Avvertenze:


In questa storia si fa riferimento esplicito a torture cruente, violenze ed abusi sessuali estremi che si è cercato di raccontare con il massimo realismo e con un livello di dettaglio che potrebbero creare grave disagio.
Nel testo sono riportate alcune fantasie sessuali e feticistiche che non rispecchiano i gusti della maggior parte delle persone, in particolare: torture ed abusi sessuali praticati su donne mature ed in sovrappeso; feticismo dei piedi, degli odori e dei sapori naturali dei corpi femminili; feticismo per i peli pubici e delle ascelle; pissing e scating.
Con l'intenzione di descrivere in modo realistico le reazioni di una donna sottoposta a situazioni estreme, come quelle narrate in questa storia, in alcune parti del racconto si riferiscono alcune manifestazioni naturali del corpo femminile che possono disturbare la sensibilità di alcuni lettori.
Se queste fantasie non sono di vostro gradimento, vi sconsiglio di leggere questa storia; se invece vorrete proseguire, sarei lieto di ricevere vostri commenti e suggerimenti all'indirizzo e-mail: markshaghan@mail.com.


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La triolagnia, più comunemente nota come chuckholding, consiste nel provare piacere nel guardare la propria compagna coinvolta in attività sessuali con altre persone. Ho impiegato diversi anni per prendere coscienza ed accettare il fatto di esserne affetto. Ma non bastasse questa "anormalità", ho dovuto ammettere di essere anche un sadico attirato dalle pratiche più estreme inflitte alle donne. Un mix di perversioni, insomma, da fare impallidire molti degli psicopatici in circolazione.
Fin da quando ho avuto i primi rapporti sessuali, per raggiungere l'eccitazione dovevo immaginare che la mia partner fosse vittima di violenze e umiliazioni: denudata, seviziata, stuprata... Anche con Claudia, mia moglie, già quando eravamo fidanzati raggiungevo l'eccitazione immaginandola sottoposta ad indicibili abusi e torture che le venivano inflitti da altri uomini.
Per molti anni ho tentato di reprimere queste mie pulsioni cercando di limitarmi a fantasticare su di lei, senza nemmeno pensare di mettere in pratica quello che mi passava per la testa. Questo fino a quando non ho scoperto che Paolo, il mio vicino di casa, aveva le mie stesse inclinazioni: un sadico pervertito, divoratore di video e racconti BDSM, con una fantasia talmente fervida da sorprendere a volte anche me, che credevo aver raggiunto ogni limite.
Paolo aveva 65 anni e viveva da solo nell'appartamento prospiciente il mio. Per quanto ne sapessi, non aveva una compagna o qualche relazione, ma della sua vita privata e sentimentale non sapevo quasi nulla e non desideravo indagare più di tanto. Quando era venuto ad abitare nel mio stesso condominio la cosa che più mi aveva colpito di lui era l'evidente attrazione che nutriva per mia moglie - molto più giovane di lui - ed il fatto che non facesse nessuno tentativo per nascondere il suo interesse per lei, nemmeno quando era in mia presenza. Incontrandoci frequentemente da soli io e lui, abbiamo poi iniziato a scambiarci confidenze, trovandoci fin da subito in grande sintonia, tanto che dopo poche settimane ci scambiavamo pareri e fantasie erotiche, e mi sembrava una cosa assolutamente normale raccontargli anche i particolari più intimi della mia relazione con Claudia. Non posso nascondere che percepire la sua eccitazione quando gli parlavo di lei e osservare il suo turbamento crescere man mano che scendevo nei dettagli più piccanti, mi dava un piacere che non avevo mai provato prima. E fu così che iniziai a rubare foto e video intimi a mia moglie per poi mostrarli a Paolo, godendo al pensiero del suo godimento ed eccitandomi nell'ascoltare le situazioni estreme che elaborava nella sua mente pensando a lei.
