1. Premessa.
Con questo racconto, la storia tra me e mia sorella fa un balzo all’indietro di molti anni, tornando ai tempi in cui lei dovette scegliere quale percorso universitario intraprendere.
Allora, vivevamo già insieme per nostro conto, il nostro “amore tossico” – come molti lo definirono – emarginati dalla nostra famiglia a causa della nostra scelta, di cui però eravamo pienamente felici.
Ci mantenevamo dignitosamente con il mio lavoro, e non ci mancava nulla…
Giorgia aveva 19 anni, e quando si presentò il “problema” me ne parlò timorosa di dover gravare troppo sulle mie spalle e sul bilancio familare.
Mi disse:
- “Forse dovrei trovarmi un lavoro anch’io… anche se mi piacerebbe fare l’Università… Non puoi lavorare solo tu…”.
Istintivamente, riflettei sulla sua considerazione, e pensai che almeno lei doveva provare a realizzare il suo sogno… Potevamo farcela, e io per lei mi sarei fatto in quattro…
Così, la presi per la nuca e perdendomi nei suoi occhioni scuri le risposi:
- “Sorellina, abbiamo già fatte troppe rinunce… Tu studierai, e dovrai pensare solo a quello…”.
Le nostre mani si unirono in un intreccio “dita-tra-dita”, ci stringemmo forte quasi a farci male, e poi, per qualche istante Giorgia non disse altro…
Era pensierosa, e infatti dopo poco riprese:
- “Marco, tu sai cosa vorrei fare, ma così dovremo stare lontani… Tu a lavorare, io a studiare! Non è mai successa una cosa del genere in tutta la nostra vita… No, non mi piace!”.
Mi sentii addolorato da quelle parole, che sebbene celassero un grande amore di mia sorella per me, una “necessità” morbosa anche da parte sua (e di questo ne sarei dovuto essere orgoglioso), potevano significare l’ennesima rinuncia a cui avremmo dovuto sottostare… Giorgia, non meritava tutto questo, anzi io dovevo facilitarle le cose, essendo il fratello più grande…
Tentai di farla ragionare:
- “Giorgia, vedrai che non cambierà nulla…”.
Ma lei fu irremovibile:
- “Eccome se cambierà!! Non farmici pensare… Tu qui, ed io dall’altra parte del mondo… Ricordi quanto abbiamo lottato per essere una cosa sola? No, fine del sogno!”, replicò.
I successivi furono giorni in cui non seppi che fare… Più ci pensavo e più mi sentivo aggrovigliato in proposte fallimentari.
Finchè, all’improvviso, mi balenò in mente un’idea che poteva salvare ogni cosa…
Mi domandai:
- “E se riprendessi gli studi? Anche se io non dovessi riuscire, lei invece è proprio una bella testolina…”.
Così, mentre lei stava preparando la cena, corsi da mia sorella e tutto trionfante le feci:
- “Ho trovato la soluzione!”.
Giorgia non ci pensava già più, aveva archiviato tutto, e quindi mi guardò confusa e scherzando mi interrogò:
- “E chi sei, Archimede Pitagorico?”.
Le dissi:
- “No, ma ho trovato la soluzione giusta per noi due! Farai l’università, e io mi iscriverò con te…”.
Alla fine, la nostra scelta cadde sugli studi umanistici, e insieme (io a 24 anni suonati) ci immatricolammo alla Facoltà di Lettere, per provare a diventare archeologi.
2. Un anno di intense soddisfazioni.
Fatta la scelta, fin dal primo anno di corso ci buttammo a capofitto nello studio, a casa, in aula, e superammo tutti gli esami brillantemente… Il tutto, intervallato dalle consuete giornate a tutto sesso a suggellare i risultati raggiunti.
A lezione, però, era più forte di noi, e non fummo mai capaci di occupare posti lontani l’uno dall’altra, tanto che, se non c’erano disponibili due postazioni contigue, ci mettevamo alla ricerca di qualsiasi spazio libero in cui poter stare stretti come in un baccello.
I primi tempi, nessuno ci fece caso più di tanto, ma poi – con l’approfondirsi dei rapporti con colleghi e docenti – si chiarì a tutti quel “mistero”… Dovemmo spiegare, per non generare ulteriori ambiguità, prima il nostro “status” di fratello e sorella, e poi anche che ci nutrivamo reciprocamente in una relazione incestuosa.
Così, ogni volta che incrociavamo dei capannelli di studenti, vedevamo – con un misto di disappunto e orgoglio – che sottovoce eravamo additati come lo "scandalo dell’Università", benché molti avrebbero voluto essere al nostro posto...
Ovviamente, noi tiravamo dritto per la nostra strada – dopo tutto quello che avevamo passato, non erano delle malelingue che potevano fermarci –, ma più passava il tempo e più vedevamo nei nostri confronti ammiccamenti come se volessero chiederci qualcosa.
Finì che ragazzi e ragazze si "innamorarono" della nostra esperienza, e vollero partecipare - coppie o singoli/e, a casa nostra o altrove - a dei momenti di sesso "estremo"...
3. C'e sempre una prima volta.
La nostra condotta di vita divenne quindi un “modello” per molti, e arrivò anche alle orecchie di diversi docenti.
Sicché, un giorno Giorgia – che era idolatrata per la sua vivace bellezza – si trovò da sola, e a margine di una lezione fu avvicinata dal professore che ammiccante le chiese:
- "Buongiorno signorina... Allora, come va lo studio?".
E calcò sfacciatamente la voce sulla parola “studio” in modo inequivocabile…
Mia sorella restò un attimo sorpresa da quella domanda, e così il docente la sollecitò:
- “Oggi sarò in Facoltà fino alle 18, mi venga a trovare... nel mio studio, di fronte alla biblioteca”.
Quell'ultima frase suonò così indiscutibile che Giorgia non ebbe il coraggio di rifiutarsi, anche perché si trattava di colui che l'avrebbe dovuta giudicare per il suo profitto...
Cosi, mi chiamò e mi diede la notizia. La sentii in agitazione, ma per non metterle addosso altro stress non volli sapere altro.
All'ora concordata, puntuale, la mia dolce metà si trovò al cospetto del suo insegnante: un uomo cinquantenne, alto circa 1 metro e 70, capelli corti e brizzolati sulle tempie, occhi azzurri e occhiali neri e spessi, un ventre fin troppo evidente, e vestito in giacca e cravatta. Insomma, l’ideale del professore universitario...
Erano seduti l'uno di fronte all'altro, e Giorgia cercò di rilassarsi. Si impegnò per dimostrare tutta la sua buona volontà nello studio, e quando ebbero finito e lei stava per andarsene, lui le si portò alle spalle e fece per trattenerla.
La mia piccolina temette per il peggio, ma quell'uomo precisò:
- "Non avere paura, non ti voglio fare del male, voglio solo ciò che hai dato a tanti qua dentro". E le strizzò di nuovo l'occhio...
Poi, tutte e due le grosse mani dell’uomo scesero giù fino ad artigliare i suoi fianchi, e qualcosa dentro mia sorella le generò come una sorta di strana frenesia...
Decise che avrebbe fatto sesso con quel maschio... Gli chiese:
- “Cosa vuole da me?”
Il professore non disse nulla, ma le girò intorno e le si mise davanti cominciando a palparla in ogni posto…
Le prese una mano tra la sua e la appoggiò alla patta dei suoi pantaloni, così che sentisse la potenza del suo uccello.
A un certo momento, Giorgia sembrò scuotersi da quel torpore e pensò tra di sé:
- "Dio mio, cosa sto facendo! Marco si vergognerebbe a vedermi così...".
Tutto quello che stava subendo passivamente le faceva schifo, ma non riusciva a smettere, e anzi adesso era lei a voler andare avanti.
Lo lasciò fare, e lui le fece scivolare una mano sotto al vestito, andando a prendersi le sue tette, già allora molto ben sviluppate.
Era eccitato, il prof, e cominciò a calarsi i pantaloni, mettendo fuori un cazzo di discrete dimensioni.
