Sei sdraiata sul mio divano e sono ore che pensiamo entrambi a come sarebbe.
Io vado a fumare perché almeno scarico la tensione. E chiamare tensione tutto questo è incredibilmente riduttivo.
Quando mi avvicino tu ti sdrai. Ti passi una mano vicino alla fica, non è un gesto volutamente erotico ma mi fa impazzire.
Quanto è bello cedere.
«Spogliati» ti dico. Con un tono volutamente basso, e so che basta quello.
Ti alzi, mi guardi e ti mordi le labbra.
Ti abbassi i pantaloni e ti togli quella maglia camicia talmente impalbabile che mi ha impegnato tutta sera a non pensare cosa nasconde.
Rimani in mutande e reggiseno.
«Non sei ancora nuda».
Allora ti sfili il reggiseno, che cade a terra. Poi ti chini e togli tutto il resto.
Poi rimani lì, con le braccia davanti alle tette.
Come se ti vergognassi.
Ti passo accanto quasi senza guardarti e vado in camera. Apro un cassetto e scelgo una corda nera di juta. Ruvida e poco flessibile.
Torno in sala. Quando la vedi ti cadono le braccia. E smetti di vergognarti di qualunque cosa.
Ti lego piano percorrendo la tua pelle con le mani. Giro attorno alle tette, le sfioro soltanto e tu gemi. Ti lego le braccia dietro la schiena, poi ti prendo i capelli sulla nuca, piano. Ti tiro fino in camera, senza strattonarti, e tu mi assecondi. Ti aiuto a sdraiarti. Ti lego le caviglie ai piedi del letto, lasciando le gambe larghe. Non è difficile capire cosa sto per fare. Ma parto da molto lontano. L’orecchio, le labbra, gioco con il piercing e poi ti bacio.
«Visto che nel BDSM ci si bacia?» ti dico.
Non capisco se mi stai ascoltando.
Il collo, poi i capezzoli. Ti prendo le tette e le stringo al centro. Riesco a prenderti in bocca entrambi i capezzoli. Poi lo sterno, la pancia, l’ombelico. Giro attorno al clitoride e scendo all’inguine. Tu ti inarchi perché non vuoi che ti lecchi gli inguini. Quando tocco le piccole labbra con la lingua cerchi di trattenerti ma non ci riesci. Poi passo al clitoride. E lecco. Prima piano, poi sempre più veloce. Quando sento che stai per venire smetto.
Mi alzo dal letto, ti prendo per le corde che ti circondano le tette e ti faccio alzare. Siamo uno di fronte all’altro, davanti al letto.
«Inginocchiati» ti dico.
Tu lo fai, e sorridi come se fosse l’unica cosa che vuoi.
Mi slaccio i bottoni dei jeans e tiro fuori il cazzo. È da tutta la sera che questa erezione aspetta di uscire. Non aspetti nemmeno un istante e lo prendi in bocca.
Me lo succhi, ma ti fermo quasi subito.
«Chi ti ha detto di prenderlo in bocca?».
Ti faccio rialzare e ti metto a novanta ai piedi del letto.
«L’hai fatto perché volevi provare il flagello? Voglio sentirti contare».
Tiro fuori il flagello e comincio a colpirti sul culo. E tu conti.
«Uno… Due… Tre...»
Attorno al 17 compaiono le prime strisce rosse. Passeranno molto prima di quando io avrò finito con te.
Ti slego le braccia e te le rilego distese sulla testata del letto. Prendo la magic wand e la fisso in modo che la punta ti tocchi il clitoride. E poi l’accendo.
Torno in sala a prendere il portatile. Scelgo un porno particolare, uno in cui Savannah Fox viene dominata. Esiste, perché l’ho trovato e l’ho tenuto apposta per questo.
Te lo accendo davanti, e tu resti lì con la magic wand accesa.
«Puoi venire. Ma io non spegnerò nulla. Verrai finché non deciderò che sarai venuta abbastanza».
E me ne vado.
In sala mi accendo una sigaretta e aspetto. Quando ti sento venire torno in camera. E resto a guardarti. E ad ascoltarti soffrire mentre la magic wand continua a stimolarti ancora e ancora.
«Ti prego, basta, ti prego». Mi dici.
Ma non vuoi smettere.
Spengo la magic wand. Mi spoglio, e mi metto dietro di te.
Il porno va avanti ancora, tu sei venuta dappertutto.
E io sono dietro di te.
Quanto è bello cedere.
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