La sfida che mi ha lanciato Claudia è davvero rischiosa questa volta. Potrebbe mettere seriamente in pericolo la mia relazione. Ho riflettuto tutto il fine settimana se fosse opportuno accettare o meno. Mi scoccia dire di no perché mi piace mettermi in gioco, ma potrei dover rinunciare anche in base alle reazioni di Carla. Senza contare che con lei c’è pure in ballo il discorso dei racconti che vorrebbe le facessi leggere.



Alla fine ho deciso di darmi una possibilità, di provare a disputare la partita in modo graduale e vedere se riesco a portarla avanti. Altrimenti posso cercare di chiuderla come un enorme malinteso per non cadere in situazioni rischiose. Insomma se va tutto bene porterò Carla a diventare una guardona, se qualcosa dovesse andare storto posso dire che ha frainteso.



Ho deciso di cominciare in modo molto soft e spinto da una scusa, oggi quando viene a casa per la lezione. L’appuntamento è come spesso accade circa mezz’ora dopo che torno dal lavoro, così ho tutto il tempo di sistemarmi. Oggi però ho fatto in modo di fare tardi.



Mi sono parcheggiato nelle vicinanze di casa, ed ho aspettato che arrivasse l’orario concordato, poi le ho mandato un messaggio per avvisare del mio ritardo. Non appena mi ha risposto che mi aspettava davanti casa sono potuto ripartire, in modo da avere la certezza di non arrivare prima.



Quando arrivo sotto casa la trovo di fronte al portone che guarda il cellulare. Parcheggio e la raggiungo.



“Scusami Carla, mi hanno trattenuto al lavoro, speravo di arrivare in tempo ma ci si è messo pure il traffico.”



“Non preoccuparti, non sono qui da molto. Che strano vederti vestito da lavoro.”



Di solito a casa mi trova sempre vestito molto casual, oggi invece sono in giacca e cravatta. Non sempre vado al lavoro così, in genere quando ci sono dei meeting o se devo incontrare dei clienti, oggi avrei potuto farne a meno ma fa parte della strategia che adotterò a breve.



Esauriti i convenevoli preliminari al mio progetto, saliamo verso casa e mentre facciamo le scale sento l’adrenalina che mi scorre nelle vene e mi fa tremare le gambe. La scala che percorro tutti i giorni ora mi sembra pesantissima da scalare. 



Apro casa, accendo le luci e come al solito entriamo in studio, ma nulla è pronto questa volta. Alzo le tapparelle, accendo il computer, la faccio accomodare ed intanto torno in salotto ad aprire anche di là.



“Vuoi qualcosa da bere, fa un caldo?” Le urlo dalla cucina.



“Grazie, un bicchiere d’acqua.”



Torno con un bicchiere d’acqua per lei ed una bottiglia di birra fresca per me.



“Ah, mi sono quasi pentita, potevo optare anche io per la birra.”


“Dopo non ti concentri sullo studio.”


“Capirai per una birra.” Dice volteggiando la mano in aria. 



“Poi dai la colpa a me che te l’ho offerta se non ti ricordi le cose.”



“A proposito, prima che me ne dimentichi, ti ho portato un mio racconto da leggere.” Mi allunga una chiavetta USB. “Poi me ne farai leggere uno tuo.”



“Ah! Pensavo te ne saresti scordata. Ti serve la chiavetta?”



“Se puoi ridarmela meglio, c’è la musica che ascolto in macchina.”


“Ok, allora la copio subito.” Intanto la collego al pc e scarico il racconto di Carla, lo invio anche al tablet per iniziare a leggerlo nei ritagli di tempo.



Le affido un esercizio da fare ed intanto le dico che vado a cambiarmi perché sono ancora coi vestiti che avevo in ufficio. Prendo il tablet per iniziare a leggere il suo racconto, parla di un uomo che inizia una nuova vita, sembra subito appassionare il lettore, ne approfitto come scusa.