Ormai era chiaro cosa voleva – o almeno lo sembrò alla mia sorellina – e così Giorgia cominciò a fargli un pompino dei suoi, quei pompini da resuscitare i morti, che in pochi mesi l'avevano resa famosa tra i colleghi di università.
Nel frattempo, lui continuò a esplorare le sue mammelle, e dopo un pò le disse:
- "Vedo che ti piace, ma adesso lascialo... e alzati in piedi!".
Le tirò via il vestito, le abbassò quasi religiosamente le mutandine, le indicò il tavolo, e la fece coricare supina spalancandole infine le gambe…
In quello stato, la mia sorellina si vergognò da morire, e stava per scoppiare in lacrime, tanto non si era mai mostrata così ad un estraneo, completamente nuda.
Allora, istintivamente tentò di stringere le cosce per proteggersi, ma lui – forzandola – gliele riaprì di nuovo, fermandosi poi a guardare con attenzione quella passerina, assai pelosa e sempre da me ben curata.
Giorgia lo implorò:
- "La supplico, professore, non ho mai giocato senza mio fratello... È la prima volta... da sola...".
L'uomo maturo non riuscì a trattenersi, e si mise a ridere:
- "Quel porco sarebbe da denuncia, non dovrebbe toccarti... E comunque sia, ora ti faccio sentire come può possederti un vero maschio...".
Detto ciò, le schiuse la sua giovane e tenera vagina come se fosse una vongola, e – stuzzicando senza pietà il clitoride – introdusse prima un dito, poi due e infine tre dentro la sacca…
Come assorto tra sé e sé disse:
- "Che puttanella... Però, tuo fratello ha fatto proprio un buon lavoro...".
Mia sorella, grazie a quella “terapia”, iniziò a gemere senza più alcun ritegno, fin quando non ebbe il primo orgasmo, squirtò come era sua abitudine, e quel maiale fu lesto a raccogliere e “bere” tutti i suoi umori…
Sazio infine di quella prelibatezza, si abbassò i pantaloni e avvicinò il pisello alla "finestrella magica" della mia femmina, lo strusciò su e giù lungo la fessura, e vi entrò dentro, come una lama rovente nel burro…
Prese a scoparla con ostinazione per alcuni minuti, stringendole il bacino fino a farle male, e – non riuscendo ad allontanarsi in tempo, anche grazie al fatto che Giorgia gli aveva stretto i lombi con le sue gambe – le venne dentro...
Subito dopo, venne anche lei, con il professore che le urlò in faccia, sconvolto da uno slancio incontrollabile:
- "Sei una troia…".
Per fortuna che aveva messo il preservativo!
Quando finalmente quel disgraziato ebbe finito di fare i suoi comodi, Giorgia – ripresasi da quello stato di eccitazione ma ancora spaventata – si rivestì, raccolse precipitosamente le sue cose, e uscì di corsa da quella stanza degli orrori.
Tornò senza indugio da me, e nel tragitto più ripensava a quella brutta avventura e più si sentiva "sporca", sentiva dentro il suo animo di essere una vera puttana, per avermi tradito!
Accoccolata teneramente al mio fianco, mi raccontò tutto, nei dettagli, ed io cercai di tranquillizzarla:
-"Vita mia, sono io che ti chiedo perdono per averti lasciata sola in quest'incubo... Ma non avere paura, il nostro amore è forte, inattaccabile, ed è ciò che importa".
Lei, però, non si diede pace finché non trovò il modo di "risarcirmi" a modo suo...
E infatti, un giorno, in Facoltà incontrai Nadia, una ragazza che era diventata nostra particolare compagna di "studi".
Mia sorella sapeva bene che io avevo un debole per lei, ma niente di che...
Fingendo di avere un impegno improvviso, ci lasciò soli, e la ragazza fu pronta a tessere la sua tela, attirandomi in trappola.
Rincretinito da quella situazione così inattesa, mi lasciai prendere per mano e condurmi da questa fantastica creatura ai bagni dell'ultimo piano – che io nemmeno conoscevo, ma Nadia dimostrò di conoscere molto bene: evidentemente, era un pò la sua garconniere –, dove entrammo cautamente, dopo di che Nadia accostò la porta...
Avevo finalmente capito cosa eravamo venuti a fare, e così feci per chiudere l’uscio, ma lei prontamente la riaccostò e con un sorrisino pungente mi disse:
- "Così è più eccitante... Sapere che qualcuno può capitare all'improvviso...".
Poi, andò spedita verso i lavandini che si trovavano di fronte alle porte dei water, vi si appoggiò a braccia tese, e si alzò la minigonna, mostrandomi il suo culo nudo – non aveva biancheria intima – e allargandosi oscenamente le chiappe...
Aveva un buco del culo che non era certamente illibato, ma non era neanche messo male...
Si voltò per guardarmi:
- "Ti va bene o vuoi la via principale?".
Era parecchio che non sodomizzavo un bel culo, e così decisi di darmi da fare: presi la boccetta del sapone liquido che si trovava sul lavandino, e iniziai a lubrificare quell'orifizio che cominciava a piacermi così tanto.
Mi slacciai la cintura, e immediatamente i pantaloni finirono alle mie caviglie...
Nadia era divertita, tanto che sfacciata mi disse:
- "Vedo che anche a te piace far respirare il pesce!".
Alludeva, com'era evidente, al fatto che non portassi le mutande...
Ma io ero troppo concentrato sul suo "lato b" per risponderle, mi sputai sul palmo di una mano un po' di saliva, e da lì mi lubrificai un altro pò anche la cappella...
La sentii spazientirsi, fino quasi a grugnire dal desiderio:
- "Forza, tappami questo benedetto buco, non vedo l'ora che mi sciacqui le budella...".
Spronato da quella troia da bordello, le appoggiai il glande sullo sfintere ed entrai.
Nadia urlò con quanto fiato aveva in gola, perché gli bruciava e forse anche perché il mio attrezzo necessita di una certa assuefazione per via della larghezza...
Aveva dentro solo i tre quarti della cappella, così uscii del tutto e poi rientrai; e uscii di nuovo, fino a che lei non si decise ad "aiutarmi" usando i muscoli dell’ano, come quando si fa la cacca: finalmente, ero dentro il suo intestino...
La abbandonai ancora per un istante, e poi glielo inserii ancora una volta, ma stavolta repentinamente tutto d'un fiato, senza fermarmi, fino ai testicoli, gonfi in maniera incredibile.
Cominciai a stantuffarla, e ad ogni colpo sentivo che lo sfintere e il retto cedevano un pò di più, finché i suoi sospiri di piacere non cessarono e venne scossa da un orgasmo clamoroso ed io – stringendola a me all'altezza del ventre – le sborrai a mitraglia nel canale...
Dopo più di un'ora, fui di nuovo – stravolto e stanco – al piano terra. Cercai Giorgia, ma lei non era più lì...
Allora, feci immediatamente ritorno a casa, dove la trovai ad aspettarmi.
Per quello che avevo fatto, non ebbi il coraggio di guardarla in faccia per un bel pò, e cominciai a gironzolare nervosamente per le stanze.
Da quando eravamo nati non ci eravamo mai tenuti nascosto nulla, e adesso sentii di avere dentro un peso insopportabile che dovevo per forza dividere con lei, anche perché quel giorno mia sorella mi aveva visto con Nadia e poi nulla più...
Per delicatezza, credo, vedendomi in quello stato, non mi domandò nulla… Andai perciò risoluto da lei, e le rimasi fermo in piedi a pochi passi; poi, la presi per mano e – senza darle spiegazioni – la portai di corsa nella nostra "tana", dove avevamo sempre affrontato ogni difficoltà: il lettone.
Giorgia capì allora che era una cosa seria… Ci spogliammo, e memore di quella frase – "In una coppia, i problemi si risolvono sotto le lenzuola” – che avevo sentito dire non so più da chi tanti anni prima, ci abbandonammo l'uno nelle braccia dell'altra.
La guardai negli occhi, e poi mi gettai con il viso tra le sue morbide e abbondanti tette, sul suo cuore grande che ero sicuro mi avrebbe capito.
