L’ultima frontiera
 
Era una serata calda, appiccicosa, la voglia di fare sotto le scarpe e il latente desiderio di fare qualcosa di più, qualcosa che uccidesse la noia, che mi desse energia, e un po’ di pepe.
 
Niente da fare, la confusione è tanta e decido di uscire, sciacquata, maglietta, chiavi e parto in macchina. Finestrini mezzi aperti, per captare i suoni, quell’atmosfera di voci sguaiate, quel feeling un po’ punk dell’indecoro urbano. Una due tre, giro, torno indietro, tre quattro una, due, due ciao amore vieni dai, no e scuoti la testa, e di nuovo giro e torno indietro...la scorgo, magra, ben fatta, pelle scura, umida della strada, ma lo sguardo fiero e sornione, sicuro di sè, mi aggancia con gli occhi e mi segue lentamente lungo il tragitto fino a che non scompaio dietro la curva e il cespuglio.
 
Respiro. Il cuore batte a velocità folle, tum-tum-tum-tum-tum e rimbomba nella testa. Respiro. Allungo, giro e torno indietro...e di nuovo...afferrato per gli occhi mi segue senza cedere il passo, lentamente, mentre si tocca a piene mani, un po’ si munge un po’ si masturba...fino a che sono sul rettilineo e devo guardare avanti.
Respiro. Di nuovo. Ce l’ho duro. Dolorante quasi, stretto nei boxer, che tenta di alzare la testa. Allungo giro e torno indietro...e la trovo lì...in minigonna di pelle e stivali, un top stretto e un discreto bastoncino già in piena erezione che mi aspetta, mi sorride, mi segue mentre mi avvicino e rallento, e apro il finestrino, e mi fermo…
 
“ciao”...sussurro timido, con la bocca secca, chinando il capo per cercare di vederla in viso; lei non risponde, ma lentamente si avvicina, con passo scenico e sicuro, e mette in mostra la mercanzia come il pescivendolo espone il tonno, con il cazzo tutto dentro al finestrino. Poi lentamente si abbassa, un viso femminile, ma di frontiera, vagamente maschile e vagamente femminile: “amore”, mi guarda dritto negli occhi e sono ipnotizzato, “con 50 euro ti faccio godere” -pausa- “lo so che vuoi il cazzo amore”.
 
Riesco solo a rantolare, ok, le dico. Lei apre la portiera, entra lentamente e la richiude. Il suo bastoncino spunta dritto dalle sue gambe, scuro quasi nero, normale ma lunghetto, circonciso e cappella a punta. “ti piace amore?”, farfuglio un si, “i soldi, amore, e poi te lo do tutto”. Senza staccarle gli occhi di dosso prendo i soldi e glieli porgo, “grazie, amore” e mi da indicazioni per parcheggiare.
 
Ci fermiamo in un vicoletto buio e malcurato, avevo già il cazzo fuori dai pantaloni e non avevo smesso un attimo di segarla durante la guida.
 
“Vai dietro”, dice lei
“No dai aspetta un attimo” provo a controbattere
“Amore…” - la sua mano mi scivola sotto lo scroto - “..vai”
 
Comincio allora a scavalcare i sedili anteriori ma quando sono a metà lei mi tira giù i pantaloni e mi comincia a mungere mentre mi tocca insistentemente l’ano. Mi blocco, congelato dalla scintilla di piacere, sospiro e ho un barlume di lucidità mentre sentivo il controllo scivolarmi via col respiro: per me stasera non finisce bene.
 
E’ bravissima, si muove con sicurezza, decisa ma femminile, mi pizzica i sensi in ciclone di mani baci e lingua, mi ingoia il pisello fino alla gola e lo accarezza con la lingua, mi strizza il capezzolo mentre mi accarezza il collo come se volesse soffocarmi. May-day my-day...sento la deriva avvicinarsi quando si alza di scatto piegandosi per il tetto della macchina, si avvicina e in un lampo mi prende la testa e mi spinge di lei fino a farmelo arrivare in gola.
 
