1. Prologo.
Come ricorderanno i miei amici lettori, io e mia sorella Giorgia siamo sempre stati legatissimi, forse anche troppo e in maniera patologica, ci siamo confidati ogni cosa, abbiamo sempre fatto tutto insieme, abbiamo frequentato lo stesso gruppo di amici (anche se la nostra differenza di età avrebbe potuto creare qualche problema), e questa oggettività fece sì che anche le prime "conquiste" sessuali ebbero come sfondo i nostri corpi, che scoprimmo e sperimentando ogni giorno gioendo degli stimoli che da ciò derivavano.
Ebbene, Giorgia aveva solo 15 anni quando – quasi per caso – vivemmo la bellezza invasiva della prima penetrazione.
Non fu estremamente dolorosa, e ancora oggi la ricordiamo con grande nostalgia...
Ma andiamo con ordine, e di seguito ve ne racconterò alcuni altri dettagli che fin qui erano stati solo accennati o volutamente trascurati.
2. Il mio "dono" per lei…
Ebbene, cominciamo dall'inizio... da quel fatto “straordinario” che fece di Giorgia la mia ammiratrice…
Dunque, un giorno che rimanemmo soli in casa e che Giorgia era sola a oziare nella vasca da bagno, io – senza pensarci su, e preso da una irrefrenabile voglia – feci improvvisamente irruzione alla toilette, e senza curami di lei mi abbassai i pantaloni e gli slip e mi sedetti sul water.
Per noi era assolutamente naturale quel modo di fare, oltretutto la mia sorellina aveva già fatto la conoscenza del mio uccello – dato che eravamo abituati a girare nudi per casa, poiché i nostri genitori erano da sempre dei naturisti convinti – mentre mi lavavo, sebbene non l’avesse mai visto all’opera.
Ma quel giorno il mio “pezzo di carne” aveva decisamente stregato il suo sguardo...
Ero lì per masturbarmi, e così non persi tempo… Le mie dita presero a scendere e risalire veloci, leggere ed efficaci lungo l'asta, quando a un certo punto lei – spudorata – si mise con le braccia appoggiate al bordo della vasca ad osservare… Intrigata e forse anche impaziente, mi domandò:
- "Quand'è che arriva il miracolo?".
Tra di noi, avevamo così soprannominato la mia eiaculazione, a cui non aveva ancora avuto modo di assistere...
Le dissi:
- "Ancora un pò di pazienza, sorellina, che ci siano quasi... Sta per uscire dal cilindro magico!". E scoppiai a ridere…
E nel mentre che con la mano sinistra mi tenevo la maglietta sollevata sopra l'ombelico, con l'altra diedi le ultime spinte con grande impegno.
Mia sorella seguì attentamente l'evolversi della situazione, botta dopo botta: sapeva che ciò era "proibito", ma tutto quello che non si poteva fare ci stimolava tantissimo, soprattutto se significava approfondire la conoscenza di certi "segreti".
Nel frattempo, uscì dalla vasca e tutta gocciolante si sedette, a gambe incrociate, a pochi centimetri dalle mie parti intime, con una mano tra le sue cosce a “svagarsi” con il clitoride.
Io, per mostrargli lo stato di quasi perfetta erezione, spinsi il bacino in avanti, e il cazzo svettò come un missile in rampa di lancio. Oltretutto, mi ero da poco depilato per bene le palle che – lisce e gonfie allo spasimo – lo fecero apparire ancora più grosso…
- “Wow, che bello!”, esclamò Giorgia rimanendo poi con la sua boccuccia mezza aperta.
Ma anch'io volevo la mia parte, e così le intimai gentilmente:
- "Leva quella mano, credo di meritare almeno di vedere le tue splendide tette!".
Infatti, già a quell'età la mia piccolina aveva delle mammelle che tutte le sue amichette le invidiavano, e che io faticavo a far sì che gli altri maschietti non vi si strusciassero sopra.
Giorgia, d’altronde, quasi se ne vergognava ma io invece andavo fiero di accompagnarmi a lei. In quella occasione, dovetti ossessionarla e non poco:
- "Dai, fammi assistere al tuo spettacolo… Le conosco meglio di chiunque altro, anche di mamma, e le adoro… Di cosa ti imbarazzi?".
Mia sorella, allora, cedette alle mie lusinghe e mi accontentò. Finalmente, avevo le due "gemelle" tutte per me, e per poco quella vista non mi fece sborrare senza preavviso.
Lei mi voleva troppo, e anch'io la volevo...
Si avvicinò, ma a pochi centimetri dal suo viso smisi di "giocare" con prepuzio e cappella e le annunciai con orgoglio:
- “Guarda qua, sta uscendo… E’ tutto per te!”.
Era la prima volta che mi vedeva venire con grossi schizzi che finirono per colpire le sue tette e il suo bel visino da bimba.
Da quel giorno, ogni giorno, il mio membro fu chiamato ad essere l’attore felice di altre nuove scoperte…
Giorgia, imparò a controllare la forza con cui mi masturbava e a farmi sborrare con le sue piccole manine, ed io ogni volta le donavo il profumo del mio seme che l'aveva fatta impazzire alla sola vista...
Poi, le insegnai a metterlo in bocca e a segarmi in quel modo, senza adoperare le mani, fino a farle provare a ingoiare la sborra appena fatta.
Ci leccavamo e succhiavamo a vicenda, usando sia le labbra che la lingua, ed io – ancora giovane – riuscivo a reggere ogni giorno una decina di sostanziose eiaculazioni.
Ma dopo quei primi mesi di sesso orale, il mio amore sentì di voler fare un salto di qualità, ma proprio sul più bello ecco che si presentò in lei una sorpresa...