Le dissi:
- "Amore mio... Forse ha ragione quel prof quando ti ha detto che non ti merito... Oggi, in tua assenza, non mi sono fatto scrupoli… E ho inculato Nadia...".
Glielo dissi tutto d’un fiato, e poi piansi disperato calde lacrime, che finirono sui grossi capezzoli di mia sorella facendoli brillare sotto i raggi del sole al tramonto.
Mi lasciai travolgere dalla disperazione, e dopo un pò ripresi:
- "Sono un disgraziato! Tutte le promesse che ci siamo fatti in questi anni... Dove sono finite? Tu, ti sei trovata senza volerlo tra le grinfie di quel porco, ma io? Io potevo resistere, Nadia non aveva nessuna arma di ricatto... Ti chiedo perdono, amore mio, ma non te ne vorrò se deciderai di chiudere la nostra storia...".
Giorgia, diversamente da come avrei pensato, non era arrabbiata o offesa... Mi guardò sbalordita, e la vidi con una grande serenità negli occhi, mentre si guardava il petto umido.
Infine, mi studiò compassionevolmente, e carezzandomi la nuca iniziò a parlare:
- "Sai Marco, queste lacrime sono il dono più bello che potevi farmi... Più di un anello di brillanti… Hanno bagnato il mio seno come mai la tua saliva avrebbe potuto fare... Sono il nostro anello di fidanzamento ufficiale”, mi disse raggiante, “… Dopo quattro anni di convivenza!”.
E ancora:
- “Vedi, caro, quello che ti è successo è stata opera mia... Sì, perché ho chiesto io a Nadia di ricompensarti del mio sbaglio... E ancora una volta ho sbagliato...".
Questa volta fu lei a piangere, e i suoi copiosi lucciconi amari si unirono ai miei. Li vidi scendere, ad uno ad uno, e sostare sulla sua pelliccetta che adoravo più di ogni altra cosa.
Mi venne di pensare, ad alta voce:
- "Guarda, le nostre lacrime sembra che vogliano rendersi irriconoscibili le une dalle altre, e mimetizzarsi agli estranei, per nascondersi nella parte più sacra che abbiamo...".
Per l'ennesima volta, Giorgia mi sorrise placidamente, mi prese le mani portandosele sul petto, e mi disse:
- "Lo vedi? Se loro (le lacrime) vogliono restare unite, perché dovremo separarci noi due? Noi, che abbiamo un senso compiuto solo se stiamo insieme? Vedi, anche fare sesso ognuno per conto proprio non ci riesce bene... Su, dimentichiamo tutto, e torniamo a rendere unici i nostri corpi e i nostri cuori...".
E felici di aver ricomposto quella frattura così surreale, ci addormentammo...
4. Docenti e discenti.
Dopo quell’episodio che poteva dividerci per sempre e che invece cementò ancora di più la nostra relazione, l’anno accademico procedette senza ulteriori scossoni, fermo restando che le nostre attività “ludiche”, con altri maschi e altre femmine, non risentirono minimamente del precedente “incidente”.
Ma un giorno di fine inverno, mentre si preparava la sessione di scavo primaverile, fummo contattati da una nostra insegnante, la professoressa Gertrud che – mentre ci aiutava a preparare una tesina – ci disse, senza mezzi termini:
- “Ragazzi, ma lo sapete che siete proprio una bellissima coppia? Qui in università, non si parla d’altro, girano certe voci su di voi… Eh, se fossi più giovane di almeno 20 anni…”.
Giorgia ed io ci guardammo, e poi la mia sorellina, con un timido sorriso nei confronti della prof provò a consolarla:
- “Ma che dice professoressa… Lei, alla sua età… E’ una bellissima donna…”.
Poi si accorse di aver fatto una gaffe madornale, e che in pratica le aveva dato della vecchia. Così, cercò di rimediare anche a questo:
- “Ehm… Sì, insomma… Ma lo sa che mi piace proprio?”.
Ed io, per sostenere il suo tentativo di riparare al danno fatto, confermai:
- “Se non fosse che sicuramente ha un uomo, me la sposerei!”.
Forse, esagerai un pò, ma la docente – rinfrancata e cosciente di aver stabilito con noi una certa intimità – ci confidò che aveva saputo della nostra storia di fratello e sorella, e che se volevamo le avrebbe fatto molto piacere di “approfondire” insieme certe situazioni durante le nostre “sedute di studio” (in ambiente accademico, erano conosciuti così i nostri incontri).
Lì per lì, cercammo di negare tutto, di sviare, ma quando lei ci parlò con discrezione di particolari molto “intimi” che poteva conoscere solo chi ci aveva conosciuti da vicino, allora capimmo che non avevamo vie d’uscita.
Le proponemmo un “meeting” a quattro (immaginavamo, come già accennato che fosse sposata), ma lei ci stoppò e disse:
- “Un momento, ragazzi… Non sono sposata ne accompagnata, perciò non c’è un altro uomo… E non vi offendete, ma io sarei interessata a te… Giorgia…”.
Solo allora capimmo, piano piano, che la professoressa Gertrud era una donna omosessuale; e oltretutto, dopo l’esperienza con quel porco, Giorgia non voleva più sentir parlare di incontri con singoli, uomini o donne che fossero.
D’altronde, non avrebbe nemmeno mai accettato che io svolgessi verso di lei il ruolo di “cuck”: io ero etero, maschio al cento per cento, e la mia sorellina ne era orgogliosissima…
Così, per salvare “capra e cavoli”, la signora Gertrud ci propose:
- “ E se portassi una collega etero?”.
A quell’idea, Giorgia si mostrò più possibilista, e senza pensarci un istante rispose:
- “Allora è fatta… Deve sapere che mio fratello è il mio primo pensiero… E poi, patti chiari: si fa tutto in una stanza…”.
Ad ogni modo, chiedemmo un pò di tempo per riflettere, anche perché quella sarebbe stata la prima esperienza saffica di mia sorella, ma alla fine l'affare fu concluso, con la scelta di una location che venne individuata dalla docente in una soffitta dismessa del Dipartimento di Archeologia, uno stanzone bello grande che per l’occasione attrezzammo con un tavolato su cui disponemmo dei soffici materassi…
Restammo inoltre d’accordo che, il giorno dell’appuntamento, io e Giorgia ci saremmo recati autonomamente in quell’ambiente sconosciuto, in attesa delle due donne.
Eravamo elettrizzati, e quando sentimmo aprirsi la porta, avemmo come un sussulto, timorosi di essere stati scoperti e che tutto sarebbe andato a monte. Invece…
Per prima, a fare gli onori di casa, entrò la nostra professoressa teutonica, 55 anni, alta 1,73 per 60 kg, capelli corti rossi e ricci raccolti in una coda molto contenuta, un viso tondeggiante, e con indosso un abitino a tunica che le scendeva “appeso” sul suo fisico quasi anoressico.
Come farebbero due ragazzine, teneva per mano – dietro di sé – l'altra, che ci presentò immediatamente:
- "Ciao ragazzi, lei è Manola...".
Fece un passo avanti verso di noi, sempre legata alla sconosciuta, e sghignazzando sottovoce, con fare quasi cospiratorio, soggiunse:
- "È la tua porcellina, Marco!".
Anche lei era un'insegnante della Facoltà: spagnola di 49 anni, alta 1 metro e 60 per 75 kg, capelli biondi tinti, occhi castani e abbastanza formosa.
Nonostante le sue rotondità, portava dei jeans molto attillati, che “disegnavano” la presenza – sotto i pantaloni – di un perizoma ridottissimo.
Sopra, invece, stretto in vita da una cinta di pelle, un camicione le scendeva giù fino al ginocchio, e faceva intravvedere un comunissimo reggiseno.
5. La scoperta di Saffo...
Quella sarebbe stata la prima volta di Giorgia con una donna omosessuale – ed io sperai ardentemente che si concretizzasse in una maniera indimenticabile per lei –, mentre io avrei "giocato" per la prima volta con una donna matura, molto più grande di me...
