E' una storia vera. Niente fantasia.


A Barbara piaceva essere sottomessa, insultata. Voleva il dolore fisico, essere tirata per i capelli per terra. Voleva essere umiliata. Solo così si eccitava e godeva.


Me ne resi conto fin dalla prima volta che facemmo sesso. Era docile, morbida, si lasciava fare, ma mentalmente sembrava ben lontana dall'eccitazione. Una bambola di carne. Una bella, bambola. Alta, capelli ricci, occhi nocciola chiaro. Un bel seno e un bel corpo. E aveva anche una bella testa, era intelligente e spiritosa. Studiava da avvocato. O meglio era laureata e faceva pratica in uno studio legale.


Una ragazza più che normale, ma con un lato oscuro, nel sesso. 


Aveva un ragazzo, anche lui più che normale, e il sesso fra loro era poco e molto casto.


Con lui la sua vera natura non usciva. Lui la vedeva come una brava ragazza, veramente famiglia e studio. Una mogliettina futura perfetta. 


Ma lei aveva dentro un'altra donna, segreta. Un'altra idea del sesso. Una cosa sporca, segreta, umiliante e violenta. Che la faceva godere ma anche sentirsi tremendamente in colpa, per non saperne fare a meno. Una dipendenza, una droga, una necessità che si caricava dentro di lei come una molla, in una tensione che diventava insopportabile e che doveva scaricare. 


Era come un serial killer. Per giorni, settimane, avea una vita tranquilla: studio, lavoro, fidanzato, cene con la suocera, aiutava la madre a casa. Poi esplodeva di sesso.


E a periodi ne aveva bisogno spesso, poi magari per mesi tornava alla tranquillità e poi di nuovo non gliela faceva più. 


Era intelligente e consapevole dei suoi meccanismi mentali, riusciva a tenerli sotto controllo come con una valvola che faceva uscire la pressione.


Come dicevo, fin dalla prima volta che facemmo sesso, mi ero reso conto di una certa accondiscendenza. Io sono molto attento alle reazioni. Mi piace entrare nella mente della donna con cui sto facendo sesso. Mi piace scopare il cervello. Toccare le aree più nascoste dove una parola provoca una reazione, titillare le fantasie, provocare. E con lei mi resi conto subito che più ero rude, più la prendevo con forza, più lei partecipava.


Lei non diceva quello che le piaceva. Quello che voleva. Lei si lasciava fare. Tutto. Le bastava anche trovare un egoista felice di avere quella bambola fra le mani da riempire in tutti i buchi. 


Questo leniva la sua necessità, ma non la faceva godere. Fingeva.


Aveva bisogno di ben altro. 


Io non amo il dolore fisico. Non sono sadico. Mi piace dominare, ma se vedo che dall'altra parte c'è piacere. Con lei però ho imparato a sbatterla fisicamente, schiaffeggiarla, schiacciarla sotto i piedi, prenderla per i capelli a treccia e trascinarla per casa.


Dovevo forzarmi, ma in quel modo lei "partiva" e diventava una bomba. Cambiava voce. Le diventava roca, bassa, animale. Quell'essere che si nascondeva in lei usciva allo scoperto e dovevi combatterlo per sottometterla, perché ringhiava, mordeva.


Il sesso fra bestie feroci, mi faceva venire in mente. Mi lasciava i segni addosso. Morsi che ci mettevano una settimana a scomparire. Graffi. 


Come riuscisse a gestire i segni che le lasciavo io non lo so. Il fidanzato era talmente all'oscuro di chi aveva accanto!


Era stata abusata dcirca quattordicenne. Da un vicino di casa che era anche diretto superiore di suo padre, molto rispettato in famiglia.  Per un'infermità che aveva sofferto, lei ogni giorno andava a casa sua per portargli il pranzo. E poi si fermava un po' a leggergli delle cose, perché lui aveva gli occhi stanchi. Almeno questo aveva detto ai genitori, che avevano acconsentito volentieri.
E così lui l'aveva circuita. Dapprima con toccamenti, poi facendosi toccare, e quindi instillando in lei la convinzione della colpa. 


