A seguito dell’ultima esperienza, le fantasie tra me e Giada avevano subito un ulteriore cambiamento. Eravamo passati dai classici threesome a dei giochi più particolari. Dopo la famosa sera in cui la mia ragazza aveva scopato con Marco davanti ai miei occhi, avevamo capito che era una situazione che ci intrigava non poco. Sdoganata la gelosia, restava da capire come gestire il rapporto. Mi piaceva l’idea del gioco di ruolo in cui essere il sottomesso, così ci accordammo per portarlo avanti nella nostra vita sessuale. Passarono diverse settimane tra impegni lavorativi e problemi quotidiani, ma la voglia di saltarci addosso ogni minuto non passava mai.
Un giorno, mentre ero chino, intento a riparare un mobiletto del salotto, sentii Giada rientrare in casa. Mi voltai per salutarla e notai il suo solito sorrisetto malizioso stampato sulle labbra, tipico di quando ha combinato qualcosa oppure ha avuto un’idea sconcia. In mano teneva una bustina di plastica, che ondeggiava dolcemente.
“Ciao amore, che hai comprato?”
“Beh, vedi, tornando a casa mi sono imbattuta in un nuovo sexy shop”, rispose subito.
Mi alzai di scatto, ero curioso di sapere cosa avesse acquistato. Sicuro che fosse qualche nuovo giocattolino da usare a letto, non vedevo l’ora di provarlo.
Continuò: “vedi, è una cosa un po’ particolare, ma penso ti piacerà”.
Concludendo la frase, mi consegnò una scatolina che mi affrettai ad aprire. Con mia grande sorpresa conteneva qualcosa con cui non ero molto familiare, ma che avevo già visto in qualche porno senza prestare troppa attenzione. Si trattava di una cintura di castità, piccola, in acciaio.
“Ma…che dovremmo farci?”, la interrogai.
“Come che dovremmo farci? La indosserai, così sarai completamente sottomesso”.
“Dai Giada non scherzare, così non mi posso neanche toccare quando non ci sei!”.
“È proprio questo il bello! Sarò padrona del tuo piacere.”, concluse lei.
Ero sinceramente preoccupato, ogni volta che riuscivo a sentirmi perfettamente a mio agio in una nuova situazione, lei riusciva a portarla sempre ad un livello successivo.
Mi raccontò che aveva sognato una sfida da propormi, la aveva intrigata talmente tanto dal volerla attuare nella vita reale.
“La indosserai per tutta la settimana. Ogni giorno ti renderò la vita più difficile, ma se riuscirai ad arrivare a Domenica…”
La situazione si faceva intrigante, ho sempre amato le scommesse, le sfide e i giochi di questo tipo.
“Se riuscirai ad arrivare a Domenica, potrai sfogarti scopando con me e la mia amica Giulia. Lei sa già tutto ed è d’accordo.”
Quelle parole mi colsero di sorpresa. Avevo sempre avuto un debole per Giulia. È una ragazza affascinante, capelli rossi, lentiggini e soprattutto un culo meraviglioso in cui affondare la faccia. Ha un fisico snello ma sinuoso, una vera meraviglia che non vedevo l’ora di potermi gustare insieme a Giada.
“Per cedere e mettere fine alla sfida basta che esclami la parola Whisky, e saprò che il gioco è finito. Però…niente vittoria, niente Giulia. Magari me la scopo solo io…”, aggiunse sogghignando.
Non sapevo come avrei fatto a non sfogarmi per tutto quel tempo, ma accettai. Era un’occasione troppo succosa da lasciarmi scappare.
Un po’ riluttante indossai la gabbietta, era stretta, fredda, impediva qualsiasi erezione. Giada, tutta contenta, mi diede un bacio e continuammo la giornata normalmente, era ancora Lunedì.
Martedì la mia ragazza decise che dovevo iniziare a soffrire. La sera, una volta nel letto, iniziò a masturbarsi proprio vicino a me. La sentivo ansimare, mi toccava, si strusciava su di me. Tutto ciò che potevo fare era accarezzarla e godermi lo spettacolo. Intanto, il mio membro tentava di alzarsi con scarsi risultati. L’acciaio mi comprimeva procurandomi non solo insoddisfazione, ma fastidio fisico.
Mercoledì alzò ancor di più l’asticella. Passò l’intera giornata a stuzzicarmi, raccontandomi le cose porche che mi avrebbe fatto, quanto avrebbe voluto prendermelo in bocca, quanto era arrapata. La notte non dormivo più, era un continuo di stimoli, sogni erotici, il dolore mi svegliava.
Giovedì, mentre ero a lavoro, Giada mi bersagliò con foto porche ad ogni ora, puntualmente. Si immortalava con il dildo, nelle mie posizioni preferite, sempre con qualche frase ad effetto. Era veramente difficile non capitolare, la frustrazione era insopportabile, ma il premio in palio era troppo gustoso.
