Quella sera provai il confessionale del Red Pleasure. All'apparenza sembrava un confessionale vero ma in realtà era solo uno spazio usato per raccontare le storielle più porche a sconosciuti. Era in una stanza a parte protetta dai decibel della musica. Ricordo il cestino pieno di fazzolettini e la vocetta di un uomo timido e tanto eccitato che proveniva dall'altra parte dell'elegante divisorio in finto legno.


"Come ti chiami cara?"


"Mi chiamo Aida padre. Ed ho peccato tanto."


Improvvisai. Inventai una bella storiella. Gli parlai di me, di mia sorella, e dei nostri spettacolini. Raccontai di quando giravamo mezze nude davanti ad un mio zio che prendeva l'invalidità perchè cieco ed una volta facemmo addirittura la doccia davanti a lui. Gli sbattemmo i nostri culi insaponati di sode diciottenni davanti ai suoi occhi che in realtà vedevano benissimo. Erano balle che eccitavano me e soprattutto l'uomo con cui stavo condividendo il confessionale che diventò una specie di gloryhole quando da una botolina del divisorio uscì un grosso membro dritto. Quell'uomo dalla vocina così timida era davvero ben piazzato. Mi sborrò in faccia. Mi ringraziò, mi disse che era stato bello e poi lui ed il suo grosso cazzone sparirono.


Era l'una e mezza di notte ed io tornavo in pista. La musica, le luci, il caldo e l'eccitazione davano forma e sostanza alla mia felicità. Ridevo e ballavo con le mie amiche ed un uomo aveva iniziato a puntarmi. Si era fatto sempre più vicino tanto che lo avevo dietro e sentivo il suo pacco che seguiva i movimenti del mio culo. Era un bel ragazzo che prese il coraggio sufficiente per parlarmi all'orecchio. Vi riporto quello che penso di aver capito nonostante la musica.


"Come ti chiami bella puledra? Mi fai un sangue assurdo."


Era italiano. Chissà se era bravo a scopare più di Rico. L'avrei certamente scoperto se non fossi stata una cogliona dal cuore troppo buono. Nonostante le offese che avevo ricevuto ogni tanto cercavo con gli occhi la signora Silvana, mi ero promessa di ignorarla ma non ci riuscivo. La vedevo che piangeva ubriaca e triste accasciata su un divanetto mentre io mi stavo divertendo. Mi faceva pena, non potevo farci niente.


Alcuni dicevano che il Red Pleasure era come una giungla popolata da predatori e prede. Quella sera mi resi conto di quanto fosse vero. Quando vidi Rico avvicinarsi alla signora Silvana pensai volesse solamente fare il suo lavoro come membro della sicurezza. Le parlò, non so cosa le disse perchè c'era troppa musica e troppo casino. Vidi però che lui la convinse in qualche modo a spostarsi in un ambiente più tranquillo. Quel porco la stava portando verso le salette private. Non penso di dovervi spiegare a cosa servissero. Què gran cerdo! Il veloce lavoro di ristrutturazione che io e le mie amiche avevamo realizzato su quella apprensiva madre di famiglia l'aveva resa una preda appetibile per quell'ingordo scopatore peruviano.


Dovevo seguirli, fu più forte di me. Mollai di nuovo le mie amiche e quel ragazzo che mi stava incollato al culo. Mi avventurai tra le salette private che di privato avevano ben poco. Era facile sbirciare dentro quelli che erano poco più che camerini chiusi solo da delle tende. Era facile anche sentire i gemiti ed i versi animaleschi di chi li usava dato che lì la musica arrivava molto meno che in sala. Dovetti scostare leggermente la tenda di un gruppetto che faceva cose a tre e poi quella di due ragazze occupate a sforbiciare prima di spiare dentro il camerino giusto. Ero arrivata mentre Rico stava schiacciando la signora Silvana contro una parete, le aveva tolto già la minigonna inguinale ed aveva già strappato i suoi pantacollant. Lei si reggeva tenendosi agli appendiabiti fissati al muro mentre lui la teneva per le cosce. Nonostante la posizione non fosse una delle più comode vedevo lei godere parecchio. Penso fosse da troppo tempo che la signora non avesse un rapporto fisico con un uomo.


