Uomini deboli meritano donne arrabbiate.


tag (cuckold, piedi, dominazione, storie di coppia)


 



Pensato e scritto da Agostino G. 


(potete scrivermi qui dottorbrisco@virgilio.it)


 



Quella notte pensavo a lei.


 



“A Sandra.”


 



Non so se sussurrai il suo nome, o se semplicemente fu il sibilo del mozzicone che crepitando annegava in lattina:


Ero in balia di un pensiero fisso, sgradevole, come il retrogusto del tabacco che ti viene lasciato in gola dopo l’ultima boccata a ridosso del filtro:


 



E Sandra, anche come pensiero, riusciva ad essere molesta, intrusiva e vincolante. 


 


Sbollivo le ultime ore prima dell'alba su una panchina scrostata del parco. 


Se mi muovevo potevo sentire i residui di vernice essiccata graffiarmi il tessuto della camicia.


Erano gli inizi di settembre.


 



“Vallo spiegare ai 30 gradi” ridacchiai fra me e me, aprendo un'altra lattina di coca e buttando giu un sorso dolciastro.


 



In lontananza un gruppo di nordafricani ascoltavano a tutto volume una musica lamentosa.


 



Sospirai.


 



Mi accesi un’altra sigaretta e, accettando la direzione di pensiero che la mia mente mi imponeva, tornai a porgere a Sandra le mie riflessioni:


 



Alle sue labbra.


 



L’avevo chiamata Dea qualche ora fa.


 



“E com’era il suo bacio? Il bacio della “Dea”?”


Senti rimprovero di una voce che mi veniva da dentro.


“Stucchevole, dolciastro, con di principio l’impronta spessa di qualche burro di cacao scadente e quel saporino che lasciano le donne ciniche e emancipate dopo che arrivi tu, con un ticket di almeno due cifre”.


 



Ci eravamo salutati poche ore fa.


 



Io e Lucia, la mia ragazza, eravamo reduci da una serata allo Shisha bar “Gli amanti”.


Lei, Sandra, che viveva sopra di noi, avrebbe dovuto portare il suo nuovo compagno presentandocelo.


Compagno che si sarebbe puntualmente slinguazzata nel divanetto di fronte mettendoci in imbarazzo sull’aria della donna libera.


 



E invece no: 


 



Avevano litigato, forse lui le aveva alzato le mani, o coperta di insulti, o tutte e due le cose probabilmente, (non si capiva bene, le informazioni passavano per Lucia) e immaginavo già la scena, due ragazzi appena ventenni e una donna di 38, florida, inacidita, fisico appesantito da matrona, che appollaiata dall’altra parte del tavolo a fa commentini castranti ogni volta che ci sfioriavamo le mani.


 



-Ha litigato con Amir, Marco cerchiamo di non metterla a disagio-


Aveva sentenziato Lucia mentre a piedi ci avvicinavamo al locale.


“Giustamente dobbiamo ciucciarcela anche cosi, d’altronde il vivere nello stesso stabile rende cosi’ d’obbligo il frequentarla”


 



Mi tenni per me il pensiero, ma una battuta me la volli concedere.


 



-Strano, l’altra volta lui l'ha inseguita nudo sul pianerottolo con la cinghia per un pacchetto di sigarette. Pensavo che poi avessero imparato a patteggiare.-


 



-Marco! Quello era Ali, oggi ci doveva presentare Amir.


 



-Ah…-


 



-Sei rimasto indietro- 


 



-Beh e’ che si s…-


 



-MARCO! Marco non azzardarti. Non sognarti nemmeno lontanamente di finire la frase…-


 



-Volevo dire… “Beh e’ che sono, evidentemente rimasto indietro”.-


 



Avevo tentato di farle un occhiolino bonario.


Ma l’empatia per Sandra e l’influenza che aveva la Matrona sulla mia lei era più forte.


 


-Sei proprio uno stronzo.-


 



-Dai Lu.-


 



-Uno Stronzo! Un . Sei terribilmente stereotipato.-


 



-Lu… era una battuta, dai.-


 



Magari può sembrarvi un siparietto divertente. Ma tutte le singole note della serata mi cuocevano ancor più di quei 30 notturni gradi settembrini.


 



Arrivati al locale, trovammo Sandra già li.


A flirtare con il Barman, un uomo tozzo, villoso e scuro.


Lei, mio malgrado, bellissima.


 



Forme procaci, fisico sostenuto, leggermente appesantito dall’eta, fianchi ampi e seno mastodontico:


 



70 kili di rosolata bellezza mediterranea.


 



Anche il viso era uno spettacolo.


Come tutte le donne che arrivano a una certa eta’ e finiscono per mettersi con un uomo-padrone, si portava sempre quella nota (leggera nelle occasioni mondane, ma presente) di dismessione plebea, che io purtroppo trovavo irresistibile.


