L’inverno successivo alla nostra vacanza estiva in Sardegna, Monica ed io trascorremmo, come ormai da diversi anni, le nostre vacanze natalizie in montagna.


L’albergo dove siamo soliti alloggiare è un bellissimo chalet, situato a pochi chilometri da una notissima stazione invernale del Piemonte.


In quella struttura si respira la vera atmosfera di montagna, accolti e coccolati come in una bomboniera.


Le nostre giornate trascorrevano tra escursioni con gli sci di fondo, ciaspolate nei boschi, tanto amore e parecchio sesso.


Siamo soliti fare il cenone dell’ultimo dell’anno in albergo mentre, per la cena del 24 dicembre, si va in un piccolo borgo, distante circa venti chilometri. che ospita un minuscolo ristorante (cinque o sei tavoli in tutto) che però è un vero spettacolo. Ricavato in un’antica baita finemente ristrutturata, ha pareti in pietra, soffitto e pavimento in legno, luci sapientemente soffuse, candele ovunque e cibo divino.


Questo locale è tra i più rinomati della zona, nonostante il ridotto numero dei coperti, pertanto occorre prenotare con settimane di anticipo per trovare posto.


Io avevo telefonato più di un mese prima per assicurarmi il tavolo migliore, quello davanti al caminetto.


Data l’informale esclusività dell’ambiente, noi maschietti possiamo vestirci anche moderatamente eleganti, ma è uso che le signore sfoggino tutta la loro eleganza, con classe e, sicuramente, senza volgarità.


Monica è sempre eccitata quando andiamo a mangiare lì, perché riesce a vestirsi “tirata”, cosa che non può invece fare nel nostro più rilassato e sportivo albergo, altrimenti sembrerebbe fuori luogo.


Per la serata, Monica aveva scelto di indossare un abitino in cachemire, color panna, lungo a metà coscia (per cui ben più lungo di quelli che indossa in estate), che disegna benissimo il suo fisico, senza essere troppo volgarmente attillato, collant color tabacco velatissimi e tronchetti tacco dieci, scamosciati, dello stesso colore delle calze.


Solitamente, non tampino mia moglie quando si prepara ad uscire, perché preferisco godermi il risultato finale, ma quella sera, vedendomela passare davanti in continuazione, indossando solo intimo e collant, con già indosso i tacchi alti, spinto dal mio indomabile feticismo, non avevo resistito ad interrompere due o tre volte la sua preparazione toccandola dappertutto. Un po’ mi aveva lasciato fare ma, poi, mi ha ammonito che avremmo fatto tardi, per cui, a malincuore, ho desistito.


Monica stava finendo di truccarsi e di pettinarsi i suoi splendidi capelli dorati.


Da un paio di anni, se li era lasciati ricrescere, così ora li aveva lunghi parecchio oltre le spalle. Partivano lisci, per attorcigliarsi in ampi boccoli da metà in giù. Le incorniciavano il viso, coprendole parzialmente le guance e avevano una frangetta che le arrivava fin quasi agli occhi, conferendole uno sguardo veramente intrigante.


Ma il tocco di spettacolarità al naturale splendore di Monica glielo avrebbe donato il mio regalo di Natale: una stupenda pelliccia, ovviamente ecologica, identica al visone bianco, lunga fino alle caviglie, con la fodera in raso rosso e il colbacco bianco.


La indossò, si mise davanti allo specchio e anche lei, abituata ad essere molto più che splendida, rimase stupefatta dalla sua immagine strepitosa. Il suo rossetto color fuoco spiccava molto sensualmente in quel mare di bianco e di biondo.


Finalmente, uscimmo dalla nostra camera e scendemmo nella sala principale dello chalet, dove incontrammo i proprietari della struttura, nostri carissimi amici.


Alla vista di Monica, Il mio amico esclamò un sonoro “Wow!” di ammirazione, mentre sua moglie disse: “Accidenti Monica, sembri un’imperatrice di Russia!”


Ringraziammo per i complimenti, ci scambiammo gli auguri ed uscimmo.