In camera tolgo le scarpe, i pantaloni e rimango con addosso ancora la camicia, la cravatta e pure la giacca, ma sotto la camicia sono bene in vista i boxer. Oggi ne ho indossati un paio che non passano inosservati, hanno uno sfondo scuro con sopra tanti piccoli boccali di birra.



Con il tablet in mano e la testa assorta nella lettura, torno in studio da lei per vedere come prosegue con il compito che le ho affidato, senza voltarsi mi chiede come proseguire in un punto complesso. Mi avvicino a lei e le spiego come fare, a quel punto mi vede e capisce che c’è qualcosa di strano.



“Ma come sei vestito?” Mi chiede strabuzzando gli occhi



“In che senso?” Fingo di essere sorpreso. “Ah cazzo! Ero distratto a leggere.”



“Sembri quelli che fanno le riunioni da casa e si vestono solo sopra.”



“Ahah allora tu inquadra solo la parte alta.”



“Devo dire che le mutande sono simpatiche però.”



Fingo ancora di non sapere cos’ho addosso, alzo la camicia per osservare meglio.



“Ah sì! Queste!” Tolgo la giacca e la appoggio sullo schienale della sedia. Prendo la bottiglia di birra e brandendola in una mano mi metto in posa. “L’abbinata perfetta.”



Carla scoppia a ridere confermandomi che fin qui non ci sono stati passi falsi, anzi abbiamo raggiunto una maggiore confidenza ed ha preso in modo simpatico la mia esibizione. Sono certo che i suoi sguardi alle mie parti basse fossero solo dettati dalla curiosità, dalla sorpresa, di certo non da attrazione visto che le piacciono le donne, ma lo scopo della sfida è solo farla diventare voyeur, non serve che sia attratta da me.



Per oggi non è il caso di andare oltre, questa settimana ci vediamo un giorno sì e uno no, ed in tutte le occasioni avrò casa libera dato che la mia compagna lavora in quel turno.



Dopo due giorni ho nuovamente lezione con Carla, questa volta le ho detto di venire un po’ più tardi, per non rischiare di farla aspettare come l’ultima volta. Le ho anche detto che ho letto il suo racconto e che se non si offende le faccio qualche correzione. Mi è sembrata contenta della proposta e ne ho approfittato per dirle che, se vuole, dopo lezione possiamo vedere insieme le modifiche, magari mangiandoci una pizza insieme vista l’ora. Ho incassato il suo consenso e ho pianificato il proseguo del mio piano.



Quando arriva la aspetto in casa, si presenta con la sua solita aria sbarazzina, capelli legati in un codino, niente trucco, pantaloni strappati, scarpe da tennis ed una maglietta con la scritta “I Don’t Discriminate” e quattro boccali di birra di diverso colore.



Ci spostiamo in studio e prima di iniziare la lezione le passo la chiavetta con la copia corretta del suo racconto. Sapendo che questa volta non sarei sfuggito alla richiesta di farle leggere qualcosa di mio, le metto già una copia di un racconto tra i meno compromettenti che ho scritto, parla del protagonista con due amiche ad un concerto, che cercano un angolo dove pisciare data la coda ai bagni. Tratta il tema pipì, ma almeno non in modo così esplicito.



“Ho letto il tuo racconto, molto bello, davvero. Sai scrivere proprio bene. Ci sono un po' di imprecisioni specialmente sugli accenti e sulla punteggiatura. Hai usato qualche termine poco comune, ma stanno bene.”



“Grazie infinite per l'offerta di correggermi quel racconto, a cui sono molto legata affettivamente. Sapevo che molti accenti erano errati, dato che per scrivere uso un laptop con tastiera in inglese. Per la punteggiatura, invece, non mi sembrava esistessero problemi.”



“La punteggiatura mi è arrivata tutta con uno spazio precedente, ma probabilmente è dovuto alla copia tra i dispositivi. Poi ho eliminato qualche virgola, ne fai un largo uso e ti assicuro che il 99% degli italiani dovrebbero imparare da te, ma alcune erano di troppo, più adatte alla poesia che alla prosa messe in quel modo. Volevo quasi segnarti i punti che ho aggiustato evidenziandoli in qualche modo, ma mi sembrava di fare il professore cattivo.”



