Il rintocco della campana suonò alle 18, 30 di un nuvoloso pomeriggio di fine settembre, mentre il cielo diventava rosa: come i colori del tramonto. Il suono diventava sempre più lieve, lasciando spazio alla musica e al parlottare delle persone al bar. La piazza, pavimentata di sampietrini, cominciava a riempirsi di foglie secche e gli alberi cambiavano colore. Delia De Rosa indossava stivaletti bassi scuri, pantaloni neri e una maglietta bordeaux. I capelli tinti di rosso. Era seduta da sola sulla panchina, scrivendo messaggi sullo smartphone e teneva sulle ginocchia una borsetta nera.
L’uomo incappucciato la osservava poco distante da lei. La fissava morbosamente.
“Con i capelli tinti di rosso sembra ancora più troia” pensava.
Si avvicinò alla ragazza.
“Ciao, Delia”.
La ragazza alzò lo sguardo e trasalì. Si alzò di scatto dalla panchina.
“Cosa vuoi, Giacomo?”
“Ti ho solo salutata, stai calma…”
“Ti prego…stammi lontano, ti ho già detto tante volte che tra me e te non ci potrà mai essere nulla…”
“Eppure tempo fa abbiamo scopato…”
“Ma fu un errore, il passato è passato”.
“Io invece ci penso sempre…”
“Non puoi fare così, Giacomo, sono la fidanzata di un tuo grande amico, gli faresti mai questo?”
“Mi piaci troppo” disse lui, affannato.
Lei ebbe le lacrime agli occhi, spaventata, scosse la testa.
“Lo so che, in fondo, anche tu lo vuoi…” insistette Giacomo.
“Ti prego, Giacomo…non farlo…”
Egli si avvicinò a lei, ma Delia indietreggiò. Lui avanzò ancora, la afferrò per la vita e la strinse a sé. “Lasciami” disse lei, ma non opponeva davvero resistenza. Le fece sentire il cazzo duro sulla fica. La baciò sul collo. Lei socchiuse gli occhi in espressione estasiata, avvertendo dentro uno strano calore che la avvolgeva. Giacomo le toccò il culo con entrambe le mani e le strinse le chiappe. “Sei bona, lo sai?” le sussurrò all’orecchio. Delia non rispose.
Giacomo prese delicatamente tra le dita il mento della donna e avvicinò il proprio volto a quello di lei, baciandola sulla bocca.
“No!” esclamò lei, un attimo dopo, divincolandosi, tutta rossa in viso “almeno non qui, c’è gente che ci vede, potrebbero dirlo al mio ragazzo”.
“Cosimo, eh? Ti scoperei anche davanti a lui e persino insieme a lui, amore mio”.
“Ma che dici…” lo disse senza arrabbiarsi, come se in fondo l’idea non le dispiacesse.
“Andiamo via di qui, Delia”.
“Sto aspettando mio fratello Vittorio. Facciamo un’altra volta, va bene, Giacomo?”
“Quando?”
“Io…non lo so…”
In quel momento arrivò Vittorio, con la sua camminata effeminata.
Alla vista di Giacomo accanto alla sorella, si irritò “Ancora tu? Non lo vuoi capire che mia sorella non ti vuole? Devi stare lontano da lei, pervertito di merda! E poi adesso mia sorella è fidanzata…”
“Tranquillo, Vittorio. Mi ha solo salutato” disse Delia, chinando il capo.
“Tu stai diventando troppo buona” osservò Vittorio.
“E tu” disse Giacomo col sorriso beffardo “stai diventando troppo bono, hai davvero un bel culo, Vittorio”.
In effetti Vittorio era davvero un bel ragazzo, di circa 24 anni, bruno, con i capelli ricci e la barba incolta, occhi castani, un bel fisico longilineo. Aveva addosso un cappotto grigio e dei pantaloni di jeans chiari che mostravano la forma del culo e anche un po’ del cazzo. Il membro era moscio, come ebbe occasione di notare Giacomo. Glielo fissò, e poi lo guardò negli occhi col suo ghigno beffardo.
