Ciao cari/care, ho riscritto questa storia nata in prima persona, in modo che io possa essere in seconda persona privilegiando il punto di vista di mio figlio, immaginandomi cosa abbia pensato all'epoca dei fatti. Ci è voluto. Consideratelo una sorta di prequel... Spero vi piaccia. Elisa.


Era difficile far finta di niente dopo quella sera..
Ma facciamo un passo indietro. Un mese prima della svolta ero immerso in una notte rosa, con il mio gruppo di amici e amiche in uno dei tanti locali della riviera adriatica in cerca di spensieratezza.
Mi ero lasciato da poco con Luisa e i miei amici mi vollero a tutti i costi in quel trambusto. Al terzo americano la testa era già mezza andata, e l’ebbrezza alcolica mi fece salire una voglia di ridere e divertirmi che non sentivo da un po'.
Federica, un'amica di vecchia data, tra noi non esistono segreti, mi si avvicinò bella pimpante e prendendomi sotto braccio: “occhio non sei solo...”
“Luisa? Versione single?” “Acqua, acqua...”
La guardai in tralice con espressione interrogativa, l'euforia dell'alcool enfatizzava i miei movimenti.
“La fata turchina?"
“Eh... direi più ‘aggressive’...”
“Ooooh yess.. Quindi è una donna... Bella?”
“Beh, da quello che sento qualcuno se la spolperebbe viva!”
“Questo si che è ‘aggressive’!”
“Io me la farei?”
Federica mi diede una gomitata sulle costole, poi scoppiò a ridere.
“Ah non so, ma non mi stupirebbe, anzi per come ti conosco, è già tanto se non le hai dato una ripassatina!”
“Quindi è una bonazza... Anna Giulia?”
“Acqua, ragazzo acqua!”
“Ecco brava, te la fai una bevuta con me?”
“Si, ma l'ultima e leggera che già mi sembri provato... Eeeh la vecchiaia, brutta bestia eh?”
“A 25 anni mi difendo alla grande”
“Si si, andiamo va... Toh! Tombeur de femme: guarda quella laggiù che culo cha ha!”
Riferito a una tipa di spalle, la quale aspettava al bancone del bar chissà che strano intruglio. I pantaloni di pelle abbracciavano un culo stupendo, un abbraccio liscio e pulito dove il perizoma sarà stato un filo tra le chiappe .
“Da punire come dico io!”
E battendo le mani, proruppe in una risata: “Bingoooo! Te l'ho mai detto che sei un
porco meraviglioso?”
Le risi in faccia: “Da sempre!”
“Ti piacciono i culi belli come quello, eh?”
Le sorrisi, fissandola.
“Guarda là, magari aspetta te...”
Continuando a sorridere tornai in cerca di quella bella visione fra la gente che passava di continuo, la trovai, le confermai che per me era un bellissimo culo di una con tacco dodici e con la testa abbassata sul bancone: “Che fa si confessa?”.
Lei si fermò, mi guardò perplessa e stringendomi la mano: “Che tu voglia farci qualcosina è come dire, intrigante dai, ma davvero non l’hai riconosciuta o mi prendi in giro?”
Mi girai incuriosito e allargai lo sguardo al resto del corpo. Quando raggiunsi quel caschetto nero strinsi gli occhi. Poi la ‘ragazza’ si voltò per chiamare qualcuno e rimasi di sasso.
“Ma cazzo, sei una stronza!”
Lei rideva ma guardandomi di traverso: “si certo, scoperesti tua madre e io sono la stronza!”
“Ho capito, lo sai che è giovane, mi indichi il culo di una di spalle, la testa abbassata, io sul momento non le ho fatto una TAC completa...”
“Stasera prima di rincasare stiamo un po' insieme così non le salti addosso”
“Ma smettila”
“Avresti dovuto vedere la tua faccia la prima volta che te l'ho indicato:
scommetto che stava per venirti duro!”
“Ma vai a cagare! Però cazzo: mia madre!”