La temperatura era veramente rigida e stava nevicando già da un po’.


Poco male: avevamo ritirato la nostra nuova Jeep Wrangler circa un mese prima e non vedevamo l’ora di provarla sulla neve.


Monica salì in macchina, tenendo indosso la pelliccia perché faceva veramente freddo.


Fin da quando stavo uscendo dal parcheggio, non potei più distogliere lo sguardo dalle bellissime e lunghissime gambe di mia moglie che, fasciate dal setoso collant, si erano fatte strada nell’apertura della pelliccia.


Per arrivare al ristorante, dovevamo percorrere circa venticinque chilometri. Mentre nevicava sempre più abbondantemente, man mano che salivano verso i duemila metri, dopo due o tre chilometri, la temperatura dell’abitacolo divenne ottimale, così Monica aprì completamente la pelliccia.


Sedendosi, il vestito le era salito fino all’inguine. Lei non se ne era curata ma io lo avevo notato subito. Non resistetti ad allungare la mano destra e ad insinuarla tra le sue cosce, lasciandocela fino al nostro arrivo al ristorante. Se la nostra Jeep ha il cambio automatico, c’è un motivo!


Lei, nel frattempo, non diceva niente, ma mi guardava sorridendomi con gli occhi complici.


Da perfetto cavaliere, volevo farle strada aprendole la porta di ingresso del locale. Non ci riuscii, in quanto il titolare del ristorante mi precedette dall’interno, accogliendoci calorosamente, squadrando mia moglie.


Così, cedetti il passo a Monica che entrò per prima nella piccola sala. Il suo ingresso, come prevedevo, non passò inosservato, anzi, si voltarono tutti a guardare verso di lei, sbalorditi da quella abbagliante figura femminile che, tra la sua naturale statura, dieci centimetri di tacco e, almeno, altri quindici di colbacco, superava i due metri di altezza. Io, dietro di lei, vedevo gli sguardi e godevo.


Il proprietario aiutò Monica a togliersi la pelliccia e gliela appese al guardaroba. Attendemmo che tornasse per farci accomodare al tavolo.


Gli sguardi su mia moglie non cessavano: passato lo stupore destato dalla sua immagine impellicciata, ora tutti potevano apprezzarne il fisico statuario, modellato nell’elegante vestitino.


Ci sedemmo e iniziammo la nostra cena, un po’ raccontandoci la giornata appena trascorsa sugli sci, un po’ parlando di cosa ci sarebbe piaciuto fare l’indomani e facendo qualche discorsetto piccante da bravi innamorati.


La nostra cena giunse al termine. Io preferii rinunciare all’assaggio dei liquori per poter guidare senza problemi.


Monica andò a fare pipì, mentre io pagavo il conto e scambiavo due chiacchiere con il titolare.


Lei tornò e lui si precipitò a recuperare la pelliccia. La aiutò ad indossarla, non disdegnando di darle numerose guardate.


Quando uscimmo, nevicava fortissimo. In circa tre ore, erano caduti almeno quaranta centimetri di neve. Invitai mia moglie ad attendermi all’asciutto, davanti all’ingresso del ristorante, per non affondare nella neve con le sue scarpette.


Salii in macchia e mi accinsi a fare retromarcia, ma la neve era già alta e le sole due ruote motrici non erano sufficienti. Inserii la trazione integrale e mi mossi senza difficoltà.


Mi portai davanti al ristorante, scesi dalla macchina, aprii la porta sul lato passeggero, andai verso Monica e, con sua sorpresa, la presi in braccio e la adagiai sul sedile.


Ci avviammo con prudenza. Le gambe accavallate di Monica sbucavano maliziosamente dalla pelliccia. Al solito allungai la mano, vinto dalla tentazione di toccarla, ma lei mi bloccò subito, invitandomi a guidare con prudenza e a mantenermi concentrato.


Percorremmo la stretta strada che portava dal borgo alla strada principale. Non c’era anima viva in giro, data la nevicata che non accennava a diminuire.