Notò che Vittorio aveva sempre l’espressione irritata, astiosa nei suoi confronti, protettivo nei confronti della sorella maggiore.
“Sparisci o ti prendo a mazzate. Ti farò ricordare l’ultima volta…”
Giacomo allargò ancora di più il sorriso e andò via.
Di sera, gli arrivò un messaggio sul telefono “scusami per oggi”. Era Delia.
Egli scrisse un messaggio a lei “dimmi quando vogliamo vederci, allora…”
Giacomo ce l’aveva già durissimo.
Nuovo messaggio: “Quando hai casa libera. Da te”.
Dall’altra parte, Delia si sentiva mancare il respiro. Cosa stava facendo? E da dove usciva tutta quella sfacciataggine? Ma era proprio questo che la eccitava.
“Amore” disse Cosimo, il suo ragazzo, con cui conviveva ormai da più di un anno “tutto bene? Ti vedo soprappensiero”.
“No, figurati” rispose Delia “è tutto ok”.
“Non ti starà mica infastidendo di nuovo Giacomo?”
Delia trasalì. “Cosa? No, no…” balbettò “tranquillo…”
“Va bene”.
Nuovo messaggio: “purtroppo mia madre è sempre tra i piedi, solo mio padre va a lavorare, dobbiamo farlo nella mia macchina. Stanotte, appena il tuo ragazzo si addormenta”.
A Delia mancava il fiato: tensione ed eccitazione si mescolavano e si alimentavano a vicenda. Si leccò le labbra per inumidirsele. Si domandava come mai quell’uomo, che tanto la inquietava e l’aveva molestata più volte, allo stesso tempo la attraeva. Era un pervertito, e questo le piaceva.
Di notte, Cosimo si addormentò accanto a lei. Delia lo guardò e quasi le faceva pena.
Lei si alzò lentamente, si vestì in silenzio, attenta a non fare rumore, chiuse la porta senza sbatterla, infilando le chiavi nella serratura per non fare rumore.
Giacomo la attendeva nella sua auto. Lei temeva che qualche vicino l’avrebbe vista, e questa cosa la eccitava.
La donna entrò nella macchina, che Giacomo avviò.
“Sei stupenda” le disse. Lei aveva un volto teso. Lui le mise una mano sulla coscia, coperta dalle calze grigio chiaro sotto la gonna corta nera. Delia se la lasciava accarezzare e Giacomo arrivò con la mano ancora più sotto la gonna, toccando le mutande e infilandola poi dentro, toccando la fica rasata di lei.
Lei si morse le labbra, ma spostò la mano e disse “per adesso pensa a guidare”.
“Devi rilassarti un po’ tesoro…”
Si fermarono in un luogo isolato, un po’ buio, montuoso. Giacomo tirò bruscamente il cazzo fuori dalla zip.
“Prendilo in bocca” le ordinò.
Lei avrebbe voluto ribellarsi, era una donna orgogliosa, dall’indole dominante, non remissiva, ma in quel momento sembrava non capire più nulla. Delia fissò il cazzo di Giacomo, si leccò le labbra e gli baciò la cappella.
“Brava” disse Giacomo “ti era mancato, vero, puttana?”
“Sì”, ammise lei, senza protestare per quell’epiteto, anzi, se ne sentiva lusingata, significava che era bona e ci fa sapeva fare. Lei cominciò a leccarlo a partire dalle palle, mentre con la mano sinistra lo masturbava. Giacomo non era bello, era basso e grasso, e benché avesse fatto spesso la dieta e fosse dimagrito, la tendenza a ingrassare era sempre la stessa, forse anche per il suo carattere nervoso e insoddisfatto che lo spingeva a ritornare a mangiare. Delia era bellissima e si poteva permettere i migliori ragazzi, tutti quelli che desiderava. Eppure, la eccitava scopare con un porco schifoso, brutto, pervertito. La faceva sentire sporca. Ora era arrivata a leccare la cappella, fino a prendere tutto il cazzo in bocca. Per un puro piacere masochistico, se lo ficcò fino in gola. Il verso del riflesso del vomito fece eccitare ancora di più Giacomo.
