Mi aggiravo per una discoteca, di venerdì sera, quando si riempiono di uomini maturi e divorziati vari in cerca di una scopata facile. Ero vestito da puttana, tacchi da cubista e autoreggenti nere a rete, quando mi arrivò una fortissima sculacciata che mi spinse in avanti e mi fece scappare un gridolino. Mi voltai di scatto e lo vidi. Era Fulvio, il mio vicino di casa e, per giunta, l’acerrimo nemico di mio padre.
I due, infatti, non si potevano vedere a causa di alcune assurde liti condominiali, roba come il parcheggio auto e gli schiamazzi notturni, un pomeriggio arrivarono quasi alle mani se non fosse stato per il rapido intervento di altri condomini. Da allora, tra i due, era sceso il gelo. Quando lo incontravo per le scale o nell’androne del palazzo, l’uomo non mi degnavamo di uno sguardo e tirava dritto.
Inutile dire che Fulvio mi aveva sempre eccitato. Alto, muscoloso, dalla carnagione scura e con due baffi che lo facevano assomigliare al capo di un cartello della droga sudamericano. Era il classico maturo desiderato dalle femminucce come me. Inoltre, giravano voci su un suo passato non proprio lindo, fatto di risse e gioco d’azzardo… il che me lo rendeva ancora più eccitante.
Quella sera sembrava parecchio ubriaco. Con le sue manone mi stringeva i fianchi, mi tirava a sé, mi toccava le cosce, per via della penombra e del mio trucco abbondante non sembrò riconoscermi. Decisi di approfittarne. Era la mia occasione per assaggiare un po’ di quella mascolinità esuberante. Non avrei avuto altre occasioni e, con un po’ di fortuna, per via della sbronza, avrebbe dimenticato quasi tutto.
Fulvio mi tirava verso il bagno, ma era troppo illuminato, quindi rischioso, dunque, con alcuni movimenti di bacino sul suo cazzone duro, che emergeva prepotentemente da sotto i pantaloni, senza troppa fatica riuscii a portarlo in un angolo scuro del locale.
Mi inginocchiai sul pavimento con fatica, a causa della gonna troppo succinta, gli slacciai i pantaloni, scostai le mutande e vidi saltare fuori un grosso cazzo. Pompai quella minchia a più non posso, muovendo con foga la lingua attorno al cappellone. Sentivo la pressione delle sue mani premermi sulla nuca, tant'è che, ad un certo punto, siccome ero senza fiato, forzai la sua presa per liberarmi la bocca e riprendere fiato con un profondo sospiro.
Fulvio, nel frattempo, mi ripeteva frasi come “succhia stronza” e “lurida puttana”. La combinazione di pompino, insulti e trasgressione, mi fece bagnare le mutandine almeno tre volte. Ormai era lui a dominare la situazione. Sentivo le sue palle gonfie e lievemente pelose contro il mento e sulla lingua avevo un sapore pungente di precum.
Mi sparò il suo liquido seminale direttamente in gola, causandomi colpi di tosse e singhiozzi. Nel rimuoverlo rapidamente dalla mia bocca, alcuni schizzi, che quel cazzone non smetteva di eruttare, mi presero in pieno volto. Rimasi ferma ai suoi piedi, godendomi il sapore dello sperma; la saliva ai lati della bocca e la consapevolezza di non aver appena fatto un pompino all’uomo delle mie fantasie più torbide.
Poi, accadde qualcosa che non avevo previsto, Fulvio mi scattò alcune foto col cellulare. Inebetito dal piacere, i vari flash mi sorpresero come fulmini. Lo sentii armeggiare con la zip dei pantaloni e andarsene. Quando tornai in me, terrorizzato dalla prospettiva di essere riconosciuto, mi precipitai a casa. I miei genitori erano fuori per il fine settimana, così ebbi tempo per rassettarmi e ragionare a mente lucida. Mi dissi che con tutto quel trucco non mi avrebbe comunque riconosciuto. Alla fine, mi abbandonai a un sonno ristoratore.
«Ti voglio fare il culo. E poi venirti in bocca. Troia»
«Brava pompinara , magari ad incontrarti ...»