"Con mille Euro sarò tutta tua per due ore, e ti faccio tutto ciò che vuoi… Come? Sono poche due ore? Vuoi scherzare? Con quello che so fare, è già tanto se resisterai dieci minuti, prima di sborrare! … Va bene… Va bene… Ok… Dove ci incontriamo? A Sanremo? Vuoi scherzare? … Allora mi devi altri cinquecento Euro per la trasferta… Certo che sì, ci mancherebbe altro! Mi fai perdere tutta la giornata… Ok, a domani, va bene, ciao."
Mamma mia, più hanno soldi, più sono tirchi! Ciò è veramente incredibile!
Avevo appena iniziato l'esperienza della escort e ne ero già esausta: non sopporto di dover contrattare, soprattutto se l'oggetto della trattativa sono io.
Era diverso tempo che mi frullava in testa di scrivere un racconto che avesse per argomento i rapporti mercenari, ma avevo necessità di trovare spunti e dettagli che potessero rendere la mia narrazione completamente veritiera.
Perciò, sono arrivata alla conclusione che, per essere ottimamente documentata sull'argomento, come tutti gli scrittori dovrebbero esserlo, non avrei avuto alternative, se non quella di vivere l'esperienza di persona, tralasciando il materiale già filtrato da altri, quali biografie, libri, film o altro.
Durante la mia carriera di ballerina e di attrice, ho studiato e recitato decine di copioni, e sono sempre stata consapevole che, per interpretare alla perfezione il ruolo, bisogna ragionare con la mente del proprio personaggio.
Quindi, dovevo arrivare a pensare, in tutto e per tutto, come una vera prostituta, acquisire la sua mentalità e agire di conseguenza. I modi, le consuetudini e il linguaggio sarebbero così diventati, per me, del tutto naturali.
Già con quella telefonata me l'ero cavata egregiamente, spillando al tizio una cifra esorbitante e facendogli capire, sin da subito, che fosse lui ad aver più bisogno di me di quanto io ne avessi di lui.
D'altra parte, sin dai nostri primi contatti, avvenuti su un sito di incontri, si era detto particolarmente colpito dal mio aspetto attraente e intrigante, dal mio modo raffinato e piuttosto aristocratico di scrivere e di esprimermi, al punto che dovetti ‘involgarirmi’ un po', affinché gli risultassi più credibile come escort.
Abbastanza piacevole di aspetto, sui quarantotto o cinquant’anni, elegante nel vestire, probabilmente era un manager, di quelli che, per compensare le loro frustrazioni professionali o famigliari, provano un piacere morboso a sottomettere i propri collaboratori, ma che si trasformano in docili agnellini, quando trovano qualcuno che non li teme e che non dipende da loro.
L'unica richiesta che mi fece, sulla quale fu irremovibile, fu che arrivassi all'hotel vestita con un tailleur, tipo segretaria, affinché non si sospettasse chi realmente fossi. Per il resto, avrei potuto indossare ciò che avrei voluto: non aveva preferenze particolari.
L'indomani, arrivai puntuale all’appuntamento, in un bar di fronte al lussuoso hotel che ci avrebbe ospitati per il nostro incontro di sesso.
Lui tardò soli pochi minuti. Appena mi vide, rimase colpito dalla mia statura che, con il tacco di soli otto centimetri, arrivava a un metro e ottantacinque.
Mi salutò, stringendomi la mano con fare molto professionale, cordiale ma asciutto, tipico del suo ruolo di dirigente d'azienda.
Mi chiese se gradissi qualcos'altro, oltre al caffè che avevo appena consumato. Declinai cortesemente l'invito così che, dato che non mi parve avessimo argomenti di conversazione per rimanere al bar più a lungo, lo tolsi dall'evidente imbarazzo e gli chiesi se potevamo trasferirci in albergo.
Uscimmo dal locale e attraversammo la strada camminando affiancati, senza scambiarci una parola.
