Lucio, 28 anni operaio specializzato, e Claudia, 25 anni segretaria in un ufficio commerciale, da cinque anni convivevano in serenità ed armonia, nella quasi agiatezza che i due stipendi consentivano; l’idea di un figlio era stata concordemente rinviata ad un’età di maggiore riflessione; la prevenzione che la pillola assicurava consentiva loro una vita sessuale abbastanza soddisfacente, con la frequenza che la giovane età, la voglia e diverse esperienze precedenti suggerivano.


Qualche ‘fremito’ diverso sollecitò Claudia ad affrontare l’ipotesi di dare ‘sale’ al loro rapporto introducendo qualche elemento di trasgressione che, senza incidere sul loro rapporto decisamente soddisfacente, permettesse di spaziare in campi più vasti della sessualità; decise di affrontare il problema direttamente, una sera che avevano copulato in maniera particolarmente soddisfacente; accennò subito al compagno l’ipotesi di una rapporto a tre.


Lucio non fu ostile pregiudizialmente, ma obiettò che non riusciva a capire in quale direzione si potevano muovere con minore danno per gli equilibri specialmente sentimentali; l’ipotesi di una fiammata che rovinasse i rapporti, di grande amicizia e di fiducia prima di ogni altra cosa, lo rendeva esitante di fronte alla proposta; non se la sentiva di assicurare che vederla copulare con un altro maschio l’avrebbe lasciato indifferente e temeva che un innamoramento di lei potesse rovinare la delicata costruzione del rapporto.


Claudia, però, aveva già frainteso qualche frase sfuggita a lui mentre facevano l’amore e fantasticavano, solo a parole, su scene di sesso libero e violento con lei posseduta da un terzo sconosciuto; la convinzione che lui fosse un cuckold che non riusciva a confessare la sua debolezza l’aveva già conquistata e ritenne giusto insistere finché il compagno, preso quasi per sfinimento, non arrivò a dare un assenso di massima che lei interpretò come un sì convinto.


Decisa a portare fino in fondo il suo progetto di copula multipla, si attivò immediatamente per dare spago ad un giovane collega che, sul posto di lavoro, aveva avanzato più volte la proposta di una copula che non incidesse sulla tenuta del rapporto della coppia ma corrispondesse ad una voglia segreta di animare un poco la relazione quasi stantia che tra i due si era andata sedimentando in sette anni di quasi matrimonio.


Purtroppo, come spesso le accadeva, lei sapeva ideare progetti fantasiosi ma, al momento della realtà, si arenava di fronte alle difficoltà anche più piccole; il compagno fu costretto a farle notare che in certe situazioni non si può essere delicati né azzardare molto; eventuali errori nell’attuazione del progetto avrebbero potuto determinare aspri commenti, reprimende e insomma una grande difficoltà nei rapporti sociali, se si realizzava il progetto nella loro casa.


Suggerì quindi un’esperienza di carsex, sesso in automobile, senza badare a comodità o a garanzie formali; sarebbe stata una copula probabilmente bruta e forte, per il gusto solo della fisicità e degli orgasmi; l’obiezione fu che di quello si doveva trattare, non di un incontro ad alto tasso di sentimento; decisero allora di incontrarlo in un posto destinato al sesso in macchina, di usare il tempo necessario per una grande copula in un’area di parcheggio a pochi chilometri dalla città.


Suggerì a lei di adottare un abbigliamento idoneo, senza intimo e con un abitino agile e da non risparmiare, nel caso la copula si rivelasse più aggressiva del previsto; l’appuntamento era per le dieci di sera, nella parte meno frequentata e più buia dell’area; arrivarono con una decina di minuti di anticipo e fino all’ultimo chiese a Claudia se era sicura di volerlo fare; ormai però aveva preso gusto all’idea di farsi possedere nei modi più strani, e non intendeva recedere.