Un giorno mi disse che doveva parlarmi di una cosa molto delicata, per cui avremmo dovuto incontrarci quella sera stessa dopo cena a casa sua. . La sua domanda mi lasciò piuttosto sorpreso. . Sia io che Paolo non riuscimmo a trattenere lo stupore per l'approccio così diretto del nostro interlocutore ad un argomento che la maggior parte delle persone considera ripugnante. La sua imperturbabilità mi fece temere che fosse un megalomane, un ciarlatano o forse un truffatore, ma quello che ci raccontò dopo mi convinse che non stava mentendo. . domandai sempre più scettico. suggerì il professore ai tre apprendisti. I ragazzi si misero ad armeggiare con delle leve poste ai due lati del banco metallico sul quale Claudia era stata adagiata. Le quattro sezioni alle quali le erano stati vincolati i polsi e le caviglie si allungarono e si distanziarono, tendendole gli arti in direzioni opposte e costringendola ad inarcare l'addome, sollevare il petto e a divaricare le gambe ancora di più di quanto già non fossero. Messa così in trazione, gli unici movimenti che le erano ancora consentiti erano quelli del capo e quelli delle dita delle mani e dei piedi. Il divaricamento delle gambe faceva in modo che la zona pubica risultasse perfettamente accessibile, e la vulva dischiusa consentiva agli occupanti dei banchi posti dalla parte dei suoi piedi (tra i quali eravamo anche Paolo ed io) di scorgerle il roseo vestibolo vaginale. mi bisbigliò Paolo all'orecchio.
chiese il docente rivolto ai tre apprendisti, che nel frattempo si erano disposti attorno a Claudia in modo da osservarla meglio. rispose uno dei due ragazzi. . La ragazza si avvicinò a Claudia e con le mani e con le dita iniziò ad esplorarne il corpo nudo, soffermandosi a toccarla con maggiore insistenza nelle zone più intime. La ispezionò tra le dita dei piedi e all'interno dell'ombelico. Le palpeggiò il collo, le ascelle e i fianchi. Si soffermò a lungo a comprimerle col palmo della mano ed i polpastrelli l'addome ed il basso ventre, così come le tastò più volte l'interno delle cosce, in prossimità dell'inguine. Qui giunta, sfiorò i peli pubici, ne afferrò tra le dita una ciocca e tirò lentamente e sempre più forte, fino a strapparne un gran numero dalla cute. Il dolore fu inaspettato e terribile, come una scossa di corrente. Claudia reagì inarcando il busto ed emettendo un prolungato lamento, trattenuto dal morso che le occludeva la bocca impedendole di urlare. Divertita da quella reazione, la ragazza afferrò un'altra ciocca di peli, li rigirò più volte tra le dita e poi strappò anche questi. Ancora una volta Claudia si irrigidì, capovolse di scatto la testa e tentò di urlare per contenere il dolore, ma dalla sua bocca non uscì che un soffocato mugugno. Martina, evidentemente eccitata dal quel nudo, a sua completa disposizione, che iniziava a tremare per la tensione e ad imperlarsi di sudore, volle ripetere questo gioco con i peli delle ascelle, che però si limitò a rigirare tra le dita e a tirare dolorosamente, arrivando a strapparne soltanto qualcuno, prima di scendere di nuovo ad accarezzarle i seni, il costato e il ventre. Quindi le divaricò i glutei per osservarle con particolare attenzione la rosetta anale, che tastò più volte con il dito indice prima di sospingerglielo all'ingresso dell'ano, forzandole l'apertura dello sfintere. Posizionatasi dalla parte del capo, le afferrò i seni e glieli impastò con vigore tra le mani per saggiarne la consistenza. Le afferrò con le dita i capezzoli turgidi, glieli tirò verso l'alto, glieli torse e glieli strizzò, incidendoli senza pietà con le unghie. Sottoposta a quelle brutali manipolazioni di parti così delicate e sensibili del suo corpo, Claudia ribaltò il capo all'indietro, sollevò il petto ed emise un lungo gemito di dolore, che ancora una volta venne soffocato dal morso che le serrava la bocca. Spesse volte vedevo che quando la ragazza inseriva le sue dita negli interstizi più intimi del corpo di Claudia, ne annusava con avidità l'odore rimasto su di esse. Ad un certo punto, le annusò con insistenza gli spazi tra le dita dei piedi. Si spostò quindi ad annusarle le ascelle che poi leccò avidamente. Scendendo lungo il petto, le succhiò i capezzoli e la leccò fino a raggiungere il pube. Qui le divaricò con le dita le piccole labbra e dopo avere assaporato l’odore intenso emanato dalla vagina che si mescolava con quello proveniente dall’orifizio anale, le iniziò a leccare l’interno del vestibolo vaginale e a succhiarle il clitoride. Martina proseguì quella invasiva ed umiliante perlustrazione per diversi minuti che a Claudia dovettero sembrare infiniti. Sopraffatta dalla vergogna per quella sconcia esplorazione in pubblico del suo corpo nudo e indifeso, aggravata dalle molestie lesbiche a cui non era avvezza e che le risultavano estremamente sgradite, Claudia piangeva, tentava inutilmente di urlare, scuoteva la testa e si irrigidiva, mentre era scossa da brividi incontrollabili, provocati dal freddo e forse ancor di più dalla tensione.