“Eh eh, porco!”
“Dai gira sennò se mi vede mi s'incolla addosso.”
“È una donna fortunata: ce l'avessi io in casa uno così!”
“Ma noi scopiamo lo stesso se ti va.”
“Vuoi mettere, scegliere tra letto o divano invece che aspettare una casa libera?” “Te la passi così male? Non avevi casa dei tuoi nonni?”
“Affittata da due mesi!”
“Ops"
“Balliamo?”
“Balliamo".
La serata proseguì tranquilla fino a quando mia madre non mi vide. Era un po' su di giri anche lei. Non mi sfuggì lo sguardo di Andrea: a proposito di spolparsi qualcuno, scommetto che Federica parlava di lui prima. Con le ragazze ci sa fare e di solito non sbava, ma si stava scopando mia madre cogli occhi, senza premurarsi di nasconderlo troppo. Erano le tre, decidemmo di tornarcene a casa previa tappa cappuccino.
Le tre donne, quattro con mia madre che salutate le due amiche è rimasta con noi, ci facevano fare bella figura e fingevano d’essere le nostre badanti quando esageravamo con l'alcool.
Al tavolo del bar, parlottammo del più e del meno, Andrea tra una battuta e l'altra faceva rotolare le pupille sugli aderenti pantaloni in pelle nera di mia madre e i suoi vertiginosi tacchi. In fondo ciò mi rendeva orgoglioso, fosse stata brutta
non l'avrebbe desiderata nessuno. Salimmo in auto e tornati a casa ringraziammo l'altissimo di non essere stati fermati dalla polizia: due pattuglie lungo il tragitto! Mia madre aveva occhi piccoli e lucidi e io ancora percepivo un leggero effetto alcolico nei movimenti.
In casa mamma si accasciò sul divano. Mi sedetti accanto a lei. “Non ho più l'età, sento ancora le bevute...”
Le tolsi le scarpe,
Mi ringraziò. Appoggiò la testa sul bracciolo del sofà, io andai a infilarmi un pigiama. La ritrovai spalmata come la nutella sul pane. Mi venne un sorriso, un lontano senso di protezione nei confronti dell'unica persona che in milioni di modi ha dimostrato il suo amore per me. Mi scattò l'attimo del cavaliere e la tirai su di forza. Tra le mie braccia mi guardò meravigliosamente assonnata, poi
appoggiò la testa sul mio petto.
L’adagiai delicatamente sul suo talamo matrimoniale.
“Aiutami tesoro, ti prego sono sfinita”. Così l'aiutai a togliersi la maglia e quei pantaloni in pelle che parevano attaccati alle gambe.
“Questa però sei in grado di metterla da sola o vuoi un pigiama?", dandole la
camicetta da notte. Alzatasi, un caschetto spettinato su una faccia assonnata, mi resi conto della difficoltà, seppur suo figlio, di guardare altrove: il suo fisico è un gran piacere da guardare!
165 centimetri di bellezza, mora, pelle liscia, un milligrammo di cellulite distribuito equamente sui fianchi, un seno contenuto, niente quinta ma ancora si difende bene dalla forza di gravità.
Però il punto forte è il sedere, da lì a scendere fino ai piedi è una goduria: culo prominente e sodo, cosce tornite e gambe sinuose in caviglie eleganti e piedi curati.
Una modella? No, le modelle sono magre come chiodi, senza forme, un bel viso in un corpo portaoggetti. Preferisco le donne sportive o le intellettuali con un chilo in più, che spesso si fanno belle camminate e curano l'alimentazione e non
di rado si ritrovano dei fisici che son grazie del Signore! Vi garantisco che non è facile nemmeno per un figlio sapere che una figa del genere non te la puoi fare, dato che è tua madre, che le vuoi bene e ti accontenti di farle sentire il pacco quando ti abbraccia, o massaggiarla con solo intimo addosso quando hai la fortuna che te lo chiede.
