La Maestra di piano
Ho sempre desiderato Gioia. Gioia è stata la maestra di piano delle mie sorelle: ai miei occhi splendida. Ho perso notti immaginando Gioia, desiderandola e lei è stata la mia principale fonte di ispirazione per il mio sesso solitario. Da allora sono passati molti anni, io sono cresciuto, sono divenuto l’uomo che sono con le mie esperienze, con una vita piena e le vicissitudini mi hanno portato a ritornare per le vacanze di Natale, nella città di origine. Lei è rimasta il mio sogno della pubertà. Sono stato male quando ho saputo che si era sposata, e peggio quando ho saputo che aveva avuto una bimba, che era divenuta madre. Fu un colpo per me quando poi venni a sapere che lei si era trasferita per seguire suo marito in un'altra città. L’ho persa di vista e ora che ero ritornato come in un tuffo nel passato la ripensavo e la pensavo così tanto che mi sembrava di sentirne la voce proveniente dalla strada antistante la palazzina dove io abito. Quasi in preda ad una ossessione irrefrenabile, con la smania di vederla, mi sono diretto verso il balcone aprendolo d’impulso. Mi sono sporto leggermente, ma quel poco mi è bastato per capire che era proprio lei. Sono rimasto impietrito a guardarla: Gioia parlava nella stradella animatamente con una vicina. Il tuffo nella memoria mi prese interamente senza consentirmi di pensare ad altro. Ho avuto una serie di fremiti la mia mente si era tuffata a ricordare. In preda al desiderio di vederla sono sceso per le scale e sono arrivato giù. Mi compiacqui nel vedere che fisicamente lei non era cambiata, gli anni erano passati certo ma lei era rimasta quel donnone che è sempre stata. Specie i suoi seni poderosi che mi erano rimasti dentro, nell’anima, segnandomi nell’immaginario erotico. Purtroppo però in gioventù non avevo mai avuto il coraggio di provarci, mentre ora si che avrei potuto farlo. La grande passione per i suoi seni debordanti che fuoriuscivano volentieri e con generosità erano per me l’unico vero pensiero, il mio ricordo più forte e il mio rimpianto. A malincuore dovetti ammettere che il matrimonio le aveva fatto anche bene. Gioia aveva tinto i capelli di un rosso mogano e ciò insieme alle sue forme giunoniche la rendeva somigliante a Jessica Rabbit, anche se i lineamenti abbastanza forti del volto, nonostante fossero mitigati da un trucco molto più appropriato non erano cambiati, ovviamente, e poi era dimagrita non poco. Scesi e salutai calorosamente la vicina, Gioia al contrario era rimasta quasi impassibile e a mala pena rispose al mio saluto. Mi sentii spiazzato ma solo per un attimo, poi ripresomi brillantemente iniziai a parlare chiedendo a Gioia quando fosse tornata e per quanto tempo. Lei disse che era tornata per le vacanze di Natale, ora vi era solo la madre ed era venuta a tenerle compagnia. Anche sua sorella, infatti, si era sposata ed era partita, mentre Il padre era morto. il mio interesse era rivolto quasi esclusivamente ai seni di Gioia e non riuscivo a distogliere lo sguardo neanche per un attimo. Più volte in passato ricordavo di come a lei piacesse giocare al gatto con il topo, con me nella parte evidentemente del povero topo ed io ricordo mi ammazzavo di seghe. Il mio interesse di uomo oramai maturo per lei era molto più esplicito. La conversazione continuò per poco e ben presto Gioia andò via. In quel momento, vedendola allontanarsi con il suo passo sontuoso, pensai che avrei fatto di tutto per averla. Quasi come una sfida, infatti, Gioia si rivolse indietro, con un sorriso che mi parve provocatorio, stampato sulle labbra, rivolto in maniera evidente a me. Io rimasi solo con i miei rimpianti. Io ero in preda alla frenesia di avere Gioia, sapevo che per molti versi era una follia ma era così. Rimasi un pomeriggio e una notte nel tormento, non sapevo cosa fare. L’indomani mattina mi svegliai presto continuai a rimuginare, sapevo dove abitava e così vincendo le resistenze mi recai da lei. Raggiunsi la villetta e aspettai. Finalmente la vidi uscire era sola e io uscii dalla macchina le andai incontro, rimase sorpresa, mi chiese che ci facevo li e io le dissi che la desideravo, solo questo, la desideravo. Le dissi che ero venuto a prendermi quello che avevo sempre desiderato e che lei avrebbe voluto darmi, che ero certo lei avrebbe voluto darmi. Gioia non sembrò indispettita ma non mi diede grande importanza stava andando verso quella che mi sembrò la sua macchina ma io la fermai dirigendola verso la mia. Le dissi che madre o non madre, marito o non marito avrebbe dovuto