“Hihi, a volte i prof cosiddetti cattivi fanno il bene degli alunni.”



“Allora sarò più cattivo con la nostra materia di studio.” Le rispondo scherzoso.



“No ti prego. Aspetto con ansia di leggere la versione rimaneggiata!”



“Dopo lo studio! Vuoi fermarti a cena così casomai ne parliamo?”



“Sì, ottimo. Grazie.”



“Intanto ordino la pizza. Scegli quella che vuoi.” Le mostro il volantino della pizzeria.



Dopo aver passato un’ora abbondante a farle lezione, possiamo smettere con lo studio e passare al resto della serata. Prima di lasciare lo studio per recarci in sala da pranzo, le passo il tablet dove ho lasciato una copia del suo racconto corretto.



“Tieni, puoi leggere il tuo racconto che ho ritoccato. Io intanto vado a farmi una doccia, se arriva il ragazzo con le pizze i soldi sono sul tavolo.” 



“Ok, grazie.”



“Se vuoi dirmi qualcosa vieni pure in bagno, tanto il vetro della doccia è satinato.”


 


“Perché dovrei venire in bagno mentre tu stai facendo la doccia, non ho alcuna urgenza.”


“No, ma non intendevo a fare pipì. Mi riferivo a se hai qualche dubbio sulle modifiche che ho fatto al racconto, possiamo parlare anche mentre mi lavo.”


 


“Posso aspettare quando finisci.”



Carla mi ha messo un po’ i bastoni tra le ruote, speravo di sfruttare l’occasione per spingerla a dare qualche sbirciatina, ma così il mio piano fatica a decollare. Forse ha sospettato che ci sia qualcosa di strano ed è per questo che è così riluttante.



Finisco di fare la doccia e lei è ancora di là. Mi affaccio sul corridoio per parlarle ed attirare la sua attenzione.



“Come ti sembrano le modifiche?”



“Credo tu abbia fatto un ottimo lavoro, che apprezzo davvero!” Mi dice una volta terminata la lettura. “Hai qualche qualifica professionale a riguardo, se m'è concesso saperlo?”



“In realtà no, come sai mi occupo di tutt'altro. Ma sono il cosiddetto «grammar Nazi», cioè mi infastidisce sentir parlare male, quindi cerco di porre molta attenzione all'uso dell'italiano, sia nel parlare che nello scrivere. Cosa che è sempre più sottovalutata dagli italiani.”


“Curiosamente, neanch'io ho una formazione professionale letteraria. È scientifico il mio background!" Risponde sbucando con la testa nella mia direzione. “Però mi piace dilettarmi nella scrittura anche se non è il mio campo di studi.”



Mi asciugo i capelli con il phon, ed appena finito, sento il citofono suonare. Non poteva arrivare in un momento migliore, così ho la possibilità di restare in accappatoio durante la cena e creare qualche situazione provocante.



“Vado io.” Dice lei per essere gentile.



“Tranquilla, lascia, ormai ho finito, vado a prenderle io.” La precedo fiondandomi fuori dalla porta del bagno. “Tu intanto prendi le posate dal primo cassetto della cucina.”



Corro alla porta a ritirare le pizze ed il ragazzo della consegna non sembra affatto sorpreso di vedermi in accappatoio, immagino che gliene capiteranno di tutti i colori durante il suo lavoro. Rassicurato anche da questa normalità porto i cartoni fumanti in tavola e dopo aver servito la mia ospite mi siedo anche io, di fronte a lei. Apro due birre e le riempio il bicchiere.



“Buona cena.” Le auguro.



“Anche a te, ma se vuoi andare a vestirti ti aspetto.”


“Sto anche così, se non ti dispiace.”



“No, figurati, se stai bene tu a me va benissimo.”



“Stasera mi è concessa la birra?” Sottolinea lei.



“Certo, ormai hai finito di studiare. Inoltre si accompagna bene alla tua maglietta.”


“Hai visto che carina? Fa pendant con le tue mutande.”