Venerdì fu il giorno in cui per la prima volta fui vicino al cedimento. Nessuno di noi due avrebbe lavorato, così ne approfittò per vestirsi nel modo più provocante possibile. La vidi uscire dal bagno con un top in pizzo da cui spuntava la sagoma dei capezzoli, una minigonna svolazzante e dei tacchi a spillo. Rigorosamente senza mutandine, passò la giornata a mostrarsi e tentarmi ad ogni costo. Arrivò addirittura ad appoggiarsi al tavolo, sollevare la gonna e sussurrarmi: “Prendimi, scopami qui sopra, adesso”.
L’unica cosa che mi trattenne fu il non avere la chiave del lucchetto tra le mani, così riuscii ad evitare di pronunciare la fatidica parola.
Sabato decise di darmi il colpo di grazia. La giornata passò anche troppo tranquillamente, iniziai a nutrire dei sospetti. Quando la vidi apparire nuovamente agghindata a dovere, capii che sarebbe successo qualcosa. Aveva adottato il suo solito outfit elegante ma porco, tessuti trasparenti, tacchi, pizzo. Niente di esagerato come il giorno prima, poteva tranquillamente uscire vestita così. Un vero concentrato di sensualità e classe.
Mi disse che saremmo andati a fare una passeggiata serale, e guarda caso ci sarebbe stato anche Marco, il nostro amico (o meglio, scopamico).
Bevemmo un paio di birre sul lungomare, facemmo due passi e verso le undici tornammo alla macchina. Guidavo io, così Giada occupò il posto passeggeri e Marco si accomodò dietro.
Appena superata la località di mare, la mia Lei ruppe il silenzio: “mi è proprio venuta voglia di fare un pompino a qualcuno…”
Sapevo dove sarebbe andata a parare, rimasi in silenzio.
“Il mio ragazzo in questi giorni è un po’ indisposto, ti dispiace offrirti volontario?”, disse con voce sensuale rivolgendosi a Marco.
Il nostro amico non se lo fece ripetere due volte.
Io nel frattempo ero un fascio di nervi, non tanto per la gelosia, ma per il fatto che ero veramente al culmine della sopportazione. Feci buon viso a cattivo gioco e accostai la macchina. Giada balzò nei sedili posteriori e mi invitò a continuare a guidare fino a casa.
Ora tutto ciò che potevo vedere erano due sagome, dallo specchietto retrovisore.
La mia ragazza baciò Marco e con la mano scese tra le sue gambe, aprì la zip e liberò il cazzo già pulsante. Beato lui, pensai. Cominciò a masturbarlo mentre le loro lingue si intrecciavano avidamente. Una volta sul rettilineo, nella tranquillità di una notte estiva, si abbassò su di lui e glielo prese tutto in bocca. Non potei vedere quella scena, sentivo solo il rumore della saliva e i gemiti del ragazzo. Ogni tanto i due mormoravano:
“Oh, si, prendilo tutto in gola, troia”
“Vienimi in bocca, voglio sentire il tuo sapore di maschio “.
Passati una decina di minuti, sentii una sorta di grugnito e qualche pseudo lamento soffocato.
“Amore, ho ingoiato tutto. Quanto manca ad arrivare?”, mi chiese con malizia, rialzandosi.
Era troppo, stavo scoppiando. Era tanto umiliante quanto eccitante. Avrei voluto liberarmi e scoparla lì, in mezzo alla strada. Volevo renderla di nuovo mia, inondarla.
In quel momento accostai d’impulso ed esclamai: “Whis…”.
Mi fermai appena in tempo. Bastava arrivare alla mezzanotte e avrei vinto, non valeva la pena buttare tutto all’aria. Finalmente potei osservare i due amanti, illuminati a malapena da un debole lampione. Marco aveva ancora il cazzo fuori dai pantaloni, sempre duro e sporco di sperma. Giada aveva il trucco sbavato e un rivolo di sborra le colava dalle labbra, che prontamente si ripulì con un colpo di lingua. Si era abbassata il vestito e il reggiseno, i suoi capezzoli turgidi svettavano verso l’alto, sicuramente ben stimolati dalle mani del nostro amico. Ci guardammo, rimisi in moto la macchina ed arrivammo a destinazione. Una volta soli, in casa, la mia ormai mistress si complimentò con me:
“Bravo, non credevo che ce l’avresti fatta. Non sai quanto mi sono divertita questa settimana. Domani sera verrà Giulia a cena, sono sicura che non vedi l’ora di riscuotere il premio”.
Annuii. Ce l’avevo fatta, l’indomani avrei scopato quella gran figa della sua amica.
Giada aprì il lucchetto consigliandomi di preservarmi per il giorno seguente. Libero dalle costrizioni andai a letto e baciai Giada, che aveva ancora il sapore del suo toro in bocca. Non ci avevo pensato, mi fece un po’ effetto ma la mia mente era già altrove. Ci addormentammo entrambi ansiosi per la nuova esperienza, che sarebbe stata un altro grande passo in questo nuovo fantastico mondo.
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