Era trascorsa una settimana da quella sera e nulla era poi successo.
Ogni volta che si rivolgeva a me ero tesa e quasi sussultavo ripensando a quello che mi aveva detto.
Non mi disse più nulla e nulla ebbi mai l’ardire di chiedere sulla promessa di regalo, perché mai lui mi avrebbe dovuto fare un regalo visto che ogni giorno mi regalava la gioia di averlo vicino?!?
Era arrivato il primo venerdì del mese, io mi svegliai prima del solito per avere il tempo di preparargli la valigia per il suo ritorno a casa.
Avevo deciso di non tornare dai miei per potermi dedicare alla spesa della settimana e per pulire a fondo casa. Non avevo neanche voluto fare gli straordinari a lavoro perché volevo proprio dedicarmi alla casa e dedicare del tempo a me.
Quando Daniele si svegliò trovò, come sempre, la colazione in tavola.
Vide subito la sua borsa e bevendo ancora il suo caffè mi guardo e disse “non torno a casa, puoi disfarla”.
Mi salì l’ansia non solo di aver fatto una cosa sbagliata, ma anche di non aver preso per me un biglietto del treno per tornare dai miei cosi da lasciargli casa libera della mia tediosa presenza.
“tu resti dico bene?” gli dissi di si, ma che se aveva impegni avrei potuto essere in casa il meno possibile e se voleva avrei sicuramente recuperato dei biglietti costi quel che costi. Mi disse solo “no resta pure, poi nel caso vedremo”.
Speravo di non averlo fatto arrabbiare, anche se lui si arrabbia pochissimo ed è tanto paziente con me.
Quando stava per uscire io lo aspettai, come sempre, vicino la porta d’ingresso per dargli lo zaino e per salutarlo.
Quando mi passò vicino si fermò e per la prima volta salutò il suo interlocutore telefonico si girò verso di me, “oggi alle tre fatti trovare pronta andiamo a prendere il regalo che ti ho promesso” gli risposi solo “si” muovendo la testa, quelle due lettere mi uscirono dalla bocca quasi strazzate.
Ero euforica, avrei voluto urlare di gioia, trascorsi l’intera mattina saltando da un reparto del negozio all’altro con l’angoscia che il tempo quel giorno avesse deciso di non passare mai.
Quando uscii dal negozio corsi a casa, era l’una e mazza, mi docciai, e preparai un leggero pranzo, nulla di che, avevo lo stomaco in subbuglio, mi sentivo come una a natale.
Daniele solo una volta mi aveva fatto un regalo, una camicia che aveva ricevuto a natale, ma che non gli piaceva, con quella camicia ci dormo da quel giorno, ogni giorno, che faccia caldo oppure freddo, la lavo la mattina per rimetterla la sera.
Alle tre meno dieci mi scrisse un messaggio -vestiti elegante- caddi nel panico più totale cosa mettere…. Mi fiondai a prendere qualcosa, poi, accorgendomi che non avevo idea di cosa avremmo fatto, gli scrissi -preferenze? - mi rispose -dopo il tuo regalo ho appuntamento con un professore e tu mi accompagnerai. Muoviti e non farmi aspettare- fortuna che avevo comprato da poco un tailleur blu con pantalone e giacca mono bottone. Un classico modello avvitato con bottoncini ai polsi ed in vita dorati. L’avevo comprato per fare la hostess di tanto in tanto. Lo misi con una maglia aderente bianca con colletto effetto camicia.
Indossato il vestito mi guardai allo specchio, trovavo l’outfit molto bello ed abbastanza formale. Ovviamente scarpe con il tacco nude e pochi accessori sempre dorati.
Capelli racchiusi in una coda di cavallo e truccata per non farlo sfigurare.
Mentre sistemo le ultime cose sento il telefono squillare, un suo messaggio -Scendi – fortuna che ero pronta e scesi per le scale quasi correndo.
Lui mi aspettava in macchina, credo di averlo soddisfatto perché mi disse che stavo bene, gli chiesi dove mi stesse portando, ma si limitò a rispondermi che visto che ero disposta a tutto per lui voleva capire se era vero “regalandoti una cosa per me”. Al “regalandoti una cosa per me” mi emozionai, l’idea di poterlo compiacere in qualche modo, era il regalo più bello che avrei mai potuto sperare.
