“Sei mai stato in un club privé?”, gli chiese Alessandra.
Avevano appena finito di strapparsi i vestiti di dosso quando lei gli fece quella domanda fatidica. Francesco, già in posizione con la testa tra le sue gambe, mise il cunnilingulus in stand by. Si tirò su e la guardò, sospettoso.
“No – rispose – non ci sono mai stato. Perché lo vuoi sapere?”
Alessandra lo guardò nel modo porco che lui stava imparando a conoscere bene.
“Così, per curiosità”, rispose.
“Tu, invece, ci sei stata?”, le chiese lui.
“Oh, sì, una volta soltanto”.
“E ti è piaciuto?”
“Da morire”.
Francesco aspettò che Alessandra continuasse a parlare, ma lei tacque e gli spinse la testa sulla figa, così lui fece partire la lingua dando il via alla consueta meravigliosa scopata.
Francesco e Alessandra si erano messi insieme da un mese. Francesco non aveva mai fatto coppia fissa in vita sua con una ninfomane e giudicava quella prima esperienza esaltante. Alessandra era una donna fantastica, una studentessa di scienze della comunicazione brillante, intelligente, spiritosa e dolce. Poi c’era l’altra faccia della medaglia: quella dei suoi insaziabili bisogni sessuali che Francesco, dapprincipio, aveva creduto di potere placare dandole ogni giorno un’abbondante dose di cazzo.
C’era voluto poco per capire quanto si stesse sbagliando e che il suo uccello non poteva in alcun modo bastare a quella donna dilaniata da una continua smania erotica. Alessandra, del resto, era stata da subito chiara dicendogli che le era impossibile essere monogama e che in alcun modo poteva contenere l’impulso di andare a fottere in giro. Per quanto intenso fosse il suo trasporto verso Francesco, lei non poteva rinunciare a farsi sbattere anche da altri uomini.
Così avevano fatto un patto: Alessandra era libera di continuare a chiavare chiunque volesse, ma lui voleva saperlo perché – le aveva detto – riteneva la menzogna una forma più grave di tradimento. Meglio una sana e rispettosa sincerità, anche se gli provocava dolore.
Così, in quel mese, Alessandra si era fatta tre uomini – il tecnico del gas, il bidello dell’università e un compagno di corso che le aveva prestato i suoi appunti – e ogni volta lo aveva confessato a Francesco. Lui si era fatto raccontare ogni particolare, accorgendosi con stupore quanto la cosa lo eccitasse. Conoscere ogni dettaglio che Alessandra gli rivelava dei suoi amplessi – le posizioni in cui era stata posseduta, le dimensioni dei cazzi dei suoi amanti occasionali, quanto aveva impiegato a raggiungere l’orgasmo – lo arrapava da morire, e di questo lei gli era grata perché poteva essere sé stessa senza vergognarsi né sentirsi in colpa.
Quella sera, quando finirono di scopare, Francesco cercò di capire il perché di quella domanda che continuava a ronzargli nella testa.
“Raccontami di quella volta al club privé”, le disse.
Ad Alessandra ritornò immediatamente la sua espressione da porca. Gli raccontò che c’era andato un anno prima, insieme alla sua migliore amica. Il posto si trovava appena fuori da Roma Nord ed era un locale molto elegante. Non avevano dovuto pagare nulla per entrare, ma solo registrare i propri dati su una scheda. Quando erano arrivate era mezzanotte passata e, una volta dentro, si erano trovate in una sala dalle luci soffuse, una sorta di anticamera occupata dal bancone del bar. Loro erano già brille abbastanza ma avevano preso un cocktail lo stesso. Era lì che gli ospiti dovevano spogliarsi e riporre i vestiti in un grande armadio suddiviso in tanti ripiani. Poi, dopo avere finito di bere, avevano attraversato una porta e si erano trovate in un gigantesco locale semibuio pieno di divani a due posti, uno spazio enorme dove si scopava in assoluta tranquillità. Alessandra disse a Francesco senza alcun imbarazzo che quella volta si era fatta sei uomini, tre dei quali contemporaneamente, ed era tornata a casa sentendosi più leggera di una piuma.
“Vorresti per caso andarci di nuovo?”, gli chiese allora Francesco.
“Sì – ammise Alessandra – Ci sto pensando da qualche giorno, è diventata un’ossessione”.