Martina si accostò con movenze ostentatamente languide al volto di Claudia bagnato di lacrime e paonazzo per la vergogna. , mi bisbigliò Paolo accostandosi al mio orecchio. , gli risposi ridendo. Martina continuò la sua esposizione: .
Mentre Martina evidenziava tutti i suoi difetti fisici ed infieriva sulla sua scarsa pulizia e cura del corpo, il volto di Claudia diveniva sempre più paonazzo mentre i suoi occhi si gonfiavano di lacrime. Il suo corpo completamente nudo ed esposto allo sguardo indagatore di tanti sconosciuti, le sue intimità oscenamente esibite, ispezionate, palpeggiate e giudicate senza alcuna pietà... cosa poteva esserci di più terribile da subire per una donna pudica e piena di complessi com'era mia moglie?
. I due ragazzi seduti nella fila davanti alla nostra bisbigliavano tra loro, commentando l'esposizione della loro compagna di corso. Sebbene a fatica, riuscivo ad udire quello che si stavano dicendo. . . .
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sussurrò Martina accostandosi al volto rigato di lacrime di Claudia, prima di porsi nuovamente tra le sue gambe sconciamente divaricate. Sullo schermo vedemmo inquadrato l'orifizio uretrale di Claudia e qualche istante dopo il dito indice di Martina che lo sfregava con la punta dell'unghia, mentre con il palmo e le dita dell'altra mano le comprimeva con forza il basso ventre, appena sopra il monte pubico. Claudia mugugnava e si irrigidiva, ma non poteva fare nulla per sottrarsi ai rudi palpeggiamenti a cui era sottoposta. La osservavo mentre sempre più frequentemente ruotava il capo all'indietro e serrava con tutta la forza che aveva le dita delle mani e dei piedi, nel vano tentativo di strappare le cinghie di cuoio che la trattenevano e fuggire da quell'incubo. Certamente lo sfregamento dell'unghia di quella ragazza su una parte così delicata e sensibile del suo corpo le procurava dolore, ma era evidente anche il suo sforzo per resistere al bisogno di mingere che diventava sempre più intenso, man mano che Martina proseguiva quella brutale palpazione. Il suo disperato sforzo per trattenere la vescica durò diversi minuti, ma alla fine, vinta dalle manipolazioni di Martina e stremata dalla fatica, Claudia cedette a quel bisogno impellente ed un fiotto di urina stillò copiosamente dalla sua uretra, andando a bagnare la mano di Martina per poi gocciolare sul pavimento in un'ampia pozzanghera.
le urlò la ragazza, mentre la pipì di Claudia continuava schizzarle sulla mano con la quale insisteva a rovistarle l'interno della vagina, sebbene il suo scopo fosse già stato ampiamente raggiunto. . Quindi estrasse dalla vagina di Claudia le sue dita grondanti di urina e se le ripulì sfregandogliele sulle cosce e sul petto, insozzandole l'addome e le mammelle.