La professoressa Gertrud non era una bellezza da far perdere la testa, ma nel suo modo di camminare affascinava chiunque la osservasse, uomini o donne, senza distinzioni. E Giorgia, fino ad allora, si era sempre considerata una etero assoluta.
Inoltre, fin da subito, quella femmina si rivelò un "animale da sesso”, pronto a cogliere la benché minima occasione per godersi la vita.
A un certo punto, senza preavviso, Gertrud si approssimò a mia sorella, e lei le fece capire che la cosa non la disturbava affatto; anzi, quella situazione così inebriante la solleticava e non poco.
Aveva delle mani molto ben curate, con cui le sfiorò il viso, e
subito dopo la baciò, ungendole le labbra con la saliva, e Giorgia si eccitò talmente tanto a sentirsi “penetrare” da quella lingua che pareva uno scivoloso serpentello, che non riuscì a contenersi.
Cominciò, pertanto, a rispondere a quei baci, e anche se non aveva mai appoggiato le sue labbra su quella di un essere femminile, quella meravigliosa sensazione le piacque fin da subito.
La sua bocca e il suo corpo morbido – come non sarebbe mai potuto essere quello di un maschio –, le sue tette che strusciarono contro quelle floride di mia sorella, e le due lingue che si prendevano e si annodavano tra di loro, fecero il resto...
Quel giorno Giorgia aveva messo un completino nuovo, elegante ma molto pratico, comprato apposta per l'occasione, fatto di una camicia di seta bianca semitrasparente – che si abbinava bene alla sua carnagione lattea – e un gonnellino svasato di jeans, che le copriva a malapena l’inguine lasciando scoperte le sue magnifiche coscione.
Gertrud, non rimase indifferente a quell’abbigliamento, e la spinse lentamente all’indietro in modo da “stenderla” sui materassi.
La donna era già su di giri, le slacciò tutti i bottoni della camicia e poi le fece uscire dal reggiseno le sue ridondanti mammelle, toste e dure, che guizzarono come caprioli in mezzo ai prati.
Mia sorella si sentì agitata, poiché non sapeva fino a che punto l'altra realmente volesse arrivare... Le aveva infatti già succhiato i lembi terminali delle orecchie, addentato il collo, massaggiato le tette, e adesso si stava addentrando, inesorabile, lungo il tronco.
Era arrivata alle profondità dell’ombelico, e Giorgia a questo punto aveva cercato di fermarla semplicemente con dei misurati lamenti.
Ma Gertrud che era sopra di lei, le fece sentire tutto il peso del suo corpo, e a quelle lagnanze della giovinetta si fermò subito, ritornò su sino al viso, e – poggiandole delicatamente un dito in senso trasversale sulle labbra – le sussurrò:
- "Lasciati andare, lascia fare a me, chiudi gli occhi e non pensare a niente...".
La prof le sfilò del tutto, dalle braccia cicciotte, la camicetta e il reggiseno, e si accorse che Giorgia aveva un piccolo tatuaggio proprio intorno all'areola del seno sinistro.
Incuriosita, si avvicinò e si mise a leggere quello che c'era scritto, scandendo bene le parole:
"PER-SEMPRE-TUA".
Poi le disse:
- "È per lui, vero?", e voltando la testa mi indicò con una malcelata gelosia.
Mia sorella, mi sorrise, e poi rispose a Gertrud:
- "Sì... Siamo nati l'uno per l'altra, viviamo l’uno per l’altra".
La donna, allora, le diede un pizzicotto sulla guancia e replicò risoluta:
- "Da adesso sarai solo mia!".
Poi ridiscese a baciare la pancetta grassottella della mia ragazzina, intorno all’ombelico, mentre io cominciavo a fremere, poiché stava per raggiungere il punto che – moralmente – ritenevo essere tutto per me.
Le slacciò il gonnellino e glielo tirò lungo le gambe, fino a sfilarglielo dai piedi, e lo stesso fece con le mutandine, che abbassò in un sol colpo.
Messa completamente a nudo, prese a palpeggiarle i fianchi pingui, percorse con le due mani cosce, ginocchia, gambe, polpacci e caviglie, fino a giungere ai suoi piedini, che svestì dello stivaletto “da troia” che le avevo suggerito di indossare…
Dal basso in alto, la guardò e poi risalì a leccarle la passerina…
Giorgia si stava eccitando – cerebralmente, oltre che fisicamente – sempre di più, e non poté fare a meno di riaprire gli occhi e guardare mentre un'altra donna le stava dando piacere, un grande piacere, proprio lì dove finora erano arrivati solo cazzi.
Sospirò, sempre più concitatamente, poi iniziò ad unire le sue mani a quelle di Gertrud nel centro del suo piacere, e disse:
- “Non fermarti… Stò troppo bene…”.
La prof la baciò per un tempo che sia a me che a Giorgia parve infinito, fin tanto che la mia sorellina non esplose in un orgasmo spettacolare; e anche allora, la tedesca continuò a baciarle quel monte di venere che era una foresta nera e a leccarla tra le labbra fin su sul cappuccetto e sulla punta del suo bottoncino ormai durissimo…
Le procurò infinite eiaculazioni a quella troia in calore, tanto che quando si staccò dalle sue carni arrossate, mia sorella non era quasi in grado di intendere e volere, con il cuore che le batteva a mille dentro il petto, che si sollevava e si abbassava come fosse vittima di un terremoto.
Toccava ora alla mia puttanella essere più attiva, e infatti – pur provata – con un movimento repentino e una forza che non avrei mai immaginato potesse avere, si liberò dalla presa di Gertrud e la ribaltò, schienandola a pancia in su...
Concitatamente, cominciò ad arrotolare il vestitino assolutamente pudico che indossava sul suo fisico filiforme, tanto che si ritrovò a considerare:
- "Stai a vedere che la mia prima volta dovrà essere con un attaccapanni!".
Ad ogni modo, in breve la tunica della prof era risalita fin sotto al collo, e agli occhi bramosi di piacere di Giorgia erano apparse due tette – una terza – leggermente cadenti ma belle da toccare, con delle areole sottili e scure, e due capezzoli grossi e carnosi.
La mia piccola, già smaliziata, si dovette ricredere del suo pensiero, e cominciò a divertirsi con quelle pere che avrebbero fatto senso a molti uomini (lo confesso: quando le vidi per la prima volta, mi venne subito una smorfia di nausea); le soppesò tra le mani – afferrandole quei chiodi che nel frattempo si erano andati consolidando –, le sbattè giocosamente l'una contro l'altra, e infine se le prese tutte in bocca...
Gertrud, vedendo tutto l'impegno che ci stava mettendo, e pensando a quanto avrebbe desiderato offrirle qualcosa di meglio, ma che questo era tutto ciò che aveva, si rattristò:
- "Certo che tu mi hai offerto di meglio, molto meglio...".
Mia sorella, però, non ci fece caso, e badò solamente a ciò che stava facendo, a sollazzarla, ricambiando le sensazioni divine che prima la prof aveva regalato a lei.
In fondo, anche Giorgia si stava di nuovo eccitando!
E infatti, abbandonò la presa delle tette per scendere su due fianchi davvero esili, quasi impressionanti; li accarezzò, “gustando” sotto i polpastrelli delle sue manine tutte le ossa del bacino, per passare poi su quella pancia più che piatta, anzi quasi concava verso l'interno...
Invece, il punto forte della donna matura era il suo "lato b", un sederino a mandolino, un'opera d'arte con delle natiche strette che non passarono certo inosservati a mia sorella.
Per “farlo suo”, Giorgia afferrò Gertrud per un polso e la rigirò facendola sistemare alla pecorina...
Le disse:
- "Rilassati, vedrai che ti piacerà... Marco me lo fa sempre!".
Dopo di che, si attaccò a ventosa con le mani sulle chiappe e... Come in un flashback, ripensò a quando e quanto io la facevo godere dedicandomi al suo culotto pieno, e volle riservare lo stesso "servizietto" alla sua insegnante...
