«Il prossimo articolo è un giovane uomo. Si chiama Leo. 20 anni. 1.80 m per 79 kg. Fisico atletico. Ottimo per lavori pesanti. Prezzo di partenza 4 pezzi d’oro.».
Un colpo di martello diede inizio all’asta che avrebbe segnato il mio destino da schiavo. Quattro pezzi d’oro. Questo era il mio valore. Ero costoso per uno schiavo. Sicuramente sarei finito nella mani di qualche nobile, gli unici a potersi permettere di pagare uno schiavo in oro.
Le offerte si superavano di continuo. Era iniziata una vera e propria battaglia al rialzo per accaparrarsi il pezzo forte dell’asta di quel giorno. In lontananza nella sala vedevo chiaramente gli altri eroi che erano venuti a controllare che la mia punizione venisse compiuta e in fianco a loro Arianna con il suo nuovo marito. Vedere lo sguardo lucido che faticava a trattenere le lacrime della donna che amavo mi provocò un male nell’animo che non avevo mai provato prima. In cuor mio mi ripetevo che avrei fatto di tutto per riconquistarla e che ormai non ero più l’eroe della storia. Se volevo riaverla, dovevo diventare il cattivo. Lo sguardo compiaciuto e il ghigno di vittoria sulla faccia del suo nuovo marito mi facevano montare un odio mai provato prima. Avrei voluto saltare giù dal palco dove ero esibito e strappargli gli occhi.
«Venduto! Per 45 pezzi d’oro a Lord MadGrave.».
Fui trascinato via con la forza dal palco. Le catene che mi imprigionavano erano pesanti e strisciavano sul palco di legno dove veniva esibita la merce. Diedi un ultimo sguardo al volto di Arianna che orami non riusciva più a trattenere le lacrime. Scorsi un “Ti amo” sulle sue labbra e poi più niente. Mi avevano incappucciato. Mi caricarono sul carro del nobile che sarebbe diventato il mio padrone.
Mentre venivo trasportato verso quella che sarebbe diventata la mia prigione ripensavo a come ero finito in questo mondo magico e crudele. Come gli altri eroi ero stato evocato dagli incantatori del regno di Makeri e in qualità di eroe avevo ottenuto un potere magico chiamato “Controllo”. Un potere ritenuto alquanto inutile in quanto impossibile da usare se altri incantatori non lanciavano prima i loro incantesimi. Venni quindi allenato come un normale cavaliere e sviluppai un’ottima tecnica nell’arte della spada, della lancia e del tiro con l’arco. Ero diventato ben presto uno dei migliori cavalieri del regno. Con la principessa, ottima maga, allenavo in segreto il mio talento di Controllo. Fu proprio durante questi nostri allenamenti che ci innamorammo. Poi la storia sapete come è andata…
La tenuta dei MadGrave era molto lontano dalla capitale del regno, quasi ai confini con il regno alleato di Lestia. Il duca di MadGrave era il signore feudatario della regione affidatagli dal re in persona. Fin da giovane era stato una testa calda e affamato di potere. Aveva più volte complottato in segreto per rovesciare il trono, ma, quando il re aveva affidato al suo comando la regione più ricca del regno, la sua irrequietezza politica si era notevolmente placata ed era diventato uno dei maggiori sostenitori del re tra l’aristocrazia. Il duca era un uomo sui sessan’anni. Grasso e calvo. Vantava di essere stato un provetto spadaccino, ma l’impressione che dava a vederlo era quella di uno che era un abile oratore e un contastorie. Aveva una moglie di una decina d’anni in meno che, seppur non di notevole bellezza, vantava sempre un perfetto outfit e una notevole intelligenza. Nonostante agli occhi del re il buon governo della regione era merito del duca, tutti sapevano che in realtà la vera testa alla guida era quella della duchessa. Lady Elen, questo era il suo nome, era tanto elegante nei modi con i mercanti e con l’aristocrazia quanto arrogante e sadica con la servitù. Anche lei però aveva un punto debole che, capendo che la mia libertà sarebbe passata da lei, avrei dovuto sfruttare. Sarei entrato nelle sue grazie.
La tenuta dei MadGrave era sconfinata. Vantava campi coltivati, un bosco e una villa ancora più grande e raffinata della residenza estiva del re. I giardini erano curati alla perfezione da schiavi ben addestrati e qua e là si potevano ammirare fontane e statue create dai migliori artisti e ingegneri del regno. Erano ricchi e non nascondevano il loro benestare. Gli schiavi dormivano in alcune baracche poco dentro il bosco che cominciava a diversi metri dalla magione. La presenza di coloro che avevano perso la libertà doveva essere vista solo attraverso il loro lavoro e motivo per cui gli alloggi degli schiavi erano ben celati alla vista dei padroni di casa e dei loro ospiti.
Le mie mansioni inizialmente erano nella cura dei terreni dei MadGrave. Erano lavori pesanti e molto faticosi, ma che lasciavano la libertà di conversare con coloro che condividevano il tuo stesso destino.
«Ehi Leo. Hai sentito le ultime novità?».
«No, Luc!»
«Il padrone ha fatto ammazzare Tony. Il preferito della signora. Sai cosa vuol dire questo?».
«Cercherà un nuovo preferito!».
«Esatto! Un’opportunità per entrare nelle sue grazie. Tu hai ancora in mente quella cosa, giusto?».
«Puoi scommetterci!».
«Non dobbiamo farci scappare l’occasione allora.».
Luc mi fece l’occhiolino e tornò a zappare il campo. Lui era l’unico a cui avevo raccontato del mio piano per riconquistare la libertà e l’unico di cui mi fidassi. Era stato un soldato al servizio del re e come me aveva perso la sua libertà per amore. Avevamo entrambi in comune la sete di vendetta e la voglia irresistibile di tornare liberi.