Dopo qualche chilometro, vedemmo, in direzione opposta alla nostra, un veicolo fermo a bordo strada con le quattro frecce. Capimmo subito che erano in difficoltà. Mentre ci avvicinavamo, dall’altra auto iniziarono a farci gli abbaglianti.


Giunti in loro prossimità, vidi che si trattava di un grosso SUV che si era infossato con le ruote di destra nel canale di scolo delle acque che costeggiava la strada, ma che non si vedeva, data l’altezza ormai raggiunta dalla neve.


Mi fermai in prossimità e abbassai il finestrino, seguito immediatamente dal conducente dell’altro mezzo.


Un distinto signore, quasi sulla sessantina mi salutò: “Buona sera, mi dispiace disturbarla ma è più di mezz’ora che siamo bloccati qui. Ho già chiamato il carro attrezzi, ma mi hanno risposto che, se non si tratta di un incidente che blocca la strada, la notte di Natale non escono. Ho quindi chiamato i Carabinieri, ma sono impegnati con un’altra emergenza.”


Gli risposi: “Buona sera a lei, mi dispiace della sua situazione. Secondo me, potrei riuscire a trainarla fuori. Faccio subito manovra.”


Avanzai di una decina di metri, poi diedi una repentina sterzata al volante, dando gas. Monica esclamò un “Ohhh!”, tra l’impaurito e lo stupito.


La Jeep fece un mezzo testa-coda che controllai con perizia, trovandomi così girato nella direzione opposta. Mia moglie, visto il successo della manovra, mi disse ammirata: “Ma dove te le hanno insegnate queste cose?”


“Visto che non sono solo bravo a farti godere, amore?” risposi ironico e lei rise.


Mi portai avanti di un paio di metri rispetto al SUV e mi fermai.


Scesi, mentre l’altro signore mi veniva incontro. Mi strinse la mano e mi ringraziò nuovamente, spiegandomi che si era distratto un attimo, finendo in quel pasticcio.


Guardai all’interno dell’abitacolo del SUV e vidi che il tizio era in compagnia di una bella donna, poco più che cinquantenne, con le gambe ben in vista attraverso lo spacco anteriore della gonna.


Capii cosa fu che lo distrasse.


“Prendo il traino dal baule. Intanto, lei cerchi il gancio così lo montiamo.” gli dissi.


Recuperato quanto necessario, ora il traino era pronto, così gli diedi ancora qualche indicazione su come avrebbe dovuto manovrare.


Risalito in macchina, Monica mi chiese un po’ preoccupata se pensavo di farcela.


“Solo provando lo sapremo…” risposi.


Inserii la marcia, misi lentamente in tensione il traino e diedi potenza.


Purtroppo, anche con la trazione integrale, non ci fu verso di muoverli: erano troppo pesanti e c’era troppa neve. Se avessi insistito troppo, anche le nostre ruote sarebbero affondate, ma avevo il mio asso nella manica.


Scesi e dissi al tizio, che aveva un’espressione sconsolata, di non preoccuparsi perché avrei montato le catene.


Si mostrò più rassicurato: “Vengo a darle una mano!”


La donna lo invitò ad avvicinarsi al suo finestrino e gli disse qualcosa, quindi lui mi riferì: “A mia moglie farebbe piacere salutare la sua signora. Può darle il nostro numero, così si chiamano?”


Nevicava a dismisura e le signore erano rimaste a bordo dei rispettivi mezzi, data l’inadeguatezza delle loro calzature alle condizioni del manto nevoso.


La signora mi passò un bigliettino che portai a Monica, spiegandole l’invito. Lei fu felice e iniziò subito la chiamata.


Mentre prendevo le catene dal baule della mia macchina, sentii che già si stavano salutando e facendo amicizia.


Spiegai al signore che le catene da montare erano quattro, per via della trazione integrale, e gli illustrai come si faceva. Era un tipo piuttosto cittadino e non avvezzo a queste cose, ma ci mise tutto il suo impegno per aiutarmi.