Ecco che veniva allo scoperto la ninfomane che era in lei, pensò Francesco, il grido del corpo che reclamava di godere, la schiavitù della mente che la obbligava a piegarsi a delle fantasie arrivavano a torturarla. Francesco si accorse che questo processo non era affatto indolore e che in Alessandra pulsava un malessere remoto, come se tanta bramosia sessuale spesso diventasse una condanna lacerante. Come avrebbe potuto aiutare questa donna che tanto lo aveva sedotto?, si chiese. Francesco capì che la risposta era una sola.
“Ti va se ci andiamo insieme?”, le propose.
Alessandra lo guardò con stupore.
“Dici sul serio?”
“Certo – rispose lui – Vorrei condividere questa esperienza con te”.
“Ma sei sicuro? Ho paura che tu non possa sopportare come mi comporterò”.
Francesco le diede un bacio.
“Non ti preoccupare. Ti lascerò libera e tu dovrai fare tutto ciò che vorrai”.
Decisero di andare la sera successiva. Uscirono alle undici, eleganti come se dovessero partecipare a un importante evento mondano. Francesco aveva indossato un completo blu e una camicia azzurra e Alessandra un vestito scuro molto scollato. Mentre si avvicinavano alla meta Francesco era sempre più smanioso di arrivare. Quella situazione, ammise, lo arrapava.
“Una volta che siamo nella sala possiamo fare tutto quello che vogliamo – le spiegò Alessandra – Siamo liberi di proporre a chiunque di scopare o accettare un invito di qualcuno che si propone. Ma la regola principale è che il sesso è ammesso solo se è consensuale. Se ricevi un rifiuto è vietato insistere”.
“Come vuoi che ci comportiamo?”, le chiese Francesco.
“Preferirei che ci separassimo e che ognuno proseguisse da solo – rispose Alessandra – Mi sentirei più a mio agio. Ti sta bene?”
“Mi sta benissimo”.
Mentre compilavano la scheda d’accesso, Francesco era già in erezione. Mentre riponevano i vestiti negli scomparti dell’armadio, lui notò che erano rimasti pochi gli spazi liberi, segno che la gente all’interno doveva essere tanta. Quando Alessandra vide il suo cazzo duro gli sorrise.
“Mi sa che sei più in tiro di me”, scherzò.
Prima di aprire la porta e di salutarsi con un bacio decisero che se ne sarebbero andati dopo un paio d’ore.
“Divertiti, tesoro”, disse Alessandra.
“Anche tu”, le rispose Francesco.
La sala corrispondeva perfettamente alla descrizione che lei gli aveva fatto. I soli sprazzi di luce provenivano da pochi faretti alogeni incassati al soffitto, ma per lo più era tutto in una penombra accentuata dal colore grigio di tutto l’ambiente. Francesco rimase turbato nel vedere così tante persone scopare in pubblico senza pudore, alcune in coppia, ma più spesso in gruppo. Alcuni stavano in piedi o gettati sui divani, ma molti avevano scelto di abbandonarsi sul pavimento, ricoperto da una moquette morbida e sottile. Francesco cominciò un giro di ricognizione e aspettò qualche minuto prima di voltarsi a cercare Alessandra. Malgrado l’oscurità nella quale era immerso la distinse immediatamente. La vide in ginocchio, impegnata a spompinare due uomini di mezza età, entrambi piuttosto grassi e che Francesco giudicò decisamente poco attraenti. Quello spettacolo gli procurò una leggera fitta di rabbia, un pungolo geloso che lo spinse a fermarsi davanti alla prima donna sola che incontrò. Era una signora matura, che da un bel pezzo doveva avere superato i 50 anni. Era seduta su un divano, con una gamba accavallata sull’altra, in una posa inconsueta per un posto come quello. La donna era magra e aveva le tette piccole e cadenti. Il viso era spigoloso e il suo sguardo sembrava scocciato.
Francesco non sapeva cosa fare e l’avvicinò imbarazzato.
“Buonasera – le disse – Lei è molto attraente”.
