- Tutto bene, Elvira?
Fabio lo chiese con un sorriso che la signora non seppe interpretare: era sarcasmo? Insieme all'altra si stavano prendendo gioco di lei? Aveva una possibilità di ribellarsi a tutto questo? Per Elvira le domande erano confuse, di conseguenza delle risposte coerenti sarebbero state assolutamente impossibili.
Era completamente fuori di testa; qualche commensale già l'aveva notata e la osservava sottecchi...
L'odiosa padrona del negozio (la misteriosa ospite cui aveva accennato Fabio), era la, a pochi centimetri da lei, ed era lampante che la osservasse con un certo disgusto.
Lei "sapeva"! E doveva sapere anche cosa stava passando da alcuni minuti.


La cena era andata abbastanza bene, nonostante, all'inizio lei fosse stata molto contrariata dalla presenza di Giuseppina, o meglio, Giusy. Lei l'aveva del tutto ignorata, sin dall'inizio della serata; probabilmente, a modo suo, doveva essere gelosa... (di cosa poi?) era un mistero. Elvira non era che una povera vittima nelle mani di Fabio; non era la sua donna; non era la sua amante; non l'aveva neppure mai scopata, per trattarla come ci si sarebbe aspettato: una specie di vecchia baldracca, bisognosa di cazzo. Niente di tutto questo. L'uomo aveva detto che voleva giocare con lei e stava mantenendo la sua promessa. Invece lei, alla presenza di Fabio diventava una mentecatta: puerile, ubbidiente, pronta a tutto. Totalmente incapace di dirgli di no; al contrario, le sue strane richieste le mettevano addosso una frenesia, un prurito, che si chetava solo ponendosi, come un cagnolino fedele, agli ordini del padrone. Non scodinzolava semplicemente perchè non possedeva una coda!
E Fabio, adesso, le stava propinando l'ennesimo scherzo, un pessimo scherzo.


Il ristorante era elegante e "dolorosamente" affollato, di sicuro qualcuno la conosceva o conosceva i suoi... La serata procedeva senza grossi intoppi, nonostante la sensazione indecente di avere un oggetto estraneo piantato nella figa. Elvira non aveva mai indossato niente di simile. Il coso la stimolava, comunque, e naturalmente lei si bagnava. La lubrificazione rendeva il canale dell'utero scivoloso e, camminando, viveva col terrore che le cadesse e, in qualche modo, si potesse palesare a tutta "la platea". Ma era seduta, quindi il problema era quasi totalmente risolto.
Anche Fabio, sembrava sotto controllo, nonostante cercasse continuamente di toccarle le cosce e l'inguine, sia con le mani che con un piede, appena era possibile farlo senza richiamare l'attenzione. Solo Giusy doveva essersene accorta, probabilmente pure dalle occhiate di fuoco che Elvira indirizzava al suo ospite.
Era passata quasi un'ora. Stavano terminando la cena, in attesa del dessert, quando una scarica, che per Elvira sembrò elettrica, attraversò il suo corpo: dalla vagina, passando fulminea la spina dorsale, per arrivarle al cuore e alla nuca simultaneamente, facendola quasi schizzare via dalla sedia. Tutti i peletti le si rizzarono, le braccia si ritrassero verso il corpo e lei s'irrigidì. come una mazza di scopa.
Con gli occhi spalancati e lo sguardo vitreo, sicuramente rossa come un peperone, doveva essere uno spettacolo fenomenale.
Cosa diavolo succedeva? Qualcuno, qualcosa stava vibrando tra le gambe della vecchia signora, mentre un misterioso dito di gomma, roteava e pressava, da dentro, il suo clitoride.
Era come se un cazzo, duro e palpitante, la stesse scopando da dentro! Dopo il calore, si raggelò e fu presa dai brividi: forse il fantasma di suo marito si stava vendicando del suo "tradimento" postumo?
Il cameriere, con una strana espressione sul volto, le servì la sua crem caramel al pistacchio e, per fortuna, si allontanò subito con discrezione. Elvira si sforzò di ritrovare il controllo su se stessa, giusto in tempo per registrare l'espressione divertita di Giusy e di Fabio; lui teneva in mano il cellulare. La vecchia non era stupida, non sapeva come ma capì che la diabolica emozione appena provata, era stata comandata, in qualche modo, dal telefonino.
- Ti piace? – Disse Fabio in tono leggermente canzonatorio, ma gli occhi gli brillavano, certamente quella perversione lo eccitava. Giusy invece se la godeva proprio, era lampante che si sforzasse per non sbottare in una risata, del tutto fuori luogo in mezzo a tanta gente. Lui sapeva, lei sapeva: insieme la prendevano in giro e l'avevano fatta saltare come una scimmia ammaestrata. Era veramente troppo! Dopotutto lei non era una ragazza come loro, era una donna di una certa età, era mamma e pure nonna.