“Eh già, peccato che adesso non le indosso.”


“Non ne indossi proprio nessuna.” Ridiamo entrambi di gusto per la sua battuta. 



La cena poi prosegue in modo disteso, ormai sembra essersi abituata al fatto di avermi accanto con l’accappatoio ma con il cazzo libero lì sotto. Chiacchieriamo un po’ di come le sia nata la passione per la scrittura e mi fa un sacco di domande. A proposito del tempo che dedico a questo hobby, da quanto lo faccio, se conosco altri scrittori oltre a Claudia, chi conosce i miei racconti. 



Cerco di rispondere a tutti i suoi quesiti e le svelo che nessuno dei miei conoscenti sa di questa passione, nemmeno la mia compagna, e che li pubblico su alcuni siti internet specializzati. Proprio tramite uno di questi ho conosciuto Claudia, grazie all’interesse reciproco verso i nostri scritti.



“Con lei c’è qualcosa sotto?”



“In che senso?” Le rispondo perplesso.



“Mi siete sembrati molto intimi, e visto che Giulia non sa della tua passione per la scrittura, immagino non sappia nemmeno di Claudia.”



“Vero, non sa nemmeno di lei, ma siamo solo amici.” Come temevo dall’inizio ha dei sospetti su Claudia e mi ritrovo a dover giustificare i segreti che ho con la mia compagna.



“Tranquillo, mica vado a dirglielo.”



“No, ma davvero, siamo amici intimi ma mica scopiamo.”



“Ok, ok, non volevo farti il terzo grado.”



Spero che si sia davvero convinta e che non le venga in mente di parlare con qualcuno di questo argomento. Mi servirebbe sapere qualcosa di compromettente che la riguarda, in modo da essere certo che entrambi manteniamo il segreto.



Prima di sparecchiare mi viene un’idea per cercare di riprendere il mio piano e portarla di nuovo sulla strada del voyeurismo. Senza che mi veda, allento la cintura dell’accappatoio e poi mi alzo a togliere i resti della cena dal tavolo. Quando metto le posate in lavastoviglie mi accorgo che si stanno praticamente aprendo i lati della stoffa che mi copre. La tensione mi fa un po’ eccitare ed il mio cazzo se non proprio eretto è almeno barzotto.



Mi giro di scatto e prendo i cartoni della pizza, uno per mano, assicurandomi di tenere le braccia separate in modo naturale, ma abbastanza da lasciare aprire l'accappatoio come un sipario, esponendo il mio corpo nudo di fronte a Carla.



Subito guardo nella sua direzione, bloccandomi come se fossi immobilizzato per quando successo.



Non incrocio subito il suo sguardo, ma noto che i suoi occhi sono puntati più in basso, sarà per la curiosità o per la sorpresa, ma sta decisamente osservando il mio corpo nudo. Quando poi alza il viso si accorge che la sto fissando ed allora si gira di scatto.



“Scusa! Non intendevo…” Mi dice diventando subito rossa in volto.



“Scusa di cosa?”



“Eh, non era mia intenzione guardarti così.”



“Tranquilla, non sarà mica la prima volta che vedi un uomo nudo!” Mi tengo totalmente distaccato. “Poi lo so che ti piacciono più le donne nude, quindi non c’è nulla di interessante qui.”



Carla si fa una risatina e pian piano le passa l’imbarazzo. Io appoggio quello che avevo in mano e poi con molta calma riallaccio l’accappatoio e prendo altre due birre dal frigo.


Passiamo ancora del tempo assieme chiacchierando del più e del meno. Sarà per via delle birre ma mi sembra molto più rilassata. Mentre stiamo uno di fronte all’altra sul divano mi sembra anche che ogni tanto le cada lo sguardo sul mio basso ventre, non riesco a capire se per vedere ancora qualcosa o per controllare che sia ancora tutto ben chiuso. 



“Posso andare in bagno prima di uscire?” Mi chiede dopo essersi alzata per andarsene a casa.



“Certo, vai pure.”


“Non venire a spiarmi però.” Dice facendo una smorfia.