Dopo una buona mezz’ora, le catene erano montate. Risalimmo sui nostri rispettivi mezzi e ritentammo.


Inserii le marce ridotte, diedi in po’ di gas e la Jeep, ora ben aggrappata al suolo, grazie alle catene, non ebbe difficoltà a trascinare il pesante SUV fuori dal fosso innevato, senza scomporsi.


Scendemmo nuovamente dai mezzi e il tizio mi venne incontro entusiasta, ringraziandomi calorosamente.


Concordammo che ora c’era il problema che la loro strada del rientro era di circa dodici chilometri, tutta in salita. Non ce l’avrebbero fatta con i soli pneumatici da neve. Lo strato nevoso era spesso e non era ancora passato lo spazzaneve.


Gli proposi che li avremmo trainati fino a casa loro, e così facemmo.


Durante il tragitto, Monica mi si avvicinò mettendomi una mano sulla coscia, al che disse, sbattendo i suoi occhioni: “Ma come è stato brillante il mio amore questa sera…”, la spostò sul mio pacco già barzotto, iniziando a dargli qualche strizzata, aggiungendo: “Quando torniamo in albergo, ti faccio tutto quello che vuoi!”


Replicai: “Amore, preparati già da adesso, perché ho voglia che tu mi faccia un sacco di cose…”


E lei, con tono molto malizioso: “Lo sai che non ti rifiuto mai niente…”


Allentando la presa dal mio pisello, disse: “Lui si chiama Aldo, lei Mirella. Abitano in Brianza e hanno un appartamento al Sestriere. Lei è molto simpatica e gioviale, sembra un bel peperino. Tu l’hai vista?”


“Sì, è una bella donna, sui cinquantacinque anni, piuttosto sexy…”


“Hai l’occhio lungo tu! Mi ha detto che hanno sbandato sulla neve perché il marito si è distratto, ma non mi ha spiegato come…”


“Te lo dico io come: la signora indossa un vestito in seta, lungo fino alle ginocchia, molto fasciato, che sul davanti ha uno spacco molto profondo da cui esce un bel paio di gambe…”


“Ah, adesso capisco…” concluse, ridendo maliziosa.


Dopo circa quaranta minuti di traino per fare dodici chilometri, finalmente arrivammo davanti al condominio dove avevano l’appartamento. Sganciammo le auto e le signore scesero per presentarsi e salutarci. Aldo e Mirella non finivano più di ringraziarci per il soccorso, poi ci chiesero dove saremmo dovuti tornare.


Gli dissi la località dove si trovava il nostro albergo. “Ma sono quasi quaranta chilometri!” esclamò Aldo, e aggiunse, con aria preoccupata: “Non vorrete mica fare tutta quella strada con mezzo metro di neve fresca? Arrivereste domani mattina!”


In effetti, aveva ragione, pensai, ma non vedevo alternative.


Intervenne Mirella: “Il nostro appartamento ha tre camere da letto. Potreste dormire da noi, poi, domattina, dopo una bella colazione, avranno già pulito le strade e potrete tornare tranquillamente.”


Monica mi guardò sorridendo e con gli occhi scintillanti. La proposta le era piaciuta, così accettammo volentieri l’invito. Erano quasi le due della notte di Natale, eravamo un po’ stanchi e non avevamo voglia di altre avventure per quella sera.


Ci fecero parcheggiare la Jeep nel loro ampio box e salimmo al loro appartamento.


Accesero le luci ed entrammo. La casa era bellissima: arredata modernamente, pur conservando il calore e la tipica accoglienza di una casa di montagna.


Mirella e Aldo si profusero in mille gentilezze nei nostri riguardi. Ci fecero togliere i soprabiti e lei ci chiese se volevamo bere qualcosa di caldo: “Posso farvi un tè, oppure abbiamo un bel Punch o il vin-brûlé…”


Optammo per il Punch. Aldo era impegnato ad accendere il camino.


Noi ometti iniziammo a fare conoscenza, parlando delle nostre rispettive professioni. Intanto, Mirella mostrò a Monica la camera dove avremmo dormito e la invitò ad usare liberamente uno dei due bagni.