parlare con me a casa sua o in macchina. Mi disse che avremmo potuto parlare da lei e così ritornammo sui nostri passi, con lei che mi diceva che non aveva nulla da dirmi. Ero io, infatti che avevo molto da dirle e quando aprì il cancelletto mi avvicinai abbracciandola. Ebbe un moto come per liberarsi io la accompagnai sui quattro scalini e le dissi di aprire il portoncino, con calma ma perentorio. Intanto la baciavo sul collo facendo quello che l’impulso mi spingeva a fare. Entrati l’avevo già abbrancata e avevo iniziato a spogliarla sistematicamente, con metodo. Era difficile con lei in piedi che resisteva e allora la spinsi con tutta la mia forza sul divanetto d’ingresso e mi tuffai letteralmente tra le enormi rotondità del seno. Lei ebbe forse un attimo di paura, mentre io le abbassai il reggiseno iniziando a mungere e succhiare i seni. La donna iniziò subito a subire. Sapevo di dovermi attendere una reazione ma lei non riusciva a difendersi dalle sollecitazioni fortissime che le creavo. L’avevo quasi totalmente denudata e avevo infilato la mia mano destra nelle mutandine sollecitandole il clitoride. Lei solo ora tentava una sua prima difesa. Giudicavo con piacere il suo tentativo poiché la resa incondizionata che ero certo di poter ottenere, sarebbe stata ancora più bella, solo se vi fosse stata una lotta. Le dissi che questo momento lo assaporavo da una vita. Gioia tentava di divincolarsi ma era evidente la sua disponibilità e continuava a subire senza crearmi grandi problemi, non vi era in lei una carica di ostilità, aveva comunque ben compreso che non ero il giovinetto impacciato di tanti anni prima. Cercava di parlare, ma non tentò neanche per un momento di gridare. Sapevo, del resto, come zittirla. I succhiamenti prolugati dei capezzoli, misti parole e ad un continuo lavoro sul clitoride non avevano tardato a dare gli effetti voluti e i capezzoloni erano divenuti puntuti mentre le mammellone avevano un’aureola marrone scuro tutta da succhiare. La figa, poi iniziava ad essere un lago e Gioia divenne sempre più docile. Lei era matura e pronta a godere e scesi a darle il colpo finale. Mi infilavo con la lingua tra le cosce succhiandole clitoride e monte di Venere e Gioia finalmente mi stringeva a sé e urlava aprendo le cosce. Succhiavo con gusto tutto l’orgasmo duro e vischioso che le era uscito e che bevevo in suo onore, fino all’ultima goccia. Una volta finito di omaggiarla risalii con la bocca tra i seni e godetti intensamente con lei che era sensibilissima ai miei giochini sui capezzoli. La rossa tettona ancora febbricitante dalle forti emozioni continuava a accettare il mio cazzo che la penetrava. Avevo iniziato a montarla con un desiderio che la donna non sapeva come controllare. Le tette rigogliosissime subivano. Con un filo di voce rauca sudatissima e bagnata all’inverosimile mi disse che voleva tentare di alleggerire la pressione riversatasi tutta sul petto, ma io le morsi entrambi i capezzoli. Il mio cazzo stantuffava nelle pareti della figa come fossero di burro, mentre Gioia dilaniata e sottomessa mi implorava di continuare senza farle troppo male. Forzai il ritmo e le cosce della donna si aprirono ancora di più le sollevai sulle mie spalle e la trafissi ancora con forza costante. Gioia guaiva laida e vogliosa con la saliva che le sbrodolava dalla bocca. Era tesa e ansimante rossa in viso, gli occhi mostravano l’eccitazione e la bocca lo sforzo. Mi chiedeva a gran voce di essere posseduta ed io continuavo a farla fiottare di orgasmo trattenendo il mio. Nonostante il suo corpo giunonico non riusciva a farmi arrivare. Lei, invece, oramai era zuppa di orgasmo, saliva, sudore che le grondava su ogni parte del corpo, era stanca compressa, sottomessa ma godeva, rispondeva ai miei assalti con piacere, come poteva, come io le consentivo e soprattutto mi leccava, e mi incitava senza fine. Facevo di lei ciò che volevo ma ancora non l’avevo annaffiata nonostante mi implorasse di porre fine a questa dolce tortura. La stavo dilaniando. La rivoltai su se stessa più e più volte e postala alla pecorina continuai la mia opera, le aprii con tutta la delicatezza del caso l’ano che era sicuramente la cosa più piccola in quell’enorme strumento di piacere e soddisfeci la mia voglia di culo di Gioia con una irruenza tale che l’ano della donna prolassò, sconquassata dalla violenza della mia voglia di piacere. Più spingevo, più violavo e oltraggiavo il suo ano, più la risposta della donna era rabbiosa. Le natiche era grossissime e flaccide e mi permisero