Arrivammo in una zona della città dove non ero mai stata, parcheggiò e ci incamminammo.
Dopo pochi minuti ci trovammo davanti ad un centro Tatuaggi e Piercing, lui quasi felice, aspettandosi forse una mia reazione esclamò “ecco il tuo regalo”. Sicuramente sono troppo stupida per capire e gli chiesi cosa voleva regalarmi, fece un passo verso di me e disse “mi piacciono i tuoi seni e ho pensato di abbellirli con due bei Piercing”. Vi giuro, non capii nulla, mi aveva appena detto che gli piaceva il mio insignificante seno!!! O forse voleva che facessi i piercing ai capezzoli almeno avrebbero avuto un senso??? Intanto mi aveva detto che gli piacevano. Accettai. Accettai come se mi avesse regalato il gioco più bello del mondo, come se mi avesse regalato il giocattolo che tanto desideravo. Non avevo mai pensato di fare i piercing ai capezzoli, ma in quell’esatto momento io non volevo altro.
Entrammo ed era quasi strana la nostra presenza, vestiti in maniera troppo elegante per quel luogo che era un po' troppo dark per i miei gusti. Ci accolse un ragazzo tutto tatuato e con i capelli lunghi che alla richiesta di Daniele ci disse che solitamente queste cose in zone intime se ne occupa una ragazza, ma era andata via e se volevamo farlo oggi poteva farlo lui, che dipendeva solo dal fatto se mi imbarazzassi o meno. Non diede il tempo di rispondere, disse quasi d’un fiato tutto terminando con “pensateci due minuti il tempo di finire con un cliente”.
Guardai Daniele e dissi “quello che vuoi non ho problemi”. Il ragazzo uscì con una signora ed una ragazzina che si reggeva il lobo.
Pagarono e andarono via, Daniele “per noi va bene se lo fai tu”.
Entrammo dentro una stanzetta, il tipo chiuse la porta del negozio e mi chiese di levarmi il pezzo di sopra, mentre mi mostrava i vari piercing che potevo mettere, dal classico Barbell al cerchio, mentre mi accomodavo dissi a Daniele “scegli tu ti prego”.
Rimasi a seno nudo, ero in imbarazzo, ma l’idea che Daniele mi stesse facendo un regalo mi rendeva troppo felice.
Stetti per tutto il tempo della scelta che ovviamente fece Daniele, a seno nudo. L’idea di essere mezza nuda per il volere ed il piacere di Daniele mi eccitava.
Il tipo mi fece stendere su una poltrona, mi passò del ghiaccio sul capezzolo, mi scappò anche un leggero gemito, il che mi fece sentire non solo inutile, ma anche una troia.
Forò il primo capezzolo mentre io non riuscivo a non guardare dritto negli occhi Daniele. Il tatuatore mi chiese se avessi sentito dolore, non sapevo come dirglielo, ma guardare Daniele negli occhi mentre avvertivo quel pizzico forte al capezzolo, più che definirlo una sensazione di dolore l’avrei definita piacere.
Risposi semplicemente “no” riprendendo fiato. Il secondo fu un’altra scarica di piacere, forse perché sentii meno dolore del primo piercing.
Mi alzai e mi misi davanti allo specchio, il tizio andò a preparare il conto, immagino per risultare meno invadente. Credo che fosse molto in imbarazzo.
Daniele mi chiese se mi piacesse la scelta dei cerchietti, risposi “sono perfetti, non me lo merito” e lo ringraziai. Mi vestii, ed uscimmo, eravamo in forte anticipo e Daniele decise di arrivare al bar dove aveva appuntamento parcheggiando un po' lontano cosi da non pagare il parcheggio e fare quattro passi. Arrivammo in largo anticipo, nonostante la passeggiata. I piercing mi facevano un pochino male anche se mi era stata data una crema lenitiva e forse leggermente anestetizzante da mettere.
Il reggiseno, forse un po' stretto non aiutava, poi Daniele intelligentemente mi suggerì “vai in bagno e levati il reggiseno”. Gli dissi che non era solo il reggiseno, ma anche la maglia a stringere, e lui semplicemente aggiunse “lavati anche la maglia”, lo guardai e lui vedendomi interdetta disse “vai su veloce”.