Mirella era veramente una bella donna, piuttosto alta, con un fisico ben disegnato. Al contrario di Monica, dimostrava la sua età, ma era molto curata, elegante e con un modo di fare molto di classe, cose che le conferivano un’aria intrigante e sexy. Si vedeva che anche loro erano una coppia molto affiatata e che si amavano. Erano benestanti, ma erano comunque persone che non si davano delle arie da arricchiti.


Monica tornò in salone, mi diede un bacio e sottolineò quanto era bella la loro casa e come si stava sentendo bene.


Anche lei non aveva potuto fare a meno di percepire la positività di quella coppia.


Ci fecero accomodare su uno dei due grandi divani disposti davanti al camino, mentre loro si sedettero su quello di fronte a noi.


Iniziammo a sorseggiare le nostre bevande calde e conversammo amabilmente.


Il discorso andò poi sull’amore e sui rapporti di coppia. Ci raccontarono di come si erano conosciuti, trentacinque anni prima, che da lì a qualche mese, avrebbero festeggiato i trent’anni di matrimonio e che, tra alti e bassi, avevano raggiunto un profondo livello di intesa e complicità.


Monica ed io fummo felici di aver trovato qualcuno con cui condividere anche la nostra intesa, senza timore di essere invidiati o non compresi.


Mirella aggiunse che però, dopo tutti quegli anni di conoscenza, ogni tanto lei e suo marito cercavano qualche situazione un po’ più intrigante, che aggiungesse un po’ di adrenalina al loro rapporto.


Monica ed io ci guardammo compiaciuti e lei mi chiese: “Glielo posso raccontare?”


Compresi subito a cosa mia moglie si riferisse, così le risposi: “Certamente, amore!”


Monica iniziò: “Mio marito ed io abbiamo una concezione del sesso molto gioiosa e giocosa. Siamo così in sintonia che non abbiamo nessun timore ad esprimerci ogni desiderio o fantasia, e nemmeno a metterle in pratica.”


“Dimmi una fantasia di tuo marito che hai reso reale.” la sollecitò Mirella.


Monica sorrise raggiante e mi guardò dritto negli occhi a cercare la mia approvazione.


Gli feci cenno di sì con la testa.


“Beh, lui è sempre stato curioso del mio passato sessuale prima che ci conoscessimo, per cui, nei momenti di intimità, vuole che gli racconti qualche particolare piccante, cosa facevo o cosa piaceva che facessi a questo o a quel mio ex fidanzato, cosa avevo combinato le volte che da single ero andata in vacanza da sola e via dicendo. E lui si eccita tantissimo ad ascoltare le mie narrazioni. Una sera, mentre eravamo in vacanza in Grecia, mi stuzzicò sul fatto che, partendo dalla fantasia che fossi stata single, gli sarebbe piaciuto vedere cosa sarebbe successo se fossi rimasta da sola nel bar dell’hotel.”


“Umm, interessante…” la interruppe Mirella. “Non farci stare sulle spine. Dai, racconta cos’è successo…”


Aldo strabuzzò gli occhi.


Monica riprese: “È successa la cosa più ovvia: dopo pochi minuti che mio marito mi aveva lasciata sola, un bel ragazzo mi si è presentato e ha iniziato a corteggiarmi, molto educatamente…”


“E tu?” la incalzò Mirella, sempre più curiosa.


“E io…” Monica mi guardò nuovamente, cercando il mio assenso a dire tutto fino in fondo. Ovviamente acconsentii, anche perché era la prima volta che mia moglie raccontava a terzi quegli accadimenti.


“Dopo una serrata trattativa, con mio marito avevamo già concordato che avrei acconsentito a rendere reale la fantasia che spesso mi raccontava, per cui mi lasciai corteggiare dal ragazzo e accettai le sue avances…”


Monica centellinava il racconto. Mirella non stava più nella pelle nell’avere altri particolari. Aldo non aveva ancora proferito parola. Comprendevo che era rapito ed eccitatissimo nell’ascoltare la confessione libertina di quella strafiga appena conosciuta.