di fare tutto, con lei che teneva aperto il canale con una mano e con l’altra sgrillettava violentemente la vagina, penetrandosi con ditalini. Io arrivai al limite e proprio in quell’ano fantastico e prolassato mi diedi a lei in tutto e per tutto riempiendole l’intestino. Il pene duro e ritto si impennò facendo fuoriuscire fiotti di orgasmo, che la piegarono. Gioia non resse alla mia prepotenza e allora si abbandonò in balia dei colpi, subendo in silenzio i colpi. Emise infine un urlo acuto seguito da quattro gemiti strazianti, dopodiché si accasciò sul divano infilzata. Sbavavo ancora sulle spalle della donna, mentre Gioia era stravaccata sul divano. Passati alcuni istanti, la donna diede cenni di ripresa, tentando di sollevarsi, cercando i vestiti, ma io le fui di nuovo sopra, facendole capire che ancora non avevamo finito, e che sarebbe dovuta rimanere nuda per me. Mi disse di temere l’arrivo del marito, ma io non ero affatto preoccupato, anzi le dissi che avrei fatto volentieri la sua conoscenza. Salii sopra di lei e iniziai nuovamente a leccarle e succhiarle quei seni fantastici, titillando i capezzoli e succhiandoli a più non posso. Gioia ricominciò a subire e dimenticò il marito. Mi ero ormai reso conto che l’avevo resa mia. Il telefono squillò ma le impedii per ben due volte di alzarsi. Era lei ora che mi offriva il suo seno manipolandolo con grandissima maestria, mungendolo, massaggiandolo e portandoselo alla bocca, riempiendolo della sua saliva. L’altra mano, quella sinistra, era ormai assiduamente impegnata a sgrillettare la figa e il clitoride, mentre io la soddisfacevo in tutto e per tutto. Fu lei che ad un certo punto sapendo la predilezione per le sue tette enormi, mi prese il cazzo e lo accompagnò sopra i suoi monti offrendomi una straordinaria spagnolona sbattendo le poppazze a ritmo frenetico. Teneva le sue tettone strette alla mia mazza in maniera magistrale. Come se non bastasse, inoltre mi lavorava ampiamente di lingua dimostrandosi una amante eccezionale. La sudditanza di quella straordinaria vacca mi inebriava. Il pene divenne per l’ennesima volta un idrante impazzito ed iniziai a distribuire il seme bianco schizzato ad ogni parte. Il viso il seno e la bocca furono pieni dopodiché senza perdere tempo prezioso la costrinsi con la lingua a spennellarsi le tette succhiando tutto quel ben di Dio. Mi feci succhiare l’anima e la sua lingua resuscitò il cazzo in pochissimo tempo. La feci quindi salire sopra a dirigere la cavalcata l’asta era nuovamente infuocata e ritta. Gioia urlava di piacere. Ero padrone di quelle enormi mammellone che ondeggiavano sulla mia bocca facile preda delle mie mani e le strizzavo. Il mio viso era interamente ricoperto da quelle campane dondolanti ad ogni saliscendi era uno smorza candela straordinario in quel figone e in quel momento Gioia gridò come prima di allora non aveva mai fatto. Ero entrato dalla figa nel culo senza che nessuno dei due se ne fosse accorto. Entrai tutto analmente in lei fino alle palle. Era quasi giunto l’atto finale Gioia era crollata pesantemente stravaccandosi, entrambi provatissimi. Lei era soddisfatta, mi guardava grata e appagata, ma voleva finire di soddisfare anche me vide l’orologio e con preoccupazione mi disse che ormai era l’ora di ritorno del marito, lei non avrebbe voluto farsi trovare in quella situazione ma non riuscivamo più a staccarci. Ci alzammo e abbracciati ci dirigemmo verso la doccia dove io potei soddisfarla ancora di più sotto l’acqua corrente e gli schizzi dell’acqua bagnavano il suo corpo ed il mio che inginocchiato la succhiavo. Gioia ricadde su di me le gambe sembravano averla abbandonata allora la feci sedere sul piatto della doccia e mi protesi verso lei che capì subito accogliendo il pene tra bocca e seno.Un po’ dell’uno e un po’ dell’altro fino all’orgasmo più duro e intenso perché frenetico, con lei che leccava il pene e io che la baciavo e la succhiavo per tutto il busto. Riprese subito facendo questa volta solo un bocchino favoloso perché ancora più ansioso, mentre sentivo il pene martellare e conficcarsi nella gola della donna che con le mani mi titillava i testicoli. Non era molto brava nel sesso orale ma riuscì a portarmi all’orgasmo e io questa volta sollecitandole la figa le feci bere quasi tutto. Il mio burro le si riversò in tutta la bocca trasudando sul collo e sul petto, che fu nuovamente mia preda poi in accappatoio fra i baci e le carezze della mia deliziosa tettona. Avevamo fatto davvero un buon concerto. Ci augurammo buon Natale.