Quando il ragazzo arrivò con la sua auto, li notò e lampeggiò come concordato; risposero allo stesso modo e andò a parcheggiare a fianco a loro; scesero dalla macchina e si fermarono accanto alle portiere anteriori, da ciascun lato; l’altro notò subito la figura splendida di Claudia e si avvicinò con un largo sorriso, che rivelava il gradimento; evidentemente, fino all’ultimo aveva temuto il classico bidone e la realtà lo aveva sorpreso molto piacevolmente.


Senza quasi degnare Lucio di un’occhiata, si diresse deciso a lei e l’avvolse in un abbraccio di grande passione; il sesso gli si era gonfiato nei pantaloni e lo spingeva diretto contro la vulva di lei che, anche se il compagno non poteva verificarlo, stava già sbrodolando, come segnalava nettamente l’espressione beata del viso; lui capì e temette che lei stava per partire per la tangente e che avrebbe gestito il suo piacere come voleva.


L’altro le passò le mani con frenesia su tutto il corpo; quando si rese conto che non portava intimo e che l’abito poteva essere sfilato senza problemi, infilò le mani sotto la veste e la accarezzò tutta mentre continuava a baciarla appassionatamente; Lucio intuì che non solo le aveva palpato i seni e titillato i capezzoli, ma che l’aveva anche masturbata sapientemente e le aveva provocato almeno due orgasmi, quanti erano stati gli urli lanciati.


Non davano nessun segno di richiedere la sua partecipazione, d’altronde quasi impossibile, nella posizione in cui si erano fermati, proprio davanti al muso del Suv; lui le alzò il vestito, la sollevò per le anche e la fece sedere sul cofano dell’auto; la spinse indietro e le sollevò le gambe; sfilò la mazza dal pantalone e la infilò in un solo violento colpo; lei urlò, ma di piacere più che di dolore; l’altro la pompò a lungo picchiando forte contro l’inguine, finché eiacularono ambedue, con un grugnito, lui, e con un urlo, lei.


Quando lui uscì dalla vagina, lei rimise i piedi a terra, prese dei fazzoletti e raccolse lo sperma che le scorreva tra le cosce; si spostarono nell’auto e andarono a sistemarsi sul sedile posteriore; non c’era posto per il compagno e gli toccò sedersi al volante e stare a guardare i due che si sistemavano a sessantanove e si leccavano con golosità i sessi; lei quasi soffocava per fare entrare in bocca il fallo di lui lungo e robusto; lui svariava tra vulva e ano con lingua e dita.


Andarono avanti per un bel po’, tra urla, gemiti e frasi smozzicate; a Lucio toccò il compito di stare a guardare; fece buon viso a cattivo gioco e stette zitto; quando si furono saziati abbondantemente, finalmente si sedettero come per rilassarsi; erano mezzi nudi e lui si sedette al centro del sedile portandosi lei sulle ginocchia; vide che Claudia prendeva la borsa per prelevare il gel; poi se lo spalmò sopra e dentro il retto, ne passò a lui che unse l’asta e dopo poco vide lei che si sollevava al massimo, manovrava con la mano fra le cosce e si calava lentamente urlando di piacere mentre la mazza le sprofondava nell’intestino.


Dal sedile, girandosi, Lucio aveva in faccia il viso di lei stravolto dal piacere; gli venne spontanea un’aria interrogativa; con atteggiamento irridente gli comunicò che l’aveva tutto in corpo; il ragazzo chiese se il cornuto avesse qualcosa in contrario; contrasse le mascelle, guardò brutto Claudia e stette ancora zitto; la possedette a lungo, portandola su e giù per i fianchi, finché eiacularono insieme, lui con un grugnito e lei con un urlo; si pulirono coi fazzolettini e lui si riassestò.


Quando, come dio volle, la serata si concluse, Lucio dovette imporsi tutto l’autocontrollo di cui era capace per non sbattere via dall’auto la compagna e abbandonarla nella radura perché si prostituisse, visto che da prostituta si era comportata con il suo complice sconosciuto a lui; Claudia cercò di arrabattare una qualche frase d’occasione per tamponare una falla che aveva aperto nel rapporto; come succede spesso, il rimedio fu peggiore del male e i suoi tentativi fallirono miseramente.