"E che cazzo!" Pensò per poi alzarsi e cercare di allontanarsi da tanto degradante squallore, ma... niente da fare!
Alzarsi repentinamente da tavola era stata una pessima idea; una sfilza di vibrazioni ancora più tremenda si scatenò nel suo basso ventre, facendole disegnare una piroetta del tutto assurda in mezzo alla sala. Si piegò su se stessa, unì le gambe strette, strette, perchè era certa che quel macchinario infernale scalciasse come un topo impazzito e che volesse uscirle dalla figa. Sarebbe stata la vergogna totale. Tutti avrebbero visto in che stato era ridotta e cosa portava in grembo... Intanto, vibrazioni e ondulazioni, le provocavano nuovi stimoli per muoversi in modo strano e ridicolo.
- Chi ti ha detto di alzarti? Siedi subito, qui, di fronte a noi! – Comandò Fabio a bassa voce, mentre sembrava intento a scorrere i messaggi su un innocente iPhone. – Stai comoda e rilassata, se sarai buona ti piacerà. Tranquilla.
Con un sorriso imbarazzatissimo, sistemandosi la gonna scura, la povera Elvira riguadagnò il suo posto. Intanto i commensali, ai tavoli vicino, tornavano, pian piano, a godersi la serata, rassegnati all'idea che, quella sera, c'era tra loro una signora mezza matta.
- Mangia! – Intimò il suo padrone, indicando il dessert. Poi riprese ad armeggiare col suo dispositivo. Elvira obbedì, affondando nella crema il primo cucchiaino. Intanto il piccolo dildo, dentro lei, riprendeva la sua attività, stavolta in maniera più dolce e abbastanza sopportabile.
La donna strinse di nuovo le gambe; ora era come se due grosse dita si alternassero dentro la vagina, a un passo dal clitoride. Una vera, profonda e piacevole masturbazione. Il fatto che lei non avesse alcun controllo sul moto dell'apparecchiatura divenne lo stimolo più potente ed Elvira, suo malgrado, cominciò a eccitarsi, provando un intenso piacere fino alla punta dei piedi.
Fece buon viso a cattivo gioco, cercò di trovare una posizione comoda che le permettesse di mascherare il suo piacere.


Ora sbocconcellava, con una voluttà che non aveva mai osato ostentare, il suo dolce, molle e cremoso. Suggeva la crema, leccava il cucchiaino; Fabio, ora la fissava negli occhi e lo stesso faceva Giusy, ma adesso il suo sguardo non era di derisione. C'era complicità e piacere nei loro occhi; Elvira, misteriosamente si sentì amata e desiderata da quella strana coppia. Si ritrovò partecipe della loro perversa e intensa complicità. Gli altri, intorno scomparivano e lei provò una sensazione sconosciuta... si sentiva forte, si sentiva superiore. Non le interessava più niente del giudizio degli altri né della sua età e neppure dell'azione nefanda che stava compiendo, sotto gli occhi del mondo.
Elvira si lasciò andare al piacere, gli occhi pieni di voluttà e di desiderio; la figa di fuoco e la potente certezza che, se Fabio avesse voluto, lei si sarebbe distesa volentieri su quel tavolo, nuda dalla cintola in giù, e avrebbe pagato pur di essere infilzata dal suo membro, nonostante tutti gli ospiti che stavano cenando intorno a loro.
- Vieni in silenzio. – Ordinò Fabio impercettibilmente, accelerando il ritmo del dildo meccanico. A Elvira iniziò a mancare il respiro, socchiuse le labbra, fissò gli occhi in quelli di Giusy che le apparve bellissima e comprensiva... in quel momento avrebbe voluto servire anche lei, come una Padrona intransigente.
Poi venne, copiosamente, gocciolando l'estro dalle grandi labbra, bagnando le mutande, bagnando la gonna e, infine la sedia.
Fabio non fermò l'attrezzo, la fece soffrire e godere per oltre dieci minuti, mentre il mondo intorno a lei perdeva ogni significato e ogni etica.

Da: Sottomessa a tarda età di G. Esse

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