Per le madri è più facile, loro non hanno il testosterone e molte ti vedono sempre come un ! La stanza rimase al buio, come capitato altre volte rimasi a farle compagnia nel lettone. Sotto le coperte scambiammo due parole per poi addormentarci come sassi.
La vescica bussò che fuori era giorno fatto anche se reso cupo da nuvoloni neri. Realizzai la mia posizione appena il sonno stava aprendo una parentesi:
quasi attaccato a lei, il suo viso a dieci centimetri dal mio, ora sentivo il suo ancor pesante respiro sul mio viso, il mio braccio destro sul suo fianco e le nostre gambe vicinissime in un groviglio di caviglie.
Riuscii a mettere a fuoco la vista: togliere il braccio fu facile ma liberare le gambe no, appena tentai mi rifilò una ginocchiata a pochi centimetri dal pube. Si avvicinò ancora biascicando ma voi uomini sapete come è l'uccello quando ti alzi dal letto per pisciare...
Così la coscia di mia madre si fermò quando incontrò il cazzo duro: “devo andare in bagno”. Per una frazione di secondo sentii un aumento di pressione poi allontanò la gamba e con un sonnolento sorriso m’abbracciò e stampò un bacino fugace sulle labbra “mm, vai".
Non mollava la presa e un largo sorriso le illuminò il volto.
“Ho freddo, torna".
“Se mi liberi...” riferendomi alle sue braccia intorno al mio collo.
“Sei una stufa, senti che roba!”
“Dai ma'!”
Inscenammo una piccola lotta, chiaramente vinsi io però il mio cazzo non mancò di strisciare sulle sue gambe alcune volte. La sormontai, il cazzo duro a sfiorarle la topa.
“Ok ok, mi arrendo, vai!” ridendo sotto me.
Mi stavo eccitando, ma provavo un indicibile mix di vergogna e voglia di farglielo sentire. Alla fine mi alzai ma nel farlo scesi qualche centimetro come per darmi la spinta e non ebbi nessun dubbio che lei sentì il randello da quelle parti.
Non solo anche io sentii il muro di carne, lei per un attimo spalancò gli occhi accennando un mezzo sorriso: “Ehm... Non dovevi andare in bagno?”
“Vado".
Fu terribilmente strano e difficile togliere il cazzo appoggiato sulla sua intimità. 
Pisciai ma avevo voglia di segarmi.
Sarebbe stato meglio così, magari si sarebbe spento quel lumicino di eccitazione nuova, quell'insolito desiderio di fottere mia madre.
Invece tutto finì a tè verde e la telefonata della nonna che ci invitava a pranzo. Mamma fece finta di niente tutto il giorno ma notai che era più aperta del solito
con me, in battute e coi gesti.
E tra uno struscio e risolini su battute doppio senso, arrivammo a venerdì scorso. Io me ne sarei andato a farmi una pizza tra colleghi, lei non si sbilanciò, non so se avesse un appuntamento galante, di fatto il bagno era suo monopolio.
Bussai: ”Si?”
“Hai fatto? Mi serve il profumo”
“Bè? Entra e prenditelo”
Aperta la porta mi venne spontaneo esclamare: “oh cazzo!"
“Che c'è?”
“Mamma scusa mi pareva avessi detto che potevo entrare...”
“Infatti”
“bè...” indicai la sua figura implicitamente riferendomi alla sua mise.
“Se non hai il permesso tu, chi? Sei mio figlio e grandicello ormai...”
“Mamma hai solo il perizoma e nemmeno un reggiseno addosso, di solito
t'incavoli se entro senza bussare”
“Appunto, mica sono proprio nuda, che pure quello poi... Se non mi sento libera con te, è finita. Poi, mi scusi bell'uomo: faccio così schifo?”
“È per tutt'altro motivo che glielo faccio notare mia signora: siete sì ricca di virtude et una tale gioia pe l'occhi che se madre mia non foste, pure la vergin Maria ignorosse lo bene che vi farei...”
Le fissai il culo, un sorrisone le illuminò il viso.
