a farmi sfogare il mio bisogno di sborrare; l’amore è tutto e solo nostro.”


“Cristo, Marco, non potevi suggerire anche a me che potevo amarti mentre mi lasciavo scopare?”


“Clara, bada che è stata Clelia a pensarci; io ho solo scelto di amare profondamente una donna che mi è molto vicina e mi propone un vita a due straordinaria; per caso, vorresti aggregarti?”


“No, dolcissimo amico; quell’ambiente è frequentato da troppi che mi conoscono in veste di puttana da marciapiedi; preferisco andare a casa a preparare le mie cose; credimi, se ti dico che domattina salirà sull’autobus una donna nuova; Clelia, mi dai il tuo numero? Se avessi bisogno di consigli, di aiuto, di un’amica, vorrei poterti contattare … “


“Clara, sono tuo amico, qualunque cosa sia successa tra noi; non avere esitazioni a chiedere; fammi sapere se ti sarai sistemata e come ti troverai; io aspetto la nascita di mio figlio per essere completo; ho già al mio fianco la donna migliore che possa desiderare. Ciao, buon viaggio e auguri.”


“Ciao, ragazzi, sono convinta di avere incontrato il mio futuro e non intendo guardare più indietro; buon divertimento per stasera, auguri per tutto; fatemi sapere quando nascerà vostro figlio … “


“Ora che ti ho incontrato, non ti perderò di vista; in fondo, hai svezzato tu il mio uomo e sono felice di dirtelo con gioia.”

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