La chiamavano “Thailandia” perché scopava in giro peggio di una puttana thailandese, ma il suo nome era Alessandra. Francesco la conobbe perché gli fu presentata dai suoi due migliori amici, che se l’erano sbattuta insieme qualche settimana prima. Quando si presentarono Alessandra gli fece capire subito che se lo sarebbe scopato più che volentieri e lui la invitò a casa sua con la scusa di farle assaggiare la pasta alla norma, che lei non aveva mai provato.


Fissarono l’appuntamento quella sera stessa. Quando lei arrivò, lui la guardò con più attenzione. Alessandra non era né bella né brutta, ma a renderla desiderabile a Francesco era la fama di ninfomane che la precedeva. Si presentò con indosso jeans e maglietta e ai piedi aveva un paio di sandali. I capelli neri e ricci, lunghi fino alla nuca, erano profumati e lucidi di shampoo e il pallore del viso era nascosto da un trucco leggero. Un rossetto di colore rossa sbiadito le ricopriva la bocca larga e sottile e gli occhi castani sembravano meno piccoli di quanto fossero grazie a un leggero tocco di fard e di ombretto.


Durante la cena Francesco si premurò che il vino non mancasse mai nel suo bicchiere e ogni volta che lui glielo riempiva Alessandra lo tracannava in due sorsi, come se dentro ci fosse acqua fresca. Quando finirono il tiramisù lei era brilla a dovere.


“Andiamo a sederci sul divano? – le propose lui – Ho del rhum spettacolare”.


Quando lei si sedette gli chiese se poteva sfilarsi i sandali per stare più comoda.


“Ma certo – gli disse Francesco – Anzi, aspetta: te li tolgo io”.


Così facendo, da bravo feticista dei piedi, ebbe modo di vederli da vicino e carezzarli. Erano piedi troppo larghi per potere essere belli, ma ogni imperfezione in quella donna lo eccitava come una bestia.


Una volta che furono comodi, uno accanto all’altra, Francesco partì all’attacco.


“E adesso ti va se ti faccio una domanda… piccante?”, le chiese con tono volutamente scherzoso.


Alessandra stette al gioco e fece apposta tanto d’occhi, come se fosse scandalizzata.


“Ohhh – disse – Ma qui mi sa che parleremo di sesso”.


Francesco sentì lo stomaco avvampare, e non era certo dovuto al rhum.


“Proprio così – le disse – Vorrei sapere, in una scala da zero a dieci, quanto è importante per te”.


Lei non ebbe un secondo di esitazione.


“In una scala da zero a dieci? Cento, come minimo”, rispose.


Francesco scosse la testa, fingendosi stupito, mentre sentiva che il cazzo gli era diventato d’acciaio.


“Accidenti! – disse – E’ bello che tu lo ammetta così tranquillamente. Di solito le ragazze non sono così schiette quando si parla di certe cose”.


Alessandra si versò un altro bicchiere di rhum.


“Io non ho nessuna esitazione ad ammetterlo – gli disse – Per me il sesso è un atto vitale alla pari del mangiare, del bere e di respirare. Non posso farne a meno, starei troppo male”.


“In che senso?”


“Beh, cosa posso dirti? Se sto troppi giorni in astinenza divento nervosissima, dormo male, mi sento fiacca, tutto quello che mangio mi dà la nausea e ho l’impressione che anche la testa sia meno lucida. E’ difficile da definire, ma è come se vivessi in una cappa di fumo che mi soffoca…”


“Addirittura?”


“Te lo giuro”.


“E cosa intendi con astinenza?”


“Quanti giorni, vuoi dire?”


“Sì, quanti giorni”.


“Diciamo una settimana, ma è sempre peggio ogni giorno che passa”.


“Quindi mi stai dicendo che devi fare sesso almeno una volta alla settimana?”


“Esatto”.


Francesco sentiva di avere il cazzo bagnato e pregustò la scopata che si preannunciava.


“Ma tu hai il ragazzo?”, le chiese.


