I miei Ex


Ho 46 e ritengo di essere una gran bella donna, piacente e desiderata. Felicemente sposata vivo una vita tranquilla senza eccessi. Mio marito è una persona splendida, a cui ho donato me stessa senza limiti e senza remore.  Ho girato il mondo e prima di mio marito mi sono abbastanza divertita. Ho avuto una persona, Emilio, a cui tenevo molto e con cui ho vissuto 8 anni, ma alla fine è finita ed abbiamo preso strade diverse. Spesso lo tradivo perché sentivo che anche lui lo faceva e cercavo così di rendergli la pariglia.


Mi ha iniziato lui al sesso. Aveva un membro piuttosto grande e penai non poco quando lo mise per la prima volta nella mia passerina. Avendo un imene elastico lui ha sempre dubitato della mia verginità. Ma io lo ero. In breve tempo mi insegnò a prenderlo in bocca e la cosa mi piaceva abbastanza. Provammo anche l’anale, ma lui, ogni volta, non riusciva ad avere una buona erezione e quindi ci rinunciammo.  

A quel tempo mi ero trasferita a Roma. Il rapporto con il mio lui era sempre più evanescente. Sentivo Emilio sempre più distante. Ebbi conferma da una mia amica che mi telefonò un giorno dicendomi che Emilio era andato a casa di una ragazza che aveva conosciuto da poco. Non ci vidi più e rosa dalla gelosia, una sera me ne andai in giro per Roma.

Conobbi Gennaro per strada e lui mi colpì per gli apprezzamenti che aveva fatto al mio vestitino di seta scuro. Io gli sorrisi e da quel punto in poi cominciammo a camminare per un tratto di strada insieme. Aveva un certo fascino e parlava perfettamente italiano, una cosa che io ho sempre amato. Visto che anche lui mi aveva parlato di una mezza delusione d’amore, decisi di invitarlo a casa mia. Poiché sono stata sempre ospitale, gli preparai una bella cenetta.

Mentre eravamo seduti in tavola mi girai un attimo per guardare verso la porta d’ingresso perché mi era sembrato che qualcuno avesse suonato il campanello, prendendo nel frattempo la forchetta sul tavolo, gesti normali di vita quotidiana, ma…... Ma al posto della posata c’era un cazzo enorme che avevo sfiorato con la mano.

Genny si era alzato di scatto e tirandosi giù i pantaloni aveva appoggiato il suo arnese sul tavolo. Io lo guardai quasi a volerlo richiamare per questa cosa, ma nel frattempo la mia mano non aveva lasciato la presa. Anzi stringeva sempre più quel cazzo enorme che s’induriva sempre più al contatto. Non riuscii più a trattenermi e così mi chinai sul tavolo. Genny aveva appoggiato anche le palle e cominciai proprio da lì. Leccavo con delicatezza guardandolo fisso negli occhi.

Poi gli presi tutto il cazzo in bocca e facendogli un cenno di assenso volli che mi scopasse entrambe le guance. Non ebbi il tempo di nulla che d’improvviso Genny mi sborrò in bocca. Io trattenni quel succo per un attimo, poi per pudore e per ritegno, lasciai scivolare la sborra sul mio vestitino di seta scuro. Un po’ mi entro sulle tette e così feci in modo che Genny me le guardasse.  

Non pago, lui mi afferrò con forza e mi prese questa volta da dietro, mi chinò sul tavolo e alla pecorina cominciò a chiavarmi come un assatanato. Non ricordo quante volte sono venuta, due, tre o quattro volte; è stata una chiavata di quelle memorabili. Il giorno dopo Genny era un ricordo di una sera. Non volli più rivederlo.

Emilio nel frattempo mi chiamava, ma io non volevo più nessun contatto con lui. Ormai vivevo una dimensione diversa. Roma è una splendida città ed io mi divertivo a viverla. Un pomeriggio mi ritrovai dalle parti di Monte Mario in una gioielleria, guardavo gli anelli per i quali vado matta.

Tony, il proprietario me li stava mostrando. Lui era un bel tipo, palestrato e sicuro di se’. Io guardavo gli anelli e sbirciavo il fusto che, tra l’altro, aveva uno strano gonfiore che quasi arrivava al basso ventre. Io ero vestita in modo normale. Avevo una gonna che era un po’ più su del ginocchio, una camicetta aperta che faceva intravedere il seno. Quel giorno avevo indossato delle mutande cosiddette col filo, di colore scuro ed avevo degli autoreggenti che se non si fosse sollevato il vestito, nessuno avrebbe visto. Più guardavo gli anelli e più Tony guardava nella mia camicetta alla ricerca delle mie tette.