Tornarono a casa in un silenzio glaciale; cercando di nascondere il grave disagio, lui si rintanò a letto, al suo posto e non diede spago alle avance di lei che sperava in un chiarimento che sciogliesse le eventuali riserve rimaste; nei giorni seguenti si arrovellò sulle ipotesi di rimedio della gaffe commessa e trovò alla fine che l’unica ipotesi fosse quella di riproporre il rapporto a tre, ma stavolta aggiungendo una donna, per dare a lui la sensazione di essere dominante nel rapporto.


Con una lunga, minuziosa e cauta indagine presso le amiche e le compagne di lavoro, riuscì ad individuare una ragazza molto giovane, ma decisamente disinvolta e peperina, con la quale stabilì un dialogo a vasto raggio, da cui non erano escluse riflessioni sul sesso e sulle sue infinite possibilità, non escluse le manifestazioni saffiche; Claudia si convinse che era la donna giusta per la sua proposta e la invitò a cena il sabato successivo.


La conclusione fu che Claudia sorprese enormemente il compagno; il sabato concordato, senza averne dato alcuna avvisaglia, si fece trovare a casa, quando lui rientrò per cena, con una bella ragazza piuttosto giovane, un fisico asciutto e ben carrozzato, atteggiamento e abbigliamento disinvolto e disinibito, già mezza discinta, come la compagna in vestaglia e senza intimo; le baciò appassionatamente sulla bocca, si liberò del grosso degli abiti, andò in bagno e si ficcò sotto la doccia.


All’uscita, con solo l’accappatoio sulla pelle nuda, le trovò in camera già impegnate in un vigoroso 69; Carmen si dedicava alla vulva della ragazza con la stessa enfasi con cui si dedicava a succhiare il fallo; stesa sotto di lei, le teneva le natiche aperte per mettere in luce l’ano decisamente provato e la vulva ancora fresca e giovanile ma non esente da prove e manipolazioni.


Lasciò cadere l’accappatoio e si accostò nudo al letto; incontrò immediatamente lo sguardo interrogativo di Claudia che, da sotto il sedere bellissimo della rossa, sembrava chiedere se fosse d’accordo con la sua iniziativa; infilò il fallo, in un solo colpo, nella vulva della ragazza sfiorando appena la lingua della compagna impegnata a leccarla; lei tentò di impossessarsi della mazza ma non le diede tempo per farlo; sfilato dalla vulva, il fallo inumidito affondò di colpo e con violenza nel sedere della rossa.


La possedette con furia selvaggia; ebbe delle iniziali reazioni di rigetto; poi si adattò progressivamente alla mazza e ad un certo punto godette, perché Claudia fu inondata dal suo squirt, provocato dalla leccata di lei o forse dall’anale; Lucio decise di non eiaculare e, dopo il suo squirt, sfilò il fallo dal sedere e si sdraiò a fianco a loro; la compagna si precipitò a prendere in bocca il sesso ancora duro; la ragazza si rilassò un poco poi si andò a sedere sul viso di lui e si fece succhiare a lungo.


Lucio si sollazzò con lei per un po’ di tempo; quando Claudia le montò sopra, a 69, offrendo il sedere con evidente richiesta di essere penetrata, ricordando quanto era avvenuto al car sex, la ignorò decisamente, passò dietro all’ospite e infilò il fallo in vulva, ancora una volta facendolo scivolare sulla lingua di lei che succhiava il clitoride; la cavalcò con forza sovrumana, con l’intento di farle sentire la mazza fino in fondo; i testicoli battevano metodicamente sul suo viso e la compagna li inseguiva almeno per succhiare.


La ragazza, bisex dichiarata, doveva avere anche un pizzico di masochismo in se, perché godeva specialmente quando la schiaffeggiava con forza, lasciandole i segni, sul sedere o sulle cosce e, più picchiava duramente in vulva, più gemeva di piacere; alla fine, esplose in un secondo squirt che stavolta allagò seriamente la bocca della compagna che non lo ingoiò ma lo sputò sul lenzuolo; si sdraiarono ancora allineati con al centro l’ospite; la prese per i capelli e le portò la bocca sul fallo.