Mi stavo eccitando tanto facendo la guardona. Non pensavo fosse possibile ma la situazione divenne ancora più incandescente. Il mio telefono vibrò, quando vidi il numero di chi mi stava chiamando sbiancai. Era il signor Cristiano, il marito della signora Silvana. Sudai freddo, il cuore mi batteva forte. L'eccitazione fa fare cose stupide. Risposi.


"Hola signor Cristiano. Come mai mi chiama a quest'ora? Què pasa?"


Il marito era all'oscuro di tutto. Non sapeva che la moglie era venuta al Red Pleasure a cercare suo figlio infognato con chissà quale fetish. Mi aveva telefonato per chiedermi se per caso sapessi dove fossero entrambi. Dalla voce mi sembrava preoccupato. Dovevo pensare in fretta, avrei voluto inventare una balla che lo rassicurasse almeno un po' ma ero troppo eccitata per dire qualcosa di valido. Con una mano tenevo il telefono e con l'altra mi accarezzavo la figa. Ero umida e frugavo senza sosta dentro i miei shorts di jeans elasticizzati. Avevo due mani ma io ne sentivo una terza finire sul mio culo. Il ragazzo italiano mi aveva raggiunta. Mi spiaceva per il signor Cristiano ma dovevo riattacare.


"Mi dispiace signor Cristiano. Non la posso aiutare. Sono in giro con le mie amiche e... però se so qualcosa la chiamo."


Gli attaccai praticamente il telefono in faccia. Ma non avevo tempo per pensarci. Le mani su di me erano aumentate e non erano più quelle del ragazzo italiano. Due uomini del servizio d'ordine mi erano addosso, altri due italiani.


"Ci manda Rico. Dice che sei da provare."


Vaya mierda! Che grandissimo stronzo Rico! Era corso a raccontare i particolari del nostro incontro a quei maiali dei suoi colleghi per farsi bello e due di loro mi erano venuti a cercare. Non lo so per certo ma penso siano stati loro ad aver allontanato il ragazzo che mi stava accarezzando prima. Erano particolarmente su di giri, mi palpavano dappertutto. Uno dei due mise una mano dentro ai miei shorts ed io ero bagnata e disponibile.


La mia prima volta con due uomini. Due sconosciuti che mi presero letteralmente di peso e mi portarono nel camerino affianco a quello dove Rico stava facendosi la signora Silvana. Che esperienza! All'inizio pensavo di essere sola contro loro due ma non era così. Da me in Colombia si dice "Cada uno a lo suyo" ovvero ognuno per sè. Entrambi facevano a gara a tirare fuori il cazzo prima dell'altro. Fingevano complicità ma erano rivali. Io li segavo e li spompinavo. Se uno dei due avvicinava a me la cappella di un millimetro, l'altro la avvicinava alla mia faccia di due. Quando i loro cazzi erano diventati unti, dritti e pronti al punto giusto temevo il peggio. Sapevo mi sarebbero saltati addosso da un momento all'altro. Si avventarono su di me schiacciadomi sul lettino per arrivare primi sul mio corpo ed afferrare più tette e più culo possibile. Quella concitata confusione però durò poco. Quando il primo mi entrò in figa il secondo me lo spinse nel culo. Non fu particolarmente doloroso quel rapporto anale anche perchè nei miei momenti di intimità avevo già messo alla prova quel mio buco così privato e nascosto. Devo ammettere però che fu molto più piacevole sentire il duro bastone di carne di quel buttauori rispetto alle sensazioni dei grossi cetrioli che mi mettevo a casa da sola.


Scopammo tutti e tre di brutto tanto che alla fine la brandina su cui eravano si ruppe. Colpa mia che stavo rimalzando con troppa foga sul cazzone che avevo sotto ma non potevo fare diversamente. Stavo arrivando all'orgasmo e non capivo più niente. Finimmo di fare sesso praticamente a terra. Quello che mi stava farcendo il culo voleva schizzare sul mio sedere ma il grosso del suo seme finì sulla mia schiena, quello che stava sotto mi lordò l'addome. I loro corpi sudati iniziavano a darmi fastidio, per fortuna se ne andarono poco dopo.


"Ciao bella!"


Mi chiesi se il passaparola tra i colleghi di Rico avesse potuto portare da me altri buttafuori infoiati. Di certo non sarei stata pronta. Ero uno schifo col trucco ed i capelli sfatti. E poi puzzavo di sudore e sborra. Dovevo andare a darmi una sistemata. Uscita dal camerino vidi la tenda scostata di dove Rico aveva portato la signora Silvana. Non c'era più nessuno. A dirmi dove fosse la signora furono le mie due amiche.