 



I tratti del viso, con gli zigomi marcati, le labbra pienissime (naturalmente, senza usare trucchi e rossetti sgargianti) e gli occhi nocciolati, maliziosi e un filo obliqui, tappavano ancora la stanchezza di quello stile di vita movimentato ed esuberante.


I capelli ricci, dorati erano stati legati, costretti da uno chinon.


 



Alla mia mente, li per li, si affaccio’ una scena, lei che al termine della litigata, sudata, si legava i capelli facendo al suo lui un sontuoso, stanco, pompino di riconciliazione, al meno per giustificare il fatto che usciva da sola insupervisionata, e in parallelo, mi rividi con delicatezza che non riservavo neanche a Lucia, farle un leggero massaggio al viso, con grazia, usando il tocco dei diti medi per tamponare la pelle sotto quegli occhioni che lui doveva avere la fortuna di vedere languidi e pieni come quelli di una cerva.


 



A me ovviamente Sandra, rivolse una smorfia d’aquila non appena entrai nel suo campo visivo, mentre la mia Lu l’abbracciava e si scioglieva dispiacendosi del litigio intercorso e della situazione.


 



-Cara.-


Quella donna, quelle donne, quelle con quel fisico poi, quel “Cara” lo hanno tatuata sulla lingua!


-Cara, gli dici almeno qui di smettere di giochicchiare col telefonino? Non dico di far finta di essere felice di vedermi, ma un briciolo di socialità…-


 



-Marco dai, anche tu!-


 



-Scusa pensavo attendessimo Amir...-


 



-MARCO!!!-


 



-Tranquilla Cara, da lui non mi sarei aspettata nulla di più ne di meno, e comunque Wasim-


Disse abbassando la voce e indicando con un cenno di capo lascivo il proprietario che ci faceva strada per il tavolo -Che e’ cosi’ caro, e’ anche single, facci un pensierino, ci ha riservato il posto.-


 



Sandra aveva una voce forte e femminile, sensuale, esattamente quella che ci si aspetta da una tale matrona: descritto il fisico potete gia’ immaginarla.


 



Il busto carico, infilato in una canotta rosa un po’ troppo misera per l’importanza del compito, era coperto a sua volta volta da un blazer ampio che la squadrava ulteriormente, ammantandola d’autorità.


 



Sotto per rovinare tutto l’effetto, una gonna lunga quanto a una cintura, sbeffeggiava alla mia vista gelosa due cosce floride, abbronzate e splendide, dei polpacci energici e un paio di tacchi slingshot che mettevano in risalto i talloni spavaldi da Matrona.


 



Immaginatevi io da un lato rimiro quel ben di dio mentre dall’altro la senti suggerire alla mia lei piu’ meno implicitamente di tradirmi… 


Mi sentivo, avvilito, invidioso e semplicemente castrato


.


Un ragazzo di 23 anni, asciutto con la voce flebile e alto 1 e 68 non poteva neanche fisicamente sovrastare quell’arpia in tacco alto: se si fosse girata avrei avuto i suoi seni a picco su di me.


Ci sedemmo e concedo a Lucia di aver assorbito e scaricato il resto delle attenzioni di Sandra con naturalezza, mentre io, seccato e in silenzio ciucciavo una birra e poi un altra, tirando a tratti dal narghile’.


 



Sandra bevitrice, si lasciava andare a complimenti sempre più spinti al barman  e alla mascolinità del suo popolo, a tratti provandoci spudoratamente ogni qual volta questo veniva a portare nuovi drink (palesemente non interessato), suscitando imbarazzo e conseguente ilarità generale.


 



Poi purtroppo il momento venne: Lucia dovette andare alla toilette.


Le lanciai un’occhio supplicante, ma tutto cio’ che ottenni fu una carezza di condiscendenza mentre si alzava.


 



La sala era deserta.


 



Divenni l’attenzione principale di Sandra, che mi tenne addosso i suoi occhi marroni anche mentre si lasciava andare comodamente contro lo schienale.


 



Tirai fuori il telefono, chiaramente a disagio.


Tentando di sottrarmi a quel contatto visivo ieratico e sperando che dall’altra parte Lei facesse lo stesso.


 


 


 


 



“Allora Caro, hai visto bene?”


 



Il tono seppur beffardo, cominciava ad essere leggermente biascicante, un riflesso acquoso velava i suoi occhi penetranti.


 



-Come?- boccheggiai sentendomi di colpo in pericolo.


 



“Dicevo, allora, Marco, hai visto bene?”


 



Rincaro’ Sandra, determinata e compiaciuta, mentre con sorprendente manualità si sfilo’ il tacco, sbattendo sul tavolino basso del locale il suo piede nudo.


 



“Hai pensato al mio alluce mentre infilavi le birre in bocca?”


 



-Ma che dici…-


Mi crollava il mondo addosso. Mi sentivo nudo, tanto imbarazzato e colpevole.


Di Sandra si notava molto altro e a discapito di questo ero stato, per ovvi motivi, particolarmente cauto a fare il guardone.


