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La mia amica e schiava Francesca proprietaria di una nota boutique nel centro di Milano, mi raccontò che una signora sui cinquantanni che aveva sempre comprato vestiti scialbi e poco apparenti di punto in bianco aveva cominciato a comprare vestiti sempre più appariscenti e sexy e mi fece notare chissà cosa c’è, magari il suo matrimonio era in crisi e stava cercando di ravvivarlo vestendosi più sexy.
Le ordinai di capirci qualcosa di più e di mandarmi una foto della signora così per curiosità. Qualche settimana dopo mi scrisse su WhatsApp che aveva scoperto proprio che non era che il matrimonio della signora fosse in crisi, era che il marito della signora riesciva a scopare solo con abbondanti dosi su viagra, allora le aveva suggerito di avere un padrone con cui ravvivare la sua vita sessuale facendole vedere il mio blog, ma le aveva risposto che suo marito era tremendamente geloso e non sapeva come fare.
Dopo qualche mese, apro la posta elettronica e mi arriva una mail in cui si apprezzano i miei racconti trovandoli eccitantissimi, io risposi in modo provocatorio come adoro fare che era sempre un piacere sapere che le mie lettrici si bagnavano leggendo i miei racconti. Lei allora mi disse che si sognava parti dei miei racconti anche di notte e si bagnava così tanto da doversi fare delle docce fredde durante la notte.
Dall’approfondimento della discussione capii che era la signora di cui mi aveva parlato la mia amica, allora le dissi che poteva iniziare un percorso di sottomissione quando era al lavoro e nei momenti in cui non era a casa.
Le dissi che dovrà sempre chiamarmi sempre padrone, dandomi del lei e che da quella mattina sarebbe uscita di casa come al solito, ma si sarebbe dovuta cambiare con i vestiti che la mia amica le avrebbe dato, lei mi disse che andava bene.
La mattina successiva passò dal negozio della mia amica che le diede una minigonna aderente in raso e una camicetta nera molto sexy. Maria così si chiama la mia nuova schiava chiede alla mia amica se si doveva mettere quella roba lì, erano anni che non si metteva una gonna così corta, una camicetta così attillata, ma Francesca le consigliò di obbedire per non rischiare di essere punita.
Maria si vestì e andò al lavoro così conciata. Mi scrisse a metà mattina che si vergognava da morire, in quanto non aveva mai avuto un padrone che la trattasse da schiava. Io le rispondo che lo avevo capito e le ordinai di masturbarsi in pausa pranzo senza venire. Lei mi dice che era già un lago e non sapeva se era in grado di farcela, ma che le piaceva sentirsi chiamare cagna come facevo io, nessuno l’aveva mai chiamata così e la cosa la eccita da morire.
Mi confessa che non era mai andata al lavoro vestita così sexy, mai in modo così spregiudicato e si vergognava da morire, io le dico che l’avevo scelta proprio per quello vista che mi piace tantissimo trasformare in cagne delle donne per bene.
In pausa pranzo Maria si masturbò in bagno e si bagnò talmente tanto da non poter rindossare le mutandine da quanto la sua figa era fradicia, confessandomi che non si era mai bagnata così tanto e che avrebbe potuto fare pazzie da quanto era eccitata.
Le ordinai allora che a parte il caso in cui suo marito avesse voluto scopare con lei non le era concesso di toccarsi senza il mio consenso.
La mattina dopo mi confidò che suo marito come al solito era stanco, voleva dormire e non l’aveva toccata, lei era un lago, ma era riuscita a resistere e a non toccarsi.
Le ordinai allora di andare in bagno, di strizzarsi i capezzoli con le unghie e di togliersi le mutandine mettendole in borsa. Mi confessa che non c’è la faceva più a essere tenuta sulle spine, ad essere tenuta eccitata così, ma io le ordinai che anche oggi in pausa pranzo avrebbe dovuto masturbarsi senza venire.
Mi scrisse nel pomeriggio che si sentiva osservata, forse perché non abituata a vestire così sexy in ufficio, che i colleghi la stavano mangiando con gli occhi e questo la eccita sempre di più, verso sera addirittura mi confessò a che si farebbe fatta scopare volentieri sulla scrivania. Io le facevo notare molto sarcasticamente che poteva andare in bagno e buttarsi l’acqua fredda.
La situazione di Maria nel pomeriggio stava degenerando sempre di più, e mi confessò che le stavano colando gli umori giù per le gambe e in ufficio lo stavano vedendo tutti.
Il giorno dopo mi confidò che aveva costretto suo marito a prendere il viagra e a scoparla, perché non ce la faceva più, le dissi quindi che in pausa pranzo avrebbe dovuto venire in ufficio da me dato che doveva essere punita per avere disubbidito. Qui la punii con centinaio di colpi con una stecca di bambù finché il suo culetto fu ricoperto di piaghe e altri centinaia di colpi con un frustino a manina sulla fighetta.
Maria nel pomeriggio faceva faticare a sedersi in ufficio dal dolore dei colpi sul culetto.
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