Benché sfuggenti, riuscì ad allargare le natiche – come si farebbe con le due metà di una pesca –, abbassò il viso fino ad incontrare il solco tra le due, e cacciò fuori la lingua.
A pochi centimetri dallo sfintere della femmina, prese fiato, e senza indugiare oltre affondò come una spada in quel rosone che doveva essere già stato frequentato.
Gertrud, che non si aspettava una simile profanazione, ebbe un fremito, tremò tutta, e infine squirtò una gran quantità di succo dalla vagina...
Giorgia assistette a tutto quello spettacolo, e – non volendo perdersi una tale bontà – veloce si insinuò tra le gambe della sua nuova amica di porcate. Lì, era perfettamente a suo agio, con una visuale perfetta su di un pelo davvero invitante, bello curato come era il suo, insomma da far girare la testa...
Gertrud, reclinò lo sguardo verso la ragazza, e le due capirono che oramai era tutto finito.
La più anziana, accarezzò il volto di mia sorella... Poi, lamentandosi di avere tutto il ventre dolorante dalle molteplici contrazioni, mormorò:
- "Eh, non ho più l'età per queste cose... Ma sei stata bravissima, mi hai fatta sentire di nuovo una ragazzina...".
Rimasero così a bearsi, ansimanti, sul materasso, fin tanto che esauste chiusero gli occhi per un meritato riposo...
6. E l'emancipazione di Venere...
Intanto Manola, etero pura dichiarata, era rimasta sbalordita da quanto una ragazzina alle prime armi aveva saputo fare con la collega…
Anche lei aveva sentito parlare di noi, ma non voleva crederci. Ora, però, si voltò verso di me, tutta accalorata, e mi pregò:
- "Forza, ragazzo, diamoci da fare pure noi! Oltretutto, vedo che a qualcuno ancora piaccio... nonostante l'età!".
Intendeva dire il mio uccello, che a quell’invito di passare all’azione si era di colpo rizzato in un alzabandiera fenomenale…
Io, comunque, mi affrettai a consolarla:
- "Ma certo, signora... Lei è una gran bella donna... E glielo dimostrerò".
Lei, però, non parve essere molto soddisfatta che l’avessi chiamata “signora”, e mi disse:
- "Ok, ok... Però chiamami Manola!".
Poi, guardandomi di nuovo in mezzo alle gambe, vide che l'uccello stava spingendo forte da dentro i boxer, e si fece più esplicita:
- "Marco, voglio fare l'amore... con te... Insomma, voglio che mi scopi forte!".
E guardandomi dritto negli occhi prese a massaggiarmelo da sopra la stoffa…
Le risposi:
- "Non aspetto altro, queste due mi hanno messo addosso un'agitazione...".
Manola, allora, mi prese la mano e se la portò a farmi sentire – sotto al camicione a fiori bianchi e viola – la compattezza dei suoi seni:
- "Senti, aspettano solo di essere massacrati dalle tue mani, e di essere frustati dal tuo cazzo!".
E subito mi baciò con grande passione, facendo scivolare la sua lingua all'interno della mia bocca...
Nel mentre, mi arpionò i glutei con le sue unghie lunghe e colorate, ed io ricambiai il "favore".
Da sopra i jeans attillati, si vedeva un sedere favoloso, enorme e soffice, ed io mi divertii a ripercorrere i contorni del perizoma.
Mi dissi:
- "Una che porta un peri così striminzito deve essere per forza una gran porca...".
E infatti, cominciammo a spogliarci l'un l'altra, e lei fu la prima a rimanere senza veli, o meglio con addosso solo un elegante paio di autoreggenti bianche.
Si alzò in piedi, con una mano sul fianco, e lanciandomi un sorrisetto malizioso mi sfidò:
- "Beh, ti piaccio? Pensi che la mia mercanzia sia abbastanza pregiata per dedicarmi un alzabandiera?".
Ero in estasi, quella donna aveva dei magnifici fianchi larghi, un pancino con un ombelico praticamente perfetto, e solo un accenno di cellulite; e la voce stentò ad uscire dalla mia bocca… Ebbi solo la forza di risponderle:
- "Hai un corpo da modella, e una fantasia da troia… Fatti apposta per peccare..."
Scoppiammo a ridere entrambi, ma mai come in quel momento eravamo seri e concentrati su quello che dovevamo fare.
L'abbracciai, sentendo tutta la rotondità delle sue tette sul mio petto, le carezzai il sedere, e poi subito il punto del suo godimento più profondo, rasato alla perfezione.
In un certo senso, mi dispiacque vederla così, e la immaginai sotto le mani dell’estetista che aveva fatto quello scempio. Io che adoravo il pelo, tanto pelo, al punto che avevo chiesto a Giorgia di non depilarsi mai più! Ma andava bene così, “addosso” a quella femmina era perfetta… Gonfia e meticolosamente rasata!
Manola era un sospiro continuo, mentre io cercavo di prendere tra le labbra i suoi capezzoli, un pò sfuggenti... Mi piaceva quel "gioco" quasi impossibile, perché mi dava la possibilità di addentarle le mammelle, sentendo i miei incisivi penetrare sadicamente fin sotto l'areola.
Scesi, ed iniziai a leccarle le lisce labbra della vagina, mentre lei stava impazzendo stringendomi la testa tra le sue gambe che allargava sempre più.
A un certo punto, mi urlò, sconvolta:
- "Sì… così... Mi fai spaccare il cuore dal piacereeee... Entra, entrami dentro…".
Staccò il suo pube dalla mia bocca affamata, e mi ripeté ancora, quasi come una implorazione:
- "Per favore, ti voglio in fica…".
Quindi, appoggiò le chiappe sul ciglio del materasso – il resto era ancora occupato da quella cinghialotta di mia sorella e dalla vacca di Gertrud – e spalancò le gambe…
Era il segnale di "via libera"...
Per mia fortuna, non ebbi mai problemi di misure né di erezione, avevo infatti i miei bei 18 centimetri che mi permettevano di far felice Giorgia e tutte le altre, ma quella volta Manola decise di farmi un "regalo"...
Prese la sua borsetta, e da essa tirò fuori – raggiante – un "cockring" di silicone, uno di quegli anelli che si mettono alla base del pene per aumentare l'erezione e la durata.
Francamente, non mi aspettavo una cosa del genere, a me era bastata la vista del suo corpo e i primi accenni di petting per raggiungere uno stato di tutto rispetto, perciò le dissi – quasi offeso – guardandomi nelle mie parti basse:
- "Credi che così non sia abbastanza maschio?".
E lei, di rimando:
- "Sì, certo… Ma non è questo, è che voglio che mi sfondi alla grande... Vedrai, ti verrà come quello dei negri!".
A dire la verità, quell'idea mi aveva sempre eccitato da morire, ma poi con Giorgia – che preferiva sentirmi “al naturale” – non se ne era fatto mai nulla.
Accettai dunque, per farle piacere, quell'inutile "aiutino", e con l'aiuto di Manola lo calzai lungo l'asta, giù fino alle palle...
Era incredibile: mentre inizialmente mi sentii un po' impaurito per eventuali, possibili conseguenze, in poco tempo cominciai a sentirmelo diventare d'acciaio, pronto per soddisfare una donna insaziabile come doveva essere la spagnola.
Manola mi aspettava con le cosce spalancate, le mani sulle ginocchia, e le gambe flesse all'indietro.
Mi avvicinai al "paradiso", e con un sol colpo riuscii ad entrare di precisione, senza dover forzare eccessivamente. Fu un'esperienza fantastica, indimenticabile, e sentii il mio cazzo avvolto da un budello caldo, pulsante e bagnatissimo.
Si avvinghiò a me, incrociando le sue gambe dietro la mia schiena e stringendo forte, e cominciò a roteare il bacino in un movimento oscillatorio.
Mi fece sentire come se fisicamente fossimo davvero una cosa sola, con il mio uccello che scendeva dentro di lei in profondità e lei che gemeva ad ogni affondo...
Quell'anello era davvero efficace, tanto che non riuscivo a venire, e così Manola mi gettò sul letto, salì sopra di me e mi cavalcò a più non posso, come una indemoniata.