Eppure…


 



“Guarda bene” comando’ riprendendo la mia attenzione.


 Massaggiando la caviglia, comincio’ a ruotare l’estremità sensuale. 


 



“I sottomessi li riconosco a colpo d’occhio ormai”


E intanto mi offriva il piede:


Il dorso abbronzato, invitante con le unghie smaltate di bianco e perfette, poi la pianta rosea, carnosa e libera lasciando che l’odore accalappiante facesse il resto.


 



“Guarda! Guarda…” Ridacchio’ “Adesso finisce che ti mando in trance… cosi’ poi mentre mi sbavi dietro Lucia si trova uno che la scopa davvero, un pisello lungo, lungo e nero…”


 



Non riuscivo a reagire, in una frase dell’arpia erano racchiuse tutte le mie insicurezze, e l’occhio mi tradiva, rimanendo catturato, fisso a guardare il suo alluce, scuro, sviluppato.,, autoritario.


Ero eccitato, avvilito, confuso.


 



La sua estremità, fra luci soffuse del bar e i vapori dello shisha che aleggiavano nell’aria, diventata una spirale, una lenta girandola bruna e rosa a tratti, assolutamente ipnotica.


 



“Magari si e’ fatta accompagniare in bagno proprio da Wasim..”


Disse l’arpia fermandosi per scoppiare a ridere sguaiatamente.


 



Mi riscossi di colpo, arrabbiato e vergognoso della mia passività.  


 



-Ridi, ridi, tanto quando rincasi o vi sentiremo litigare da sopra o sapremo che il tuo compagno ha passato la serata con una piu’ giovane.-


 



Lucia intanto avendo effettivamente finito stava tornando al tavolo.


 



-Tu pero’ lo sai…- sussurrai a Sandra alzandomi. -Sei una salvietta per loro, temporanea. Il punto e’ cercare poi un appiglio più giovane e gradevole!-


 



Il tempo di vedere Sandra stranita che stavo risalendo le scale e uscendo.


 



Appena fuori, presi una sigaretta.


Non c’era quasi nessuno sulla strada, non sapevo neanche che ore erano.


 



Gia’ mi immaginavo il solito film, da li a qualche attimo, Lucia arrivare inferocita come un treno e rimproverarmi dopo aver appreso cosa fosse successo.  


 



Senti’ la porta aprirsi alle mie spalle mentre cercavo l’accendino.


 



-Lu’- feci cominciando a voltarmi. -Guarda…-


 



Invece era Sandra. 


 



La luce dell’insegna rivelava tutte le piccole imperfezioni del viso leggermente sudato e arrossato dall’alcol. 


Aveva un’espressione indecifrabile ma era comunque bellissima.


Stringendo il tacco in mano, incespico’ verso di me piantandomisi davanti.


Scalza, o parzialmente tale il confronto di statura era un filo più onesto, ma il seno enorme mi metteva comunque in totale soggezione.


 



-Può essere quello che hai detto tu, ma lui stasera scopa in un modo o nell’altro, perché ha un cazzo bello lungo, bellissimo e libero! Tu invece servi, e ti becchi questo!-


 



Mi senti prendere per la nuca per poi trovarmi il tacco premuto in faccia, con la parte di cuoio umida, che aveva accolto il piede lercio dell’arpia nel naso.


L’odore fu anche più indescrivibile di tutta quella scena assurda: sensuale, prepotente, invitante e autoritario.


 



 Qualcosa mi si ruppe dentro… Pensai che la volevo, la desideravo come mai avevo desiderato nulla prima di allora.


 



E poi… poi seguirono le sue labbra.


 


 


 


Per un tempo brevissimo, un contatto delicato mentre le nocche che prima avevano brandito il tacco ora mi carezzavano lo zigomo e l’altra mano mi massaggiava il collo bloccandomi dolcemente il mento.


 



“Gli ho fatto un pompino prima di venire qui… lo senti il sapore?” 


 



Boccheggiai. Avrei dovuto staccarmi io. Mettere distanza, Lucia sarebbe uscita a momenti, e soprattutto dopo quanto mi stava dicendo…


Ma  mi ritrovai a premere il mio viso contro il suo, a cercarla febbrilmente,  a cercare le sue labbra, a cercare ogni tratto di quella superficie odiosa e stupenda, baciandola spasmodicamente, a cercare il cuoio sudicio della sua calzatura che mi teneva di fianco e a baciare anche quello, per rassicurarla. Per compiacerla.


 



Si stacco’ lei ancora una volta mentre io, non piu’ lucido riusci’ solo a biascicare…


 



-Sei… sei una dea…-


 



Lucia stava aprendo la porta..


 



-Cara come dicevo a lui, mi sono rotta il tacco, tornate pure a piedi, io chiamerò un taxi.-


 



Da quella sera al presente, a quando scrivo, sono cambiate tante cose in me e tante cose con Sandra. Se siete interessati a sentire il resto, fatemi sapere.

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