“Che puttana che sei!” esclamò Giacomo “dimmi la verità, quante corna hai messo al tuo fidanzato, eh? Quanti te ne sei chiavata?”
Lei si sentì piacevolmente troia a quelle accuse. Smise di succhiare, si alzò, si sollevò la gonna e si spostò il perizoma bianco con le dita “mettimelo in culo, Giacomo”.
Giacomo cercò una posizione comoda, ma prima volle leccarle il buco del culo. Le infilò la lingua dentro, fino in fondo e il cazzo gli diventava sempre più duro.
“Ti piace?” le domandò
“Sì” rispose lei, estasiata. Se un attimo prima, pensare al tradimento la eccitava, adesso il suo fidanzato era completamente scomparso dalla sua mente.
Giacomo cambiò posizione, sollevandosi e rimanendo in ginocchio sul seggiolino del passeggero, con il cazzo ben dritto puntato verso l’ano di Delia. Le infilò prima la punta, lentamente, poi un po’ alla volta lo inserì fino a metà e da lì cominciò a spingerlo avanti e indietro “oh sì, ti piace, troietta, vero?”
“Sì”.
Dopo quella risposta, lui la inculò più forte, e sempre di più. Si fermò un attimo trattenendo il cazzo nel buco del culo di lei e si avvicinò, da dietro, alle sue labbra, baciandola in bocca.
Tirò fuori il cazzo dall’ano di Delia e disse “mettimi la fica in bocca”.
Lei si tolse il perizoma, sollevò la gonna e avvicinò la vagina alle labbra di Giacomo, che prese subito a baciarla, a leccarla, a succhiarla, a infilare la lingua nel buco.
Giacomo sbavava, il cuore gli batteva forte, sudava. Entrambi avevano caldo e si spogliarono. Ora erano completamente nudi nell’auto. Lei in tutta la sua bellezza, con il suo fisico perfetto. Lui in tutto il suo sudiciume, con il suo corpo tozzo e grasso. Lei allargò le gambe, lui si avvicinò a lei con il corpo e cercando di tenere fermo con la mano il cazzo che voleva a tutti i costi stare alzato. Lo infilò nella bellissima fica rasata di lei e iniziò a chiavarla.
“Ah sì” ansimava Giacomo, che sembrava aver perso il controllo, ogni facoltà mentale.
“Stai attento” fece lei ansimando mentre veniva chiavata nella fica “ricorda che mi hai già messa incinta una volta e ho dovuto abortire”.
Ma lui sembrava non ascoltarla, o almeno, non aveva alcuna voglia di risponderle.
Lei tacque, e si lasciò chiavare, ansimando anche lei di piacere. “Ah, ah, sì, chiavami, porco! Ah”
Lui sentì che era il momento. Tolse il cazzo dalla fica di lei e glielo puntò in faccia. Lei aprì la bocca, tirando fuori la lingua. Giacomo sborrò gridando e facendo finire il suo seme tra i capelli di lei, sulla fronte, sulle guance, sulle labbra, sul mento, e lei che lo raccoglieva con la lingua e con le dita, ingoiandolo.
Giacomo era soddisfatto e rilassato “Aaaaaah” esclamò e sedette sul seggiolino, mentre i vetri nell’auto erano appannati.
Delia prese il cellulare per vedere l’orario e vide invece che c’erano dieci chiamate non risposte, a causa della suoneria abbassata, in più un messaggio: era il suo fidanzato che le chiedeva “dove cazzo sei andata a quest’ora?”