Percepii tutta la sua tensione nel vivere quella situazione clandestina. Probabilmente, stava provando anche qualche senso di colpa per la moglie che lo credeva al lavoro.
Arrivati alla reception, si fece consegnare la chiave della camera, dicendo al concierge che la ‘sua segretaria’ si sarebbe trattenuta brevemente.
"Non c'è problema, dottor Verdini." gli fu risposto.
Attendemmo che l'ascensore arrivasse al piano della hall e pensai che avrei dovuto rompere quella tensione da subito, già da quando saremmo saliti.
Le porte si aprirono e fu gentile a cedermi il passo. Appena premette il pulsante del quarto piano e le porte si chiusero, sfoderai il mio più smagliante sorriso e i miei occhi scintillanti.
Bastarono per farlo rilassare. Ricambiò il sorriso e mi disse: "Grazie di essere venuta, Monica. Sei bellissima, non credevo, veramente… Pensavo che la foto che mi hai mandato in chat fosse farlocca. Comunque, io mi chiamo Osvaldo." e mi porse nuovamente la mano.
"Grazie a te per avermi scelta, Osvaldo. Ti farò divertire, stanne certo." replicai, con tono cordiale e sicuro.
Entrammo nell'ampia ed elegante business suite, dove, oltre al letto matrimoniale, c'era un divano con due poltrone e l'angolo bar.
Mi invitò a mettermi comoda e mi chiese se gradissi bere qualcosa.
"Versami un'acqua tonica, se non ti dispiace. Nel frattempo, userei il bagno per cambiarmi."
"Prego, fai pure." disse, indicandomi la porta.
Entrai e mi guardai allo specchio: cercavo di vedere se sul mio volto trovavo tracce di vergogna per ciò che stavo per fare, ma non ne vidi. Forse perché mi ero già calata nella parte della puttana, forse perché, nel profondo, lo sono davvero, o forse perché non lo sono realmente, ma non provo mai vergogna per nulla.
Dal borsone che mi ero portata, estrassi la pochette con l'occorrente per il trucco e gli “abiti da lavoro”.
Mi tolsi il tailleur e la biancheria "da brava ragazza", mi diedi una rinfrescata alle parti intime e iniziai la mia trasformazione in "grande troione".
Cominciai indossando i collant a rete, aperti sotto, un tanga in lycra nera, sgambatissimo e aderentissimo, con reggiseno push-up coordinato che rimediasse alla mia scarsa terza misura.
Dopo, infilai subito i lucidi stivaloni in vernice nera, alti almeno quattro dita sopra il ginocchio e con il tacco dodici a spillo. Niente zeppa o altri artifici: già così arrivavo a un metro e novanta di straficona statuaria.
Mi rimirai per un po' nello specchio a figura intera. Vedendomi così agghindata, sentivo il mio ruolo di puttana pervadere repentinamente la mia mente.
Se prima, sull'ascensore, avevo quasi provato empatia e tenerezza per quell'uomo che, in fondo, era un timido e un mite, ora il mio personaggio me lo faceva vedere come poco più di un fantoccio, da spremere e svuotare, sia nel portafoglio, sia nelle palle, e basta.
Tutto il resto, la cordialità, i sorrisi, gli occhi bramosi e scintillanti, erano solo gli accessori, gli orpelli del mio travestimento.
Terminai la mia vestizione indossando un miniabito nero, in leggero velluto “seconda pelle”, cortissimo, e la cintura in pelle nera, che esaltava la mia vita stretta.
Diedi un ritocco al trucco, facendolo più marcato, e misi il rossetto rosso fuoco.
Dopo aver sciolto la treccia, nella quale avevo raccolto i miei capelli per apparire più ‘bon ton’, diedi una sistemata alla mia fluente chioma bionda e fui pronta a salire sul palcoscenico della mia porcaggine, per registrare quell'esperienza che avrebbe poi generato il cuore di questo racconto.