Mirella la incoraggiò nuovamente a proseguire nella narrazione, per cui Monica, senza altri indugi, raccontò per sommi capi ciò che avvenne quella notte a Kos.


Mirella rimase colpita e quasi incredula. Sono certo che stesse fantasticando la stessa situazione con lei e suo marito.


Aldo era a bocca aperta, anche lui immaginandosi se fosse stato al mio posto, nel vedere sua moglie fare sesso con uno sconosciuto. Manifestò il desiderio, che gli era cresciuto ascoltando il racconto di Monica, spostando la sua mano fin sulla gamba di sua moglie.


I due si guardarono dolcemente, sorridendo.


Mirella disse: “Accidenti che storia! Io non ho molto da raccontare ad Aldo, perché non ero mai stata con un uomo prima di lui, ma ci piace ricordare qualche situazione piccante che abbiamo vissuto.”


Continuò: “Per rompere la routine, alcune volte abbiamo provato ad andare in qualche club privato, ma abbiamo avuto solamente una sensazione di squallore. In quei posti, puoi esprimere il tuo istinto sessuale, ma solo la parte animalesca, per cui ce ne siamo andati via, senza mai concludere niente. Dal tuo racconto, invece, emerge un bel gioco emotivo, di sensazioni, aspettative, sorprese. Anche per noi il coinvolgimento mentale è essenziale e, forse, ancora più eccitante dell’atto fisico stesso.”


“Senza dubbio!” aggiunsi io. “Certo che il soddisfacimento fisico è indispensabile, ma non ti lascia niente, se non ci sei arrivato emotivamente coinvolto.”


Aldo accarezzava insistentemente le belle cosce della moglie che ci chiese: “Vi è mai capitato, o avete mai pensato, di fare lo scambio di coppia?”


Rispose Monica, condividendo pienamente anche il mio punto di vista e non avendo quindi necessità di cercare il mio assenso: “No, non lo abbiamo mai fatto e nemmeno ci abbiamo fantasticato. Mio marito mi ripete sempre che, avendo una donna come me, non ha nessuna, nemmeno lontana, curiosità in tal senso. Da parte mia, è sempre stato lo stesso. Se qualche volta ho fatto sesso con un uomo diverso, l’ho fatto volentieri solo per realizzare una sua fantasia, ma non ne ho mai sentita la necessità.”


Monica ed io avevamo timore che Mirella e Aldo stessero per farci una simile proposta. La cosa, come già ribadito da Monica, non ci attirava, ma lei ed io, ogni tanto, ci eravamo interrogati se ci avrebbe intrigato fare l’amore con un’altra coppia che faceva sesso, per conto loro, ma nella stessa stanza.


Monica mi aveva sempre detto che la cosa avrebbe potuto intrigarla, sempre che la coppia fosse stata composta da persone educate e a modo.


Mia moglie espresse subito ai due questo concetto. Avevo intuito che quella poteva essere l’occasione, e con le persone giuste, di provare una tale esperienza.


Mirella e Aldo compresero il limite imposto da Monica, nel caso avessero avuto idea di un prosieguo sessuale di quella nottata. Erano due persone di classe, educatissime e correttissime, tanto che intesero al volo i paletti da noi posti. Erano molto eccitati, per cui non dissero altro.


Mirella portò il suo viso di fronte a quello del marito e iniziò a baciarlo appassionatamente, accarezzandolo sul petto.


Le carezze di Aldo sulle gambe della moglie si erano fatte molto più audaci, arrivando fin sopra le sue mutandine, coperte dal collant.


Mirella schiuse le gambe per favorire l’accesso della mano del marito alla sua passera.


La donna abbassò la propria fin sul pacco di Aldo.


Monica ed io eravamo rimasti ad osservare la scena e i progressi della loro inattesa intimità. Ci abbracciammo, iniziando a baciarci con passione. Anche in noi il desiderio crebbe esponenzialmente e cogliemmo l’occasione per vivere quella nostra curiosità, pienamente a nostro agio.