Non ci fu niente da fare: quel giorno avevo la resistenza di uno stallone, non riuscivo a venire e così fu lei a "chiudere i giochi": eiaculò con tale diffusione e potenza che pareva un idrante!
Alla fine, fui costretto ad uscire, ma non potevo rimanere in quelle condizioni, mi faceva un male cane e dovevo assolutamente liberarmi.
Così le dissi:
- "E se ti facessi anche il culo?".
Ma Manola fu categorica, lì dietro non c'era mai entrato nessuno, e lei aveva troppa paura...
Un pò deluso, accettai un pompino da manuale, che la donna mi fece, e finalmente le sborrai sopra – e soltanto sopra – il suo grosso culo...
7. E venne il giorno…
La soffitta del Dipartimento era diventata oramai il punto di ritrovo per i nostri "giochi" con Gertrud e Manola, le quali erano di fatto subentrate a tanti nostri coetanei e colleghi nelle lunghe serate hard.
Grazie anche alla loro premurosa intercessione, avevamo terminato con successo la sessione d'esami estiva, e fummo perciò ammessi entrambi – dal Consiglio di Facoltà – alle due settimane di campagna di scavo…
Per l’occasione, alloggiammo in un residence a Huaraz, in Perù, a 300 km dal centro abitato più vicino, nel cuore della foresta, e ciò favorì l’intrattenere rapporti più intimi, grazie ai quali quell'isolamento forzato fu meno pesante da sopportare.
Difatti, una sera, mentre eravamo nella nostra stanza a rilassarci, ci raggiunse tutta trafelata la professoressa Manola, la donna etero di mezza età che – come ricorderete – mi ero scopata a margine della "prima volta" di Giorgia con la lesbica.
Lei – abbigliata con una comunissima tuta da muratore, aperta sul davanti con una zip che le andava da sotto il collo giù fino alla spacca della fica –, non era riuscita a tenersi la bocca cucita, e si era lasciata andare a confidenze inopportune con gli altri ragazzi a proposito della nostra storia incestuosa, facendone così il morboso tema di discussione – quando, per qualche motivo, noi ci assentavamo – delle serate intorno al falò.
Tra costoro, oltre alla professoressa Gertrud – vestita con dei jeans e una semplice magliettina bianca e senza reggiseno – c’era anche il prof. Adriano, il Direttore del viaggio, un colosso di circa 65 anni, alto 1 metro e 89 per 90 kg, occhi chiari e quasi pelato ma con barba e baffi brizzolati; insomma, fisicamente ancora un bell’uomo, in piena forma anche se con un gran pancione e un corpo abbastanza peloso… che si vociferava fosse divorziato e assai scorbutico, ma soprattutto al centro di incontri di fuoco con le sue docenti e discenti…
Ebbene in quei giorni, io e mia sorella avevamo preso la consuetudine di creare delle situazioni “particolari”, casomai qualcuno ci avesse incautamente cercato senza preavviso...
Sì, è vero, sono geloso della mia Vita, ma se sono presente alle sue esibizioni saperla desiderata mi trasmette uno strano senso di eccitazione incontrollabile.
Percui, appunto quella sera arrivò Manola... Bussò, aprì la porta quel tanto che bastava per mettere dentro la testa, e ci disse:
- "Ragazzi, posso? Non sono sola...".
E infatti, non appena ricevette il nostro permesso per entrare, spalancò bene l'uscio e noi vedemmo comparire dietro di lei il Direttore...
La donna, scrutò morbosamente Giorgia in topless e mutandine e così, imbarazzata, riprese:
- "Il prof. Adriano vi vorrebbe parlare... Ehm, però vedo che forse è meglio se ripassiamo più tardi, quando sarete più comodi...".
Guardai mia sorella, e ravvisai nei suoi occhi un lampo diabolico, di sfida, e quindi fermai i due che stavano per andarsene:
- "Un momento, professoressa, per noi non c'è problema... Possiamo parlare qui, adesso...".
Li feci accomodare alla meglio, e osservai che il direttore aveva gli occhi calamitati sulle tettone di Giorgia. Se avesse potuto, se le sarebbe mangiate a mozzichi, le avrebbe fatto dei gran succhiotti ai capezzoloni e chissà cos'altro...
Furono le parole suadenti della mia femmina – che aveva capito tutto – a risvegliare l'uomo dal suo incanto.
Tentò una falsa giustificazione per lo stato in cui si trovava, con la sua splendida quinta misura che ondeggiava sotto gli occhi dei nostri ospiti:
- "Professore, mi vergogno di presentarmi così, ma le scottature non mi permettono di coprirmi... Marco, mi ha appena spalmato la crema...".
E a Manola, con fare malizioso:
- "Lei professoressa, invece, non si scandalizza, vero?".
Quel porco del Direttore era troppo eccitato da quella visione, e così lanciò uno sguardo impaziente verso la collega, la quale introdusse l'argomento, spiegando con tatto il perché eravamo stati scelti proprio noi per quel viaggio che era tanto ambito...
- "Ragazzi, siete abbastanza grandi e smaliziati per capire che non siete stati scelti per i vostri meriti… Vedete, Gertrud ed io non avevamo mai vissuto momenti tanto sensuali prima di conoscervi e di divertirci insieme per tutti questi mesi... Voi siete il sesso allo stato puro... E tu, Giorgia, non puoi sottrarti ai compiti propri di una troia... Ogni uomo, ma pure ogni donna, farebbero carte false per giacere con te... È come... Sì, è come una missione che ti è stata affidata dalla natura... Far avverare quei piccoli sogni immorali che ciascuno di noi tiene ben nascosti nel suo cervello...".
Mentre Manola parlava, a me stava salendo un moto di rabbia dentro, poiché sentivo messo alla prova, ancora una volta, il nostro legame.
Piano piano, allungai la mano – senza nemmeno guardare – verso mia sorella, e lei fece altrettanto verso di me, e in pochi istanti ci ritrovammo stretti così forte che le nostre mani erano diventate ceree.
Giorgia capì che era il momento di ribellarsi, prima che fosse troppo tardi... E rivolgendosi sempre alla donna chiarì quale fosse il nostro pensiero:
- "Guarda, Manola, ti ringrazio di tutti questi complimenti, ma il nostro destino, il nostro fine ultimo, è solo quello di appartenerci vicendevolmente, senza eccezioni... Tutto il resto, è stato e sarà solo un capriccio momentaneo... Certo, siamo stati bene con te e con Gertrud, però non me la sento di mettere in pericolo ciò che ho di più importante".
Io, mi sentii gelare il sangue dentro: da una parte ero orgoglioso di ciò che mia sorella aveva detto, ma sapevo che quei due – perché sentivo che anche il Direttore stava per chiederci qualcosa di inaccettabile – non si sarebbero arresi tanto facilmente.
E infatti, il prof. Angelo, ignorando completamente la mia presenza, si alzò e andò diretto verso Giorgia... Si leccò il dito indice, e giocherellò per un momento con i suoi capezzoli, li fece rientrare e poi li tirò a sé, e infine soppesò sul palmo della mano – facendole “rimbalzare” – prima una mammella e poi l'altra.
Afferrò con leggerezza le sue fantastiche maniglie dell’amore, e a questo punto fissò negli occhi mia sorella e sprezzante le spiegò:
- "Peccato, sa signorina... Ha grandi mezzi, e sarebbe un vero peccato vanificare tutto per uno stupido capriccio...".
E, con la più totale indifferenza, lanciò la bomba:
- "In fondo, sa cosa le avrei chiesto?, avrebbe dovuto solo aprire le cosce e lasciarsi coinvolgere...".
Si portò così vicino a lei che la ragazza riuscì a percepire il caldo afflato del suo respiro... Poi, con ancor più brutale schiettezza, e senza peli sulla lingua, esplicitò la sua tremenda pretesa:
- "Insomma, non faccia la schifiltosa, voglio scoparla, mia cara… Ma non solo, voglio regalarle tutta la mia potenza virile... Senza nessuna frapposizione, nessun profilattico...".
