Claudia lavora da noi da qualche mese. E’ ragioniera, si occupa della contabilità in sostituzione temporanea della ragazza che ora è in maternità.
L’azienda è della mia famiglia. Per un paio di settimane l’ho aiutata ad orientarsi nel piano dei conti, i meandri del programma di contabilità. Io mi occupo di altro, la contabilità la supervisiono solamente.
Claudia è una ragazza biondina,con i capelli raccolti, due begli occhi verdi dietro degli occhiali con montatura seria. Veste in modo poco appariscente.
Sotto i vestiti invernali si intravedono delle forme morbide, un seno generoso.
Si rivolge a me sempre con timidezza, a volte arrossisce se si accorge di avermi interrotto in qualche attività.
Io ho 49 anni. Non più sposato. Le donne mi sono sempre piaciute tanto e, non dovrei dirlo io, ma se non lo dico chi altri può farlo qui? io sono piaciuto a loro.
Lei ha 25 anni. A volte ho sentito che parlava al telefono con toni che si addicevano ad un fidanzato. Ma non ne sono certo.
Non ho mai avuto storie sul lavoro. Non sono un maniaco dell’efficenza e della serietà, ma ho sempre pensato che fosse piuttosto stupido e foriero di guai impelagarsi in questo tipo di situazioni.
Però Claudia ha un modo di fare che fa vibrare qualche corda dentro di me.
Mi accorgo che se mi avvicino a lei per indicarle qualcosa sullo schermo del computer arrossisce, quasi balbetta.
Mi diverto a sfiorarle per caso i capelli e coglierne le reazioni. Colgo la frequenza del respiro che aumenta.
Intercetto degli sguardi che fuggono, rapide occhiate mentre sono al telefono. Mi sembra di percepire i suoi nervi vibrare mentre le parlo da dietro l’orecchio mentre col mouse faccio apparire le schermate del programma di contabilità. Le sue reazioni sono rallentate.
“Claudia, ma mi stai ascoltando?”
“Si… mi scusi dottore, ma mi gira la testa…”
Ho la netta sensazione che in questo momento se le prendessi il volto fra le mani e la baciassi lei non opporrebbe alcuna resistenza, ma mi trattengo.
Passano i giorni e il gioco continua e mi prende. Gli sfioramenti intenzionali aumentano, sempre però nei limiti di una correttezza formale che la lascia nel dubbio. A volte la ignoro o mi comporto con freddezza volutamente. Non voglio che acquisisca alcuna certezza.
Le chiedo di fare degli straordinari. Rimaniamo da soli la sera in ufficio e in quella situazione quando mi avvicino a lei la tensione è palpabile. Ma non faccio alcuna avance.
Una sera, mentre sto guardando con lei alcuni partitari mi rendo conto che il suo sguardo corre spesso verso l’orologio. E’ più tardi del solito perché ho avuto una lunga telefonata.
“Cosa c’è Claudia, devi andare?”
“Si… cioè no… è che il mio fidanzato mi aspetta in macchina… credo…”
“Beh se vuoi fallo salire, così ti aspetta più comodamente mentre finiamo, tanto non ci vorranno più di venti minuti…”
Ridacchia. S’imbarazza.
“Si figuri dottore, meglio di no. E’ geloso.”
“Ma se è geloso e lo fai venire su capisce che non c’è da essere gelosi, non credi?”
“No mi creda dottore, se sa che sono sola con lei la sera …. no meglio di no…”
Questa piccola frase fa scattare in me qualcosa. A volte capita che un ingranaggio si metta in moto per un clic insignificante.
Sta mentendo al suo fidanzato non dicendogli ciò che potrebbe ingelosirlo. I suoi imbarazzi se prima potevano avere il colore roseo della tenerezza ora prendono quello vermiglio della colpa. Una colpa di cui io sono insieme causa e complice, in un gioco che apparentemente non esiste ma che nella nostra testa c’è sempre stato.
“Allora Claudia, se lui è tanto geloso forse è meglio che non sappia. Così è tranquillo e sereno, giusto?”
“Si, è quello che penso” dice lei.
“Ma tu pensi che lui abbia dei motivi, per essere geloso?”
E così dicendo, sono in piedi dietro di lei, seduta davanti al computer, inizio lievemente ad accarezzarle i capelli.
Questo è il momento. Per la prima volta lo sfioramento si è trasformato in un gesto inequivocabile.
E’ il punto di non ritorno, per quanto lieve. Se si alza e si allontana si spezza l’incanto. In fondo non è accaduto nulla.