Dissi un po’ stufata di smetterla con quegli sguardi, e Tony per tutta risposta mi disse che non riusciva a trattenersi più, doveva andare in bagno. Dopo un po’ indispettita per il fatto che non tornasse, mi recai nel retrobottega ed inavvertitamente aprii la porta del bagno. Tony di scatto si girò e, con mia grande meraviglia, vidi che aveva tra le mani un cazzo di una ventina di centimetri e che si stava masturbando. Non riuscì a trattenersi. La sua sborra mi arrivò sulla gonna con più spruzzi che raggiunsero anche una mia ciocca di capelli. Sbalordita aprii la bocca per proferire

“Oddio”, ma Tony mi guardò e con tutta la dolcezza del mondo mi implorò di farlo chiavare. Non riuscivo più a capire, volevo scappare via, ma in un attimo le mie mutande col filo erano state scostate mettendo a nudo la mia fica, che era già tutta bagnata, e le mie gambe erano allargate. Il cazzo di Tony non riuscì ad entrare tutto, ma non per colpa mia, era davvero grosso. Ero fradicia di umori, ricordo di essere venuta due volte e Tony continuava a menare randellate con quell’enorme bestia che aveva tra le gambe.

Continuava a strusciarmi il cazzo facendolo entrare ed uscire, poi me lo appoggiò sulla camicetta, tra le tette, stropicciando il tessuto. Con la punta del cazzo, che io avevo provveduto a serrare tra le mammelle, mi sfiorava ogni tanto le labbra ed io, ogni volta, spalancavo la bocca per sentire il suo stantuffo sulla mia lingua e tra i miei denti.  

D’un tratto Tony si fermò, mi fece inginocchiare e mi sborrò in faccia, nelle orecchie e sugli occhiali che non avevo fatto in tempo a togliere.  Non aveva ancora finito. Mi appoggiò due dita al lobo dell’orecchio sinistro, che nel frattempo era impregnato della sua sborra e così facendo, le inumidì. Con molta delicatezza mi mise con la testa sul water e quelle due dita me le infilò piano piano nel mio buchino del culo. Mi alzai di scatto e gli dissi di no. Non erano ancora maturi i tempi per prendere qualcosa nel culo. NO Tony, IL CULO NO.


Da Roma tornavo spesso e mi piaceva l’idea di trascorrere qualche giorno di vacanza nella mia Napoli. A quel tempo, inizio anni 80, era una cosa che facevo quasi ogni settimana. Mi ritrovavo spesso alla stazione Termini ad attendere il treno. Anche quel Venerdì pomeriggio ero lì con la mia valigia, pronta per tornare dalla mia famiglia.

Avevo indossato un abitino di colore verde e mi ero concessa gli autoreggenti di color carne, un semplice tanga e scarpe con tacco alto. Avevo cosparso le mie gambe di un olio che mi aveva suggerito una mia amica per renderle lucide e devo dire che fu un gran bel vedere. Mi accorgevo che tutti i maschietti mi guardavano con una certa insistenza. Non mi dispiaceva. Ero seduta alla testa del binario 20 e leggevo un giornale senza far caso a chi era di fronte a me.

D’un tratto mi accorsi che un giovane carino mi guardava con più impegno rispetto a come gli altri fino ad allora avevano fatto. Guardava in particolare le mie gambe. Cominciai a sorridere compiaciuta dell’impegno nello sguardo.

Poi decisi di cambiare gioco. Lui era lì da un quarto d’ora e allora doveva per forza meritare altro. Non avendo le gambe accavallate, non persi tempo e le schiusi appena, facendo in modo che si potesse vedere qualcosa di più. Poi, sempre con molta tranquillità ed eleganza le allargai al punto che il giovane potesse scorgere il mio tanga. Nel frattempo il ragazzo era diventato di mille colori e stava cominciando a sudare. Io feci scivolare lo sguardo (una cosa che mi piace molto e che non riesco a trattenere mai quando guardo un uomo), tra le sue gambe e mi accorsi di un rigonfiamento della patta. Ebbi la sensazione che il suo cazzo stesse crescendo a dismisura. Richiusi le gambe quasi infastidita dallo sguardo del giovane. Afferrai la valigia e, alzandomi, feci per andare nel senso opposto.

Camminavo e non mi accorgevo di ancheggiare (il movimento era particolare perché prodotto dai tacchi alti). Lui mi segui. Nel frattempo il treno era arrivato in stazione e da lì a poco sarebbe ripartito. C’era molta gente, un affollamento particolare in quel Venerdi a Termini.