Lady Elen MadGrave passeggiava spesso nella tenuta. Controllava che il lavoro fosse eseguito nel migliore dei modi e, dalla morte del suo ultimo prediletto, era in cerca di uno schiavo degno delle sue attenzioni. Tra la servitù erano sempre girate le voci riguardo la lussuria della duchessa. Quando il marito era lontano dalla tenuta erano molti gli amanti che le facevano visita, ma ancora più frequenti erano gli abusi che operava sugli schiavi. Fare colpo su di lei e diventare il suo prediletto era l’unico modo per poter portare a termine il mio piano. Durante le sue visite ai campi mi facevo trovare spesso senza maglia. Mostravo il mio fisico scolpito dall’allenamento e dal lavoro. Avevo notato che tornava spesso al lotto dove lavoravo e questo mi faceva ben sperare.
Una sera ricevetti la visita della prima dama della signora. Mi portò con sé. Mi fece lavare e profumare. Indossai una toga pulita e la seguii nelle stanze private della lady. Qui c’erano altri schiavi vestiti come me. Avrebbe selezionato tra noi il preferito.
«Come ti chiami, schiavo?».
«Leo, padrona.»
La donna si avvicinò a me. Mi scrutava. Mi prese per la mandibola e mi girò la testa, prima a destra poi a sinistra. Mi infilò le dita in bocca per vedere se i denti erano in saluto. Mi tastò il corpo per saggiare i miei muscoli.
«Spogliati, schiavo!».
Era odiosa nei modi. Sentivo nelle mani la voglia di prenderla a pugni, ma non potevo rischiare di perdere la mia occasione di essere libero. Feci come mi ordinò.
«Che bel fisico che abbiamo qui!».
Sorrideva maliziose. Si leccava le labbra carnose pregustandosi il banchetto.
«Non ti muovere!».
Ero fermo in piedi di fronte a lei. Nudo. La duchessa chiamò la sua prima dama. Era una giovane donna, molto più bella della sua signora. Quando entrò non poté fare a meno di guardarmi e colsi uno sguardo di interesse nei miei confronti.
«Cosa ne pensi, Ada?».
«Direi che non serve esaminare nessun altro, signora.».
La lady sorrise.
«Manda via gli altri e non disturbatemi fino a domattina.».
Appena la dama uscì dalla stanza, la donna si fiondò verso di me.
«Spoglia la tua signora!».
Dovetti eseguire.
Era una donna sulla cinquantina, abbastanza in carne. Aveva un seno enorme con due capezzoli già duri e con delle grosse areole rosso scuro. Non era molto alta e questo metteva in risalto i chili di troppo che erano ben evidenti anche sulle guance carnose del viso, corniciate da capelli castani lunghi.
Mi prese la mano destra e se la portò in mezzo alle gambe. Un folto pelo bagnato fu la prima sensazione che provai al tatto.
«Sodisfami!».
Iniziai a muovere la mano sul suo clitoride nascosto dal folto pelo. Sentivo un leggero gemito. Il suo volto era sorridente. La sua mano mi accarezzava gli addominali e scendeva verso il mio sesso. Lo afferrò. Lo sentiva crescere dentro la sua mano.
«Ho scelto proprio bene!» mi disse.
Io feci un sorriso forzato. E iniziai a infilarle l’indice e il medio nella sua fessura bagnata. Con il pollice continuavo a stimolarle il clitoride. Lei intanto mi segava e si godeva il piacere provocato dalle mie dita.
«Scendi!».
Mi spinse il capo verso il basso. Voleva che gliela leccassi. E lo feci. Nonostante il pelo mi desse un po’ fastidio mi dedicai al suo sesso. Leccavo prima superficialmente le grandi labbra alternandolo al succhiare il clitoride gonfio per il piacere. Passai la lingua sulle sue pareti vaginali, raccogliendo gli umori della signora e i complimenti per la dovizia con cui la mia lingua si muoveva. Sentii la sua passera contrarsi di piacere e, mentre mi spinse la testa contro il suo sesso, mi scaricò in bocca un getto caldo di umori. Ebbe un forte orgasmo che ingoiai.
«Ora montami!».
Si sdraiò sul letto a gambe aperte. Un chiaro invito ad entrare dentro di lei. Mi misi sopra di lei e puntai il mio membro gonfio sulla sua fessura. Entrai dentro di lei con forza e iniziai a montarla come la vacca che era. I miei affondi erano violenti e forti. Le squassavano il respiro che era sempre più affannato.
«Mia signora… dove … vuole … che …».
Mi spinse fuori di lei e posizionò la faccia davanti al mio membro.
«Dammi da bere!».
Mi segò con forza e la mia asta si contrasse e schizzò il mio seme dentro la sua bocca. La duchessa ingoiò tutto con gusto.
«Deliziosa!».
Mi fece stendere per terra di fianco al suo letto.
«Stanotte dormirai lì. Così se avrò voglia mi darai piacere come meglio desidero.».
«Sì, madame.».
Sorrise.
«Se saprai essere obbediente e soddisfarmi, non te ne pentirai!».
Spense le candele che illuminavano la camera e si coricò. Quella notte mi sveglio quattro volte. In cui la leccai e la montai con dovizia. Dovevo entrare nelle sue grazie e il modo più veloce per farlo era letteralmente entrare dentro di lei. Mi ero avvicinato di un passo alla libertà, ora non restava altro che procedere con cautela. Una monta dopo l’altra, dritto verso la libertà.