Un piccolo lavoretto (II parte): il subappalto
Già l’indomani, ancora dolorante e dopo aver trascorso una notte insonne, Fabio si presentò in ufficio in perfetto orario.
Anche nei giorni successivi il padre lo vide arrivare puntuale e impegnarsi con diligenza nel lavoro e non riuscì proprio a capacitarsi di questa bella novità.
Quotidianamente ne parlò con sua moglie che finse di esserne sorpresa quanto lui. Perché deludere suo marito rivelandogli che quel felice e improvviso cambiamento non era stato spontaneo? La donna riteneva più saggio tenerlo all’oscuro dell’accordo che lei e quell’incredibile ragazzina avevano stipulato. Non lo avrebbe sconvolto sapere che quella giunonica , lautamente pagata da lei, avrebbe pestato come un tappetino il loro debole figlio trentenne se avesse trascorso ancora le sue giornate in casa in pigiama ad abbruttirsi?
Quell’evoluzione era stata forzata, Fabio non aveva avuto scelta: come gli aveva annunciato la sua bambinona super maggiorata quel giorno, lei e sua madre avevano deciso per lui.
Certo il suo orgoglio era devastato. Esistevano uomini che vivevano qualcosa di altrettanto umiliante? Lui, un uomo adulto, era stato raddrizzato, e senza alcuna fatica, da una studentessa di seconda media pagata da sua madre.
Avrebbe voluto avere la forza di opporsi, ma sapeva bene che a Sara sarebbe bastato dargli un solo calcio per mandarlo all’ospedale con qualche costola frantumata. Quella giovanissima adolescente era il triplo di lui, sapeva picchiare e, soprattutto, si era mostrata incredibilmente cinica. Provenendo da una famiglia umile, non avrebbe rinunciato a quei soldi e, come aveva dimostrato in quei pochi, terribili secondi di pestaggio cui aveva assistito sua madre, avrebbe fatto scempio di lui senza avere alcuna pietà.
Tra l’inferno e il paradiso Fabio aveva perciò scelto quest’ultimo, anche se si trattava di un paradiso mortificante.
Godeva sino allo spasimo nei tre giorni settimanali in cui lei, come pattuito con sua madre, veniva a gratificarlo per essere diventato un bravo ometto. La riceveva già col pisellino eretto, ma provava una tristezza indicibile pensando che quella incredibile bambinona, che pure provava dell’affetto per lui, lo avrebbe spompinato e lo avrebbe fatto tremare di piacere sul suo culo bombastico senza provare alcun piacere, ma solo per le 4000 euro mensili con cui poteva comprarsi vestiti firmati e l’ultimo modello dell’i-phone.
Un giorno Fabio la aspettava e come tutte le volte era già eccitato e contava i minuti che lo separavano dal suo arrivo quando ricevette una telefonata. Era lei.
“Fabietto, oggi non potrò venire perché sono a Milano con un tipo, ma ho pensato alle tue palline piene ed ho deciso di farti una sorpresa. Sta venendo eccezionalmente a prendersi cura di te Valeria, la mia compagna di classe. La conosci bene, è una gran gnocca! Ha accettato per 500 euro. L’ho sentita ora ed è quasi arrivata a casa tua. Fatti trovare soltanto con le mutandine”.
“Ma come? Ma…”, rispose Fabio sbigottito.
“Devo chiudere adesso, ti chiamo più tardi”.
Fabio era sconvolto! Valeria stava venendo da lui. Benché fosse una ragazzina, era assieme a Sara la più figa della classe. Era di origine moldava, bionda e con gli occhi azzurri, aveva un viso bellissimo ed era altissima anche lei e con due enormi tettone.
L’idea di poter godere di lei lo eccitava molto, ma aveva anche qualche preoccupazione. Gli era sempre apparsa un’adolescente molto sprezzante e capricciosa, persino un po’ cattivella. Immaginava che non sarebbe stata dolce come Sara che, pazientemente, aveva sempre cura di non farlo esplodere troppo presto, ma sperava si preoccupasse almeno di trattarlo bene.