In poche parole, quel farabutto, voleva possedere mia sorella fino alla fine del proprio orgasmo, con la “ciliegina sulla torta” dell’ebbrezza che il rischio di fecondarla gli avrebbe donato...
Infine, l’avvertimento più estremo:
- "Certo, non posso obbligarla, sarebbe violenza carnale, e poi il suo fratellino non me lascerebbe fare… Ma se volete proseguire gli studi... Se si negasse, nemmeno le vostre scellerate amichette potrebbero intercedere...".
Manola si sentì infastidita, e noi due eravamo in trappola…
Io avrei volentieri rinunciato a tutto pur di respingere quello scempio, ma lei? Non potevo e non volevo infrangere i suoi sogni così a lungo cullati.
Non volevo lasciarla sola a decidere, ma mentre io così ragionavo Giorgia – che quando c’era da combattere e mercanteggiare era sempre in prima linea – rilanciò:
- "Professore, mi ascolti, prendere o lasciare... Nessuno mi ha mai eiaculato dentro se non Marco, ma le offro il culo... Mi inculi… Lì, potremo divertirci come e quanto vorrà... ma quello che ha chiesto, proprio non se ne parla... È roba di mio fratello!".
Il prof. Angelo rimase interdetto: non pensava che quella giovane gli avrebbe tenuto testa in quel modo… ma alla fine accetto l’affare.
In cambio, però, Giorgia pretese una cosa che sulle prime parve a tutti irrealizzabile: io, dovevo – in loro presenza – sodomizzare Gertrud!
Toccò a Manola l’arduo compito di convincere la collega – anche loro due avevano il terrore del Direttore, il quale volendo poteva farle licenziare seduta stante – e alla fine ci accordammo per ritrovarci lì, nella nostra stanza, la notte stessa…
8. Sodoma e Gomorra.
Come d’accordo, erano circa le 2 di notte quando sentimmo un ticchettio leggero ma deciso alla nostra porta.
Eravamo certi che fosse il prof. Angelo con quell’altra maiala della professoressa Gertrud.
Prima di aprire, abbracciai Giorgia e le dissi un’ultima volta:
- “Sei sicura di volerlo fare?”.
Ero preoccupato per lei, non avendo mai visto quanto grosso fosse l’attrezzo che quell’uomo aveva tra le gambe…
Ma lei ormai era decisa:
- “Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene… So come gestirlo”, mi rispose con un amorevole sorriso, sfiorandomi il volto.
Io allora, feci un respiro profondo ed andai ad aprire la porta.
Vidi un uomo e una donna che mi parvero davvero trasformati rispetto a come li conoscevano: per non perdere tempo, erano venuti da noi – rischiando di essere scoperti da qualche “sonnambulo” del gruppo – già preparati, completamente nudi e persino scalzi…
Anche noi, ovviamente, come “padroni di casa”, eravamo in costume adamitico, e dopo i primi istanti di impaccio, io richiusi l’uscio e ci avviammo al luogo del “sacrificio”.
Gertrud, si avvicinò a Giorgia e la ammirò in tutto il suo fascino giovanile: alta 1 metro e 70 x 90 kg, una carnagione bianchissima, formosa ma ben proporzionata la prima cosa che colpiva erano le sue belle tette toste, tendenti leggermente verso il basso e adornate da grandi areole scure e capezzoli belli turgidi.
Dei fianchi morbidi, una pancetta bella pronunciata, e una fica con un monte di venere pingue – “foderato” da un fitto pelo corvino – e un grazioso clitoride ingentilito da un anellino con diamante (regalato da me...) ne facevano una vera bomba sexy.
Infine, adatto allo scopo, mostrava un gran bel culo abbondante, sostenuto da cosce solide e ben tornite.
Ebbene, la prof le stampò un gran bacio sulle labbra, mentre il Direttore – smanioso di arrivare presto al dunque – le ordinò senza tanti complimenti:
- “Forza… Non perdere tempo… Alza le tapparelle e apri la finestra, che qui ci sarà parecchio da sudare…”.
E poi:
- “Bene… E ora mettiti a pecora, e appoggiati al davanzale che è proprio all’altezza giusta per fare quello che dovevano fare… E non fare storie…”.
Giorgia obbedì, incrociò le braccia afferrandole per i gomiti, e ci reclinò sopra il capo, di lato; poi spinse in fuori il suo grande sedere e divaricò leggermente le gambe…
Ma prima di consegnarsi al suo destino, ebbe la spontaneità di voltarsi a guardarlo, senza peraltro spostarsi dalla posizione che aveva assunta.
Ne rimase affascinata… Anche se con le movenze di un orco, c’era qualcosa in quell’uomo che la attraeva: anche se non più giovane, era ancora fisicamente un bell’uomo, in forma, alto 1 metro e 89 per 90 kg, un colosso con un gran pancione e un corpo peloso, un torace possente e braccia muscolose, quasi pelato, con barba e baffi brizzolati e delle grandi manone.
Ma quello che intimorì Giorgia fu constatare che tra le cosce aveva un uccello di tutto rispetto, occhio e croce più di 20 centimetri e molto largo, con una grossa vena pulsante e già in tiro.
Ad ogni modo, si disse:
- “Tranquilla, che ce la puoi fare…”.
Nel frattempo, io cominciai a dedicarmi a Gertrud, che la volta precedente avevo solo potuto ammirare, sia nel suo fascino che nelle sue “prestazioni”.
Devo dire, che era una tipa davvero entusiasmante: benché molto lontana dal mio canone di donna ideale, era alta 1,73 per 60 kg, con una terza di seno da innamorarsene, areole quasi invisibili e capezzoli duri. Inoltre, scendendo più giù, contemplai due fianchi sottili che “annunciavano” un interessante pancino piatto, e – di dietro – un culetto a mandolino che non passava certo inosservato. Per finire, mi sbattè in faccia un pelo bello curato e invitante, che rappresentava un corpo da far girare la testa.
Peccato (almeno, dal mio punto di vista) che era lesbica, anche se ben presto avrebbe fatto la conoscenza con il suo primo cazzo!
Intanto, noncurante del fatto che la donna era già indaffarata con me, il professor Adriano le urlò:
- “Vammi a prendere quella crema che abbiamo portato per allargare l’ano di questa vacca…”.
A quelle parole, ebbi un moto di gelosia, ma non volli rovinarle tutto sul più bello, dato che mi ero accorto che Giorgia – con il culo interamente esposto – stava cominciando a bagnarsi.
Ma il Direttore non se ne curò, impegnato com’era a lubrificarle il buchetto e lo sfintere. Anzi, comandò a mia sorella:
- “Cara la mia puttanella, adesso ti rilassi, ti tieni ben aperte quelle chiappone, e andiamo a cominciare… Ti infilerò tutta la mia mano in ano, fino a farti godere come non hai mai goduto in vita tua!”.
Giorgia aveva sempre temuto di prenderlo dietro, e infatti non era da molto che si era concessa anche a me, ma quell’essere così spregevole prese a spingerle dentro un dito, girandolo e rigirandolo, poi ne inserì un secondo ripetendo la stessa operazione; poi un terzo, e infine – visto quanto mia sorella fosse elastica di secondo canale – si addentrò nel retto con tutta la mano.
Giorgia prese a contorcersi dal piacere, ma al contempo lo scongiurò:
- “Fai piano… mi stai spaccando tutta…”.
E lui, sogghignando, le sussurrò all’orecchio:
- “Vedrai quando entrerò con il mio amico… allora sì che urlerai… Comunque, calmati… Tra non molto, sarò dentro di te fino al polso, e sentirai il mio braccio guizzare fino allo stomaco”.
Contemporaneamente, con l’altra mano si era spinto fino a strizzarle una tetta, pompandola ritmicamente e ricevendone una sensazione magnifica: i capezzoli, già grossi di loro, si erano gonfiati e induriti ancora di più, in una maniera incredibile… Prese a torcerli e a schiacciarli fino a farle male, ma stavolta Giorgia era troppo presa per protestare.