Uscii dal bagno, con passo lento e silenzioso, e mi fermai poco più avanti dal suo ingresso.
Osvaldo era seduto su uno degli sgabelli dell'angolo bar, concentrato a digitare sul suo cellulare, e non si accorse subito di me.
Rimasi ad osservarlo per qualche istante, poi iniziai ad avvicinarmi a lui.
Alzò gli occhi dal display e, alla mia vista, rimase letteralmente impietrito.
Feci qualche passo ancora, poi una giravolta su me stessa, per mostrargli interamente ciò che, da lì a poco, avrebbe avuto tra le mani e dargli la convinzione definitiva che aveva speso bene i suoi soldi.
Continuava a fissarmi, incredulo di quanto stava vedendo.
Io lo guardavo dritto nei suoi occhi, con sguardo malizioso e pieno di promesse erotiche.
Gli arrivai vicino, gli misi le mani sulle spalle e gliele accarezzai brevemente, poi mi spostai alla sua destra, per raggiungere il bicchiere dove mi aveva versato l'acqua tonica.
A fianco di esso, aveva appoggiato il mio compenso. Presi le banconote, le smazzai velocemente e vi trovai cinque biglietti da duecento e cinque da cento.
"Perfetto." dissi, mentre ripiegavo la mazzetta e la infilavo velocemente nella borsetta, che chiusi con la cerniera.
Iniziai a sorseggiare la bevanda. Intanto, il mio cliente si era alzato da sedere e aveva proteso nella mia direzione il suo drink, augurandomi buona salute.
Buttai là un argomento a caso: "Certo che devi essere una persona molto impegnata…"
"Eh, sì. Ho anche un sacco di casini al lavoro… Ogni tanto ho bisogno di distrarmi." replicò, guardando verso il basso, quasi si vergognasse della situazione e volesse giustificarsi.
Gli presi la mano libera, gliela spostai su un mio fianco e ripresi, con tono provocante: “Adesso ci rilassiamo, caro. Vedrai che, dopo almeno una bella sborrata, la giornata ti sembrerà migliore”.
Gli occhi gli brillarono e accennò a darmi un bacio. Io mi ritrassi: “Niente baci, tesoro. Scusami.”
“Sei troppo bella! Mi viene difficile resistere al tuo fascino…” replicò, portando la mano sul mio culo.
“Hai una grande voglia di toccarmi, vero?” chiesi, saettandogli un carico di porcaggine negli occhi.
Non attesi la sua risposta: presi la sua mano e gliela misi direttamente sulla mia carnosa albicocca, incoraggiandolo a strusciarla tutta e ad assaporare con il tatto quanto era liscio il tessuto del mio tanga, così sottile che poteva sentire le pieghe dell’ingresso della mia vagina che stava già sbocciando.
Per favorirgli le oscene carezze, scostai leggermente le gambe, protesi il bacino in avanti e iniziai ad accompagnare i suoi movimenti.
Posò il bicchiere e mi strinse a sé, facendo aderire il suo corpo al mio, premendomi sulle natiche per aumentare l’intensità alle pastrugnate sulla mia fica.
Senza esitare, gli strinsi il pisello attraverso i pantaloni e presi a maneggiarlo lentamente.
Continuammo così per qualche minuto. Mi sembrò che non riuscisse più a togliere la mano da in mezzo alle mie cosce.
"Che ne dici se ci corichiamo?" gli chiesi, sussurrandogli in un orecchio.
Mentre andava verso il letto, recuperai, dalla mia borsetta, due preservativi e un pacchetto di fazzolettini. Lui si era seduto sul bordo del materasso; mi parai davanti e divaricai le gambe.
Il miniabito mi salì fino ai fianchi, rivelando l'intrigante intreccio tra le linee sensuali del mio tanga e i bordi dell'apertura del collant.