3. … E il suo per me.
La "sorpresa", furono le sue prime mestruazioni. Ricordo benissimo, come fosse ieri, quel giorno che cambiò le nostre vite – si, le "nostre", perché anche se potrebbe sembrare un fenomeno privato di mia sorella, in realtà lo vivemmo insieme, fino alle soglie della menopausa –, e che come ogni altro evento importante che da allora in poi avrebbe punteggiato le nostre esistenze...
Quella mattina Giorgia non era venuta a scuola con me perché non si sentiva bene, e quando io ritornai a casa verso l'ora di pranzo mi corse incontro fin sulla porta – senza darmi nemmeno il tempo di chiederle come stesse – e mi trascinò letteralmente in bagno.
Mi accorsi subito che era emotivamente su di giri, mi strinse le braccia dietro la nuca e, in silenzio, voltandosi un istante, prese da sopra il lavandino qualcosa tra le mani: erano le sue mutandine sporche di sangue.
Le ripiegò per bene – ma lasciando in vista la “novità” – e mi urlò in faccia trionfante:
- "Marco, sono arrivate!".
Io inizialmente non capii, anzi mi preoccupai molto di quel sangue... Le chiesi:
- "Cucciolotta, ma che succede? Tutto questo sangue? Lo hai detto alla mamma?".
Lei, al contrario di me, era tranquillissima, e mi spiegò:
- "Sono le mestruazioni! Da oggi posso rimanere incinta...".
In quel momento credetti che mia sorella fosse impazzita, era follia pura soltanto pensarla una cosa del genere, anche se poi oggi avrei venduto l'anima per avere un figlio da lei…
Allora, rispose alla mia domanda:
- "Non lo sa nessuno, nemmeno la mamma... Solo io e te... E’ il nostro secondo segreto! Ricordi? Sei stato tu a cominciare a farmi donna, e tu dovrai completare l'opera! Sarai tu il mio uomo per sempre...".
E detto questo, mi prese le mani e in mezzo ci racchiuse quel perizoma che aveva visto compiersi il suo “miracolo”... Spiegandomi:
- "Sono tue, te le affido...".
Rimasi sbalordito e senza parole: se mi avesse regalato la cosa più preziosa di questo mondo non sarei stato così felice...
Le misi nello slip che indossavo, la baciai sfiorandole appena le labbra, e sottovoce le spiegai quel gesto:
- “Resteranno vicine a lui, finchè non potremo farlo incontrare liberamente con lei!”.
Probabilmente, fu proprio quello il momento in cui ci "scegliemmo" definitivamente, accogliendo quel bellissimo regalo della natura, forse un pò "scomodo" alcune volte, ma comunque sintomatico del suo essere diventata biologicamente femmina...
Passò circa una settimana prima che "festeggiassimo" quel nuovo status, come già detto nel primo racconto, percui non ci tornerò sopra.
Ma una cosa voglio perpetuarla assieme a voi...
Giorgia era consapevole di cosa significasse la verginità, non soltanto fisicamente, e non aveva mai voluto che nessuno la "toccasse". Nessuno tranne me. Ma quando arrivarono quelle perdite, iniziò a domandarmi con più insistenza di "farla mia"...
Ci pensai a lungo perché – benché l'amassi con tutto me stesso – anch’io ero spaventato delle conseguenze e sapevo bene che non saremmo più potuti tornare indietro, e alla fine fu lei a "prendermi".
Si sverginò impalandosi su di me, e quando il mio piacere invase la sua passerina, e colò fuori nonostante quel tappo artificiale, e lei si sollevò con un gran sospiro, io vidi il mio cazzo insanguinato.
Poiché non avevo subito danni, restai perplesso e la guardai...
Al che lei mi disse:
- "Scusa se l'ho fatto proprio ora che sono sporca... Ma non ho saputo resistere... Volevo che ti impadronissi di tutta me stessa... Prometto che non lo farò mai più...".
Non ricordo altre volte in cui – sentendosi colpevole – stette a testa bassa davanti a me... Tutto ciò che facevamo era sempre ben ponderato che non ce ne fu mai bisogno, ma passata l'eccitazione e l'ebbrezza di quella "prima volta", la mia cucciola che era diventata donna si sentì smarrita...
Riprese:
- "Mi vergogno come una ladra, non so cosa mi ha preso, e sapevo bene che era il mio momento-no...".
Intanto io cominciavo a riprendermi, e afferrandola dolcemente per i fianchi le baciai con una passione travolgente l’addome per un tempo infinito che non saprei quantificare.
Poi l'abbracciai forte forte e le ricordai la nostra storia:
- "Giorgia, non c'è nulla di cui ti debba vergognare, nulla di sbagliato... Per tutto questo tempo, io non ho avuto il coraggio di prendere l'iniziativa, tu si... Sono orgoglioso di te, perché hai voluto condividere con me una cosa talmente intima che nessun'altra donna avrebbe mai mostrato...".
Cercai il modo di dimostrarle che avevo tutta l'intenzione di prendermi cura di lei, per il presente e per il futuro, e improvvisamente mi venne l'idea: la feci alzare, mi tolsi da seduto sul copriwater e vi feci sedere lei, e infine cominciai a leccare tutto quel miscuglio di sperma, umori, sangue mestruale e della deflorazione che aveva tra le gambe, fino a ripulirla...
Avrei voluto fare di più, ma riuscii soltanto a dirle:
- "Ora siamo perfettamente sangue del nostro sangue!".
La abbracciai ancora, e lei mi carezzò il capo, e come per incanto quella vergogna sparì.
Ci tuffammo insieme nella vasca, per un bagno ristoratore, e poi di corsa nella nostra camera dove – al termine di quella lunga giornata – ci addormentammo.
