Sedeva distrattamente sul divano.


Era una donna alta, magra, dal seno piccolo e sodo. Indossava calze a rete nere che le arrivavano sino alle cosce sottili.


I lunghi capelli rossi le ricadevano sciolti sulle spalle, ondeggiando leggermente ogni volta che spostava la testa per passare da una pagina all'altra della rivista che stava leggendo.


La stanza era spaziosa, arredata con due grandi divani e una poltrona foderata di pelle.


Al centro, immobile sulle mani e le ginocchia, si trovava un giovane uomo dal fisico robusto. Sulla sua schiena, rigida e percorsa da scie di sudore, poggiavano i piedi della donna, piccoli e stretti dentro a lucidi decolletè con il tacco a spillo.


Divertita dal lieve tremore che iniziava a scuotere il suo "tavolino", d'un tratto, miss Aurora spostò le gambe, portandole davanti alla bocca mezza spalancata del sottomesso.


-Lecca- disse con tono severo. Lui, subito, si chinò in avanti ed iniziò a passare la lingua sulle punte delle calzature.


Lei rise, poi, fingendo noncuranza, mosse il piede fino a raggiungere la mano già dolorante dell'uomo e schiacciò con forza.


Lui ebbe un sussulto e trattenne un gemito a stento.


-In ginocchio- ordinò lei.


Felice di poter finalmente cambiare posizione, l'uomo eseguì. Si sistemò con le ginocchia divaricate e le mani dietro la schiena.


La padrona, elegante in ogni suo movimento, si alzò, camminò fino all'altra estremità della sala e si tolse le scarpe. Lui la seguì con gli occhi, tenendole lo sguardo incollato al fondoschiena.


Quando tornò si rimise comoda sul divano, poi, con gesti crudelmente lenti, allungò i piedi nudi, ancora avvolti dalle calze a rete, e li portò fino a sfiorare le palle gonfie del sottomesso.


Diede alcuni calcetti, piccoli, ma ugualmente dolorosi, che lo fecero contrarre su se stesso e mugolare sommessamente. Poi, senza smettere di sorridere, salì fino all'organo eretto dell'uomo. Avvolse il primo piede attorno alla lunghezza, divaricando abilmente le dita, quindi aggiunse anche l'altro.


Per prima cosa, volendolo prendere in giro ancora un poco, premette le piante l'una contro l'altra, strappandogli l'ennesimo gridolino di dolore.


-Shhh- sussurrò -Stai buono piccolo, la tua padrona sta per prendersi cura del tuo piccolo cazzo.-


Iniziò a masturbarlo gradualmente, godendosi l'espressione di piacere che si faceva strada sul suo volto.


Si muoveva con fare esperto e velocemente condusse il sottomesso al suo limite.


-Posso venire, signora?- domandò lui.


Lei sorrise -Sei stato bravo, te lo sei meritato, vieni cucciolo-


In quello stesso istante l'orgasmo del ragazzo si riversò all'esterno, con un abbondante fiotto di sperma bianco, che ricoprì quasi completamente le calze e i piedi della donna.


-Th, th, th- scosse la testa lei -Guarda che disastro hai combinato, vedi di ripulire tutto- e senza aspettare la sua risposta gli spinse l'alluce dentro la bocca. Quello, obbedientemente, prese a succhiare, assicurandosi di non perdere nemmeno una goccia, poi si piegò in avanti ed eliminò ogni traccia del suo stesso succo dal resto del primo piede e poi dall'altro.


Quando ebbe finito, la padrona si abbassò per baciarlo, assaporando anche lei il sapore dello sperma.


-Bravo ragazzo-


-Grazie padrona-


 

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