Mi alzai e mi diressi in bagno. Non avrei mai e poi mai messo in pericolo la prima volta che Daniele mi aveva portata con sé ed addirittura fatto un regalo.
Levai tutto restando a seno nudo e rimisi la giacca. Notai che se mi fossi piegata troppo avrei mostrato tutto, ma per lui avrei camminato nuda per tutta la città, quindi prendendo tutto il mio coraggio, uscii dal bagno e tornai al tavolo dove trovai Daniele insieme ad un ragazzo.
Daniele mi presentò come una sua studentessa.
L’appuntamento durò un’ora, giusto il tempo di far calare la sera, il professore parlava solo inglese e nonostante la sua carica aveva massimo 35 anni. Per tutto il tempo non smise di guardarmi.
Daniele si accorse che gli occhi di lui non si scollavano da me e per tutta risposta fece cadere un cucchiaino per terra invitandomi a calarmi. Lo fece cadere non nascondendo le sue reali intenzioni, lo fece quasi platealmente, mi chiese -raccogli il cucchiaino così fai vedere il regalo che ti ho fatto- lo feci, lo feci lentamente, piegandomi bene in modo da mostrate quanto potevo.
Daniele fu felice, mi mise una mano sul ginocchio e mi disse “brava”.
Dopo poco si salutarono ed andammo via.
Incamminandoci verso la macchina, guardando in avanti, senza neanche guardarmi, mi disse “credo che potrei divertirmi con te”.
Questa frase mi prese alla sprovvista, non sapevo cosa rispondergli, mi venne solo “spero che ti diverta” non so cosa volessi dirgli, non sapevo cosa dire e fu la prima cosa che mi passò dalla mente.
Eravamo giunti forse a cento metri dalla macchina
Eravamo su un vialone in penombra famoso per non essere ben frequentato. Dall’altra parte del marciapiede ci stavano addirittura due prostitute, non erano nude o particolarmente sconce, ma si capiva che erano li per quello.
Anche Daniele le vide, poi girandosi verso di me esordì con una richiesta, “Levati la giacca”, lo guardai, forse con area impaurita, lui con voce ferma mi riprese invitandomi a farlo e velocemente. Slacciai il bottone e poggiai la giacca sul braccio, restando per strada a seno nudo. Daniele mi guardò e disse indicando le prostitute, “non sei diversa da loro, ma io non devo neanche pagarti” e scoppiò a ridere.
All’’aria fresca mi si irrigidirono all’istante i capezzoli, il che mi fece sentire un forte dolore.
Camminando un paio di macchine alzarono i fari e rallentarono ed altre bussarono, era strana come sensazione, ma ero eccitata, l’idea di sconosciuti che guardavano il mio corpo, il piacere che stavo dando a Daniele, ero eccitata da morire.
Arrivammo alla macchina ed entrammo. Saliti in auto Daniele mi chiese come mi fossi sentita a girare a seno nudo e se mi avesse eccitato, abbassai gli occhi e risposi di si. Scoppiò a ridere ed aggiunse “che troia che sei”.
Arrivammo a casa ed appena entrammo Daniele mi chiese di mostragli i piercing.
Nuovamente a seno nudo, si avvicinò e col le dita pizzicò i capezzoli, ero eccitata, ogni volta che li sfiorava avvertivo una doppia scarica, il dolore del trauma ed il piacere che quel dolore era lui a procurarmelo.
Mi portò davanti lo specchio nell’entrata, afferrò i miei seni da sotto e li strinse.
Appena sentii le sue mani accogliere e stringere il mio seno nel suo palmo sentii una fitta fortissima da capezzoli e mi uscii un “AHH” di dolore, non urlato, ma abbastanza forte, “ti ho fatto male?” “si, ma ti prego continua” “ti piace il dolore?” “mi piace tutto ciò ce mi fai”.
Si sedette sul divano e mi disse di mettermi davanti a lui.
Lo feci, mi guardò per alcuni lunghissimi secondi e poi mi ordino di spogliarmi.
