Prima di raccontarvi la mia storia, reale seppur ampiamente romanzata e arricchita, è bene che mi descriva: mi chiamo Alessio, ho ventitré anni e un corpo androgino, glabro, capelli biondi dal taglio boyish. In passato ero sovrappeso, ma sebbene sia dimagrito, ho conservato, sotto a una vita elastica e flessibile, una certa rotondità del culo e delle cosce, molto apprezzata dagli uomini. 


Nessuno, dico nessuno, salvo alcuni maschi perversi e qualche lenone, sospetterebbe che sotto le mie grazie, apparentemente ingenue, si celi in realtà una schiavetta desiderosa di essere presa con forza da soggetti loschi e virili. 


Infatti, come molte femminucce, sono fortemente attratta da spacciatori, tamarri palestrati, barboni, vecchi porci e papponi, che nelle mie fantasie mi fanno battere, mi schiavizzano, mi sodomizzano, mi sputano addosso e mi sbattono in luoghi equivoci. Il mio cervello va in "crash" non appena mi trovo davanti a una grossa nerchia pulsante e a delle palle gonfie e pelose. Il cazzo mi ipnotizza, trasformandomi in una bambola gonfiabile pronta all'uso, anche il più sporco. 


Una sera mi aggiravo per una discoteca, precisamente un venerdì sera, quando si riempiono di uomini maturi e divorziati vari in cerca di una scopata facile. Ero vestita da puttana: tacchi da cubista e autoreggenti nere a rete, quando mi arrivò una fortissima sculacciata che mi spinse in avanti e mi fece scappare un gridolino. Mi voltai di scatto e lo vidi. Era Marco, il mio vicino di casa e, per giunta, l'acerrimo nemico di mio padre.  


I due, infatti, non si potevano vedere a causa della seguente lite condominiale: Marco era solito portarsi a casa donne sempre diverse, che scopava come un toro a giudicare dalle grida emesse da queste, che turbavano il sonno dei miei genitori e di altri inquilini. Le lamentele di mio padre e le reazioni arroganti di Marco li condussero quasi alle mani se non fosse stato per il rapido intervento di altri condomini. Da allora, tra i due, era sceso il gelo. Quando lo incontravo per le scale o nell'androne del palazzo, l'uomo non mi degnava di uno sguardo e tirava dritto. 


Inutile dire che Marco mi aveva sempre eccitato. Alto, muscoloso, dalla carnagione scura, con due baffi che lo facevano assomigliare al capo di un cartello della droga sudamericano e il tatuaggio di un serpente lungo tutto l'avanbraccio. Era il classico maturo desiderato dalle femminucce come me. Inoltre, giravano voci su un suo passato non proprio lindo, fatto di risse e gioco d'azzardo… il che me lo rendeva ancora più eccitante. Durante le notti in cui scopava, ascoltando i suoi grugniti e le urla di piacere della ragazza di turno (solitamente si trattava di ragazze della mia età, probabilmente prostitute), mi scuotevo il cazzetto immaginandomi al loro posto, sconquassato e penetrato dal cazzone di Marco. 


Ma torniamo alla discoteca. Quella sera, il mio vicino, sembrava parecchio ubriaco. Con le sue manone mi stringeva i fianchi, mi tirava a sé, mi toccava le cosce, per via della penombra e del trucco abbondante non sembrò riconoscermi. Decisi di approfittarne. Era la mia occasione per assaggiare un po' di quella mascolinità esuberante. Non avrei avuto altre occasioni e, con un po' di fortuna, per via della sbronza, avrebbe dimenticato quasi tutto. 


Marco mi tirava verso il bagno, ma era troppo illuminato, quindi rischioso, dunque, con alcuni movimenti di bacino sul suo cazzone duro, che emergeva prepotentemente da sotto i pantaloni, senza troppa fatica riuscii a portarlo in un angolo scuro del locale, in prossimità di un guardaroba incustodito.  


Mi inginocchiai sul pavimento con fatica, a causa della gonna troppo succinta, gli slacciai i pantaloni, scostai le mutande e vidi saltare fuori un grosso cazzo che mi sbattè sul mento. Presi a pompare quella minchia a più non posso, muovendo con foga la lingua attorno al cappellone. Sentivo la pressione delle sue mani premermi sulla nuca, tant'è che, a un certo punto, siccome ero senza fiato, forzai la sua presa per liberarmi la bocca e riprendere fiato con un profondo sospiro. 


Marco, nel frattempo, mi ripeteva frasi come "succhia stronza" e "lurida puttana". La combinazione di pompino, insulti e trasgressione, mi fece bagnare le mutandine almeno tre volte. Ormai era lui a dominare la situazione. Sentivo le sue palle gonfie e dalla lieve peluria sbattere contro il mio labbro inferiore, mentre sulla lingua avevo il sapore pungente del precum e del sudore. 


Mi sparò il suo liquido seminale direttamente in gola, causandomi colpi di tosse e singhiozzi. Nel rimuoverlo rapidamente dalla mia bocca, alcuni schizzi, che quel cazzone non smetteva di eruttare, mi presero in pieno volto. Rimasi ferma ai suoi piedi, godendomi il sapore dello sperma, la saliva ai lati della bocca e la consapevolezza di aver appena fatto un pompino all'uomo delle mie fantasie più torbide. 


Poi, accadde qualcosa che non avevo previsto, Marco mi scattò alcune foto col cellulare. Inebetito dal piacere, i vari flash mi sorpresero come fulmini. Lo sentii armeggiare con la zip dei pantaloni e andarsene. Quando tornai in me, terrorizzato dalla prospettiva di essere riconosciuto, mi precipitai a casa. I miei genitori erano fuori per il fine settimana, così ebbi tempo per rassettarmi e ragionare a mente lucida. Mi dissi che con tutto quel trucco non mi avrebbe comunque riconosciuto. Alla fine, mi abbandonai a un sonno ristoratore.

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