Iniziammo a toccarci reciprocamente. Sa quando eravamo usciti dal ristorante, non vedevo l’ora di toccare Monica nella maniera più intensa e indecente possibile. Lei rispose con altrettanta intraprendenza, aprendomi i pantaloni e imprigionando il mio pisello nella sua mano.


Intanto, l’altra coppia progrediva nell’intimità. Ora Mirella aveva il vestito sbottonato nella parte superiore. Aldo si dava un gran da fare, strizzando e pastrugnando le tette della moglie che erano trattenute da un reggiseno molto fine e trasparente. Anche lei si era preparata con molta cura, per tenere vivo il desiderio del marito.


Noi tutti ci guardavamo con passione, traendo sempre maggiore eccitazione da ciò che ciascuno di noi vedeva.


Feci coricare Monica più comodamente sul divano, in modo che avesse le sue bellissime gambe piuttosto divaricate. Continuai a masturbarla sopra al collant. Ero consapevole della visione che stavamo offrendo all’altra coppia. Monica fremeva di andare oltre. Mi invitò a toglierle le scarpe e ad aiutarla a sfilarsi il vestito e le calze.


Rimasta solo con la biancheria intima, si voltò verso la coppia e mi disse: “Guarda un po’ là…”


Mi voltai e vidi Mirella che stava facendo un bel pompino al marito, dimostrando un’ottima tecnica e tanta passione, mentre Aldo la masturbava con decisione.


Li lasciammo continuare.


Tolsi le mutandine a Monica e iniziai a leccarle avidamente la patatina profumata e perfettamente depilata, eccetto per una sottile strisciolina centrale.


L’immaginare di essere osservata mentre faceva sesso, aveva sempre provocato in Monica una forte eccitazione, figurarsi ora che osservata lo era veramente.


Le furono sufficienti pochi minuti delle mie leccate al suo sesso che mi chiese: “Che intenzioni hai, amore? Vuoi farmi venire così?”


Parlavamo apertamente, noncuranti di essere in presenza dell’altra coppia.


“Desidero quello che desideri tu…” le risposi. Non disse niente, ma cominciò a muovere il bacino per aumentare le sensazioni della mia lingua sulla sua patatina.


Capii che desiderava venire così. Insistetti con la mia lingua e Monica si sciolse in un profondo orgasmo che la fece sussultare senza potersi controllare.


Mi trattenne la testa in posizione, infilando le dita nei miei capelli come invito a non togliermi ancora.


Lasciai che il suo piacere si sfogasse completamente.


Mirella e Aldo si erano presi una pausa per osservare l’orgasmo di Monica.


Li guardammo e Mirella, sorridente, riprese il pompino al marito. Ora erano loro a volerci mostrare il loro godimento.


Aldo percepì l’imminente orgasmo di sua moglie e aumentò il ritmo del ditalino.


Mirella si staccò dal pisello di suo marito per godersi il proprio orgasmo e notammo il momento nel quale iniziarono le contrazioni del suo ventre.


Una volta placatosi l’orgasmo, si chinò nuovamente sul membro di Aldo e riprese a pomparlo con decisione.


Aldo emise alcuni rantoli che aveva cercato di soffocare senza successo, quindi iniziò ad eiaculare il primo schizzo che Mirella ricevette dritto in bocca, ingoiandolo impassibile; lei scostò il viso per dare il via libera alle successive spruzzate di sperma del marito che colarono abbondantemente lungo il suo membro, impiastrando completamente la mano della moglie.


A questo punto, si voltarono verso di noi.


Monica mi aveva tirato sopra di sé. Voleva soddisfarmi facendosi scopare. Entrai in lei e iniziai a pistonarla con decisione, non dovendo attendere il suo orgasmo.


Monica volle mostrare all’altra coppia quanto fosse disinibita e brava a fare sesso, per cui non risparmiò il meglio di quanto sapesse fare mentre si prendeva un pisello, ruotando il bacino, aprendo e richiudendo le gambe e cambiandone frequentemente l’inclinazione.