Stavo percorrendo con molta difficoltà il tratto di strada che mi avrebbe permesso di salire sul treno, quando d’improvviso un nugolo di persone era fermo davanti a me. Non potetti fare altro che fermarmi. Sentii un brivido sulla schiena quando dietro di me, appoggiato sul mio culo, lui e il suo cazzo si strusciavano freneticamente.

Mi girai di scatto per urlargli in faccia che certe maialate non si fanno, ma lui aveva un bel viso, sembrava una persona seria, socievole, una gran bella persona. Non feci altro che indurire il culo in modo che il suo cazzo trovasse ostacolo e continuasse a strusciarsi. Ora mi piaceva.

Salì sul treno con me e nello scomparto si sedette di fronte a me. Nel frattempo il treno era ripartito per Napoli. Ed io cominciai a giocare. Eravamo in 4 nello scompartimento, io, Lui, un signore sulla sessantina ed un altro giovane sui 35 anni. Aprivo e chiudevo le gambe in base al movimento del treno, lasciavo vedere e non.

Gli altri si accorsero di questi movimenti e cominciarono ad aguzzare la vista. Non ebbi più freni inibitori, la cosa mi piaceva seppure fosse la prima volta che mi divertivo in quel modo. Sentivo la fica bollente e piena di umori, misi la borsetta che avevo con me sulle gambe e da sotto cominciai a titillare il mio clitoride.

Loro erano li che mi guardavano. Il signore, da persona navigata, chiuse lo scomparto e tirò il pannello per non permettere la vista dall’esterno. Il ragazzo trentacinquenne cominciò a toccarsi il cazzo. Lui, che poi mi disse di chiamarsi Roberto, tirò fuori il suo pisello e cominciò a masturbarsi. Io avevo accanto a me in piedi il signore anziano, per cui cominciai a passare il mio viso sui suoi pantaloni.

Mi sentivo una ragazzina che aveva bisogno della protezione del papà e dei fratelli. Così fecero. Il signore tirò fuori un cazzo non molto grande, ma abbastanza grosso di diametro. Aveva una cappella bollente che soltanto quando la misi in bocca cominciò a trovare sollievo. Nel frattempo il ragazzo era venuto accanto a me e alzandomi il vestito mi aveva spostato il tanga per inserire due dita nella mia fica. Entrambi mi leccavano le tette avendomi abbassato i lembi del vestitino. Stava avvicinandosi Roberto che aveva anch’egli tirato fuori il suo cazzo.

Avevo ragione, era un bel vedere, turgido, una mazza che molte donne desiderano per tutta la vita e purtroppo non ottengono mai. Era ad un passo da me, pronto a metterlo nella mia bocca. Mi fermai e gli altri fecero lo stesso.

Dissi a Roberto che non lo volevo in bocca. Lo doveva mettere immediatamente nella mia fica. Fece così e subito dopo, alla seconda sferzata, venni. Loro furono compiacenti, felici di questa cosa, ma non smettevano affatto, anzi. Il signore anziano e il ragazzo avevano i loro membri nella mia bocca. Roberto mi era dentro. Io non capivo più niente. I loro cazzi erano saporiti e il cazzo di Roberto continuava a farmi girare la testa.

D’improvviso il ragazzo si scostò e chiese a Roberto di prendermi sedendosi. Avevo capito perché. Roberto mi chiavava da seduto e lui infilò il suo cazzo stando in piedi. Avevo due cazzi nella fessa e un signore anziano che mi stava sborrando in bocca.

Assaggiai per un po’. Poi, come mio solito feci scorrere la sborra dalla bocca facendo attenzione che andasse a finire sui cazzi del ragazzo e di Roberto. Non ci vidi più ed esplosi ancora. Venni da impazzire. Anche Roberto stava per eiaculare. Gli chiesi di venirmi in bocca e questa volta non feci nulla per farlo fuoriuscire. Lo ingoiai mentre il ragazzo veniva nella mia fessa. Leccai le labbra, lo lasciai uscire e poi gli dissi.

“Ti rendi conto che posso avere dei problemi per quello che hai fatto?”. “Perdonami mi disse, ma non sono riuscito a lasciare in tempo il tuo buchino così caldo ed accogliente”. Risposi. “Non ti preoccupare, non è questo il mio momento fertile”. Ringraziai anche il signore anziano. Mi ricomposi, ci ricomponemmo nel mentre il treno arrivava nella stazione di Napoli.

Ero tornata a casa.   

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