4. La vita è bella.
Per me e per Giorgia, il sesso come "gioco" stava diventando qualcosa di necessario, fisiologicamente indispensabile il battito del cuore, come respirare, mangiare e relazionarsi con gli altri...
Stava trasformando le nostre giornate in maniera strepitosa, quasi fosse una vizio da cui non riuscivamo più a stare lontani, di cui non potevamo più fare a meno, e la cui astinenza ci rendeva irrequieti...
Vivevamo quei momenti di curiosa semplicità come fossero "riti" di una religione, una medicina, o meglio ancora una cura per le situazioni più complicate.
Addestrarci a stare l'uno nel corpo dell'altra era stato facile, e ogni momento e ogni posto era buono per dare libero sfogo alla nostra sessualità così ribelle: nella nostra stanza, ovviamente, ma anche sul lettone dei nostri genitori, nello sgabuzzino delle scope o a scuola, all'oratorio o nelle docce della palestra... L'elenco sarebbe talmente lungo che completarlo in maniera esaustiva è praticamente impossibile...
Inoltre, la fichetta di Giorgia non aveva più segreti per me, e il mio pisello aveva definitivamente sostituito il suo orsacchiotto.
Per di più, a quei tempi l'educazione sessuale a scuola era ancora di là da venire, ma noi avevamo fatto abbastanza esperienza per poter a buon diritto dare lezione pure ai ragazzi più grandi.
Insieme, ci formammo e informammo sull'uso della pillola e del preservativo, fin tanto che Giorgia un giorno mi propose di accompagnarla dal medico di famiglia per la sua prima "visita ginecologica" o qualcosa di preparatorio, e affinché poi lui le potesse indicare un ginecologo.
Non volevo dirle di no, ma mi fece sentire in imbarazzo, anche se fui onorato che mia sorella avesse scelto proprio me per questo “incarico”... Nonostante conoscessi alla perfezione il suo corpo, temetti che il medico potesse farle e farmi domande un pò "personali", e che alla fine uscisse fuori la nostra relazione incestuosa e che ne parlasse con i nostri genitori...
La interrogai:
- "Ma sei proprio sicura? E se poi quello lo dice a mamma e papà?".
- "Non ti preoccupare, e fidati di me", fu la sua lapidaria risposta, e mi strizzò il suo occhio furbetto...
Andammo dunque allo studio del medico, e in sala d'attesa mi sentii osservato e squadrato, come se mi stessero identificando come un papà premuroso che accompagnava la sua bambina.
Era meglio così, perché se avessero saputo che eravamo una coppia chissà che sarebbe successo...
Comunque, quando fu il nostro turno ed entrammo, il dottore ci guardò incuriosito proprio per il motivo che era alla base del mio timore.
Iniziò a prestare attenzione ad ogni parola di Giorgia e – sapendo del nostro affiatamento – non mi chiese assolutamente di aspettare in sala d’attesa, anzi calcò la mano e le chiese, professionale ma guardandola fissa negli occhi:
- "Giorgia, dimmi un po’… Vai a letto con il tuo ragazzo?".
Io rabbrividii, ma mia sorella – girandosi verso di me con fierezza, quasi a ricordarmi che il suo "ragazzo" ero io – replicò, netta e senza imbarazzo:
- "Certo!".
Al che, lui la pressò:
- "E con altri?".
La mia piccola porcelletta aveva gli occhi che le scintillavano come avesse aspettato quella domanda, percui rispose ancora una volta, sicura ma risentita:
- "No! Siamo una coppia fedele e innanorata!".
A quel punto, il medico decise di visitarla... Questa volta, mi chiese gentilmente di uscire, ma Giorgia fu ostinata, e gli manifestò il nostro profondo legame di fratelli, senza però aggiungere quei dettagli che nessuno ancora sapeva.
Io e il dottore ci scambiammo un cenno di consenso, ed io mi sedetti di nuovo sulla poltroncina, mentre il sanitario visitava mia sorella, rimasta nuda come un bellissimo pesciolino...
Per la prima volta – mi trovai a pensare –, un altro maschio stava posando le mani su quel corpo che aveva conosciuto solo me.
Non sapevo se esserne eccitato o geloso, ma sapevo comunque che lei era mia, anima e corpo, per suo esplicito volere...
Terminata la visita, il medico – che, chissà, da uomo fatto aveva fiutato qualcosa – le consigliò di fare sempre uso della pillola e le fece la prescrizione, e Giorgia, per non lasciare nulla nel vago, gli raccomandò di non dire nulla ai nostri genitori.
Quella visita non sarebbe rimasta l'unica a cui io avrei partecipato (si veda il racconto "Io e mia sorella - Dal ginecologo"), e quando uscimmo dallo studio lei si fermò un attimo sotto al portone pensierosa, stracciò con rabbia la ricetta, mi mise la mano sul pacco e mi disse:
- "Tra di noi, non voglio che ci sia nulla, ne di chimico, né di meccanico... Stiamo troppo bene così, vero?".
Lì per lì, ero troppo emozionato per risponderle, ma la presi per mano e ce ne tornammo a casa contenti che piano piano la nostra relazione stava sbocciando alla luce del sole, anche per chi non voleva e non poteva crederci...
5. Lo scandalo e la rinascita.
Ormai, ci era diventata normale routine scopare, con o senza venuta dentro, a seconda dei suoi periodi fertili.
Ma un giorno, mentre eravamo in uno stato di grazia – irrimediabilmente nudi perché solo così ci sentivamo bene – con Giorgia a cavallo che saltava all'impazzata sul mio pene, massacrandomi le palle, e che cercava di farmi scendere più a fondo possibile, udimmo un urlo che di umano aveva veramente ben poco...