Non resistetti a lungo a tale trattamento. Venni dentro di lei copiosamente. Monica mi faceva intendere quando sentiva ogni singola schizzata di sperma, accompagnando ciascuna con un sussulto del suo ventre.


“Quanto siete belli!” esclamò con dolcezza Mirella che si alzò per recuperare una scatola di Cleenex da un cassetto.


Ne estrasse alcuni che passò al marito e che usò per sé, poi appoggiò la scatola sul tavolo, posto tra i due divani, affinché potessimo servircene.


Monica allungò il braccio per recuperare la scatola ed estrasse in bel po’ di fazzolettini, consapevole che ne sarebbero stati necessari parecchi per tamponare l’abbondante colata di sperma che sarebbe uscita dalla sua patatina, nel momento in cui avrei estratto il mio membro da lei.


Non si sbagliò. Inevitabilmente ne colò un po’ sul divano in pelle.


Mirella si affrettò a dirle di non preoccuparsi e ci invitò a usare il bagno per ripulirci.


Quando entrammo, Monica mi precedeva. Si voltò e mi baciò appassionatamente. Poi si staccò e mi disse: “Ma cosa abbiamo combinato, amore?”


Le risposi: “È stata una bella sorpresa di Natale. Non ti pare?”


“Certamente, amore mio!”


Ci rivestimmo e, dopo qualche minuto, tornammo in sala.


Mirella e Aldo, nel frattempo, si erano ricomposti, erano nuovamente seduti vicini e si abbracciavano. Ci sorrisero con gli occhi scintillanti. Ricambiammo i sorrisi e gli sguardi.


Ci invitarono a sedere ancora qualche minuto, offrendoci un liquore prima di andare a dormire.


Mirella ci disse: “Ragazzi, questa sera, non solo ci avete salvato dalla neve, ma ci avete dato modo di ritrovare nuovo entusiasmo nel nostro rapporto di coppia. Non avete idea di quanto Aldo e io siamo al settimo cielo per aver provato tante bellissime emozioni. Ve ne saremo per sempre grati!”


Erano veramente teneri, innamorati e felici.


Ci augurammo la buona notte e ci ritirammo nelle nostre camere. Monica ed io ci addormentammo subito, rimanendo nudi e abbracciati in quel caldo e morbido lettone. Avremmo lasciato al giorno dopo il nostro confronto sull’esperienza appena vissuta.


L’indomani, ci svegliammo a mattina inoltrata. Con il termine della notte, cessò anche la grande nevicata. Il cielo ora era sereno e splendeva un magnifico sole.


Ci alzammo dal letto e ammirammo, dalla finestra, la cittadina e le montagne circostanti coperte da una spessa coltre bianca.


In strada c’era un gran da fare a sgomberare tutta quella neve.


Ci vestimmo, uscimmo dalla nostra camera e andammo verso la cucina, dove Aldo e Mirella ci aspettavano per fare colazione. Ci scambiammo calorosamente gli auguri di Buon Natale.


Avevano continuamente sorrisi smaglianti e si prodigavano nell’offrirci ogni genere di delizia, dalle marmellate ai pasticcini, dai biscotti fatti da lei alla torta che Aldo era andato ad acquistare, di buon’ora, in pasticceria.


In un momento di assenza di Aldo, Mirella abbracciò Monica e, a bassa voce, le confessò che il suo dolce marito, una volta andati in camera, volle ancora fare l’amore: “Non gli succedeva da vent’anni di farne due in una sera!” disse tutta eccitata. “Me lo avete rimesso a nuovo, hi, hi!”


Monica sorrideva, compiaciuta di udire queste parole e mi divorava con gli occhi.


Aldo si unì nuovamente a noi, consumammo la colazione e ci avviammo alla nostra macchina, dove ci salutammo e congedammo, auspicando che magari, la prossima estate, ci saremmo incontrati per una gita su quelle splendide montagne.


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