Qualche tempo fa io e mio marito Max decidemmo di trascorrere una domenica in montagna, in alta montagna, per passeggiare lontani dalla civiltà, respirare aria pulita e goderci il naturale paesaggio montanaro.
Durante la camminata misi male il piede procurandomi una storta alla caviglia.
“Amore mi fa malissimo, non riesco a camminare; dobbiamo fermarci un attimo”
“Certo Elena, siediti e appoggia la gambe su questo masso; vuoi che telefono a qualcuno o pensi di farcela?”
“No, aspettiamo prima di allertare; forse riposandomi un attimo mi passerà. Secondo te ho la caviglia gonfia?”
“No, non mi sembra, però è ancora presto; magari si gonfierà dopo. Caspita siamo anche senza acqua, l’ultima bottiglietta era quella di prima.”
“Non preoccuparti, tesoro, non ho sete, ho solo voglia di stendermi e rilassarmi per far circolare bene il sangue. Controlla se nei paraggi c’è qualche abitazione per chiedere ristoro.”
Max si allontanò per una decina di minuti e al suo ritorno mi disse di averne trovata una abbastanza vicino; dalla caminella del tetto usciva fumo e questo convinse Max che l’abitazione era abitata.
Molto carinamente mio marito mi prese in braccio fino al cancello dell’abitazione quindi mi rimise a terra.
La casetta era molto carina, nel bosco, circondata da un giardino ben tenuto e ricco di fiori colorati. Sviluppata su due piani sembrava la tipica casetta delle favole.
Al posto del campanello una piccola campana che mio maritò suonò.
“Si? Chi è?”
“Salve, buon giorno, scusi se la disturbiamo. Mia moglie si è slogata una caviglia e volevamo chiederle se fosse possibile farla sedere su una poltrona o un divano per qualche minuto fino a che non le sarà passato il dolore.”
“Va bene, vi apro. Entrate.”
“Grazie, lei è molto gentile. Vieni cara andiamo, ce la fai o vuoi che ti prendo in braccio?”
“Prendimi in braccio, grazie.”
Fra le braccia di Max percorremmo una decina di metri fino ad arrivare alla porta dove il tipo ci stava aspettando tenendola aperta per facilitarci l’ingresso.
Una bella casetta anche all’interno. Fui subito inebriata da un lieve ma presente odore di stufa accesa, l’arredamento era tutto in legno chiaro, un grosso tappeto in soggiorno, dei dipinti e una tv al plasma sulle pareti, dei velieri costruiti a mano, bellissimi.
Il tipo sembrava un vero e proprio montanaro, per quanto fino a quel momento fosse stato molto disponibile e cortese aveva l’aria spartana e poco raffinata. Indossava una canotta bianca nonostante il freddo, massiccio e alto, aveva le mani grandi con dita che mostravano il duro lavoro quotidiano che c’è quando si vive in una situazione come quella.
“Accomodatevi, venga Signora, si distenda là sul divano. Le preparo una bevanda calda.”
“Grazie, volentieri. Ho preso questa maledetta storta e faccio tanta fatica ad appoggiarmici sopra. Amore sposta quel cuscino il cima così ci appoggio la testa”
“Certo Elena, subito. Ecco, fatto. Vieni sdraiati.”
“Mmmm che comodo, tutta un altra cosa rispetto a quel sasso di prima. Sono sicura che in breve tempo mi passerà.”
“Non ci siamo ancora presentati, scusate, io sono Remigio lieto di fare la vostra conoscenza.”
“Molto piacere Remigio, io sono Max e lei è mia moglie Elena.”
Mi stavo rilassando molto, quel divano era comodo e i cuscini soffici. Distesa, senza scarpe, riuscivo a stirarmi ed allungarmi tutta, la temperatura dentro era calda, mi tolsi la felpa restando in t-shirt.
Remigio tornò dalla cucina con un vassoio che trasportava tre tazze da te bianche e degli origami dorati, una teiera molto grande in argento, una zuccheriera con zollette e pinzetta.
Poggiò tutto sul tavolo di cristallo in soggiorno e mi vide per la prima volta senza felpa. Mi scrutò da cima a fondo soffermandosi senza problemi sul seno, nonostante mio marito fosse lì e non ci conosceva. Un brivido di piacere mi percorse la schiena, quelle manone grosse non mi sarebbe dispiaciuto sentirle accarezzare la mia pelle.