In quel momento di frenetico, infinito piacere, infatti, non ci eravamo accorti minimamente che papà e mamma erano venuti a cercarci, e stavano – impietriti – sull'uscio.
E mentre mamma piangeva disperata – forse al solo pensiero dello scandalo, se fosse trapelato qualcosa al di fuori delle mura domestiche – papà era rimasto sgomento dalla scena che si era manifestata ai suoi occhi.
Per contro, noi due ci eravamo raggomitolati l'uno contro l'altra, non per vergogna ma fieri e orgogliosi.
Tutto, quel giorno, stava cambiando per sempre, ma quella situazione così "peccaminosa" ci sembrava assolutamente naturale, una sensazione mai provata, di adrenalina pura...
In poche parole, fu una tragedia terribile, con mamma che – ripresasi – cominciò ad insultare mia sorella:
- "Tu sei tutta matta... Non cambierai mai... Puttanella! Cosa credi, che non mi sono accorta delle porcherie che fate quando vi chiudete in bagno o in camera vostra? Finalmente vi ho beccati, zozzoni che non siete altro...".
Giorgia, allora, per tutta risposta, la guardò con uno sguardo di sfida, mi tornò sopra e mi gridò, con gli occhi sbarrati come sotto l'effetto di qualche allucinogeno:
- "Marco, dai, facciamogli vedere, fammi sentire il tuo cazzo che mi spacca la micetta, come solo tu sai fare!".
Da sotto, intanto, io le davo delle spinte uguali e contrarie alle sue, dei colpi di reni che la scuotevano e le facevano sobbalzare stupendamente le sue tettone, e dopo una decina di minuti buoni le sborrai dentro alla presenza dei nostri “vecchi”...
Lei inarcò la schiena, e quindi – stendendosi supina sulle mie ginocchia e assumendo la posizione della farfalla – continuammo a godere come matti.
Passarono altri pochi istanti, e mentre io ancora le stavo sborrando nella vagina, lei ebbe il suo primo orgasmo "pubblico", devastante...
Mamma urlò di nuovo, un grido straziante, un misto di pianto e rabbia, ma questa volta fui io il suo obiettivo.
Mi accusò, puntandomi un dito contro:
- "È tutta colpa tua, tu l'hai traviata... La tua sorellina piccola, lei non sa cosa fa... Ma tu... Sei un porco, solo un porco... Un depravato!".
Al sentir pronunciare quelle parole al mio indirizzo, Giorgia – infuriata e con la bava alla bocca – le rispose:
- "Non ti azzardare a dire quelle cose a mio fratello, capito?? Sono stata io ad essermelo preso, a volerlo come mio uomo!".
Le due femmine – madre e figlia – quasi vennero alle mani, e toccò stavolta a mio padre dividerle...
Da quel giorno, per noi fu davvero pesante vivere guardati a vista: dovevamo stare attenti a come ci muovevamo, agli sguardi che ci rivolgevano... Ma non rinunciammo a baciarci ogni volta che ne sentivamo il bisogno, per consolarci a vicenda.
C'era da impazzire, e infatti una sera la trovai in camera che piangeva...
Fu come un pugno nello stomaco vederla in quelle condizioni; mi fece una tenerezza infinita, tanto che – fregandomene di quello che avrebbero potuto dire i nostri genitori – la abbracciai con trasporto, per proteggerla, sussurrandole guancia a guancia:
- "Sei bellissima... Lo so che è dura così, ma dobbiamo resistere e rinnovare ogni giorno il nostro amore grandissimo... Vedrai che si stancheranno prima loro...".
La baciai anche sulle labbra, e finalmente la mia sorellina smise di piangere.
Cominciammo a fare l'amore, e infine ci addormentammo nello stesso letto...
Lo facemmo e rifacemmo anche il giorno dopo, e ogni volta che ci sentivano giù: era quella la nostra infallibile “medicina”.
Nonostante tutti gli ostacoli, di fatto vivevamo come una coppia vera, anche perché i nostri sentimenti si erano ben consolidati ed erano inattaccabili.
Così, pure quando finimmo per essere separati, con Giorgia che fu messa in collegio per "raddrizzarla" (questa era l'espressione usata in casa), io – di nascosto – la andavo a trovare, e ci inventavamo lo stesso il modo per "divertirci"...
6. Per caso, un "tesoro".
Infine, visto che era una partita persa, i nostri familiari ci restituirono l'uno all'altra, con la promessa che saremmo tornati ad essere come tutti i ragazzi della nostra età...
Ma il nostro legame non era come quello degli altri fratelli e sorelle, e infatti passò appena un anno che ci ritrovammo a sperimentare qualcosa di diverso e certamente di “non convenzionale”...
All'epoca non avevamo un pc in casa – quella era roba da ricchi – e quindi per noi il sesso virtuale che si stava sviluppando non esisteva proprio, anche perché trovavamo più appagante "giocare" dal vivo, e non capivamo come (ad esempio) i nostri cugini potessero sentirsi grandi perché passavano le ore a vedere certi film...
Per noi, era inconcepibile, era un pò come andare allo zoo a spiare la vita degli animali dietro le sbarre senza “vivere” la propria...
Un giorno, però, Giorgia (che nonostante fosse la più piccola dei due era comunque la più sveglia) trovò per strada una rivista pornografica...
Incuriosita, la nascose tra i libri di scuola, e poi a casa la ripose in un cassetto – per non farla scoprire da nostra madre – che chiudeva sempre a chiave, come un preziosissimo “tesoro”.
Quando poi anch'io tornai a casa, mi prese per un braccio e mi portò di filato in camera. Chiuse la porta, ed ecco che come d'incanto la sua conquista balzò fuori!