Di nuovo, rimase incantato a guardare ciò che, poco prima, aveva ampiamente esplorato con le mani. Decisi che doveva iniziare a sentirne il profumo, così mi avvicinai e gli incollai il pube al viso. Si aggrappò ai miei glutei e prese a strusciarcisi in tutte le direzioni.
Ancora, assecondai i suoi movimenti con la naturalezza e l'abilità dei miei.
Lo spinsi un po', fino a farlo coricare, quindi misi le ginocchia sul materasso, avanzai fino ad essere sopra la sua testa e mi ci calai, sin quando non percepii che, se fossi scesa ancora, l'avrei soffocato.
Nel mentre lappava le mie parti più intime, ripresi a maneggiargli il pisello.
Gli avrei fatto provare l'ebbrezza del più trasgressivo e licenzioso dei sessantanove, così arretrai, mi sedetti sulle sue ginocchia, gli slacciai cintura e pantaloni, poi lo aiutai a sfilarseli, assieme agli slip.
Il suo cazzo, di ottime dimensioni, svettò verso l'alto. Glielo impugnai subito, dandogli lenti affondi di sega, mentre lui si toglieva la camicia.
Nel frattempo, lo guardavo continuamente dritto negli occhi, facendo lo sguardo più porco che mi riusciva, con la bocca dischiusa, dalla quale facevo spesso saettare fuori la lingua.
Lo feci sdraiare nuovamente, mi alzai e mi tolsi le mutandine, salii sul letto e gli scavallai il viso.
Ora la mia vulva gli si offriva in tutta la sua magnifica e rosea dilatazione, e lui non perse tempo ad immergerci la lingua, che faceva guizzare sia dentro, sia ai lati.
Cazzo, non avrei mai pensato che mi sarebbe successo, ma mi stavo eccitando, così mi chiesi se succedesse anche alle vere professioniste, o se accadeva solo a me perché professionista non lo ero.
Provai un po' di disorientamento, ma mi sforzai di riprendere la concentrazione e di tornare a "lavorare".
Mi impossessai del suo cazzo, gli riversai sopra un bel po' di saliva e gli applicai le mie migliori tecniche masturbatorie, fatte di lenti e profondi affondi, alternati a smanettate più veloci e pressioni decise alla base del glande.
Lo stavo facendo impazzire, tant'è che non si accontentò di darmi slinguate da forsennato, ma ora stava letteralmente scopandomi con il suo naso pronunciato, che aveva immerso per parecchi centimetri nella mia fica, mentre faceva frullare la sua lingua sul mio clitoride.
Ebbi un paio di abbondanti colate di denso miele che, sicuramente, gli avevano ricoperto il viso. Per un istante, pensai che stesse per annegare, ma si staccò e disse: "Fammi venire nella tua bocca, ti prego!"
"Ok, ma con il guanto." replicai prendendo un condom, scartandolo velocemente e calzandoglielo.
Completai l'operazione srotolandolo solamente con le labbra, come fanno le zoccole più esperte e consumate.
Gli assestai parecchie pompate e altrettanto potenti risucchi che risuonarono nella stanza. Sentii il suo cazzo irrigidirsi ulteriormente: era arrivato al limite della sua resistenza, e anch'io.
Senza dirgli nulla, esplosi in una grande squirtata che lo investì in pieno viso.
All'unisono con me, iniziò a sborrare, riempiendo il preservativo.
Mi assicurai che si svuotasse per bene, senza interrompere le segate, mentre mantenevo serrate le labbra sulla sua cappella.
Quando sentii calmarsi il suo respiro, mi sollevai da lui, lo guardai e gli sorrisi maliziosa: “Cosa ne dici? Sono stata brava?”
“Sei un’incredibile gran ficona, Monica.” rispose, mentre rimaneva coricato, con un avambraccio appoggiato sugli occhi, tentando di riprendersi dall’orgasmo devastante che gli avevo procurato.
Gli sfilai il preservativo, lo chiusi annodandolo e lo posai in un fazzolettino. Con un altro, asciugai la crema che era rimasta sul pisello, ormai parzialmente ammosciato.
