Tratto da:
Ciondolo d'oro: storie di un rent boy | qualunque cosa per il tuo piacere
di Bacchio Pilone
urly.it/3tk5t


La scuola superiore che avevo scelto mi limitava il tempo libero. Il Liceo Scientifico era una corsa allo studio e passavo interi pomeriggi a esercitarmi senza sosta. Il sabato uscivo con gli amici di sempre per una pizza o una serata in discoteca e la domenica dormivo fino a tardi per poi passare il pomeriggio a zonzo per il centro in una routine senza fine. Avevo conosciuto una ragazza che proveniva da un paese vicino. Ci piacevamo ma era una brava ragazza e non volevo ferirla. A me non interessava una storia d’amore, come la maggior parte dei miei coetanei, a me interessava solo scopare, di brutto. I professori non ci gratificavano molto, era un continuo incalzarci a rendere sempre di più, mentre io volevo anche divertirmi. 


Una prof in particolare mi era molto simpatica. Si era laureata da poco e già insegnava storia e geografia. Due materie che a me piacevano particolarmente e, pertanto, avevo un buon rapporto con lei e sentivo che le stavo simpatico. Una mattina organizzammo una festa in classe, non ricordo per quale motivo, con tanto di stereo per ballare. Le nostre compagne di classe avevano acquistato pasticcini e biscotti e noi maschi avevamo comprato acqua e bibite. Stavamo in grazia di Dio, visto che eravamo riusciti a non studiare quella mattina. La prof di geografia stava parlando con due ragazze e, di tanto in tanto, mi lanciava un’occhiata sorridendo. Mi avvicinai e le feci una battuta simpatica, lei mi accarezzò la spalla e mi disse qualcosa che non ricordo. Poi, io e le due ragazze, facemmo un commento su una nostra amica che stava ballando. Visto che aveva il seno grosso io dissi che aveva le tette buzzicone e, tra una risata e una pacca sulle braccia, ridemmo di gusto. 


Le due compagne di classe se ne andarono e rimasi con la prof che, prendendomi da parte, mi chiese: “che cosa vuol dire avere le tette buzzicone?” Io sorrisi e le dissi che voleva dire avere il seno grosso più del normale, ma che non era un’offesa, anzi. “E io? Ho le tette buzzicone anch’io?” Gliele guardai e lei rimase un po' in imbarazzo in attesa della mia risposta. “Mah, dovrei dare un’occhiata meglio” le risposi sbirciando dentro la camicetta e il tutto si concluse con una risata. 


Una mattina stavamo facendo lezione di religione. Bussa alla porta la bidella e chiede al prete se potessi uscire poiché ero atteso nella biblioteca della scuola per mettere a posto alcuni libri. Uscii volentieri. Entrai in biblioteca e vidi la prof di geografia che mi stava aspettando. “Buongiorno Bacchio, sapevo che avevate una materia leggera e ti ho fatto chiamare per aiutarmi a sistemare questa parte di libri che parlano di geografia, ti va?” “Certo prof, non mi sembra vero di esserle utile, poi la religione…una noia” Così cominciammo a sistemare i volumi e a parlare del più e del meno, stabilendo da subito un buon afflato. Di tanto in tato ci toccavamo, durante il percorso che ambedue facevamo e la situazione divenne subito calda. 


“Volevi dare una sbirciatina alle mie tette per vedere se sono buzzicone?” mi chiese d’impeto la prof. Io mi fermai di fronte a lei e le spostai leggermente la camicetta bianca, lei mi lasciò fare e le slacciai tre bottoncini di madreperla aprendo la camicetta in modo da far uscire i seni. Le palpai le tette con entrambe le mani e notai che stava ansimando. “Non sono buzzicone, sono bellissime” le dissi con un filo di voce rotta dall’eccitazione del momento. Le passai le mani dietro la schiena e sganciai il reggiseno, tornai davanti e cominciai a massaggiargliele. Mi avvicinai con le labbra alla sua bocca e la baciai leggermente, senza lingua. Mi lasciò fare e allora presi coraggio. Le infilai la lingua in bocca e limonammo lievemente girandoci intorno con le lingue viscose. Mi tocco l’uccello con le dita e poi con la mano, sentendo il duro pisello diventare duro. Mi slacciò il bottone e mi abbassò la zip dei blue jeans e con un rapido gesto estrasse il ciondolo d’oro dalle mutande. Lo teneva in mano e lo segava delicatamente. 


Poi si abbassò e lo prese in bocca, facendomi venire in meno di un minuto. Ingoiò il seme liquido e si ritrasse per permettermi di rivestirmi. Si ricompose e disse “Mi raccomando non dire niente a nessuno, altrimenti mi licenziano se sanno che ho fatto sesso con un alunno .” “Non dirò nulla, non si preoccupi, però ora dobbiamo fare sul serio” le dissi guardandola negli occhi. E lei “Bisogna creare l’occasione, lavoriamoci su.” L’occasione si presentò la settimana dopo. Dovevamo proiettare un film per il liceo e lei fece in modo di far sparire il cavo di alimentazione del proiettore e infilarmelo nello zaino. Poi mi informò di ciò che aveva fatto e organizzammo l’uscita dalla scuola proprio per cercare un cavo idoneo per la rappresentazione del giorno dopo. Uscimmo dalla scuola verso le dieci del mattino. Mi fece salire nella sua auto e poi, in maniera molto seducente, passò dal mio sedile in modo da sedersi sopra di me e, allargando le gambe, posizionarsi alla guida. Mentre mi passava sopra sentì le sue belle chiappe sedersi sopra al mio uccello. Aveva una gonna larga e le infilai la mano fra le cosce, capendo che non portava le mutandine. Mi eccitai tantissimo e temei che il cazzo mi scoppiasse. Giungemmo al suo appartamento e, in un battibaleno, mentre ci baciavamo e ci toccavamo, ci ritrovammo nudi nel suo letto. Voleva prendermelo in bocca ma io la volevo possedere subito, quindi le allargai la fica bagnata e la infilai con tutta la potenza che potei, facendole emettere un grido di piacere. Mentre la scopavo mi chiese di chiamarla puttana, troia, vacca, poiché era sposata e stava facendo cornuto quel povero ragazzo. La scopai fortemente facendola venire più volte, mentre ci leccavamo la bocca e la lingua a vicenda. Poi la misi a pecorina e la infilai ancora come un forsennato. Mentre spingevo fortemente dentro la sua fica, il cazzo mi scivolò ed entro nel buco del culo, così all’improvviso che lei urlò di dolore e piacere allo stesso tempo. Poi ancora nella fica e poi ancora nel culo, sembrava non dovesse finire più questa scopata. “Così mi uccidi, figlio di puttana” e intanto ridacchiava. Poi si voltò e mi supplicò di scoparla in bocca. La feci mettere a faccia in su nel lato del letto, con la testa rivolta verso il pavimento, di lato al materasso e le infilai il pisellone in bocca fino a farla soffocare. La pompai parecchio mentre la sditalinavo e poi le sborrai direttamente nell’esofago, provocandole tre colpi di tosse e un breve conato di vomito. Ci ricomponemmo velocemente e tornammo a scuola. Lungo il viaggio non parlammo, mentre lei tenne la mano sopra alla mia coscia per tutto il tragitto. Ci rivedemmo altre volte, nel pomeriggio. Lunghe scopate e lunghe chiacchierate. Era davvero una donna speciale.

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