La donna lo squadro dalla testa ai piedi, serissima. Poi allungò una mano ossuta, gli prese il cazzo e se lo infilò in bocca. Francesco, dopo un iniziale disagio, riuscì a rilassarsi e a godersi il pompino. La donna lo succhiava con poco trasporto, ma lui godeva lo stesso. Quando la vide smettere e allargare le gambe, si inginocchiò sul pavimento e cominciò a leccarle la figa. Fu solo in quel momento, quando la donna si mise a gemere, che sentì il suono della sua voce per la prima volta. Francesco non aveva mai fatto sesso con una donna così più vecchia di lui, ma la cosa non gli dispiacque e la considerò come un’esperienza di vita in più che stava esplorando. Preso coraggio si allungò su di lei e spingendola per le spalle la fece sdraiare. Poi le si mise sopra e le disse di allargare le gambe. La donna non protestò e lui poté infilarle il cazzo nella figa. A ogni colpo che le infliggeva la donna lanciava uno strillo e non ci volle molto perché raggiungesse l’orgasmo. Lui le rimase dentro mentre il suo corpo sussultava e si sfilò solo quando si placò del tutto. Allora scese dal divano.
“La ringrazio”, le disse.
“Grazie a lei”, rispose la donna.
Francesco allora si girò per cercare di nuovo Alessandra. Era passato solo solo un quarto d’ora da quando l’aveva vista, un tempo sufficiente perché passasse a un nuovo partner. Questa volta si trattava di un giovane muscoloso e belloccio che la stava prendendo a pecora. Strizzando gli occhi per vedere meglio Francesco arrivo a distinguere l’espressione di piacere sul volto di Alessandra e di nuovo preso da una morsa di rabbia. Pensò che forse aveva fatto male a volerla accompagnare in quel posto e che magari non era ancora pronto a vederla fare sesso con altri. Fu distratto dalle sue riflessioni da una voce maschile alle sue spalle.
“Hey, bel ragazzo, ti va di fottere la mia mogliettina?”
Si girò e vide una coppia seduta sul pavimento a un metro da lui. L’uomo era calvo, pingue e peloso, ma la moglie era una rossa davvero notevole. Doveva avere intorno ai 40 anni ed aveva uno splendido viso da gatta. Guardava Francesco con occhi carichi di libidine e lui le ammirò il fisico snello sul quale spiccava un gran paio di tette. Non ebbe un attimo di esitazione.
“Con molto piacere”, rispose.
“Ti dispiacerebbe fotterla mentre io vi guardo e mi faccio una sega?”, gli chiese l’uomo.
“Ma certo”, rispose Francesco.
Quando si sedette accanto alla donna, lei gli leccò le labbra.
“Sei davvero carino”, disse lei.
“E tu sei stupenda”, disse Francesco.
La scopata che seguì fu di gran lunga migliore della prima. La donna era una pantera focosa e si scatenò sul suo cazzo con impeto. Lui reagì con altrettanta foga, dimenticandosi della presenza del marito che accanto a loro si smanettava. Quando raggiunse l’orgasmo la donna lanciò una specie di ululato di gioia, mentre Francesco riuscì a trattenersi, a differenza del marito che venne gettando appena una goccia di sperma. Dopo essersi salutati Francesco volle riposarsi e si sedette su un divano libero. Per la terza volta si costrinse a vedere cosa stava combinando Alessandra, ma non la trovò. Poi distinse una figura che pareva essere lei, dall’altra parte del locale, mentre apriva una porta e ci spariva dentro.
Francesco rimase immobile a chiedersi dove mai quella porta potesse condurre. Si sentiva stanco e non aveva più voglia di scopare, anche se il cazzo gli era rimasto duro. Rimase seduto a lungo prima di trovare la forza di alzarsi. Allora attraversò tutto il locale schivando chiunque incontrasse e quando raggiunse la porta spinse sulla maniglia e proseguì titubante.
Si trovò in un corridoio ancora più buio sul quale si affacciavano dieci stanze nelle quali si entrava da una lastra di vetro scorrevole che permetteva di guardare dentro. C’erano diverse persone ferme sulla soglia di ciascuna stanza intente a scrutare all’interno e lui cominciò una ricognizione alla ricerca di Alessandra. Dentro ogni camera c’era gente intenta a scopare e chi da fuori voleva partecipare non doveva fare altro che entrare. Francesco percorse il corridoio fermandosi ogni volta che arrivava davanti a una nuova stanza. Così vide tre donne impegnate a consumare un amplesso lesbo, due coppie bisessuali accoppiarsi in modo sfrenato, un’orgia non particolarmente numerosa e perfino una dominatrice che frustava due uomini messi a quattro zampe.
Francesco era quasi arrivato alla fine del corridoio e di Alessandra nemmeno l’ombra. Gli era rimasta solo l’ultima stanza da verificare, quella di fronte alla quale c’era il maggiore affollamento di gente, tutti uomini. Facendosi spazio si accostò alla vetrata e quello che vide gli tolse il respiro.