“Finora mi hai spiato più tu a dire il vero.” Le rispondo ridendo ma anche con aria soddisfatta.



“Ahah, non l’ho fatto apposta.”



“Allora devi ancora migliorare.”



Mi domando come sia riuscito a dire questa frase mentre lei si allontana guardandomi, chiaramente sta metabolizzando la mia frase per cercare di capire se si tratti solo di una battuta.



Pochi minuti dopo ci salutiamo e se ne va con la chiavetta contenente un mio racconto, mi promette che lo leggerà appena arrivata a casa e le dico di non avere troppe aspettative, che può prendersela con calma.



Nei giorni che mi separano dalla prossima lezione con Carla cerco di trovare un modo per portare avanti il progetto di farla diventare una guardona, ma tutte le idee che mi vengono in mente mi sembrano troppo azzardate. Non so veramente se continuare o gettare la spugna per non compromettermi troppo.



Dopo due giorni arriva da me, ma sono senza una strategia. Penso che per oggi dovrò rimandare ogni tentativo e limitarmi a fare lezione.



“Ho letto il tuo racconto, mi è piaciuto tanto.” Esordisce appena in casa.



“Grazie, troppo magnanima.”



“Solo mi delude un po' che i tuoi scritti, che secondo me sono di indubbio valore letterario, finiscano in siti tipicamente per segaioli. Possibile che non esista qualche blog che divulghi materiale di una certa qualità?”



“Purtroppo anche io ho visto che il pubblico che usa questi siti ha in mente più altro che non la lettura. Alcuni siti sono praticamente deserti di commenti anche se indicano tante letture, penso siano programmi automatici di visualizzazione. Altri sono davvero per segaioli o scambisti. Di altri blog decenti non ne conosco. Sarebbe bello anche scrivere per qualcuno che apprezzi veramente. Di certo sarebbe anche più stimolante per continuare.”



“Hai mai considerato l'ipotesi di aprire un blog personale e poi magari propagandarlo sui social?”



“Sì, ma penso che ci sarebbe ancora meno pubblico, a meno di investirci tanto tempo, e soldi per la pubblicità, per farlo conoscere. Su quei siti ci sono tanti che cercano altro, ma almeno il pubblico è vasto, aprire un blog vuol dire che nessuno lo conosce e bisogna partire da zero. Magari un giorno potrei anche provarci però.”



“Indubbiamente promozionare il proprio blog implica uno sforzo non indifferente, e costa parecchio anche economicamente. Ma le ricompense possono essere molto appaganti.”



“Intanto mettiamoci a studiare e vediamo se anche i tuoi risultati saranno appaganti.”



Mentre faccio lezione a Carla, vedo che mi segue con poca attenzione, mi sembra che i suoi pensieri siano focalizzati su altro, piuttosto che sugli argomenti che sto trattando. Il suo sguardo però non è perso altrove, sembra piuttosto intenta a studiare i miei modi, le mie parole, come se pesasse ogni mio respiro. Mi sento sotto la lente di un microscopio.



Quando finiamo sembra che finalmente si possa liberare da un peso e tornare a ciò che più la interessava.



“Il tuo racconto mi provoca un interesse molto particolare.”



“In che senso?” Le chiedo per cercare di capire meglio.



“Forse perché il tuo modo di esprimerti è congeniale al mio, o, chissà, perché mi scattano meccanismi reconditi che altrimenti tengo gelosamente repressi.”



“Devo dire che quei meccanismi reconditi che hai citato mi incuriosiscono molto.”



“Sai, mi hanno raccontato di scene molto simili ai concerti in Gran Bretagna.”



“Interessante, spiegami un po’.” La conversazione si fa più interessante e sono parecchio interessato a questa svolta.



“Una ragazza inglese che ho conosciuto poco tempo fa, mi ha detto che è diventata ormai un’abitudine evitare i bagni chimici.”



“Quindi vanno a farla per strada come nel mio racconto?”