“Dai scemo, prendi il profumo e smettila di illudere questa vecchietta”
“Vecchietta un corno, trovatene uno bravo che se qualcuno ti fa tornare con un capello fuori posto gli spacco il cranio"
“Ehi calma bodyguard, dove pensi di andare senza darmi un bacio?"
“Solo uno?”
“Ah, io sono qui, anzi fai il bravo, chiudimi sto accidenti di reggiseno che sarà bello ma il più odioso da chiudere... MI sa che è difettoso.”
Disse rivolta allo specchio, il rossetto chiaro che seguiva la linea labiale.
L'avvicinai di lato, una mano dietro la schiena, un bacio sulla guancia, poi l'aiutai a chiudere il reggiseno. Notai che effettivamente aveva una chiusura un po' difettosa..
“mm” vibrò fra le labbra.
Come ad esprimere una sufficienza stentata. Allora tornai alla carica leccandole un orecchio e ciò che doveva essere giocoso virò sul sensuale. La sua pelle divenne una buccia d'arancia, soffocò un gemito e mi strinse il polso per poi allontanarlo come fosse bollente.
“Ok, ora vai...”
Obbedendo uscii in silenzio e nel tragitto in auto fino all'incontro con i colleghi, rimuginai sul mio turbamento nello scorgere i suoi capezzoli appuntiti dietro il pizzo del reggiseno.
Verso mezzanotte, una chat mammosa: “A casa!”
“Serata in bianco?”
“Meglio sola che male accompagnata.”
“Paolo?”
“Lui"
“Ti tocca restare ancora col bimbo” :)
“Se si accontenta del latte"
“Tienilo al caldo che tra un po' arrivo”
“37 gradi, fresco di serata by Mamy, il ragazzo lo gradisce in tazza piccola o grande? ”
“Perché sporcare? Non si potrebbe direttamente dalla fonte?” :)
“Sei davvero tremendo!”
"Come non detto!”
“Ti sei già arreso? Peccato! Ora vai. A dopo se resisto, Mamy”
“Mamymia?”
“Mamytua!" rispose.
“Ok a dopo"
"Smack"
“Preso"
“???” “il bacio, tonto!”
“slurp"
“str..!”
“TVTB vecchia"
“TA ragazzo”.
Rientrai nel ristorante e rimasi un'altra mezzora coi miei colleghi che pensavano scambiassi messaggi con qualche “amica". Il cappuccino after dinner di Franco, de
gustibus, mi catapultò sulla battuta di poco prima di salutarci: “a 37 gradi fresco di serata by Mamy”.
Poverina: una bella donna che vive col figlio grande, sfigata cogli uomini, che per sentirsi allegra in una serata di merda, fa battutine a sfondo sessuale... Al figlio stesso!!
Ma cosa potevo fare per tirarla un po' su? Fosse stata un'amica avrei studiato di tutto e già inzuppato il biscotto ma... Mia madre! Mi domandai quanto perverso fosse pensarla sotto i miei colpi, o mentre me lo succhiava o le sborravo in faccia... E in mezzo ai colleghi m'accorsi di avere un'erezione, e andai nel pallone in un vortice di turpe lussuria, fantasticando di venirle in pieno volto.
Il sabato successivo me ne stavo comodo in sala a menarmelo che dopo l’ennesima lite con Luisa avevo le palle piene e bisognose di un ritorno alle danze! Avete presente quella postura da ebete, rilassato sul divano col cazzo duro in mano e le gambe a compasso?
Eccomi là, mentre non molto lontano dalla venuta, mi stiravo l'uccello per il gusto di sentirlo di marmo e vederlo duro e lucido, la pelle tirata con un glande rosso scuro. Ero mezzo perso nelle mie fantasie erotiche quando mi parve di sentire un suono ovattato di passi. Mi misi in pre allarme, ma non udii altri rumori.
Tornai ad appoggiare la testa sul divano: avevo un'erezione che non ne voleva sapere di scendere.