L’idea che lo intimorisse il trattamento che avrebbe potuto ricevere, lui, un uomo di trent’anni, da un’adolescente lo faceva soffrire. Normalmente un suo coetaneo dovrebbe facilmente avere ragione di una ! Lui, però, era un debole mingherlino alto 1,60, mentre Valeria era una giovanissima ragazzona imponente, alta almeno 20 centimetri più di lui, che avrebbe potuto sottomettere anche gli uomini più robusti.
Suonò il citofono.
“Fabietto, sono Valeria, sei già in mutandine?”.
“Si, si, sali”, rispose Fabio balbettando e temendo che qualcuno che abitava nel palazzo potesse aver sentito.
Si sentiva tremendamente ridicolo ricevendola in mutandine come riceveva Sara con cui era da tempo in intimità. Lei avrebbe riso vedendo il suo ridicolo corpicino?
Aprì subito la porta e si affacciò con la testa per attenderla e, appena la vide uscire dall’ascensore, gli tremarono le gambe per l’emozione e gli venne subito duro. Era una strafiga stellare!
“Ciao Fabietto”, disse lei ancora sul pianerottolo.
“Ciao Valeria”, rispose lui con la voce tremante.
“Vedo che hai già il pisellino duro ed io mi preoccupavo di dover rompere il ghiaccio”,
Disse la sfiorandogli scherzosamente il pisellino, richiudendo la porta e sbottonandosi il cappotto. Poi, prendendolo per mano, lo condusse sul divano, si sedette e fece sedere lui sulle sue cosce tenendogli la testa premuta sulle sue tettone.
Dalla borsa prese un pacchetto di preservativi, ne infilò uno sul pistolino di Fabio e iniziò a masturbarlo prima lentissimamente, poi sempre più velocemente. Lui già ansimava e, quando la pregò di rallentare il ritmo, lei, invece, sorridendo lo accelerò facendolo venire in pochissimi secondi.
“Bravo Fabietto! Vatti a lavare il pisellino e torna subito qui”, gli ordinò la ragazzina dopo avergli sfilato il preservativo, annodato e poggiato su un ripiano vicino.
Profondamente imbarazzato di essere venuto così in fretta, Fabio andò in bagno a lavarsi e, quando tornò, la trovò con ancora il cappotto addosso sbottonato che faceva un tiktok scuotendo le sue tettone.
Lasciato il telefono, Valeria lo sollevò come un pupazzetto, lo fece nuovamente sedere sulle sue cosce e con due bacini sul collo lo fece nuovamente eccitare. Gli rinfilò un altro preservativo e prese a masturbarlo come prima.
“Aspetta, fermati, non mi far venire subito in quel modo. Andiamo sul lettone”, la pregò nuovamente Fabio.
“Shhh, Fabietto, sssh”, gli sussurrò la divertita senza fermarsi e soffiandogli sul collo. Fabio non resistette e, quando esplose, lei non riuscì a trattenere un risolino.
Valeria gli sfilò l’altro preservativo e, dopo averlo annodato, lo mise affianco a quello precedente.
“Dai, vatti a lavare il pisellino che ti faccio venire un’altra volta. Sara mi ha detto che devo farti venire tre volte”.
Fabio a questo punto era furente. Si sentiva umiliato. Questa ragazzina era venuta con l’idea di intascare 500 euro dalla sua amica svuotandogli le palline nel minor tempo possibile e in quella maniera per lui così degradante. Quando tornò dal bagno, iniziò a protestare.
“Valeria, non farmi venire di nuovo con le mani”, le disse mentre lei lo sollevava di nuovo come un pupazzetto e lo appoggiava di nuovo sulle cosce, “fammelo mettere dentro almeno questa volta!”