“No, la fanno direttamente dove si trovano, per non perdere il posto vicino al palco. Le ragazze facendosela sotto, i maschi tirando fuori l’uccello e pisciando nei bicchieri vuoti di birra, per poi lasciarli a terra.”



“Wow! Chissà che scene che si vedono.”



“Già, anche io le ho chiesto se le è capitato spesso di vedere qualche ragazzo con il cazzo in mano. Mi ha detto che molti lo nascondono con la mano, altri più esibizionisti invece non si coprono, anzi qualche volta ha visto qualcuno masturbarsi.”



“Addirittura?” Dico con aria sorpresa, ma è esattamente quello che vorrei fare ora io, a sentire i suoi racconti ho già una evidente erezione che fatico a nascondere nei pantaloni della tuta.



“A me è sembrato poco credibile, però lei dice di averne visto più di uno, magari ubriaco, toccarsi fino a venire.” Poi, inizia a fare delle risatine ed aggiunge: “Dovremmo andare ad uno di quei concerti per vedere se è vero.”



“Ahah sarebbe interessante, ma se le ragazze la fanno coi vestiti addosso ci perdiamo il meglio, ad entrambi interessano poco i cazzi.” 



“Parla per te. Intanto mi gusto un certo rigonfiamento.” Replica con tono deciso, indicando il mio pacco.



“Ehm, scusa, ma a fare certi discorsi…” Provo a sistemare il mio cazzo duro con le mani per renderlo meno evidente attraverso i pantaloni. “Comunque pensavo ti piacessero solo le ragazze.”



“A dire il vero sono bisessuale, anche se preferisco le ragazze non mi dispiace certo vedere un uomo nudo.”



“Merda! Non lo sapevo! Allora dovevo stare più attento con te.” Le mie parole cercano di spiegare i miei comportamenti, ma il mio cazzo si fa ancora più turgido sapendo che lei apprezza.



“Figurati, anzi devo dire che mi piace il modo in cui ti sei sentito libero con me. Puoi anche smettere di cercare di nascondere la tua erezione, tanto te l’ho già visto il cazzo.” Sorride, mi guarda negli occhi e la sua aria rilassata mette a mio agio anche me, nonostante temessi di essere arrossito in faccia.



“Vado un attimo in bagno.” Le dico per svicolare da quella situazione che non sapevo dove mi avrebbe portato. Poi mentre mi allontano, mi giro ed aggiungo: “Non venire a spiarmi però.” Facendo il verso alla sua frase di qualche giorno fa.



“Ahah copione!”



“Allora non copiare tu adesso, non vorrai fare come me che ho perso l’occasione di spiare dalla serratura?” Mentre glielo dico le faccio segno con la mano di seguirmi.



Forse ho azzardato troppo, non so come può aver preso la mia frase. Quando sono uscito dallo studio mi guardava sbigottita ma non si è mossa. Intanto entro in bagno, lentamente, spiando in corridoio per vedere se lei arriva, ma nulla. Avvicino la porta, senza agganciarla, solo accostandola, per darle un segno se dovesse avvicinarsi.



I secondi passano lenti. Io mi chiedo cosa fare e se verrà davvero a guardarmi. Mi chiedo anche cosa fare nel caso dovesse davvero avvicinarsi. Il mio cazzo mi sta chiedendo di dargli soddisfazione, ma forse è meglio evitare.



Mentre mi faccio queste domande, sento dei passi in corridoio. Guardo verso la porta, attraverso la toppa della serratura vedo il chiaro del pavimento. Poco dopo quel chiarore sparisce. Non distinguo cosa ci sia dietro, ma sicuramente il buco non è più libero come prima. Posso immaginare che ci sia lei con un occhio a spiare.



Mi posiziono in modo da essere perfettamente davanti alla vista, allargo l’elastico dei pantaloni della tuta in modo che superi il rigonfiamento del mio cazzo, poi con le mani li spingo giù fino alle caviglie. Risalgo con i palmi delle mani lungo le gambe ed arrivo ai boxer, infilo i pollici ai lati e li abbasso, lentamente, fino a quando il mio uccello in tiro viene spinto in giù, poi, quando supera la resistenza del tessuto, scatta come una molla fuori dalle mutande spingendosi in avanti verso la mia spettatrice.