Segavo con lentezza e tiravo la pelle verso il basso per stimolare il piacere quando come una doccia fredda una voce stridula irruppe nella stanza:
“Ma insomma!” sbottò mia madre.
Rimasi impietrito per alcuni millisecondi per capire se sognavo o era proprio lei che, svegliatasi, dalla camera era entrata in sala e se ne stava impalata  guardandomi dappertutto tranne che negli occhi.
“No ma fai come se non ci fossi... Copritiiii!”
“Scusa mamma!”
L'erezione iniziò a perdere vigore ma l'arnese era ancora impettito, quando alzatomi cercai di rimettermi le mutande. Ovviamente non riuscivo a metterlo
bene dentro. Notai che i suoi occhi erano puntati sul mio pacco. Solo in quel momento vidi che indossava una maglietta leggera che le copriva a malapena le mutande, inguainate in collant color carne.
“Dobbiamo parlare ragazzo”.
Si avvicinò con passo felino e ovattato dai collant: ecco perché non l'avevo sentita entrare!
"Senti, capisco tutto, ma datti una regolata: guarda che è imbarazzante!”
“Mamma scusa avevo...”
“shhhh... hai 25 anni, non devi giustificarti. Però sta attento, la casa è piccola e io vorrei girare tranquillamente senza per forza trovarmi davanti...” fece indicando i miei genitali.
“Ok, starò più attento”
“Mi sa che ho interrotto qualcosa di forte: oh ma non s'arrende?”
indicando il bozzo con un sorriso.
“Dai ma' "
“Vuoi che vada in camera così...”
“Così cosa?”
“Così finisci, non vorrei essere la causa di dolori e nervosismo”
“Ma che dici?”
“Ok, prendo un bicchiere d'acqua e vado, tu levati quegli slip prima che scoppino che tanto sono da lavare e devo fare la lavatrice tra poco" ridendo
“Ma no, mamma non preoccuparti” le dissi avvicinandomi di un timido passo alla porta.
Lei si girò mentre apriva la bottiglia
“Ho vent'anni più di te, caro”
“E allora?”
Bevve un sorso.
“Dammi quelle mutande avanti, e pure i calzini” senza guardarmi.
Diedi un'occhiata al mio bozzo.
“Oh ti muovi, mica ho tutto il giorno! Su dai!”
E avvicinatasi mi intimò di spogliarmi a gesti guardando in basso, verso il
pavimento. Mi piegai, misi i pollici ai lati delle mutande e appena sceso di pochi centimetri il cazzo fuoriuscì ballonzolando. Un po' mi vergognavo ma qualcosa mi eccitava e l'uccello di nuovo duro ne era la conferma.
“E avanti...”
Disse abbassandosi. Non mi sfuggì il suo sguardo fisso sulla mia cappella.
Mi fece un film cogli occhi, il cazzo pareva osservarla a sua volta. Alzatasi deglutì e piegando le mie mutande si schiarì la voce.
“Cerca di non starci troppo...”
Io ero un salame con il cazzo di pietra a trenta centimetri da mia madre che parlava ma mi sembrava lontana km, il cuore mi martellava nei timpani.
“Ehi tutto bene?”
“Eh?”
“Dicevo, cerca di fare veloce"
“Mm, ok”.
Mi guardò, sembrava tenera e comprensiva, ma come se volesse dire altro, o che io dicessi altro.
“Ok ma’, ci provo...”
“Ecco bravo, fai presto. E stai più attento che non vivi con un robot, o te lo stacco... Chiaro??".
Pronunciò fra i denti l'ultima parola, poi un attimo prima di girarsi mi prese il cazzo, lo strinse e lo strattonò due o tre secondi. Un'infinità di tempo racchiusa in un brevissimo periodo, quanto bastava a far riaffluire il sangue nell'asta. Lo strinse forte quasi a farmi male e stirò verso il pube con decisione la poca pelle, fino a far venir d'acciao e lucido il mio glande. Non ero più in quella stanza con il cervello e non so davvero quanto tempo lo tenne in mano a pochi centimetri dal suo viso. Chiuse gli occhi e lo annusò. Infine la sua mano scivolò decisa accarezzandolo fino alla cappella, e poi le dita, e poi le unghie, abbandonarono il mio cazzo con un leggero ma sensualissimo graffio.