Sbavava come una vera vacca infoiata, e anch’io, guardandola stavo godendo…
Adriano ritenne essere giunto il momento per cui avevano “contrattato”: tirò fuori la mano dal suo culo di mia sorella, mostrandomi un buco enorme e oscenamente spalancato.
Voleva già entrare con il cazzo, ma si disse:
- “Ci vorrà del tempo prima che l’ano si richiuda... Adesso, ci sarebbe posto per una bella doppia anale!”.
Una volta che lo sfintere tornò ad assumere una dimensione accettabile, il prof riprese a stuzzicare l’ano con le sue dita – precedentemente inzuppate negli stessi umori di mia sorella –, puntò deciso il glande sul suo culo e – come un ariete – spinse con tutta la forza dei suoi reni.
La mia dolce metà – presa alla sprovvista, benché se lo aspettasse da un momento all’altro – non ebbe più la forza per opporsi, e lui penetrò il retto con tutta la cappella, fino a far passare anche la corona del glande senza alcuna resistenza; poi, facendo solo un’altra leggera pressione, scivolò completamente fino in fondo…
Quel porco, le aveva veramente squarciato l’intestino!
Stazionò in quella posizione per qualche minuto, giusto il tempo per far sì che quel canale si abituasse a quel nuovo “ospite”, dopo di che Adriano si gettò a capofitto a pompare sempre più velocemente, fino a quando non venne saturando il budello con tutto lo sperma che aveva nei testicoli.
Anche stavolta, Giorgia non si smentì, e mentre lui godeva dentro di lei, lei squirtò anche l’anima (è il suo modo invariabile di dire grazie), e il suo paradisiaco fluido cominciò ad erompere da sotto la porta lungo il corridoio della struttura…
Gertrud, da parte sua, rimase incantata alla vista di quello spettacolo: avrebbe voluto fare di mia sorella la sua tenera amante, l'aveva goduta tante volte che si immaginava di farne la sua onirica "sposa", ma realisticamente sapeva benissimo che era mia...
Così, mentre lei continuava a fissare inebetita le sue pingui forme, ed io stavo nutrendo la mia libidine ammirando la sua incredibile magrezza, mi alzai e da dietro le posai il mento sulla spalla destra, mentre con leggerezza le strinsi entrambe le mani sui fianchi.
Le sussurrai, tanto piano per non disturbarla:
- "Ti è piaciuto? Pensa a quello che potremo fare noi...".
La sentii trasalire, ma credo che in realtà Gertrud stesse aspettando da me proprio quel segnale...
Perciò, quando misi le mie mani a coppa sotto i suoi sensi e risalii su a stringere forte i suoi capezzoli che erano già al massimo della durezza e le stavano facendo male, la donna voltò il capo all'indietro e mi fece cenno di seguirla.
Mi portò al centro della stanza e si fermò ad osservare il mio uccello, si inginocchiò, lo accolse tra le sue labbra e cominciò a succhiarmelo.
Non volevo crederci: la stessa donna che aveva "giocato" con Giorgia e che si dichiarava lesbica convinta, adesso mi stava facendo un bocchino incredibile e mi aveva portato sulle soglie del piacere più assoluto...
Mi lasciai trasportare dalla situazione e le dissi:
- "Adesso basta, sei stata bravissima, ma ora voglio scomparti la fica!".
Lei, però, fu irremovibile, e mi rispose, con un gran sorriso:
- "No... Lì, no...".
Si alzò in piedi scostandosi di un passo da me, mi diede le spalle e divaricò le gambe all'estremo; poi, protese il busto in avanti, ed allungò le braccia fino a toccare con le dita a terra.
Fu allora che mi invitò a soddisfare le sue voglie:
- "Dai, sono tua...".
Solo allora capii cosa voleva veramente, e che quel rifiuto in realtà era per offrirmi ciò che sapeva essere il mio chiodo fisso.
In quella posa, si aprì al mio sguardo il suo sfintere già dilatato, che pulsava talmente dall'attesa che temetti potesse esplodere.
Mi avvicinai, e le allargai le natiche, e con la mia lingua le frizionai l'orifizio più piccino.
Gertrud, potè così avvertire la sensazione dell'aria fresca della notte che si insinuava nel suo retto, e sentì un incredibile bisogno di accogliermi nella sua cavità meno frequentata, benchè avesse un pò di timore non tanto per la lunghezza quanto per la larghezza del mio cazzo.
Senza darle il tempo di riflettere, le assestai una piccola botta e ficcai dentro, a stento, la punta della cappella, per poi – con un altro colpo più sicuro – far entrare tutto il glande.
Forse, fui un pò troppo irruento, visto che la donna ebbe come una percezione di essere accoltellata nell'intestino.
Le si bloccò il respiro, e quando si riprese mi urlò, tutta arrabbiata:
- "E che cazzo!, mi hai fatto male, così mi spacchi...".
Avvilito per quell'incidente, cacciai fuori quel poco di cazzo che era entrato e restai lì a contemplare la "strada" che avevo tracciato, per poi rientrare più in profondità nel corpo magrolino di Gertrud.
La quale, stavolta, si rallegrò:
- "Sei un maschio meraviglioso... Voglio essere tua fino alla fine...".
A quelle parole, mi entusiasmai fortemente, la arpionai stretta sui fianchi in cui sentii le ossa del bacino, e cominciai a pomparla, nel mentre che lei – sentendosi "imbottita" il budello dal mio membro – gemeva.
La buttai sulla battuta (per Gertrud, invece, avermi dentro non doveva essere per niente uno scherzo), e con il cazzo stritolato nell'ano le dissi beffando:
- "Troia, ma che stai facendo?, mi fai un pompino nel tuo buco nero?".
In realtà, fino ad allora ero entrato solamente per un piccolo tratto che già sentivo presentarsi un altro ostacolo: era come se, poco oltre l’imbocco, ci fosse un altro sfintere che stringeva e non mi faceva passare.
Per un errore di gioventù, persi la pazienza, mi sfilai di nuovo e subito con forza spinsi tutti i miei 18 centimetri dentro di lei, fino ad arrestarmi sbattendo le palle contro le sue chiappe...
La tedesca, ebbe ancora una volta la sorpresa di essere sventrata da un ariete, e si contorse tutta:
- "Stronzo, fermati, mi stai rompendo il culo...".
E io, quasi come per una inconscia "vendetta" per ciò che il prof aveva fatto alla mia sorellina, replicai:
- "Taci… Cosa credevi, che ti avrei fatto le carezze, porca maiala?".
Ormai ero pronto per sborrarle le interiora, e mi resi conto che anche Gertrud cominciava a manifestare delle forti contrazioni dei muscoli anali.
Volevo venirle più a fondo che potevo, e a un certo punto sentii il suo sfintere “avvitarsi” attorno al mio cazzo...
Per reazione, mi irrigidii e smisi di stantuffare, e prontamente iniziai a "sparare" una infinità di fiotti caldi.
Eravamo entrambi in estasi, e pure Gertrud ebbe – simultaneamente a me – il suo spettacolare orgasmo, che si concluse solo quando cessarono le ultime “lacrime” del mio piacere.
Infine, mi abbattei su di lei e ci addormentammo...
Erano le 5 del mattino quando, "alla chetichella", i prof – nudi come erano arrivati – se ne ritornarono, mentre io e Giorgia ci coricammo per un breve riposo.
Eravamo stanchi, sporchi, ma felici di ritrovarci, perché come sempre eravamo passati indenni attraverso l'ennesima prova...
9. Epilogo.
Dopo due settimane di sesso senza regole, rientrammo in Italia, ma quell'esperienza ci fece capire che la nostra carriera universitaria sarebbe finita lì.
La nostra "notorietà", infatti, ci stava portando a trascurare noi stessi, e ciò non andava bene.
Da quel giorno, non avemmo più notizie di Adriano, Gertrud e Manola, ma non ci mancarono affatto: l'incesto, infatti, era stata ed era una nostra libera e ponderata scelta, ma in quelle perversioni estreme non ci trovavamo a nostro agio...
FINE.