Lo feci, lo feci come fosse la cosa più normale. Lo feci perché non desideravo altro che dargli piacere. Lo feci perché non desideravo altro che servirlo che rendermi utile. Rimasi con gli slip, mi ordinò di levare tutto, ma di rimettere le scarpe, rimisi i tacchi e mostrai la mia fica completamente liscia.
Dal suo volto non riuscii ad intuire alcuna espressione nè di apprezzamento nè di disgusto, mi ordinò di levargli le scarpe.
Mi inginocchiai davanti a lui e gli sfilai i mocassini. Sentivo il cuore che battere all’impazzata. Speravo che volesse farmi riprovare a dargli piacere come la settimana passata. In cuor mio, speravo, supplicavo che mi volesse dare una seconda occasione.
Allungò una mano e disse, “bene, masturbati con il mio piede, fammi vedere quanto sei troia”.
Rimasi interdetta, non sapevo cosa fare, mi afferrò per un braccio e mi fece salire sul suo piede.
Aveva un’espressione serie e mi guarda con uno sguardo duro, mi ordino con voce decisa “cavalca il mio alluce”.
Iniziai far scorrere le dita del suo piede sulla mia figa. Il solo contatto tra il mio inutile corpo ed il suo piede mi diede un immediato godimento. Gemevo. Lui si allungò e mi diede uno schiaffo sul seno colpendo il capezzolo, un fitto dolore mi pervase, fu pazzesco come avere un orgasmo. Continuavo a far scorrere il piede sulla mia figa, poi Daniele mi mise una mano sulla spalla spingendomi verso il basso e facendo entrare le dita del suo piede dentro di me, mi ordinò “scopati per bene, voglio vederti godere come una depravata quale sei”.
Sentii pian piano tutte le dita entrare dentro di me, lui iniziò a farmi delle domande come: “ti eccita fare la troia per strada? Ti eccita farti guardare dagli uomini?” rispondevo meccanicamente di “si”, mentre godevo.
Lui rideva e ogni tanto mi strizzava o schiaffeggiava il seno, mi prometteva di iniziare a trattarmi meno da cameriera e più da troia, ne ero felice perché voleva significare che iniziava a considerarmi.
Ero felice. Si ero felice come mai lo ero stata. Finalmente non ero più, solo, la sua serva, mi riteneva anche all’altezza di essere usata per il suo piacere e divertimento.
Non mi interessava se mi avesse chiesto di farmi vedere nuda, se mi avesse relegata alla funzione di essere inutile che per godere si sarebbe dovuta accontentare del suo piede, io ero felice perché ero sua, la sua domestica, il suo gioco e la sua troia.
Sarei stata disposta per la sua gioia a sottopormi a tutto ciò che mi avrebbe chiesto.
Ebbi un orgasmo forte straziante tanto da cadere per terra con le gambe distrutte.
Si segò ancora una volta sulla mia faccia. Ancora una volta aveva goduto non per merito mio, sono una persona inutile senza la minima speranza. Sono fortunata ad avere lui, e farò di tutto per compiacerlo.
Racconto molto diverso dal solito, per chi volesse commentare
Eli83bn@libero.it
Inutilmente Chaira 2
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Aggiunto: 1 anno fa
Utente:
«Non sei la stessa persona che ha scritto i racconti precedenti; tutto un altro stile. Forse non sei nemmeno una femmina. Non si dice "docciare", ma "si fa la doccia"; non si dice "nel durante", ma "nel mentre"; i capezzoli si "TITILLANO" e non "TINTINNANO" che quello è il rumore delle monete o dei campanelli. Cosa vuol dire "giacca monobottone ( tutto attaccato: è una parola composta ) avvitata con bottoncini dorati"? Se è monobottone i bottoncini dove stanno? E poi "avvitata"? Si avvitano i cirri o viticci della vite vinifera e, per analogia, le viti in ferro per falegnameria o meccanica. Forse volevi dire "sciancrata ( in vita )". Leggi dei libri e impara la punteggiatura, perché non si capisce chi parla e chi risponde. In complesso i due racconti sono comunque sgradevoli.»
«un racconto stupendo complimenti mi hai fatto vivere un momento di pura eccitazione »