Inaspettatamente disse
“Max, versa tu il te per tutti e tre mentre io massaggio la caviglia della tua signora.”
“Va bene.”
Senza nemmeno chiedermi il permesso Remigio mi alzò leggermente le gambe per infilarcisi sotto e far puggiare i miei piedi sulle sue cosce.
“E’ il piede destro o il sinistro che ti duole?”
“Il destro”
Mi sollevò il piede con sicurezza e determinazione, iniziò a fare una leggera pressione sulla convinzione fra lo stinco e il piede provocandomi un certo relax.
Ci sapeva fare. Prese un olio e me ne mise qualche goccia sulla caviglia riprendendo a massaggiare. Nel frattempo mio marito versava il te.
Chiusi gli occhi e iniziai a pensare; Remigio ci sapeva fare, di poche parole, senza esitare aveva sia dato un ordine a mio marito sia preso il mio piede per massaggiarlo e la sua stazza era quella del toro. Forse ci saremmo divertiti tutti.
Riaprii gli occhi quando m’accorsi che il boscaiolo si era tirato fuori il cazzo e ci appoggiava sopra il mio piede, lì, davanti a mio marito che ovviamente stava zitto.
Lo guardai, mi guardò e sul suo volto comparve un ghigno, quel ghigno che solo il vero maiale riesce ad esprimere.
Il suo bastone era importante, nonostante l’avesse tirato fuori attraverso la patta dei jeans quindi ancora molto bloccato, era grosso e largo, proprio il cazzo di un montanaro arido e grezzo.
“Ti pace se ti massaggio così, signora?”
“Mmmm, si mi piace.”
“Tuo marito? Lo lasciamo guardare o vuoi che lo mando di là?”
Non mi aspettavo questa domanda, possibile avesse capito che siamo una coppia cuckold?
“Lasciamolo guardare”
“Va bene, però voglio che si abbassi i pantaloni per vedere se è eccitato.”
“Mi piace, si. Amore, hai sentito Remigio che cosa ti ha detto, abbassati… anzi togliti pantaloni e boxer e facci vedere se sei eccitato”
“Ma amore… non voglio togliermi i pantaloni qui, davanti a questa persona sconosciuta”
“Obbedisci e non fare storie. Remigio è stato così gentile da accoglierci in casa sua e in cambio ti sta chiedendo solo di toglierti i calzoni. Esegui”
“Va bene amore, scusa.”
Diligentemente ma col volto rosso di vergogna mio marito si abbassò i pantaloni prima e i boxer poi. Espose in bacino in avanti per mostrarci il suo pisellino che era duro e puntava alle dodici.
Qualche secondo dopo si tolse tutto e rimase in pedi e mostrarsi davanti a me e Remigio.
“Lo sapevo, siete una coppia cuckold. Tu sei il cornuto e tu la sua vacca sempre in calore. Bene, vi farò trascorrere un piacevole pomeriggio. Qui le troie come te sono rare, le montanare sono tutte puritane e chiuse in tutti i sensi, quindi scopo molto poco, solo quando vado in città, da qualche puttana a pagamento.”
Mentre parlava con la sua manona saliva lungo le mie cosce, sopra i leggings, rude e deciso arrivò fino alla patatina e iniziò a pizzicarmela con forza. Riuscì a farmi bagnare dopo qualche pizzicotto, se ne accorse e come se fossi di sua proprietà infilò la mano sotto i i pantaloni fino ad arrivare al mio fiorellino bagnato. Muoveva le dita con avidità e in men che non si dica me ne ritrovai due nella figa. Qualche minuto di ditalino e la tirò fuori portandosi le dita alla bocca. Si leccava le dita il porco, gli piaceva il mo sapore.
“Che sapore da cagna in calore che hai. Senti anche tu, vieni qua, leccami le dita. Tua moglie gli ha pisciato sopra i suoi umori”
Mio marito era rosso paonazzo ma il suo bastoncino lo tradiva. Adesso non solo era duro ma la punta della sua cappella era bagnata, c’era una gocciolina di acquetta che per lui era seme. Si avvicinò a Remigio e gli prese in bocca le due dita che gli stava porgendo. Chiuse gli occhi e leccando e succhiando le dita del boscaiolo si mise in ginocchio. Lo guardavamo con compiacimento.
“Baravo amorino mio, mi ecciti tanto quando sei obbediente; ti piacciono i miei umori succhiati dalle dita di Remigio?”