Rimane. Subisce la carezza senza fiatare.
La mia mano vaga sul suo viso, sul collo, le gote. Il suo respiro è affannoso.
Potrei prenderla fra le braccia e baciarla e così sarebbe un rapporto normale.
Posso spingerla verso altre direzione facendo qualcosa di azzardato. Che potrebbe rovinare tutto.
Un punto di non ritorno ancora. Questa volta non lieve come una carezza.
Appoggio il mio pene in erezione sulla sua spalla. Lo sente attraverso il tessuto dei pantaloni. Mi muovo contro di lei.
Il suo respiro aumenta, arrossisce ma non si toglie.
Mi tolgo io, dopo qualche secondo.
“Claudia per questa sera abbiamo finito” le dico.
E’ sorpresa. Forse delusa. Arrossisce violentemente come se volesse dire qualcosa. Le esce un “Mi scusi” del tutto incongruo ma che la dice lunga sul suo stato d’animo.
Il giorno dopo non facciamo menzione del momento.
Quello successivo le chiedo se la sera può fermarsi nuovamente.
Arrossisce e mi dice di si, deve solo fare una telefonata.
Suppongo che avverta il fidanzato.
Di nuovo soli in ufficio. Di nuovo dietro di lei inizio ad accarezzarla.
Di nuovo lei non fa un gesto, come paralizzata.
Appoggio la mia erezione nuovamente sulla sua spalla. Sempre continuando ad accarezzarla apro la cintura. Mi accorgo che con la coda dell’occhio segue i movimenti della mia mano ma non si volge. Le gote arrossate, le labbra socchiuse, il respiro corto.
Il rumore della zip che scende sembra accelerarlo.
Le volto la testa verso di me e le dico “tiralo fuori”. Il tono è quello di un ordine.
Sospira. Si gira meglio e con entrambe le mani abbassa l’elastico dei boxer.
Il pene è già gonfio, sulla cappella una grossa goccia trasparente.
Lo guarda come ipnotizzata. Alcuni secondi e poi con decisione protendo il bacino verso di lei e con la mano sulla sua nuca la invito verso il pene.
La cappella tocca le sue labbra. Si aprono. Affondo in quella bocca morbida e caldissima.
La sua arrendevolezza fa uscire i miei peggiori istinti.
Le spingo il cazzo congestionato più in fondo possibile alla gola. Non è abituata, è evidente, tossisce. Ha dei leggeri conati.
Non mi tocca, non mi respinge, non dice nulla. Solo asseconda i miei movimenti che la scopano in bocca.
Avrei voglia di scoparla, di sentire la sua fica, di toccarle il culo e di aprirle le natiche. Vedere le sue tette e morderle i capezzoli. Di sbatterla su quella scrivania, di farla urlare.
Ma ci sarà tempo, per tutto questo.
Ora voglio marchiarla a fondo con questo bocchino da troia.
Le muovo la testa su e giù senza complimenti, uso la sua bocca tenendola per i capelli.
Sento l’orgasmo che sta per arrivare, non le dico nulla. Sborro nella sua bocca tenendole la testa ben ferma, fino alle ultime contrazioni.
La vedo strabuzzare gli occhi, ma non lo tolgo fino a che non la sento ingoiare rumorosamente.
Un filo di sperma fuoriesce dal lato della bocca e cola sul maglioncino.
Estraggo il cazzo ancora duro dalla bocca e glielo strofino sul viso per asciugarlo.
"aahh..." dice "non lo faccio mai..."
"cosa? "
"mandare giù..."
"e non ti piace?"
"si. cioè, no, prima non volevo... ma non mi ha dato fastidio... "
"è la sua naturale conclusione" dico.
Poi mi ricompongo.
Mi chiudo i pantaloni.
“Brava Claudia. Veramente brava. E’ un discorso che riprenderemo… ora se vuoi puoi andare”.
Mi guarda e per un attimo nei suoi occhi vedo come un lampo di soddisfazione. Come se finalmente avesse ottenuto quello che voleva.
“Si, il mio fidanzato mi aspetta, non vorrei che si ingelosisse” mi dice… “vado in bagno un momento”
Torna che mastica un chewing-gum.
Penso che fra poco quest’uomo che l’aspetta la bacerà e non sospetterà, baciandola, che quella bocca, appena pochi minuti prima, avesse ricevuto e diligentemente deglutito, lo sperma bollente di un altro uomo.
Penso che magari la troverà bagnata e la crederà eccitata per lui. Si sorprenderà della sua voglia.
«Bello ben scritto!»