Alessandra scosse la testa.


“Sono single da due anni”, rispose.


“Quindi come fai? Hai un trombamico e preferisci cambiare partner?”


Alessandra rise, evidentemente eccitata anche lei.


“Dipende dai periodi. A volte ho solo un trombamico e a volte ne ho più di uno. Oppure posso avere un trombamico ma anche dei partner occasionali. Ma certo che sei curioso!”


“E adesso in che periodo sei?”


“Adesso non ho nessuno. Niente trombamici né altro. Oggi è il sesto giorno che non scopo…”


“Quindi da domani comincerai a stare male”.


“Già stanotte ho sofferto d’insonnia e questo è il primo sintomo”.


Francesco capì che quello era il momento giusto. Si avvicinò a lei, a pochi centimetri dal suo viso e le fece una carezza.


“Beh, se posso fare qualcosa per aiutarti…”, le disse.


Alessandra gli fece un sorriso lascivo, da baldracca.


“Davvero saresti così gentile?”, lo provocò.


“Sono un bravo ragazzo”, gli rispose Francesco, e poi la baciò.


Alessandra gli fece capire subito quanto fosse zoccola. Mentre gli succhiava la lingua allungò la mano e gliela premette sul pacco. A quel contatto Francesco quasi ebbe quasi un sobbalzo per quanto era arrapato e rispose palpandole le tette.


“Aspetta”, gli disse Alessandra.


Si alzò e si sfilò la maglietta e i pantaloni.


“Spogliati anche tu”, gli disse.


Poi si slacciò il reggiseno e si calò gli slip. Francesco si tolse in un lampo la camicia, i pantaloni e i calzini e, rimasto solo con i boxer addosso, guardò quel corpo nudo davanti a lui. Alessandra aveva un bel paio di tette. Non erano enormi, doveva avere una terza scarsa, ma erano sode e toniche. La figa era appena pelosa, rasata ma non completamente, come piaceva a lui.


“Voltati”, le ordinò.


Francesca obbedì e lui le guardò il culo, appena un po’ grosso ma non troppo, ma sporgente in fuori, mettendo in particolare risalto il pallore della pelle del corpo.


“Sei bellissima”, disse Francesco mentre Alessandra si inginocchiava ai suoi piedi.


“Anche tu non sei male – gli disse lei – Ma adesso leviamo queste mutande”.


Così lui si alzò appena per permetterle che lei gli togliesse i boxer. Alla vista del suo cazzo di pietra le si illuminarono gli occhi.


“Però, mica male!”, commentò.


Poi si chinò su di lui e gli prese il cazzo in bocca. Bastarono pochi secondi di quel pompino per rivelare a Francesco quanto lei fosse esperta. Era davvero una virtuosa, una bocchinara coi fiocchi dalla lingua golosa e dalle labbra soffici come il più morbido dei cuscini. Francesco gemeva a ogni gesto di lei e anche lei gemeva appassionata mentre si ingozzava della sua verga.


Dopo qualche minuto di incredibile piacere lui sfilò il cazzo dalla sua bocca e si protese per darle un bacio.


“Adesso sdraiati – le disse – Mettiti comoda”.


Alessandra si sdraiò sul divano, mentre Francesco si alzava per poi inginocchiarsi con la testa in mezzo alle sue gambe. Quando la sua lingua entrò nella figa assaporò quel gusto leggermente acidulo e salato che lo faceva impazzire da sempre. Anche Alessandra si mise a gemere a ogni cosa che lui le faceva: dal pennellarle con la lingua le grandi labbra per poi spingerla dentro, muovendola come un serpente curioso, fino a fermarsi sul clitoride e a schiacciarlo e rilasciarlo una, dieci, cento volte.


Francesco era perso in qual paradiso quando lei gli sollevò la testa interrompendolo.


“Basta – gli disse – Adesso sbattimelo in figa!”