Le imposi con violenza di farlo godere; la compagna, che si riteneva depositaria di quel diritto, diventò verde di bile, ma dovette fare buon viso a cattivo gioco; tentò in tutti i modi di condividere la fellazione; la prese per i capelli e la costrinsi a succhiare la vulva della ragazza, mentre questa lo deliziava con bocca esperta; impiegò molto poco ad eiaculare, visto che l’aveva già posseduta in vulva e nel sedere; le inondò la bocca; al temine, rimise l’accappatoio, si allontanò e si rivestì.


Lo raggiunsero dopo poco in cucina mentre versava nella cuccuma il caffè appena fatto; la compagna gli chiese se si era incavolato per la sua scelta autonoma; le rispose che aveva fatto onore all’ospite; la ragazza gli sorrise e assentì; nessuno fece riferimento al fatto che, delle due, una era stata quasi totalmente trascurata; quando la ragazza andò via, lei gli chiese se avesse punito una sua scelta arbitraria; si limitò a dire che, libera lei di portarsi a letto la ragazza, libero lui di copulare con chi gli andava.


L’atteggiamento risentito di lui stizzò non poco Claudia, che si chiuse a riccio nella sua tigna e decise di colpo di ribellarsi alla permalosità del compagno e di mettere in atto la sua libertà totale; il primo a cui si diresse immediatamente fu il collega col quale aveva fatto car sex, quella copula dalla quale, in realtà, era cominciata l’umiliazione a Lucio; dimenticando la mancanza di rispetto degli impegni che aveva manifestato in quell’occasione e appellandosi alla sua libertà, organizzò il più classico degli adulteri.


Scelse un albergo ad ore, defilato in periferia, e vi si recò con l’amante; nelle due ore prenotate copularono come scimmie e tornarono, con la massima improntitudine, sereni ed angelici alle proprie realtà; inevitabilmente, il posto diventò la sede abituale dei loro congressi carnali che fissarono settimanalmente; per qualche mese, i loro appuntamenti furono una sorta di riferimento per mantenere vivo il loro interesse vitale.


Ben presto, presa dalla frenesia del sesso selvaggio, Claudia si abbandonò a perversioni più vaste e composite; scelse altri giovani intriganti e copulò con loro in momenti diversi dall’appuntamento fisso col collega e presto la voce della sua disponibilità fece il giro degli ambienti di piacere e di sesso libero; alzando ogni volta l’asticella del piacere, frequentò locali per sesso violento e libero, passò attraverso tutte le strutture utili, dai privè ai club per soci particolari, dalle spa ai motel per camionisti.


Comparve all’improvviso, nel panorama dei clienti di un bar che frequentava, un soggetto nuovo, particolarmente interessante, che brillava per la ricchezza ostentata con garbo, per l’auto sportiva e per gli accessori di lusso, dagli abiti alle scarpe, dall’orologio alle catenine; lo sentì chiamare Loris ma non cercò di approfondire oltre; si augurò solo che la mazza fosse all’altezza del resto.


Gli venne presentato, forse perché lui aveva sollecitato l’incontro e, in breve, fu in auto con lui diretti poco fuori città, ad una villa nel verde del tutto congrua col personaggio; neanche ricordava le chiacchiere di approccio, interessata com’era a studiarsi il maschio dal quale si aspettava un pomeriggio di sesso coi fuochi d’artificio; l’esordio fu felice, un bacio sensuale lungo e appassionato che la eccitò molto, aiutata anche dalla mazza, molto promettente, che picchiava sulla vulva.