Ci guardammo, e – di fronte al mio sguardo interrogativo – lei mi disse:
- "L'ho trovata vicino all'edicola... Ho pensato che poteva esserci utile... Che dici?".
Allora io le risposi, beffardo:
- "La mamma direbbe che ne sappiamo già abbastanza, ma secondi me c'è sempre qualcosa da imparare... Tu, l'hai già vista?".
Sapevo già la risposta, sapevo che non avrebbe fatto nulla senza di me, ma a noi piaceva dircelo ogni volta...
Difatti, mia sorella si affrettò a giurare:
- "Certo che no!, Ti ho aspettato apposta... Dai, la vogliamo vedere?".
Pagina dopo pagina, la sfogliammo fianco a fianco, tutta d'un fiato, ma alla fine ci fu qualcosa che incuriosì particolarmente entrambi: un uomo, era entrato dentro una donna, ma non come eravamo abituati a fare noi, ma... nel sedere!
Alla mia piccoletta venne da ridere, e per un pò lasciammo quella rivista nel suo "nascondiglio", ma cercammo comunque di capire meglio come “funzionasse” quel tipo di penetrazione...
Noi, che eravamo gli "insegnanti" dei nostri compagni e dei nostri amici, all'improvviso ci sentivamo degli autentici analfabeti sessuali!
E così decidemmo di "sperimentare"...
7. Da "analfabeti sessuali" ad autodidatti.
E finalmente giunse inaspettato il momento di servirci del nostro tesoro segreto...
Una domenica pomeriggio, senza alcun preavviso, i nostri genitori dovettero recarsi in visita ai nonni, e siccome era parecchio tempo che non davamo loro (almeno apparentemente) preoccupazioni, mentre si stavano ancora preparando mi chiamarono nella loro camera e mi dissero:
- Marco, staremo fuori tutto il pomeriggio... Vogliamo fidarci, ma mi raccomando non fateci pentire... E tu, che sei più grande, comportati da responsabile... Bada a tua sorella…".
Feci di tutto per rassicurarli, anche se il mio cuore già esultava, poiché io e Giorgia avevamo bisogno, da troppo tempo, di stare da soli.
Ci lasciarono dunque casa libera, anche se in realtà a noi sarebbe bastata la sola nostra stanzetta.
E infatti, lì ci ritirammo a "studiare"... ma questa volta non commettemmo imprudenze, e chiudemmo a chiave la porta.
Come sempre accadeva quando “facevamo coccole", unimmo i nostri lettini e cominciammo a spogliarci reciprocamente...
Ogni volta, quell’atto era un'emozione sempre grande e sempre nuova... La carnagione lattea di mia sorella faceva da contrasto con la sua bella chioma corvina, e il suo fisico robusto mi mandava in visibilio...
Ancora oggi non riesco a rinunciare alle sue curve, a sentirle – morbide sotto le mie mani – ondeggiare, sensuali, come una marea inesauribile.
Ogni volta mi tremavano le mani nell'accogliere il suo ventre che cominciava ad essere quello di una donna fatta; il pelo che cresceva fino a giungere a coprire tutto il monte di venere, le labbra sempre umide e vibranti, il grilletto che sembrava un piccolo cazzo...
Mi chinai, con gli occhi lucidi di commozione, a baciarle i seni turgidi, poi le sfiorai la fronte con la mia bocca, e le sussurrai:
- "È incredibile come tu possa essere sempre più desiderabile, ogni volta che ci fondiamo in un unico essere!".
E lei, già abbandonata sulla schiena, ebbra di felicità mi rispose:
- "Sei tu che mi fai sentire una vera femmina... Non smettere mai di far sì che io possa essere sempre ciò che tu desideri da me...".
Ormai ci trovavamo così come eravamo venuti al mondo, nudi e semplici, e mentre io immaginavo di possederla per via canonica, mia sorella mi mise le mani sul petto, quasi a volermi respingere...
Giorgia è una donna intelligentissima, e anche allora me lo dimostrò intimandomi:
- "Marco, prendi la rivista dal cassetto!".
Mi indicò il comodino che era dalla sua parte, e allora mi ricordai di quel giornaletto e di come l'avessimo messa da parte per farne uno strumento da cui imparare quella strana, nuova "posizione".
Allora, lo presi e lo aprimmo per bene, osservando nel dettaglio scena dopo scena, e nel mentre la mia metà osservava:
- "Guarda, guarda... Chissà se riusciremo a farlo... Speriamo che riesca a darti questa gioia...".
Cominciammo ripetendo "a mente" quei movimenti, e poi Giorgia si accinse a farmi un bel pompino, "arte" nella quale eccelleva nonostante la giovane età...
Nel mentre che stava lavorandomi il cazzo, si fermò un istante, e triste mi chiese:
- "Fratellino, ma tu pensi che sono abbastanza brava a pomparti?".
Tutte le volte che la mia cucciola mi segava, io andavo in paradiso, perciò cosa potevo dirle? La guardai come se mi avesse chiesto la cosa più strana che potesse domandarmi...
Aveva il mio cazzo in mano, con la destra teneva fermo il membro stringendo i testicoli alla base, mentre con l'altra mano mi stantuffava coprendo e scoprendo la cappella.
Le ribattei:
- "Tesoro, io ho solo te che mi fai queste cose, ma sono certo che nessun'altra potrebbe fare di meglio... Se sei la migliore, e tu sei la migliore, perché ti metti nella tua testolina queste strane idee?".
Riprese l’opera, ed era davvero dura resistere al lavoro di mia sorella… Mi impegnai a fondo, perchè volevo davvero godere della sua bocca il più a lungo possibile...