Francesco allora scivolò su di lei e mentre lo faceva si carico le sue gambe sulle spalle, in modo da sollevarle a mezzaria e a trovarsi viso contro viso. Quando le affondò il cazzo dentro sentì come un abbraccio caldo e bagnato, una sensazione meravigliosa che gli fece perdere anche quel piccolo barlume di raziocinio che gli era rimasto.


Così cominciò a martellarla selvaggiamente. A ogni colpo che le infieriva le gambe di Alessandra sbattevano come oggetti inerti, dandogli la sensazione di potenza che stesse scopando una schiava remissiva. Ma quello che lo arrapò al massimo fu vedere il viso di Alessandra. Il rapimento che le provocava quel cazzo martellante le faceva strabuzzare gli occhi e contrarre la bocca paralizzata e incapace di emettere un suono, un’espressione che le conferiva un’aria da porca assoluta.


Allora Francesco si sfilò e la tirò su per le braccia.


“Mettiti a pecora”, le ordinò.


La pecorina era da sempre la posizione che preferiva perché adorava vedere una donna a quattro zampe e adorava vedere il culo sbattere a ogni colpo del suo cazzo. Quando vide Alessandra a gattoni la giudicò particolarmente arrapante e volle subito entrarle in figa e chiavarla a dovere. Questa volta lei si mise a gemere rumorosamente mentre lui le strizzava il culo tra le mani, fregandosene del dolore che sicuramente le provocava.


“Ti piace? – le chiese rabbiosamente – Ti piace il mio cazzo?”


Alessandra mugolò.


“Sì! Dammelo! Dammelo tutto!”, lo implorò.


Francesco si sentiva il padrone totale di quella donna così dipendente dal cazzo e perse la testa del tutto.


“Sei una puttana, lo sai? – le gridò – Sei la più troia fra le puttane!”


Alessandra mugolò ancora più forte.


“Chiavami! – lo pregò – Non smettere! Chiavami! Sto venendo!”


Francesco la sbatté più forte che poteva, mentre sentiva l’orgasmo salire.


Alessandra mollava una specie di singhiozzo a ogni botta del cazzo e Francesco capì che sarebbe durata solo pochi secondi.


“Vengo! Vengo!”, strillò infine lei.


L’orgasmo la squassò tutta, come se fosse trafitta da una scossa elettrica. Continuando a fare versi di piacere tremava come un’indemoniata. Francesco era a un passo dall’orgasmo e si staccò da lei. Scese dal divano e col cazzo stretto in mano glielo puntò dritto in bocca sperando di riuscire a trattenersi per almeno qualche altro secondo.


“Vengo! – le disse – Sto venendo!”


Alessandra, che era sempre a pecora, spalancò la bocca, pronta all’ingoio. Francesco riuscì a controllare solo il primo schizzo di sborra, che lei raccolse golosamente con la lingua. Ma l’orgasmo era troppo devastante perché gli permettesse di avere il controllo di sé e gli altri schizzi le finirono sugli occhi e su una guancia. Appena i getti finirono Alessandra gli pulì il cazzo con la lingua, come se fosse un bastoncino di zucchero.


“Sei proprio una porca”, le disse lui prendendo fiato.


Lei gli diede ancora un paio di leccate, sorridendo. Poi si alzò e gli chiese dove fosse il bagno perché lo sperma le stava colando sulle tette. Quando ritornò da lui, si sdraiarono abbracciati sul divano.


“Ci voleva proprio!”, disse lei con un sospiro soddisfatto.


“Scopi da dio”, gli rispose Francesco.


Poi si accorse che l’occhio sinistro di Alessandra era rosso.


“Lo so, ma è colpa tua, che mi ci hai schizzato dentro”, disse lei.


Francesco rise e la baciò.


“Posso chiederti ufficialmente di essere il tuo trombamico?”, le chiese.


Alessandra lo baciò a sua volta.


“Poco ma sicuro – rispose – Ho ancora tante cose da farti provare”.


“Ninfomane è bello”, pensò lui felice mentre il cazzo gli ritornava a drizzarsi.