Quando entrarono nella enorme camera da letto, rimase per un attimo sorpresa e perplessa; in fila ai lati del letto, quattro ragazzi della stessa sua età attendevano, nudi con mazze da venti e più centimetri ritte dal ventre, come se fossero stati convocati appositamente; guardò interrogativamente Loris; lui con aria sorniona le disse che aveva pensato a una sorpresa, conoscendo le sue abitudini e i gusti; se non era d’accordo, continuavano da soli.


La vagina di Claudia ormai era in ebollizione e per niente al mondo avrebbe rinunciato a quel banchetto con cinque portate che le veniva graziosamente offerto; affrontò i cinque stalloni in ordine, deliziandoli con una masturbazione da manuale; poi li affrontò ancora prendendone due per volta, uno per mano; passò a succhiarli e si sbizzarrì, prima con i cinque in fila, uno per volta, poi in giochi più complessi con due falli in bocca e due in mano; Loris intanto la faceva impazzire col cunnilinguo.


Mentre copulavano, qualcuno accese un cannone di erba buona e lo fece passare in giro; qualcun altro sciolse delle pasticche in una bottiglia di whisky e offrì dei bicchierini in giro; la tensione salì di colpo e lei si sentì parecchio euforica; liberata dalle inibizioni, si scatenò nel sesso più ardito e libero che poteva; in breve, si trovò a perdersi quasi tra bastoni da succhiare, da masturbare, da prendere in vagina o nell’ano.


Poi cominciarono a penetrarla, ordinatamente uno per volta, mentre gli altri si rifacevano con le mani, con la bocca, con i seni; qualcuno azzardò un dito nel retto; di fronte alla reazione positiva, cominciarono con la penetrazione anale in serie; il retto fu pieno di sesso per un paio d’ore e tutti vi versarono l’eiaculazione più densa e saporita; mentre lei godeva senza remore né riserve, Loris propose agli altri una nuova soluzione; fece stendere il primo supino sul letto e invitò lei a cavalcarlo alla cavallerizza.


Mentre erano profondamente avvinti, spinse lei per le spalle e la montò nel didietro; fece segno agli altri di occupare la bocca o una mano; la possedettero in cinque contemporaneamente; ordinatamente, si diedero il turno, riempiendo ciascuno una volta un buco o facendosi masturbare; quando erano ormai al limite della resistenza, invitò tutti a godere sul corpo illividito di lei che in un attimo si trovò completamente ricoperta di sperma mentre gemeva, godeva e invitava tutti a montarla senza problemi.


Per quattro ore, dal primo pomeriggio alla cena, la possedettero come non ci dovesse essere un domani; si sentiva in paradiso; i ragazzi si ritirarono per svuotamento delle energie; lei perché le dolevano tutte le membra, per lo sforzo di reggere l’urto di mazze così forti per un intero pomeriggio; passò sotto la doccia minuti di corroborante dolcezza, si rivestì e attese che Loris si rimettesse anche lui in ordine, dopo tutti gli altri, per accompagnarla in auto fino al bar dove l’aveva presa a bordo; non ebbero bisogno di dirsi altro.


Rientrò nell’abitazione con qualche perplessità; per fortuna, aveva già fatto la doccia e se la risparmiò nel bagno della casa stranamente deserta; forse il compagno era impegnato in un cena con clienti; andò in cucina per prepararsi da cenare; attese inutilmente di incontrare Lucio, nei giorni e nelle settimane seguenti; l’unico cenno di vita, che chiarì tutto, lo ricevette in un messaggio sul telefonino; veniva dal compagno e conteneva alcune foto che documentavano incontri con gli amanti, e un video della copula ardita con cinque soggetti insieme.


Capì che lui aveva saputo, si era attivato per spiarla o farla spiare ed aveva ottenuto quei documenti che attestavano la fine del loro rapporto; desiderò più volte di incontrarlo, quanto meno per dirsi addio; poi si arrese; prese anche coscienza degli errori commessi, che avevano determinato la frana, e si incancrenì nella condizione di ‘amante di tutti’ senza nessun desiderio di creare rapporti duraturi; in pubblico si dichiarò sempre single per vocazione; in privato, pianse sulla sua stupidità.

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