Quando il mio cazzo fu bello tosto, quasi sul punto di non ritorno, Giorgia lo scappellò del tutto, per bene, dando ancora qualche lieve colpo sulla punta e sul filetto.
Poi, si abbandonò ame, allargando le gambe proprio come faceva quando la dovevo scopare in fica, si aprì le chiappe come si fa quando si spacca una mela, e finalmente io mi potei approssimare al suo buchino stretto da dove esce la cacca, e che fino a quel momento non aveva avuto altri scopi ne tantomeno “ospiti”.
Dando ancora un rapido sguardo alla rivista, mi incoraggiò a provare:
- "Su, dai un bel colpo... Ci vuole forza e pazienza, come quando abbiamo aperto la fica...".
Sapevo che se avessi fatto come mi stava chiedendo le avrei fatto molto male, perciò ci misi molta attenzione e delicatezza:
- “Piccola, il culetto non è come la fica, non si lubrifica da solo, dobbiamo andarci con calma!”.
Cercai di bagnarlo con le prime gocce di sperma, spingemmo ognuno nella direzione opposta, ma nonostante il reciproco impegno non ci fu niente da fare...
La delusione stava crescendo, e così Giorgia se ne uscì:
- "Come siamo complicate, noi donne!".
Ma io, che ero sempre stato pronto ad consolarla e a minimizzare i suoi insuccessi, protestai:
- "Macché complicate... Siete le creature più belle che il Padre Eterno ci ha mandato! E tu, sei la prima di tutte...".
Non riuscii a trovare altre parole, ma credo che quelle bastarono a risollevarle il morale, tanto che mi abbracciò forte, e lì io capii che il suo entusiasmo non si era spento...
Mi disse:
- “Ci riproveremo mille e mille volte, finchè tu non sarai dentro di me e mi prenderai definitivamente!”.
Dato che io ero ancora a cazzo dritto, decidemmo di non sprecare la mia erezione e ripiegammo su una scopata più tradizionale, ma non meno entusiasmante…
8. Primi passi avanti.
I nonni erano anziani, e quindi i nostri genitori avevano preso l’abitudine di recarsi a trovarli tutte le volte che potevano…
Quella settimana, la visita si tenne un sabato pomeriggio, ma nel frattempo noi avevamo occupato i giorni che precedettero per raccogliere quante più informazioni utili a realizzare il nostro sogno.
Pensammo, addirittura, di ricorrere a un equivoco uomo maturo noto nella nostra zona per queste cose, e che – forse per farsi bello con noi giovani – si vantava spesso di "inculare" le ragazzine.
Qualche volta ci era capitato anche di scambiarci qualche parola, e lui non aveva mai perso occasione per fare a Giorgia apprezzamenti al limite del pudore…
Perciò, eravamo titubanti, per paura che quel porco – un fannullone che aveva allora superato da un pezzo i 50 anni – anziché darci le giuste “dritte”, saputo che la mia sorellina era ancora integra lì dietro, la sverginasse lui analmente.
Ma un giorno Giorgia si era quasi convinta, e una sera a letto mi chiese, a voce bassa e timorosa che mi arrabbiassi:
- “Marcolino, ma perché non ci decidiamo e domandiamo aiuto al signor Gregorio?”.
Mi voltai di scatto, e alzando la voce – con il rischio di farci sentire da mamma e papà – quasi le urlai:
- “Eehh? Sei diventata davvero tutta matta? Quello è un maiale bavoso, ti romperebbe tutta e ti farebbe un gran male… Altro che consigli! Non vuoi che sia io a entrare per primo lì dentro?”.
Non avrei mai accettato che un altro maschio entrasse prima di me nell’ano di Giorgia (a quei tempi, pensavo che ne prima ne dopo dovevano penetrarla altri…), e così indugiammo fino a che un nuovo giornalino – sempre trovato da Giorgia nei pressi della medesima edicola – non ci aprì definitivamente nuovi orizzonti.
Come se chi lo aveva gettato sapesse cosa stessimo cercando in quel momento, trovammo lì dentro un articolo in cui era raffigurata tutta la procedura nei minimi dettagli, i rischi e le cautele da usare, e quali erano le posizioni migliori.
Così, attendendo il sabato pomeriggio, mia sorella si incaricò di procurare tutto ciò che ci sarebbe stato d’aiuto e che riuscì a reperire in casa: olio d’oliva, burro e bianco dell’uovo… Ovviamente, poi avrei usato abbondantemente anche la mia saliva…
Quando fummo al dunque, cominciai come al solito a prendermi cura delle curve della mia porcellina, chinandomi a baciarla ovunque, soprattutto dove da un po’ di tempo avevamo fissato la nostra attenzione più grande.
Giorgia si mise a quattro zampe come una cagnetta, ed io mi coccolai quel suo culone, usando la bocca, la lingua e anche le mani, addentrandomi sempre più nel suo “campo” nascosto, per un viaggio mai compiuto prima.
La sentii che si stava lasciando andare, e le dissi:
- “Bravissima piccola, rilassati e vedrai che stavolta ne usciremo vincitori…”.
Fummo entrambi molto cauti… Sì, dico “fummo” perché al contrario di quanto si possa pensare che sia solo l’uomo ad agire, noi volevamo appunto condividere anche quell’azione…
Poi, mi feci colare un bel pò di saliva nella conca della mano destra, e gliela lasciai gocciolare sul rosone del suo buchetto, e da lì sulla mia cappella... Eravamo pronti, e lei mi chiamò:
- “Vogliamo provare?”.
Presi il dito indice, e – con il recondito timore di farle male che non mi abbandonava – lo immersi in una boccettina d’olio, per poi introdurlo fino alla prima falange dove Giorgia lo stava aspettando.