Sbirciai i volti dei presenti, nessuno dei quali riusciva ormai più a nascondere l'eccitazione. Tutti erano in silenzio e attenti. Un ragazzo seduto poco distante da me, pensando di non essere visto da nessuno, si sistemò con una mano il membro che gli si era gonfiato dentro i pantaloni, mentre una ragazza poco più in là si accarezzava con le dita il pube nascosto dai jeans e si mordeva il labbro inferiore per trattenere l'orgasmo. Anche Paolo era evidentemente turbato dallo spettacolo a cui aveva appena assistito ed il tremolio delle sue mani era sempre più evidente. Gli unici che rimanevano apparentemente impassibili erano Mario ed il docente.
All'improvviso una voce si alzò da un angolo della sala. . Insieme a molti dei presenti mi voltai a guardare chi era stato così temerario da rompere in quel modo l'ostentata asetticità di quella classe. Era un ragazzo di circa vent'anni, che si era alzato in piedi per formulare quella richiesta tanto esplicita.
lo redarguì il professore. .
chiese Lorenzo un po' intimidito a Martina. . Dopo avere divaricato con le dita il foro ombelicale di Claudia in modo da metterne in luce il fondo, la ragazza inserì la punta dell'ago e lo premette con decisione facendolo penetrare in profondità nella pancia della sua vittima. . commentò sarcastico Leonardo, il terzo apprendista.
, chiese Martina ad un inserviente affacciato sulla porta d'ingresso alla sala. Questi ricomparve dopo poco portando uno sgabello di acciaio che porse alla ragazza. Lei lo posizionò tra le gambe divaricate di Claudia e ci si accomodò, come se dovesse sottoporla ad un esame ginecologico. Prelevato dal carrello l'ago già usato poco prima, con le dita della mano sinistra le divaricò l'orifizio anale, così da mettere bene in evidenza la rosetta di carne che lo coronava, e con la punta dell'ago iniziò a trafiggergliela ripetutamente. Claudia urlava e si irrigidiva, ma ogni suo sforzo per liberarsi ed ogni sua supplica erano vani. Da ogni nuova ferita che le veniva prodotta dall'ago, il sangue iniziava a fuoriuscire copioso, colando lungo i glutei ed i fianchi per poi gocciolare sul pavimento e mescolarsi con l'urina che nessuno aveva ancora ripulito.
Martina passò quindi a trafiggerle il rafe perineale, spostando l'ago un po' più in su ad ogni puntura che le praticava, fino a raggiungere la parte inferiore delle piccole labbra ed entrare nel vestibolo vaginale. , qui le urla di Claudia divennero ancora più acute. Il suo corpo era fradicio di sudore, come se fosse appena uscita dall'acqua, e nei pochi istanti in cui i muscoli non erano in tensione era scosso da tremori incontrollati.
Martina, per nulla impietosita dalle suppliche della sua vittima, ma anzi compiaciuta per il risultato ottenuto attraverso le sevizie che aveva escogitato, si soffermò a lungo a pungerle ripetutamente le piccole labbra, il vestibolo e l'orifizio vaginale. Essendo una regione del corpo femminile particolarmente irrorata dai vasi sanguigni, ogni lacerazione produceva una copiosa emorragia. Come tutto il pubblico presente, Mario, Paolo ed io osservavamo nello schermo davanti a noi ogni istante ed ogni dettaglio della tortura a cui era sottoposta Claudia. Le zone più intime del suo corpo erano oscenamente offerte agli sguardi indiscreti di una moltitudine di estranei, i quali non solo non provavano alcuna pietà per le crudeltà alle quali era sottoposta, ma godevano della sua sofferenza ed assaporavano ogni suo lamento.
, mi chiese Mario. Di cose "peggiori" gliene avrei potute elencare molte, ma la sua osservazione mi confermò ancora una volta quanto quell'uomo conoscesse bene il suo mestiere. . Una selva di braccia si alzarono immediatamente, e inaspettatamente anche il braccio di Paolo si alzò. gli domandai sottovoce. . . .