“Avresti voglia di scoparmi, adesso?” lo incalzai.
“Non so se mi tornerà ancora duro…” rispose.
“Puoi scommetterci che ti torna duro, tesoro. Tu non mi conosci ancora bene…”
Gli infilai il secondo preservativo, quindi ripresi a segarlo dolcemente, massaggiandogli bene le palle, fino al perineo, non mancando di solleticargli il buchetto posteriore.
Questo trattamento ha un risultato pressoché matematico, tant’è che il suo membro ritornò quasi immediatamente dritto e duro, pronto per la cavalcata che intendevo somministrargli.
“Visto che ci siamo riusciti, caro?” chiesi con aria trionfale. “Vuoi che mi metta sopra?”
“Si, ma mettiti di spalle: voglio vedere il mio cazzo che sprofonda dentro di te.” mi implorò.
“Tutto quello che vuoi, tesoro.” pronunciai, scavallando il suo corpo e impalandomi fino alle sue palle.
Mi inclinai in avanti e iniziai a scoparlo, ruotando il mio bacino e alternando spesso il senso di rotazione.
Sentivo il suo pisellone che si torceva nella mia fica come una manovella. Presi a stringere i miei muscoli vaginali, imprimendogli tutta la forza di cui ero capace. Nessuno resisteva a lungo ad un simile trattamento.
Dopo qualche minuto, nello sforzo, involontariamente mi scappò un peto.
“Oh, ti prego, scusami!” esclamai imbarazzatissima.
“Scusami? E di che? Anzi, ti prego, fanne un altro.” mi rispose, lasciandomi molto sorpresa.
“Mi sa che la prossima non sarà solo aria…” replicai, continuando a scoparlo come una forsennata.
“Fai tutto quello che vuoi!” mi ordinò, con tono piuttosto perentorio.
Incredula per questo suo feticismo, ma ligia al mio dovere di professionista, ubbidii, trasferendo parte dei miei sforzi verso lo sfintere, che fu felice di dilatarsi e lasciare che il mio intestino si svuotasse sul ventre del mio cliente.
Lui emise un urlo di godimento quasi disumano, mentre, dentro di me, sentivo il calore del suo sperma che dilagava nel preservativo. Dopo una decina di altri su e giù, il suo cazzo si ammosciò definitivamente.
Mi tolsi da sopra e lo trovai stremato, abbandonato al suo piacere, con le braccia allargate, la bocca spalancata e gli occhi chiusi.
Per un attimo trasalii, perché mi sembrò morto, ma vidi che il suo petto si gonfiava e si sgonfiava, alla ricerca di ossigenazione.
“Tutto bene, tesoro?” gli chiesi, per essere certa delle sue condizioni.
“Meravigliosamente bene… Cazzo, sei la dea del sesso, Monica”.
“Lo so, tesoro.” risposi compiaciuta, mentre recuperavo dal suo membro il secondo preservativo che misi assieme al primo.
Recuperai anche le mie mutandine e mi diressi in bagno, dove mi diedi una lavata e una sistemata al rossetto e ai capelli. Tornata perfetta, misi gli abiti “da segretaria” nel borsone e rientrai nella camera.
Osvaldo era ancora lì, così come lo avevo lasciato: non si era mosso di un centimetro.
“Se non hai bisogno di altro, io andrei.” dissi con tono frettoloso.
“Ma mi lasci così? Con il tuo ‘regalino’ sulla pancia? Aiutami, ti prego…” implorò piagnucoloso.
“E hai bisogno di me per sistemarti, cazzo? Eccoti aiutato!” replicai innervosita. Presi i suoi vestiti e glieli lanciai addosso.
“Nooo, ma che cazzo hai fatto? Come torno a casa con i vestiti sporchi di merda?” chiese disperato.