Vidi lo sfintere contrarsi e quasi “soffocare” l’intruso, ma poi ci si abituò e lo lasciò passare…
L’unguento stava facendo il suo effetto, e il mio dito ora scorreva che era una bellezza nel retto della mia sorellina.
Così, lei mi chiese di osare di più, e di metterne dentro un altro… All’indice accostai anche il medio, e questa volta strofinai le due dita sul panetto di burro che cominciava a sciogliersi.
Li introdussi tutti e due insieme, e proprio in quel momento Giorgia cacciò un grido di godimento:
- “Oh, si, Marco… E’ bellissimo, non ti fermare, dobbiamo ancora aprire la strada… fino alla meta!”.
Per fortuna che eravamo soli, perché quelle urla erano così forti da rintronare me che ero alle sue spalle, figuriamoci i vicini…
Tutto stava procedendo per il meglio, ed ero sicuro che quella sarebbe stata la volta buona, e il cerchio delle nostre "esperienze" si sarebbe finalmente chiuso...
Ma, all'improvviso, sentimmo il rumore di un motore che si smorzava. Poi, delle voci: erano quelle di mamma e papà che erano tornati...
Ma quanto tempo era passato? Forse due, o tre ore, fatto sta che dovemmo risistemare tutto in fretta e furia, riaprire la porta della nostra stanza che avevamo chiusa a chiave, e renderci presentabili, magari facendoci trovare in sala a guardare la TV...
E dire che sarebbe bastato ancora poco e sarei riuscito a violare quella barriera così resistente...
Comunque sia, ormai la strada era segnata... L'avevo posseduta davanti, e adesso la stavo per possedere anche di dietro!
Prima di dormire, quella sera ci confrontammo sulle sensazioni che avevamo provato in quei momenti, ed entrambi convenimmo che il più era fatto... Dovevamo solo aspettare altri otto giorni!
Intanto, ogni giorno, ci ritagliavamo un po’ di tempo per infilare un dito in quel buchino, al fine di mantenerlo in esercizio e non vanificare tutti i nostri sforzi...
9. Sverginata anale.
Ed ecco che arrivò la domenica… Ormai eravamo abbastanza “addestrati”, e le due dita entravano facilmente dallo sfintere.
Giorgia, la sera prima, sentiva che quello che si stava avvicinando sarebbe stato il “gran giorno”… e mi disse:
- "Marco, fin da piccola tu sei sempre stato il mio mito, per questo ho voluto regalarti la cosa più preziosa... Ora, voglio che tu mi senti mia in tutto... Domani, a qualunque costo, mi devi rompere il culo...".
Quelle parole mi crearono dentro un pò di scompiglio: non mi piaceva pensare a una cosa traumatica che sconvolgesse mia sorella, una cosa" da bestie", ma sapevo che entrare da quella "porta" avrebbe fatto fare il necessario salto di qualità al nostro rapporto… Biologicamente fratelli, saremmo diventati per sempre “sposi” dei nostri corpi e delle nostre anime.
Così il pomeriggio, quel pomeriggio, la mia "sbrodolina" (la chiamavo in tal modo perché quando anche solo me lo ciucciava si bagnava incredibilmente sotto) mi regalò un pompino da vera donna...
Lei, amava fare i pompini, e si eccitava nel vedermi andare in estasi mentre me lo lavorava di bocca,e sentire che ero completamente nelle sue mani, ascoltare il mio respiro sempre più affannoso, la faceva impazzire...
Davanti a me, impertinente, in pochi secondi mi venne il pisello durissimo, e Giorgia si mise a “giocare” con esso, leccandomi bene l’asta e poi prendendoselo tutto in bocca.
La cappella mi parve voler esplodere sotto le “sberle” insistenti della sua lingua e il "morso" delle sue labbra, che si muovevano lentamente su e giù mentre con le due mani mi stringeva le palle.
Mi resi conto quanto avesse voglia di sentirsi riempire la bocca di sborra, e infatti la porcella iniziò ad aumentare il ritmo, poppando – come fosse un biberon – con più vigore…
Allora, la calmai dicendole:
- "Bimba mia, non fare la golosona, non è questo il momento... Ora, lui deve rimanere bello duro... Non lo vuoi dentro?".
Mi rispose:
- "Ah, hai ragione, scusa..."
Si voltò dandomi le spalle e si accucciò davanti a me, e allargandosi il suo sederino mi pregò di usare il mio “dito” più grosso:
- "Su, andiamo... Stai tranquillo... Ti ho aspettato per così tanto tempo...".
Era la prima volta per entrambi, tremavamo dall’eccitazione e dalla paura che qualcosa andasse storto, paura di quel qualcosa di cui non avevamo il pieno controllo, e così mi raccomandai:
- "Se ti fa troppo male, dimmelo subito, che mi fermo!".
Da quel momento, non ebbi più alcun timore, e spinsi progressivamente senza più fermarmi.
Sentii il suo buchetto dilatarsi con un calore e un dolore che si mescolavano, ormai indistinti, sulla mia cappella.
Quando poi il glande si trovò a passare l'ingresso nel punto della massima circonferenza, mia sorella restò senza respiro, ed agguantando stretto un bordo della coperta se la strinse tra i denti per non farsi sentire mentre urlava come un capretto che veniva scannato...
Nonostante le mie promesse, l'adrenalina che stavo sviluppando fece sì che non ascoltai più le sue grida, e infine riuscii ad esserle dentro fino in fondo.
Restammo così, la mia erezione non mi abbandonò subito, e io – per ringraziarla – le succhiai il lobo dell'orecchio sinistro...