Si voltò e andandosene verso la camera disse: “E' bello, ringraziami e muoviti”.
Bocca secca e palo di marmo la guardai uscire. Le gambe le scrutai. Non so perché, né con che coraggio, ma afferrai immediatamente il mio cazzo mentre la osservavo e iniziai a segarmi.
Pronunciò quelle parole e inconsciamente mi uscì un roco assenso.
Un “si” che associava un ritrovato piacere a due belle gambe e una madre che ha voluto saggiare la consistenza del cazzo del figlio, eretto dinanzi a lei.
Segavo mordendomi il labbro inferiore. Segavo sempre più preso da quella situazione. Ora menavo con decisione l'asta a un metro da mia madre.
La mano scorreva su tutta la lunghezza del tubo di carne in onore a quelle gambe tornite rese ancora più sensuali dai collant.
Io segavo.
Segavo, segavo a poco più di un passo da lei.
Si girò di tre quarti per chiudere la porta e strabuzzando gli occhi rimase a bocca aperta. Rallentai stirando bene l'uccello che pareva incerato tanto era lucida e gonfia la cappella, poi nel suo complice mutismo, aumentai di nuovo il ritmo.
Ora mi masturbavo e godevo nei suoi occhi. Nel suo silenzio assenso.
Nel suo appoggiarsi al taglio della porta, il piede sinistro sopra il destro. Dio se godevo: era eccitante e perverso, una bomba erotica.
Poche volte ricambiò il mio sguardo, puntava allo spettacolo ormai in suo onore. Quasi sentivo il suo respiro partecipare al mio ansare. “Mamma...” mi sfuggì sottovoce, mezzo sincopato.
Lei non reagì, era immobile, lo sguardo rapito nei miei gesti.
Solo mi sembrò di vedere il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi con un certo vigore. Ammiravo quelle gambe e il rumore dei collant creato dal piede destro che massaggiava il collo del sinistro.
Quell'immagine mi entrò dentro il cervello.
Un ultimo sguardo al suo viso, ma non incontrai gli occhi, impegnati a scrutare il
mio lavoro. Scesi e leccai con lo sguardo ogni centimetro delle sue cosce, delle sue ginocchia, scendendo poi dalle gambe ai piedi e la visione di quelle dita curate che arpionavano il collo dell'altro piede mi fece venire.
“Mamma...”
Mi uscì strozzato mentre poderosi schizzi volavano verso di lei.
Chiusi un attimo gli occhi godendone profondamente.
Sentivo un gran numero di fiotti uscire con una potenza nuova.
Li riaprii giusto in tempo per vedere la mia sborra su di lei. Schizzata come fa una fontana. Le sue gambe e la porta accolsero in religioso silenzio i miei spruzzi lattiginosi. La vidi chiudere gli occhi, una vocale le sfuggì incontrollata. Una "a" troppo lunga per non essere associata ad un piacere...
Toccò il mio seme sparso a caso sulle gambe, si portò due dita in bocca.
Prossimo allo sfinimento, spremevo quasi con dolore le ultime gocce di sborra, che caddero fra noi come a chiudere un percorso di profonda felicità.
Cercai i suoi occhi, non li trovai. Lentamente arretrò, le due dita in bocca dopo aver assaporato la sborra calda di suo figlio.
L’occhiolino in viso deformato dall'eccitazione la fece diventare improvvisamente troia. Si, mamma aveva uno sguardo da troia che solo in certi film porno ti capita di vedere. Ne prese altra strisciando ancora le due dita sulle calze, e se le infilò gustosamente in bocca.
In silenzio chiuse la porta, lasciandomi solo cogli ormai freddi prodotti del mio testosterone e una indicibile voglia di scoparla.

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