Panico. Buio. L’odore della pelle, forte. Il sudore. Un bastone di carne ti riempie la bocca. Sono bloccato. E in quel momento scatta la liberazione. Mi sono liberato di tutto: paure, inibizioni, pregiudizi; era quello che cercavo, un’emozione forte per cui lasciarsi andare. E mi sono lasciato andare, ho cominciato a pomparla, stringere il tronco con le labbra, liberarsi dal glande a soffocarti, respirare, e poi di nuovo giù fino a dove arrivi, due, tre quattro volte, mentre lei percepisce la tua partecipazione e spinge di meno con la mano, per saggiare quanto voglio andare a fondo.
Poi sento la sua mano afferrarmi una natica, le unghie piantate nella carne, il dito scivola sull’ano e comincia a tastarlo, spinge leggero e scorre sui bordi dello sfintere, entra ed esce a ciclo continuo. Borbotta qualcosa, rallenta, solleva la mano dalla testa e si raddrizza un pochino, “continua a succhiare amore”, ma la sento che armeggia con la borsetta, mentre vado su e giù ansioso di scoprire cosa sta facendo. Un brivido gelato mi attraversa la spina dorsale, il gel freddo mi fa irrigidire all’istante ma nel momento in cui lo spinge dentro col dito io le afferro il sedere, occhi chiusi, e la tiro a me per impalarmi la bocca.
 
Lei ha un gemito di sorpresa, capisce, “bravo amore”, e con decisione si protende in avanti infilandomi un dito fino in fondo, e al contempo spingendomi col cazzo in gola. Un movimento col dito, un movimento col bacino; una gioco di sincronia che mi annebbia la mente. Finalmente rallenta, posso respirare, mi allontana lentamente e riprendo fiato, il cuore ancora un tamburo battente per tutto il corpo. “sei bravo a succhiare amore, ora voglio il dietro”. Il momento è arrivato, senza fermarsi mai di toccarmi e stimolarmi mi posiziona a quattro zampe di traverso sui sedili posteriori, sono un po’ bloccato, con la sua presenza calda dietro di me, pronta a possedermi. Le sue mani sul bacino, si tiene il pisello e lo indirizza, spinge leggermente, corregge il tiro, lo lubrifica, e spinge ancora piano, attenta, fino a quando senti che sta entrando, la tua carne che si apre per fargli spazio, il tuo corpo violato, penetrato, con lentezza killer si fa strada un centimetro alla volta, ripercorrendo ogni volta tutto il tragitto e spingendosi poco più avanti, mentre senti crescere l’intensità del suo piacere, ti stringe più energicamente, e per ogni centimetro guadagnato tu perdi lucidità, passo dopo passo verso l’oblio.
 
E’ tutto dentro. Sento il suo scroto aderire al mio, sento i suoi movimenti di assestamento, il sottile piacere di un’aderenza perfetta, una fusione. Sento il respiro pesante, il suo e il mio, si sfila leggermente...e rientra. Si sfila….e rientra, tutto. Si sfila...e di nuovo, e comincia più veloce, impercettibilmente sale la nostra confidenza, ed ogni colpo scatena una scintilla nel mio cervello, che brilla sempre più intensamente, un bagliore crescente che mi riempie la visuale, sovrasta l’ambiente con un concerto dei sensi, con la grancassa che tuona sempre più insistentemente e ti senti vibrare ad ogni colpo, scosso come i rami di un albero durante la tempesta, e proprio nel momento in cui sei disperato nella tua eccitazione, senza via di fuga, compresso e pronto a esplodere, proprio in quel momento, lei ti spinge verso l’ultima frontiera.
 
Spesso è una questione di piccole cose. Basta un gesto, una frase, un accento. E fuoco alle micce.
 
Ero piegato, sottomesso, lei curva sopra di me, sudata e ansimante, una mano sul cullo e una sul bacino. E’ stato un istante: la sento irrigidirsi, un respiro profondo, piega il polso di scatto schiacciandomi la testa. Ed entra secca. Decisa. Come una spada passa il burro mi ha sventrato lungo la spina dorsale e conficcato la cappella direttamente nel cervello. Nessuna pietà, come una lancia che passa da parte a parte un melone. E sborra. Violentemente. Sento il profilattico gonfiarsi al mio interno. E a quel punto una luce calda si sviluppa bel basso ventre e si espande fino a fagocitarmi. Svengo, o mi sembra evaporare.
 
Riprendo conoscenza qualche secondo dopo. Sono ancora a pecora, sono venuto copiosamente sui miei sedili posteriori, e ho il culo che brucia un po. Realizzo il pasticcio che ho fatto ma sono confuso, annebbiato. Mi seggo e la guardo con lo sguardo un po’ perso nel vuoto, un po’ assente. Lei è soddisfatta, si vede, sorride e ripete “bravo amore, bravo”; nel mentre, e senza abbassare lo sguardo, si sfila il profilattico e lo annoda, mi guarda, mi da un buffetto per svegliarmi e mi fa cenno con gli occhi di abbassare lo sguardo: è ancora duro, senza parlare mi chino e comincio a pulirglielo con la bocca.
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