Ci baciammo e abbracciamo come teneri amanti: finalmente, avevamo raggiunto il nostro ultimo obiettivo!
10. Il piacere, la paura e la cacciata.
Settimana dopo settimana imparammo che il sesso anale poteva essere più appagante di quello vaginale; lo praticavamo con tale costanza che diventammo sempre più “esperti”, finchè un giorno accadde qualcosa di inaspettato.
Quella volta, volevamo stare più comodi, ci sentivamo grandi, e cosi ci decidemmo a prenderci il lettone dei nostri genitori.
I giornaletti erano diventati per noi un po’ come un manuale, come la Bibbia, e a un certo punto Giorgia – prendendone in mano uno – mi disse, perentoria:
- “Marco, perché oggi non proviamo a smorza candela?”.
Era una domanda, ma detta in un modo che, anche se avessi voluto, non avrei potuto certo rifiutarmi…
Le risposi:
- "Ma... Nel culo??".
- "Certoooo... Dove se no?", mi replicò con il suo disarmante sorriso.
Mi prese per le spalle e mi fece sdraiare pancia in su, con il cazzo in alzabandiera che puntava dritto al soffitto. Accarezzò il mio basso ventre, giocherellando con i riccioli del mio pelo pubico, e mi si sedette sullo stomaco, faccia a faccia.
Quindi, si sollevò quel tanto che bastava facendo forza sui suoi meravigliosi piedini, si allargò le natiche per bene, e scese fino a trovare la punta della mia cappella.
La vidi socchiudere gli occhi come in uno stato di infinito piacere e muovere il bacino, di modo che il glande andava a solleticarle lo sfintere, con movimenti circolari e ripetuti.
E roteando intorno al suo buchino, scese lentamente ad avvitarsi – come una spirale – sul cazzo...
Infine, si impalò lei stessa su di me, fino a sentire le palle schiacciate dal suo sedere.
Prese poi a muoversi in un sublime saliscendi, prima lento e poi sempre più veloce, e mi fece con il suo retto uno smorzacandela da fantascenza…
- "Dio, Giorgia, dove hai imparato a farlo?".
Non avevo mai goduto così tanto, e difatti – nel giro di pochi minuti – eiaculai dentro il suo intestino, nel mentre che lei ebbe la squirtata più violenta della sua vita, tale da saltar su e sfilarsi il membro dal retto...
Eravamo fuori di testa, e sarebbe potuta andare a fuoco la casa che noi non ci saremmo accorti di nulla… Così come non ci accorgemmo che, all’improvviso, ben prima del previsto, erano tornati a casa i nostri genitori...
Non avevamo nemmeno chiuso la porta, e così nostra madre udì distintamente i gemiti inconfondibili di mia sorella, corse verso la sua stanza, ed ebbe un brivido lungo la schiena...
Si arrestò – come fulminata – sul ciglio, mettendosi tutte e due le mani sulla bocca per non urlare, sgomenta…
Poi, come una furia, si precipitò verso il suo talamo nuziale che avevamo "profanato", mi trovò ancora conficcato dentro Giorgia, e si mise ad urlare:
- "Voi non siete normali... Anche sesso anale ora, e sul mio letto! Siete due debosciati...".
Richiamato dalle grida disperate, accorse pure nostro padre, ma la mamma continuò:
- "Marco, cosa hai fatto... Hai... Hai rotto lo sfintere alla mia piccola...".
Ma la sua "piccola" era ormai femmina, e per tutta risposta si voltò con il culo ancora aperto verso la madre e le disse:
- "Manna, ma che dici? Ogni donna dovrebbe farlo... Non dirmi che papà non ti ha mai inculata... Impara a godere! È stato fantastico, e lui è stato un amore... Il mio amore!".
A quel punto, successe la fine del mondo... Stavolta papà non rimase più a guardare, e quello "spettacolo" che avevamo dato ad entrambi fu per noi l’inizio della fine...
Papà ci afferrò per un braccio e ci trascinò, nudi com'eravamo, fino alla cuccia del cane che avevamo in guardino, e ci urlò:
- "Maledetti... Io non ho più dei figli, ma delle bestie, e come tali passerete la notte...".
Ci lasciò lì, e noi – invece che rattristarci – ci guardammo e poi scoppiammo a ridere per quella buffa cosa che ci stava capitando...
La mattina dopo, ci venne a riprendere e ci riportò in casa. Pensavamo che tutto si sarebbe risolto con una solenne ramanzina, come sempre, ma stavolta ci sbagliavamo... Ci fece vestire, e poi ci aspettò in salotto con la mamma, che aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto. Ci disse, duro come non era mai stato:
- "Siete dei maiali... Tu, Marco, hai deflorato tua sorella, una cosa mai vista... E tu, puttanella, ti sei fatta rompere il culo, e a quanto ho sentito ti è pure piaciuto... Abbiamo provato di tutto per educarvi come dei bravi ragazzi, ma evidentemente siete malati dentro... Quindi, non c'è più posto per voi in questa casa, non vi permetterò di essere la nostra vergogna!".
In poche parole, ci misero alla porta, su due piedi...
Ci ritrovammo soli, senza nulla, ma con la ricchezza delle nostre vite, donate reciprocamente e definitivamente l'una all'altra.
All'inizio fu dura, Giorgia andava ancora a scuola e io avevo cominciato da poco a lavorare, ma ci sistemammo in un monolocale che fu per un pò la nostra "tana"...
Là dentro, nudi come eravamo venuti al mondo, non provavamo alcuna vergogna, ma anzi cominciammo a sentire veramente il senso della nostra natura più profonda.
Ed ebbe inizio quella parte di vita che dura ancora oggi...
FINE.