"Ci ha detto che andava al cesso. Ha detto che tutti quei chupitos alla pera gli hanno fatto male alla pancia."


"Sapete se è entrata nei cessi normali o è entrata negli altri?"


"Quali altri? Di cosa parli?"


So io di cosa stavo parlando. I cessi al Red Pleasure non erano tutti uguali. C'erano le vere toilette e poi c'erano le altre, quelle per i veri feticisti della merda. Siete liberi di non crederci ma c'erano persone (quasi sempre uomini) che pagavano per venire chiuse un paio di ore sotto al pavimento e vivere l'esperienza di essere un vero cesso. Io stessa quando venni a sapere di questi uomini che si facevano "tumulare" per attendere un culo che urinasse (o peggio cagasse) su di loro non ci potevo credere. Eppure c'era qualcuno che aveva la passione per queste cose. Non credo però che la signora Silvana sarebbe stata contenta di fare i suoi bisogni su qualcuno. Mi dicevo che non era possibile che fosse così ubriaca da non essersi resa conto di entrare in quelle toilette particolari. C'era pure la scritta SCAT TOILETTE con tanto di simbolo della popò sulla porta d'ingresso col maniglione antipanico. Bisognava essere veramente fusi per non accorgersi di nulla. Lei purtroppo lo era. Era entrata. La trovai quando sbirciai sotto tutte le porte delle cabine wc e vidi le scarpe col tacco che le avevo dato io.


Fui imbarazzata ascoltatrice del concertino che la signora improvvisò.


PRROOTT PRROOOTT


Una serie di scoregge belle potenti poi ci fu il silenzio. Bussai.


"Signora Silvana... sono Aida. Todo bien?"


Nessuna risposta. Riprovai.


"Signora Silvana?"


Bussai un po' più forte e la porta da chiusa divenne socchiusa. La signora era talmente ubriaca da non aver avuto la lucidità di chiudere la cabina wc dall'interno. Entrai. Lei era appoggiata con la testa ad una parete di quel limitato spazio. Era cotta. Fiaccata dall'alcool, dall'ora tarda e dall'intenso incontro sessuale avuto con Rico. Credo non sapesse nemmeno più dove fosse, si stava addormentando nonostante la puzza di merda che c'era.


"Signora sono Aida. Non può stare qui. Questa non è la toilette che crede lei. Adesso la aiuto a..."


Le diedi alcuni schiaffetti. Non rinveniva ed io non sapevo che fare. Anzi una cosa la feci. Guardai giù nello scarico del water per un secondo. Un gesto istintivo che fanno tutti. Non l'avessi mai fatto! Senza saperlo la signora Silvana aveva trovato suo figlio. In mezzo a tutta quella merda c'era la faccia di Niccolò.


Vorrei potervi dire che quella notte passata al Red Pleasure ha avuto un lieto fine per tutti ma mentirei. La serata mia e delle mie amiche fu rovinata, abbiamo dovuto vegliare la signora sbronza e lasciarla davanti casa all'alba dopo averla aiutata a riavere un aspetto presentabile. Non so che scusa abbia inventato per il marito. Non so neppure come tornò a casa Niccolò. Dopo quella sera io non lavorai più a casa di quella famiglia, ci lavorò però una mia amica che mi disse che il figlio da quella volta non se la passò bene.


Per lui il sogno di essere un cagatoio per donne era diventato un incubo. Non era successo quello che capita in tanti racconti zozzi in cui madre e figlio vivono particolari momenti insieme. Fare quel gioco erotico con sua mamma, vederla sedersi sopra di lui e farsi concimare da lei lo aveva traumatizzato. Niccolò aveva iniziato a svegliarsi nel cuore della notte ed ad urlare frasi di ogni tipo tanto che i suoi genitori lo fecero seguire da una psicologa e poi da una psicoterapeuta. Segue una terapia ancora oggi. Non so se Niccolò ha avuto il coraggio di confessare alla sua terapista cosa successe quella notte. Non credo. E penso che neppure la signora Silvana sappia la verità. Forse è meglio così. Sapere di essere la causa del trauma di suo figlio la devasterebbe.


Nè lei nè Niccolò misero mai più piede al Red Pleasure. L'ho sempre pensato che non fosse un locale per tutti. Troppo sesso, troppe perversioni. Troppi segreti. 

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