Nella vita ci sono tante prime volte. Troppe volte assumeno un peso ed un importanza che forse non dovrebbero avere, però il gusto dell'ignoto ha sempre un fascino molto forte. A 15 anni si insegue il primo bacio, la prima birra scolata con gli amici, la prima ragazza con cui fare sega a scuola e magari andare poi a limonare in una spiaggia isolata, frastagliata, frustrata dal vento e con le onde che ronfano e sobbalzano come la schiena di un drago addormentato. La prima volta che guardi una ragazza con gli occhi rossi di brace, come se volessi mangiartela, insomma tutto alla fine potrebbe essere una costante ricerca della prima volta. Ma quante prime volte ci rammentiamo?


Ora ho 46 anni e ricordo ancora la prima volta con Marta. Non era una ragazza bella, nemmeno carina. Aveva la pelle macchiata dall'acne. Anche io non scherzavo al riguardo, ma si vociferava che era una che ci stava con tutti. Non ho mai dato tanto peso alle voci di corridoio... quella si è fatta mezza scuola... tanto alla fine io mi sono ritrovato sempre in quella metà che non si è fatta. Il ricordo vivido del momento in cui le chiesi di uscire è ancora scolpito nel marmoreo libro della mia memoria. Ero molto buffo e sciocco. La professoressa di Latino ci aveva messo vicino di banco. Non so perché ma ero convinto che facendo il sostenuto lei sarebbe caduta ai miei piedi. Tentavo di fare il duro, ma morbido come una bomba alla crema. Però ero bravo ad aiutarla in latino. Arrivò a dirmi: A volte mi ricordi mio padre. Il timbro della sua voce era caldo e dolce, una sinfonia di piacere. Lì avrei dovuto sfoggiare una battuta piena di fascino ed invece mugugnai un semplice grazie. Ero teso come una corda di violino. Io ero Giacomo corda di violino. Non so bene come sia successo, ma mentre traducevamo una versione di Plinio il vecchio sulle mestruazioni femminili, le sue gambe iniziarono a strusciarsi contro le mie. La sua mano scivolò sulla mia coscia. Iniziai a girarmi a destra e a sinistra. Eravamo in classe. Se ci avessero visto... il pisello mi tirava come un cane al guinzaglio. La sua mano sfiorava il tessuto dei miei pantaloni e si avvicinava al mio inguine. Ero diventato duro come marmo. Ero eccitatissmo e preoccupato che qualcuno potesse vederci. Eravamo in penultima fila, sotto la finestra. La sua mano era calda come un falò di benvenuto. Accarezza il mio membro in modo dolce se sensuale. I suoi occhi continuano a fissare le parole latine sul libro. Io credo di essere diventato rosso come un peperone. Appena la sua mano si stringe sul mio pene, sento un calore immenso che dal basso ventre scende fino al mio prepulzio e in pochi attimi mi sono ritrovato con le mutande bagnate ed una macchia sui pantaloni e un sorriso di soddisfazione sul volto di lei.


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Categorie: Confessioni
Tag: Amatoriale