“Si amore, hai un buonissimo sapore”
Remigio gliele tolse all’improvviso facendolo leggermente curvare in avanti e cadere a pochi centimetri dal suo cazzo grosso.
“No, allontanati dal mio cazzo. Prima tua moglie. Tu stari a guardare e se fari il bravo magari dopo ci sarà qualche cosa anche per te. Devi essere obbediente. Quando ti ordinerò qualche cosa dovrai farla senza obbiettare. Hai capito cornuto?”
“Si, hi capito”
“Voglio che mi chiami padrone e tua moglie padrona. Ripeti quello che ho detto”
“Ho capito, vuoi essere chiamato padrone e farò lo stesso con Elena, mia moglie”
Max era particolarmente servizievole, la situazione lo eccitava molto e sinceramente eccitava anche me. Era da un pò che non frequentavamo persone in grado di ricoprire, come si deve, il ruolo del Capo Famiglia e se Remigio ne fosse stato in grado, e così sembrava, sarebbe stata una bellissima rivelazione.
Mi sfilò i pantaloni senza fare molta fatica e mi osservò fra le cosce per qualche minuto. Si percepiva che era da molto che non vedeva una donna e questo pensiero mi faceva bagnare tantissimo tant’è che se ne accorse e disse
“Elena sei proprio una grandissima troia. Hai la figa in fiamme, vedo colare gli umori”
Nemmeno il tempo di finire di parlare che ficcò il viso fra le mie cose; poggiò la lingua subito sul fiorellino e iniziò a leccarmela come fosse un gelato. Lingua piena, appiattita e tutta, ma proprio tutta, fuori; dal basso verso l’alto e ripartiva; ogni tanto, quand’era in cima, spendeva qualche secondo per mordicchiarmi il clitoride. Il maiale ci sapeva fare molto bene. Grezzo ma libidinoso. Ad un certo punto mise la lingua a missile e irrigidendola iniziò a penetrarmi. Lo sentivo ma dopo poco ero così allargata dalla goduria che smisi di sentirlo… non vedovo l’ora di prendere il cazzo.
“Mmmmm che bravo che sei… si continua a leccarmi così, dai che mi piace tanto. Amore… Remigio è bravissimo, mi sta leccando la patatina come nessuno mai ha fatto. Guarda bene quello che sta facendo che nei prossimi giorni proverai a farlo anche te.”
“Si Elena, va bene. Sei molto bella ed eccitante, posso farmi una sega?”
Remigio smise all’improvviso di leccarmi la figa, si alzò è mollo una sberla a mio marito; Max divenne rosso bordò, indietreggiò di un passo e basso lo sguardo.
“Ti ho detto che devi chiamarla padrona. No, ti rispondo io, non puoi segarti, puoi solo guarde ma non toccarti quel cazzetto ridicolo. Ce l’hai piccolo, lo sai vero? Non sarai mai in grado di soddisfare una donna con quella cosina lì, figuriamoci una puttana come tua moglie. Guarda che differenza”
Remigio si tolse i pantaloni e s’affiancò a Max. I loro bastoni erano molto diversi, entrambi duri ma quello di mio marito sottile e piccolo mentre quello di Remigio largo, lungo e con due palle che sembravano albicocche mature.
“Elena, guarda la differenza di cazzo che c’è tra il mio e quello di tuo marito”
“Oh si, c’è una bella differenza”
Scesi dal divano inginocchiandomi davanti ai due uomini, mi fermai a pochi centimetri dal cazzo di entrambi. Li accarezzai contemporaneamente, li sarai un attimo per dargli più tono quindi guardai negli occhi mio marito
“Amore… è proprio piccolino il tuo… guarda il suo, è lungo quasi come il mio avambraccio mentre il tuo… bè mi ci sta tutto in mano. Adesso siediti e stai calmo, io e Remigio giochiamo un pò”
Mio marito non aprì bocca e si sedette. Presi subito il cazzo di Remigio in bocca e inizia a succhiarlo. Era buono, saporito e morbido.
Gli tiravo le palle, so che hai tori piace molto, infatti il bastone batteva in punta quando arrivava il dolore dalle palle. Il maiale mi mise una mano dietro la nuca e iniziò a dettarmi la velocità da adottare. Praticamente mi stava scopando la bocca. Sentivo quasi i conati di vomito ma tutta quella rozzaggine mi eccitava da morire. Era un vero toro da monta e mi faceva sentire una vacca.
