Lo aspetto come sempre nell’appartamento che affittiamo per incontrarci. Mi piace arrivare in largo anticipo. Appena entro, mi tolgo le scarpe, cammino scalza per le stanze vuote, canticchio fra me, penso, no, per la verità non penso a niente, ho la testa deliziosamente vuota. Aspetto, ecco. Via via che passano i minuti, sento la gola che si fa secca, le guance che si scaldano e si arrossano, la figa che si inumidisce. Preparo la stanza, con molta cura. Abbasso le tapparelle, tolgo le coperte dal letto, stendo un foulard sulla lampada a stelo, metto la bottiglia dell’acqua e i fazzoletti di carta sul comodino. Mi guardo intorno. Sì, così va bene. Adesso è ora: mi spoglio. Mi spoglio molto lentamente, mi sento pigra, con le ginocchia deboli, la carne tenera. Ripiego gli abiti con cura, li ripongo nell’armadio. Sono nuda. Cammino così, nuda e scalza, in punta di piedi, e quando passo davanti allo specchio mi sbircio, senza fermarmi. Sono bella, sono…sì, “sono una bella figa,” penso, “faccio tirare il cazzo” e mentre penso queste parole sento la figa che si bagna, le gambe che cedono, chiudo gli occhi per un momento, mi stringo forte i seni, ho voglia di toccarmi ma non lo faccio, no, non lo faccio, aspetto. Aspetto. Mi sdraio sul letto, mi rannicchio, chiudo gli occhi, e aspetto, con il telefono accanto, la bocca socchiusa. Quasi mi addormento, ma poi mi arriva lo sms, il suono improvviso mi fa tremare, lo stomaco si stringe, ho quasi paura di guardare, anzi no, ho proprio paura. Guardo, leggo, ci sono le sue istruzioni. Mi sale dalla pancia una vampata di calore, mi gira la testa, apro la bocca e mi lecco le labbra, mi rannicchio a palla, come una bambina…
Eseguo. Mi lego i capelli in una coda alta e stretta, mi allaccio il collare di pelle sottile, nera, morbida, sento lo scatto dei bottoni automatici, tremo, mi guardo allo specchio e penso “adesso lui viene e mi usa” e mi sento allagare fino all’orlo da una calma perfetta, sono tutta liquida, aperta, pronta.

Mi inginocchio sul bordo del letto, poso la fronte sul lenzuolo, aspetto, chiudo gli occhi e aspetto. Non penso a niente, aspetto e basta. Non so quanto tempo passa, non me ne importa niente. Però tendo l’orecchio, perché devo accorgermi di quando lui entra, per farmi trovare come vuole lui.

Ecco, è la chiave che entra nella serratura, gira, apre la porta. Appoggio il peso del busto sulla fronte, e con le mani mi apro le chiappe, mi ha detto che quando entra nella stanza vuole vedere bene il mio buco del culo, così le afferro con le mani e le spalanco. Aspetto. Sento i suoi passi, lenti, leggeri. Va in cucina, apre il frigorifero, prende qualcosa, penso una bottiglia, poi apre un armadietto, sarà per un bicchiere, sì, è un bicchiere, sento il tocco del vetro contro il vetro, beve, ripone la bottiglia, chiude lo sportello del frigorifero. Si muove, viene qui. Cerco di rilassarmi, di essere completamente abbandonata, lui così mi vuole, ma sono eccitata, mi vergogno, ho paura, mi sento una troia, è molto…

E’ qui. Si ferma sulla soglia della camera, mi guarda, sicuro che mi guarda, sono aperta, slacciata, con la figa e il buco del culo che offerti, che troia sono. Non dice niente. Si avvicina, sento i tre passi che fa, con calma, si prende tutto il tempo che vuole, sento il fruscio dei vestiti, l’odore dell’aria aperta, della pioggia, oggi piove un po’, mi sfiora il culo con una mano, distrattamente, come si accarezza un gatto, “Non ti muovere e non parlare”, mi dice. “Resta immobile, così.” Mi dà l’ordine con tranquillità, ha la voce serena, e sentirlo così calmo mi dà una grande pace, una sicurezza calda. Non mi muovo, non parlo, ma i muscoli mi si allentano, mi sento liquida, bella, splendente. Lui aspetta, in piedi dietro di me. Non si muove, non mi tocca. E’ vicinissimo. Respira adagio. Sento il suo sguardo che mi pesa addosso, inarco la schiena ancora di  più, mi apro il culo ancora di più, sospiro profondamente. Aspetto.

Mi posa una mano sulle reni, mi chiede, dolcemente: “Ti sei aperta il culo per me?”

“Sì,” gli rispondo sussurrando. “Parla più forte, fatti sentire.” Mi schiarisco la voce, me la sento tremare in gola. “Sì, mi sono aperta il culo per te.”

E adesso anche lui respira a fondo. Si muove, lo sento che si apre i calzoni e tira fuori il cazzo, subito mi cerca il buco del culo e spinge, vuole entrare, apro la bocca, gemo, sto per rialzare la testa, “Stai ferma!” mi ordina, secco. Sto ferma, sì, sto ferma e lo sento che mi entra dentro, nel culo, sembra enorme, sembra impossibile prenderlo dentro ma poi ecco, entra, mi apre, mi riempie, si ferma. “Ti ho messo dentro la cappella, stai ferma così, apriti bene” mi dice. Io sto ferma, aspetto, lascio che la sua cappella mi riempia il culo, mi allargo, respiro profondamente, faccio un piccolo singhiozzo, lui ride dolcemente, gli piaccio molto, lo so che gli piaccio molto così, così nuda, aperta, offerta, ubbidiente.

“Che cosa sei?”

La so bene questa risposta, me la ripeto ogni volta che penso a noi. “Sono la tua puttana,” gli rispondo, e lui mi spinge dentro un altro poco il cazzo. “La tua schiava” e mi riempie di più, sento il suo cazzo che si gonfia nel mio culo, mi fa male e grido, poi mormoro “la tua bambina…” e lui mi incula a fondo, mi riempie tutta, mi squassa, mi pompa dentro a colpi violenti, lunghi, mi usa come vuole per il suo piacere.

Ecco, aspettavo questo. Adesso  il tempo non c’è più.
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