Lo stupro fu violento e brutale. Decine di mani e di bocche che impastavano, succhiavano, strizzavano, leccavano, pizzicavano, mordevano le sue carni già martoriate dalle tante torture subite. Dita, falli, lingue penetravano contemporaneamente tutti i suoi orifizi. Sdraiata sulla schiena, carponi, sollevata in piedi e premuta contro una parete, rivoltata sulla pancia, con le gambe sollevate in alto... nessuna posizione le venne risparmiata. Sia donne che uomini abusavano in ogni modo del suo corpo indifeso. Lei pareva una marionetta senza vita, provata da tutte le torture e gli abusi subiti e rassegnata a tutto quello che ancora avrebbe dovuto subire. Il suo corpo era fradicio di sudore, di saliva, di lacrime e di sperma che fluiva copiosamente dalla sua vagina, dal suo ano e dalla sua bocca ogni volta che il pene che l'aveva penetrata veniva estratto esausto dall'orifizio che aveva appena abusato. Lei che fino ad allora era stata posseduta soltanto da me era ora in balia di decine di giovani uomini che riversavano abbondantemente il loro sperma dentro di lei. Mi chiedevo che cosa potesse passare nella sua mente se fosse stata pienamente cosciente di ciò che stava subendo: orrore, disgusto, terrore... O forse anche un po' di piacere?
Le violenze si protrassero per molte ore, durante le quali Claudia più volte perse i sensi ed altrettante venne risvegliata a forza, per costringerla a vivere ogni istante di quell'inferno a cui era stata condannata. Come molti ragazzi, anche Paolo abusò più volte del suo corpo, penetrandola nella vagina, nell'ano ed anche nella bocca. Osservando gli occhi spalancati e persi nel vuoto di Claudia mentre lui la violentava, era chiaro che anche vedendolo non sarebbe stata in grado di capire.
Era ormai notte fonda quando la folla di stupratori, uomini e donne, si fu finalmente saziata di lei e la abbandonò priva di sensi al centro della stanza. Distesa a terra sulla schiena, come addormentata in un sonno profondo, il capo reclinato di lato, le braccia distese lungo i fianchi e le gambe dischiuse. Rimasi lì ad osservarla per alcuni minuti. Il suo corpo nudo, così sporco e martoriato, era l'oggetto più eccitante che avessi mai visto fino ad all'ora. "Sei proprio una lurida puttana Claudia. Da quanti giovani stalloni ti sei fatta chiavare oggi? Quante lesbiche hanno goduto di questo tuo corpo da troia così generosamente offerto? Mi piacerebbe vedere la tua faccia se ti dicessi che anche Paolo oggi ti ha fottuta come una schifosa sgualdrina. Non sai quanto ho goduto nel vederti soffrire mentre venivi torturata senza pietà; quando nuda e legata ti dimenavi per tentare di sottrarti alle frustate che ti laceravano le carni. Non sai quanto mi sono eccitato sentendoti urlare e vedendoti piangere disperata mentre supplicavi di smettere quei ragazzi che ti seviziavano e ti stupravano senza nessuna pietà...". Mentre questi pensieri affollavano la mia mente, quasi senza accorgermene mi calai i pantaloni e le mutante, mi sdraiai sopra di lei e la penetrai con una brutalità tale che mai avrei pensato di poter usare su di lei. Mentre il mio pene affondava nella sua vagina calda e fradicia di umori, ad ogni spinta percepivo sul mio viso il soffio del suo respiro caldo che veniva forzato fuori dai polmoni per il peso del mio corpo che gravava sul suo petto. Con le mani le afferrai i seni e glieli strinsi con forza, col desiderio di farle male, ma il risultato di quella mia crudeltà furono soltanto dei lievi gemiti. Al culmine dell'eccitazione, eiaculai un copioso fiotto di sperma nelle profondità del suo canale vaginale che andò a mescolarsi con quello rimasto ancora dentro di lei dei tanti uomini che quel giorno l'ebbero posseduta prima di me.