“Arrangiati! Addio, porco!” esclamai, aprendo la porta della camera e richiudendola con forza, facendola sbattere sonoramente, tanto che tremarono anche i muri.
Mentre l’ascensore mi portava al piano terra, di tutte le sensazioni e le impressioni che ebbi da quell’esperienza, che avrei elaborato con calma più tardi, quella che mi colpì maggiormente fu che, nonostante avessi avuto due rapporti, non avevo potuto percepire né il sapore, né l’odore dello sperma, e ciò mi mancò molto, dandomi una sensazione di ‘incompiutezza’.
Arrivata nella hall, la attraversai con passo deciso. Il concierge non mi notò, essendo impegnato a registrare un gruppo di giapponesi appena arrivati.
Uscita dall’hotel, percorsi il vialetto che attraversava il piccolo giardino antistante, arrivai alla macchina e salii dal lato passeggero, infilando il borsone sul sedile posteriore.
“Ciao amore, ma… come cavolo sei vestita? Quando ti ho lasciata la bar indossavi il tailleur…” chiese mio marito meravigliato, mentre avvicinavo il mio viso al suo per dargli un bacio appassionato.
“Tra poco ti spiego.” risposi.
“Mi avevi detto che dovevi documentarti per un tuo racconto e incontrare un esperto del settore… Ma di quale settore è esperta la persona che hai incontrato?”
Non mi stupii della grande curiosità e della sorpresa che trasudavano da mio marito. Con lui ero stata molto vaga circa il motivo della mia trasferta a Sanremo. Avrei voluto venirci da sola, ma lui aveva cavallerescamente insistito a non volermi far fare il viaggio in solitudine.
“Cerca un posticino tranquillo.” gli dissi con dolcezza.
Mise in moto e partimmo, dirigendoci in un parcheggio piuttosto appartato, poco lontano. Nel breve tragitto non dicemmo nulla.
Una volta fermi, mi osservò nuovamente nel mio abbigliamento da grande zoccolona e mi disse: “Accidenti, però! Quanto sei gnocca vestita così!”
Non replicai al suo complimento.
“Va tutto bene, cara?”
“Tutto a meraviglia, amore mio.” risposi con tono rassicurante.
“Allora, raccontami…”
Presi un respiro profondo per darmi coraggio, poi iniziai: “Vorrei scrivere un racconto che abbia per protagonista una prostituta d’alto bordo. Così, avevo necessità di comprendere le reali situazioni che avrebbe potuto vivere durante l’incontro con un suo cliente e quali erano le sensazioni che avrebbe provato.”
“Capisco. Così il tipo che tu definisci ‘esperto del settore’ ti ha fornito tutto il materiale di cui necessitavi?”
“In un certo senso… Sì. Di materiale me ne ha fornito…”
“Allora, ne è valsa la pena venire fin qui. Però, non mi hai ancora spiegato il perché di questo cambio d’abito e di pettinatura.”
“Vedi, amore, le sensazioni e le emozioni non sono cose che si possono recepire leggendole o facendosele raccontare. Se vuoi poterle trasmettere efficacemente ai tuoi lettori, in modo che siano veramente coinvolgenti, bisogna viverle realmente ed elaborarle personalmente.”
“Ti seguo solamente fino ad un certo punto. Non capisco a cosa ti servisse incontrare quel tizio, se quanto aveva da raccontarti non ti sarebbe servito a niente.”
“Infatti, amore. Parlarne con lui non sarebbe servito a niente, per questo motivo ho dovuto fingermi una escort, agganciarlo, portarlo in hotel e scoparmelo.”
Osservai il viso di mio marito che era impallidito e che tentava di deglutire a fatica.
Gli strinsi la mano. Comprendevo il dolore che stava provando in quel momento, ma ero certa che, entro pochi istanti, quel dolore si sarebbe trasformato in pura eccitazione.
E, infatti, cambiò espressione, assumendo quella del libertino che conosco, e disse: “Dato che non sei una professionista, ma lui è un assiduo frequentatore di escort, sei sicura che non ti abbia sgamata e di averlo soddisfatto?”