Ora sono con i pantaloni e le mutande abbassati, il cazzo in tiro e non so che fare. Di colpo però mi viene un’illuminazione. 



Prendo il bicchiere dove tengo gli spazzolini sul lavandino, lo svuoto, lo tengo sopra al lavello, giro il bacino per infilarci il pene. Ci vuole un po’ di concentrazione ma poi riesco nel mio intento. Parto a pisciare nel bicchiere. Subito si va a riempire sul fondo della mia urina gialla, le pareti di vetro si appannano per il calore e quando si riempie di più sento il caldo sulla mia mano attraverso al bicchiere. Non ne ho tantissima, non ero preparato per questo. Ma abbastanza per colmare tre quarti del calice.



Una volta terminata lascio scolare le ultime gocce spremendo lungo l’asta. Poi appoggio di nuovo il bicchiere sul lavandino. A quel punto mi accorgo della porta che si apre e Carla che mi guarda senza più nessuna barriera tra noi.



“Ma cosa hai fatto?” Dice entrando in bagno.



“Volevi vedere i ragazzi ai concerti che la fanno nel bicchiere, ti ho offerto una scena simile.”



“Ahah! Forte! Manca solo la musica.” Dice entusiasta per l’idea. “Ma poi dicevamo che i ragazzi a quei concerti si toccano fino a venire.”



Capisco cosa intende, non mi sembra più il momento di tirarsi indietro. Mi inizio a massaggiare il cazzo con la mano mentre lei mi guarda sempre più intensamente. La mia mano si muove freneticamente su tutta la lunghezza della mia asta ed i suoi occhi sono fissi su di me. Io la guardo ma i suoi occhi non incontrano i miei.



“Fammi un video.” Le dico porgendole il mio cellulare.



“Ma no, perché?”



“Almeno me lo posso riguardare, non posso farmelo quando mi masturbo da solo.”



Carla un po’ riluttante accetta. Forse temeva volessi riprendere anche lei, ma, visto che si tratta solo di me, sta al gioco.



Mentre io sono impegnato a segarmi e lei si diletta a filmarmi, vedo che infila l’altra mano nei jeans, senza nemmeno slacciarli, sparisce fino al polso per arrivare a toccarsi la figa, eccitata dalla situazione.



“Ti piace guardarmi?”



“Sì!”



“Ti piace che mi masturbo per te?”



“Sì!” 



“Vuoi vedermi venire?”



“Sììì”



Vedo le sue gambe contrarsi più volte, sta godendo mentre si tocca guardandomi. Anche io non resisto più e dopo qualche colpo più deciso lascio partire degli schizzi di sperma nella sua direzione. Finiscono sul tratto di pavimento che ci separa.



Raccolgo le ultime gocce che colano dalla mia cappella con la mano e poi mi sciacquo sotto il rubinetto.



Carla intanto ferma la registrazione del video, appoggia il mio cellulare, si avvicina e mi da un bacio amichevole sulla guancia mentre io ancora traffico con il cazzo in mano.



“Ciao, scappo che è tardi.”



“Ok, la strada la sai, sono un attimo impossibilitato ad accompagnarti.”


“Sì sì, tranquillo.” E si allontana verso l’uscita di casa. Poi prima di andarsene richiama la mia attenzione. “Grazie per il concerto! A settimana prossima.” 



“Ahah buon weekend.”



Finisco di sistemarmi e poi rimetto tutto al posto, specialmente il bicchiere in cui avevo pisciato che aveva bisogno di essere lavato.



Una volta tranquillo, riguardo il video che mi ha fatto Carla, dopo un inizio impeccabile diventa presto molto mossa la ripresa ed ogni tanto c’è inquadrato più il pavimento che me. Ma oltre a far sorridere fa capire che era interessata più alla visione che alla ripresa.



Invio il video a Claudia accompagnato da un messaggio: “Direi che la sfida è superata.”


 

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