Alessandra era lì, al centro di una scatenata gang bang. Facendosi forza affinché le gambe non gli cedessero, Francesco contò quanti maschi la stavano circondando. Erano quindici. Quindici maschi gettati su Alessandra in un amplesso di inaudita potenza.
Lei, completamente soggiogata e incapace di esprimere la benché minima volontà, pareva una bambola inerte tra le loro mani e veniva passata da un uomo all’altro come se fosse un’oggetto senza vita. C’era chi la prendeva per farsi fare un pompino mentre altri due in contemporanea si facevano segare. Oppure chi l’afferrava per dargli qualche colpo di cazzo nella posizione che preferiva. Francesco vide Alessandra prendere un palo nel culo insieme a un altro nella bocca mentre gli altri aspettavano che arrivasse il proprio turno.
Represso l’istinto di fuggire, Francesco si costrinse a riflettere. Ecco la sua donna, si disse. Ecco cosa voleva dire averla al suo fianco. Mentre continuava a vederla montare da tutti quegli uomini si accorse che un nuovo sentimento stava maturando in lui. Si disse che si era sbagliato e che non era vero che Alessandra in quel momento fosse un manichino passivo. Piuttosto era vero il contrario: era lei che, tutta da sola, stava tenendo testa a un esercito di cazzi. Francesco sentì che non provava in alcun modo rancore nei suoi confronti e che, superato lo shock iniziale, stava maturando di nuovo in lui quel piacere, quell’oscuro godimento che lo eccitava quando Alessandra gli raccontava dei suoi amplessi fugaci. Che si facesse sbattere da uno soltanto o da quindici che differenza faceva? Per quanto sapesse che la ninfomania era una forma di nevrosi sapeva anche che per Alessandra era una forma di libertà, un modo per accogliere il mondo e farlo suo. Francesco ammise a sé stesso che non avrebbe mai potuto lasciarla e che, per quanti cazzi Alessandra potesse prendere, lei era sua e sua soltanto, e che la sola cosa giusta da fare era starle accanto e accettarla in tutto e che solo condividendo questo suo modo di essere avrebbe potuto amarla davvero.
Così Francesco fece un respiro profondo, fece scorrere la vetrata ed entrò nella stanza. Lui sarebbe stato il numero sedici. Si misi dietro quello che Alessandra stava spompinando e attese. Quando lui se ne andò le si mise davanti porgendole il cazzo. Alessandra lo prese in bocca meccanicamente e poi alzò lo sguardo. Quando lo riconobbe fece uno sguardo sconvolto e smise il bocchino per rimanere a fissarlo. Allora Francesco le sorrise.
“Continua, tesoro – le disse – Ti prego”.
Alessandra rimase immobile perché lo stupore era troppo.
Francesco non smise di sorriderle.
“Per favore, continua – le disse – Sei stupenda”.
Alessandra allora gli ricambiò il sorriso e riprese la pompa interrotta.
La gang bang continuò per un pezzo prima che il primo venisse. Come se tutti gli altri si fossero messi d’accordo, se ne vennero subito dopo, uno dopo l’altro, con urla animalesche. Sul Alessandra allora si abbatté un fiume di sborra. Gli schizzi la colpirono ovunque: sui capelli, sul viso, sulle tette, sulle gambe... A Francesco sembrava che quei getti non finissero mai e Alessandra li accolse con estasi, spalmandosi lo sperma lungo tutto il corpo, e anche Francesco alla fine venne innaffiandola in bocca. Una volta svuotati gli uomini cominciarono a uscire dalla stanza senza nemmeno degnare Alessandra di uno sguardo, fino a quando lei e Francesco non rimasero soli.
Alessandra si mise in piedi e si contemplò.
“Guarda in che stato sono!”, disse gli con voce divertita.
“Per un momento ho temuto che potessi affogare”, scherzò lui.
Alessandra gli indicò una porta.
“Lì c’è il bagno. Vado a farmi una doccia, faccio in un attimo”.
Quando torno era completamente pulita e i capelli erano tutti bagnati.
“Possiamo tornare a casa?”, le chiese Francesco.
“Va bene”.
Stavano per uscire sul corridoio quando Alessandra si fermò.
“Sei davvero fantastico – disse a Francesco – Hai fatto un gesto bellissimo”.
Lui si avvicinò e si baciarono.
“Voglio tutto di te – le sussurrò – Tutto”.
Poi si presero per mano e si incamminarono verso l’uscita.