“Sei proprio una troia, come succhi bene. Voi vacche di città siete proprio puttane. Dai succhia così, brava… continua… continua… si maiala siiiiiiiii”
Mi riversò in bocca almeno sei schizzi di seme e volle che l’ingoiassi tutto. Ci misi un pò, i primi schizzi finirono subito in gola ma i successivi no, in bocca, quindi a deglutirli impiegai un pò.
Sorridevo, restando in ginocchio lo osservavo dal basso verso l’alto, il suo cazzo era ancora duro, lucido e dritto. Mi venne voglia di sentirmelo addosso e inizia a schiaffeggiarmi forte in viso e sulle labbra. Mi piaceva tanto. Guardai mio marito e lo vidi eccitato ma anche sottomesso e voglioso. Gli sorrisi, mi alzai andai a baciarlo passionalmente. Nel farlo mi chinai a novanta per mostrare a Remigio il mio di dietro.
Il porco non fece passare molti secondi che mi appoggiò il cazzo sopra il culo.
Baciamo mio marito ma sentivo la punta del bastone di Remigio cercare di penetrarmi la patatina. Fradicia come ero non impiegò molto.
Era così grosso che urlai, stavo baciando mio marito quindi gli urlai praticamente in bocca.
“Scusa amore, mi ha messo il cazzo dentro ed è così grosso che mi ha fatto un pò male”
“Te l’ha messo nel culo?”
“Per adesso no amore, ma dopo lo vorrò anche lì. Questo cazzo non ce lo dobbiamo fare sfuggire, hai capito caro? Se dopo Remigio ti chiederà di essere carino con lui voglio che tu lo sia, voglio che esegui tutti i suoi ordini, volesse anche scoparti. Hai capito?”
Mentre dicevo questo a mio marito da dietro Remigio pompava come un vero toro, era un montanaro rozzo ma capace di far sentire vacca una donna come me.
Mi stantuffava come fosse una macchina, colpi forti, affondi potenti, un sudicio animale. Puzzava leggermente e quest’odore mi eccitava da morire, mi faceva sentire una troia da statale.
“Ok amore, farò tutto quello che mi ordinerà”
“Bravo. Ahhhhhhhhh Ahhhhhhhhh…. Mi ha fatto venire… oddio… siiiiiiiiii ancora ancora, ti prego non smettere”
Remigio mi dava dei colpi che mai prima mi erano stati dati. Lo sentivo in gola e le palle mi colpivano il clitoride. Era lussurioso al massimo.
Mi tirò per i capelli per farmi alzare e dopo avermi fatto girare mi prese in braccio come un selvaggio. Mi avvinghiai a lui, le mie gambe erano saldamente attaccate alla sua vita. Si prese il cazzo in mano e me lo ficco nella figa senza chiedere permesso.
Praticamente mi sollevava per poi farmi ricadere a peso morto sul suo cazzo. Mamma mia che bello. Andò avanti per dieci minuti abbondanti quando d’un tratto si girò e appoggiandomi con delicatezza sopra il divano si mise sopra di me per scoparmi meglio. Stava per venire ancora… gli strizzavo i capezzoli e lo guardavo dicendo
“Dai toro, riempi la figa di questa puttana di città… dai così… si tesoro che mi fai godere… voglio la tua sborra dentro e la voglio davanti a mio marito”
Ovviamente venne. Nemmeno il tempo di finire che il porco mi inondò la figa, dentro, tutta. Io non ero coperta dalla pillola.
Tirò fuori il bastone e me lo mise in bocca.
“Lavalo puttana. Tu, vieni qua e aiutala a lavarmi il cazzo dalla mia sborra e dai suoi umori. Inginocchiati”
Senza rendermi conto di quello che succedeva io e mio marito ci rtrovammo inginocchiati davanti al bastone del boscaiolo che se lo strofinava sui nostri visi con la bocca aperta e la lingua fuori.
Il te si era raffreddato quindi Remigio ordinò a mio marito di prepararne altro mentre o e lui ci saremmo fatti una doccia insieme.
Il toro non era ancora sazio.
Max, obbediente, eseguì l’ordine e mentre lo faceva poteva sentire i miei gemiti provenire dal bagno mentre Remigio, questa volta, mi scopava il culetto.
Avevamo trovato il nostro Capo Famiglia.
elenaeccitata@gmial.com
«Hai reso felice quel cornuto di tuo marito e ti sei gustata un bel cazzo nei tuoi buchi»
«Brava Elena, che gran mignotta che sei!!! Compimenti!»
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