“No Fabietto, devo scappare, la prossima volta, dai”
Fabio le infilò le mani sotto il maglione toccandole le tettone e cercando di spogliarla. “Fammi, però, delle cose più belle! Spogliati, fatti vedere!”, la pregò Fabio.
“No Fabietto, o così o niente!”, rispose lei spazientita allontanandolo bruscamente.
Fabio cercò ancora di levarle il cappotto e lei a quel punto gli assestò due ceffoni pesantissimi che lo fecero cadere per terra.
Il trentenne con le guance roventi iniziò a piangere più per l’umiliazione e per la sua debolezza che per il dolore.
“Va bene, ho capito, però non mi fare male, ok, farò quello che vuoi tu”.
“Ma dai, non ti vergogni? Non ti ho fatto niente, dai su, vieni qui”, le disse la sollevandolo e rimettendoselo sulle cosce.
Valeria gli dette due bacini sul collo, gli stuzzicò il pisellino facendoglielo venire duro e lo rincappucciò.
Aveva appena ripreso a masturbarlo mentre Fabio ancora piangeva sommessamente quando suonò il telefono della ragazza.
“E’ Sara!”, disse Valeria guardando lo schermo e riappoggiando il telefono sul mobile”, la richiamo dopo appena finisco con te”.
Fabio non sa dove trovò il coraggio di compiere un’azione così temeraria, ma ad un tratto si alzò di scatto, afferrò il telefono e allontanatosi di qualche metro rispose.
“Sara, Sara”, urlò piangendo
“Dammi subito il telefono”, intimò a bassa voce Valeria a Fabio che glielo riconsegnò terrorizzato.
“Valeria, ma Fabio sta piangendo? Che è successo?”, chiese Sara preoccupata.
“Ma no, no, non sta piangendo davvero”
“Mettimi in vivavoce: voglio parlare con lui!”
“Bah, senti, sta giusto un po’ piagnucolando”, rispose Valeria
“Metti subito il vivavoce, stronza!”
Il trentenne col pistolino ancora eretto piangeva ormai a dirotto senza alcun contegno.
“Mi ha picchiato, mi ha picchiato fortissimo, con una violenza incredibile!”, diceva singhiozzando.
“Hai picchiato Fabio?!!! Ma sei impazzita? Ma lo sai, stronza, che sua madre mi paga? Perché lo hai picchiato?”, chiese Sara furibonda.
“Ma no, due piccole sberle leggerissime”, minimizzò Valeria.
“Appena è entrata ha iniziato a masturbarmi facendomi venire il più presto possibile due volte di seguito”, protestò Fabio, “e senza neanche sfilarsi il cappotto! Quando le ho infilato le mani sotto la maglia perché volevo provare almeno a spogliarla mi ha dato due ceffoni terribili”
“Sei una stronza, Valeria! Sei appena arrivata da Fabietto e già volevi andartene. Adesso ti fai fare tutto quello che vuole lui, altrimenti non ti do neanche un euro. Ti spogli e te lo fai infilare dentro e fallo godere a lungo, non fare la furbacchiona. Se mi racconta che lo hai fatto venire troppo presto muovendoti velocemente, mi incazzo da morire! Che ti costa? Devi stare ferma sul letto e non lo sentirai neanche. Hai visto anche tu che micropisellino ha.”
“Va bene, va bene, ho capito, che rottura!”, rispose Valeria, “adesso avviso gli altri che faccio più tardi”.
“Fabio”, disse poi Sara, “dopo ti chiamo e mi dirai tu se Valeria si è meritata le sue 500 euro. Per farmi perdonare anch’io da te perché ti ho dato buca, la prossima volta veniamo tutte e due, io e la stronza, a farti la festa al pisellino. Ci pensi? Ti mettiamo in mezzo come un sandwich”.
Quando chiusero la telefonata, la si spogliò mozzando il fiato del povero ometto e, portatolo sul lettone, gli fece per circa un’ora delle cosine lentissime che le fecero meritare le sue 500 euro.