La puniva se era poco collaborativa. Se non rispondeva sissignore. Se non si lavava bene. Se indossava biancheria poco pulita. Se non leggeva bene. Se il pranzo era freddo. 
Le ordinava di togliersi le mutande, di fargli vedere se erano pulite e lui trova sempre qualcosa che non andava. Lui era su una sedia a rotelle. La faceva mettere piegata davanti a lui e la sculacciava. Oppure sdraiata sulle sue ginocchia.
Per educarla, diceva.
I primi tempi solo quello. La sculacciava sul culeto nudo. Poi aveva iniziato a sfiorarle la patatina. E quindi continuava a sculacciarla. 


L'aveva marchiata con sottomissione dolore vergogna e paura come complemente del sesso.


Poi l'aveva accusata di essere una puttanella, una troietta, che si strusciava per farlo eccitare. 
Guarda cosa hai fatto, guarda cosa hai combinato! e glielo faceva tirare fuori.


Ecco, sei contenta? ora hai quello che volevi no? 
Scommetto che vuoi assaggiare che sapore ha, vero? Una puttanella come te non vede l'ora di succhiare questo tipo di gelato!


Avanti allora, dai, vieni qui. Sei una troietta già da ragazzina. Diventerai una puttana da grande. Metterai le corna a tuo marito e non saprai nemmeno di chi sono i figli. Sarai come una cagna che mette al mondo cani bastardi.


E mentre le diceva queste cose se lo faceva succhiare. Anzi, se la metteva con la bocca sul cazzo e la spingeva su e giù con la testa facendola soffocare. E poi veniva dicendole guai a te se mi fai sporcare schifosetta, manda giù tutto. 

E poi: non dire niente a nessuno. A nessuno capito? Se lo dici a qualcuno tutti sapranno chi sei. Tuo padre dovò mandarlo via. Tua madre non saprà dove nascondersi per aver messo al mondo una figlia così.


E quasi ogni giorno della settimana lei passava due ore da lui, per portargli il pranzo, o la cena, o per leggergli, o per altre incombenze che lui le trovava. 


Lei si era abituata. Era molto soddisfatta che lui parlasse bene di lei e in famiglia erano contenti. Si sentiva orgogliosa del suo segreto. Lui l'aveva sverginata, davanti e di dietro. L'aveva usata in tutti i modi possibili. Si faceva lavare, insaponare il pisello dopo che l'aveva scopata. Si faceva massaggiare. La puniva per ogni mancanza vera o presunta, ma la pagava anche. 


Per mesi, quanto era andata avanti la sua infermità, ne era stata la serva sessuale.


Tanto che, una volta lui trasferito, lei si era sentita persa e aveva sentito la mancanza di quegli stimoli. 


Aveva avuto un ragazzo, ma i timidi approcci sessuali per lei erano niente. E poi era diverso. 


Non sapeva quello che le mancava e non sapeva dove trovarlo. Poi in un campeggio, con un'amica, si era ubriacata e due ragazzi ne avevano approfittato per tutta la notte. E aveva capito che per lei il sesso, quello vero, quello che la faceva vibrare, non aveva niente a che vedere con l'amicizia o con l'amore. Era puro desiderio bestiale che la prendeva e la usava.


Vedeva video in internet e si eccitava solo con scene di abusi. E poi alla fine aveva avuto l coraggio di rispondere a annunci, di incontrare. Ma il più delle volte era uno sfogo e basta. Non trovava dall'altra parte chi ne comprendesse la natura profonda.


Per alcuni anni sono stato il suo sfogo. Quando mi chiamava, era sempre con un "questa volta parliamo solo però" ma io sapevo che dopo dieci minuti che stava a casa mia bastava che le dessi un ordine o la prendessi forte, per i capelli, o un braccio, che gli occhi le cambiavano, la voce si abbassava e diventava sesso. Puro sesso. 


Con lei, se capitava di vederla spesso, in qualche periodo, era un'escalation, voleva sempre di più. Di più. Qualunque cosa le facessi, era: di più. 


Poi quando si saturava spariva, e tornava a fare la fidanzatina, o poi, la mogliettina. 
Amava e rispettava il suo fidanzato, ma se io, bastardo, l'accompagnavo all'appuntamento che aveva con lui e la facevo ritardare, in macchina, mentre lui aspettava in paziente a vista, cercandola con lo sguardo, mentre lei era "costretta" a prendermelo in bocca mentre la gente passava e vedeva... bevendosi tutto, ascigandosi la bocca con gi occhi ancora lucidi, scendere a andare da lui, salutandolo con un bacetto... era solo perché lei era una puttanella che sapeva tenere un segreto.


 

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Categorie: Confessioni