Estrassi dalla borsetta il fazzolettino di carta appallottolato e lo aprii.
“Tu che dici: lo avrò soddisfatto?” gli chiesi maliziosamente, dondolando, davanti al suo viso, i due condom pieni di crema.
Lo guardai con aria piena di amore e colma di tutta la riconoscenza che ho nei suoi confronti, per la sua apertura mentale e per la sua totale accettazione della mia persona.
“Quanto sei porcella, amore mio…” disse, dandomi un altro bacio e mettendomi una mano sulla coscia sinistra. Io ricambiai, stringendogli il pacco che trovai già bello gonfio.
“Immagino che ti abbia toccata…”
“Immagini bene, amore. Anzi, siccome era piuttosto in soggezione, sono stata io a doverlo incoraggiare.”
“E come?”
“Gli ho preso la mano e gliel’ho messa qui.” Spostai la mano di mio marito dalla mia coscia, facendola salire, fino a che non chiuse la mia patatina nel suo palmo.
“Cazzo, amore. Lo avrai fatto impazzire. Mamma mia, cos’hai li in mezzo…”
“Ti piace, vero? Anche a lui è piaciuto molto toccarmela. Mi ha pastrugnata a lungo e non riusciva più a trovare la volontà di toglierla.”
“E tu? Cosa gli facevi mentre ti pastrugnava?”
“Muovevo il mio bacino, avanti e indietro, per favorirlo e gli massaggiavo il pisello attraverso i pantaloni, come sto facendo a te. Poi, l’ho fatto sedere sul bordo del letto, ho alzato il vestito e gli ho fatto mettere la faccia contro, così che sentisse il suo profumo naturale.”
“Lo aveva grosso?”
“Sì, era piuttosto ben dotato.”
“Poi?”
“L’ho aiutato a spogliarsi e ho deciso di fargli un sessantanove.”
“Cazzo. Perché proprio quello?”
“Mi è venuto spontaneo così. Ne sei geloso? Ricordati che non stavo ragionando con la testa di Monica, la moglie innamoratissima di suo marito, ma con la testa della prostituta che incarnavo. Non dimenticarlo, amore.”
“Ok. Prosegui.”
“Gli ho sputato sul cazzo e ho iniziato a segarlo...”
“E lui? Cosa ti faceva?”
“Mi faceva l’unica cosa che potesse fare, amore. Me la leccava come un forsennato.”
“Ti faceva godere?”
“Sicuro di volerlo sapere?”
“Certo.”
“Sì, mi ha fatta bagnare tantissimo. Aveva il viso completamente ricoperto dal mio miele.”
Mentre parlavamo, mio marito ed io non avevamo mai smesso di toccarci.
“Lo hai fatto venire segandolo?”
“No. Voleva riempirmi la bocca, così gli ho messo il preservativo.”
“Dopo che gliel’hai messo, è venuto subito?”
“Non subito. Ho dovuto lavorarlo per un po’. Quasi mi dolevano le mascelle per quanta potenza davo alle pompate. È venuto quando anche io ho squirtato.”
“Addirittura! Ti ha fatta squirtare?”
“Sì, amore. Ho fatto una spruzzata tale che pensavo di averlo annegato.”
“È venuto tanto?”
“Guarda: il preservativo del pompino è quello con il nodo più in basso.”
Guardò uno dei condom che avevo ancora in mano.
“Era bello pieno…” osservai.
“Dopo, ha voluto scoparti?”
“In realtà, penso che sarebbe stato già contento così ma, per scrupolo, visto che mi ha pagata bene, ho insistito io per vedere se ce l’avrebbe fatta a tornargli duro, dopo una sborrata del genere.”
“Diciamo pure che l’etica professionale non ti manca, nemmeno in questo campo, anche se così nuovo per te.” disse sorridendo, non facendomi mancare la sua compiaciuta ironia.
“Già, per cui gliel'ho ripreso in mano e, con l’altra, gli ho fatto tutti quei lavoretti che anche a te piacciono tanto…”
“Ho presente…”
“Bravo, così gli è tornato bello duro. Gli ho messo il condom e mi sono messa all’amazzone.”
“Di fronte?”
“No, di spalle. Voleva godersi la vista della penetrazione.”
“Immagino che gli avrai applicato il tuo completo repertorio di porcellate…”
“Oh, sì, amore. Volevo che venisse velocemente, per cui non gli ho risparmiato proprio nulla di ciò che faccio sempre a te.”
“Così gli hai procurato la seconda colossale sborrata.”
“Non proprio così…”
“E come, allora?”
Risposi a mio marito raccontandogli del finale imprevisto della scopata e la scoperta del particolare feticismo di quell’uomo. Mio marito rimase a bocca aperta per tutta la mia narrazione. Poi, quando gli descrissi quale fu la sorte dei vestiti del poveretto e come mi congedai da lui, scoppiò in una fragorosa risata.
“Amore, sei veramente una donna incredibile.” mi disse con occhi pieni di dolcezza, accarezzandomi il viso.
Dopo aver ascoltato la narrazione della porcellata che avevo vissuto, immaginai che anche lui avesse un gran bisogno di essere soddisfatto. Così, dopo aver guardato attentamente che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, allungai le mani per slacciargli i pantaloni, gli abbassai i boxer e mi impossessai del suo maestoso, quanto voglioso, pisellone.
Divaricai quanto potei le gambe e lo incoraggiai a pastrugnarmi per bene la fica, attraverso il tanga setoso. Sapevo che ciò lo fa impazzire e lo lasciai fare per qualche minuto, mentre lo segavo.
Dopodiché, mi chinai sul suo membro, lo imboccai per bene e iniziai un succoso pompino. Non trascorse nemmeno un minuto, quando mi accorsi che era prossimo all’orgasmo, così aumentai la velocità e, dopo qualche istante, la mia bocca fu piena del suo caldo e denso succo.
Lo ingoiai completamente, vogliosa di sentire quel sapore che tanto mi era mancato, avendo avuto rapporti protetti con il tizio. Non ancora soddisfatta, glielo tirai fuori dalla bocca e mi spennellai il suo cazzo sul viso e sotto il naso, così da sentirne anche il profumo.
Nonostante avessi il volto completamente impiastrato di sperma, mio marito venne a baciarmi appassionatamente.
Una volta che ci fummo ripuliti, mi ricordai dei millecinquecento Euro che avevo nella borsetta. Li tirai fuori e glieli porsi, chiedendogli: “Cosa ne diresti se, visto che siamo già qui, cercassimo un bel resort con tutti i confort e ci passassimo un paio di giorni di mare e di sesso, con i soldi del tizio?”
“Eh no, cara. Non potrei mai spendere neanche un Euro guadagnato da mia moglie in questo modo. Facciamo così: i due giorni di mare e di sesso li pago io, e tu, quando rientriamo, cerchi due associazioni, di quelle veramente serie, che si occupano del reinserimento sociale delle ragazze vittime dello sfruttamento, e fai, ad ognuna, un bonifico di settecentocinquanta Euro. Sei d’accordo?”
“Ma certamente che sono d’accordo, amore. Sai…, sempre più spesso, riesci a stupirmi per la tua generosità, e questo è solo uno dei mille motivi per i quali ti amo immensamente!”
Trovi altri racconti delle nostre trasgressioni qui:
E-book (GRATIS per gli abbonati a Kindle Unlimited) e libro cartaceo:
https://www.amazon.it/dp/B09WJ2S3RR
Attenzione: per i temi trattati e i contenuti sessualmente espliciti, le descrizioni e il linguaggio senza censura, questo libro è severamente vietato ai minori di 18 anni.
«ahahahah»