Arriva Agosto e insieme i miei 15 anni. Come tutti gli altri precedenti vado al mare con mia zia e mio zio, i miei lavoravano e non potevano avere le classiche ferie al mare e allora mi affidavano agli zii che affittavano sempre la stessa casa da 10 anni. Una piccola casa indipendente con due stanze, una cucina e un bagno e un piccolo giardino che permetteva di mangiare fuori. 


Ora sarebbe considerata una grande casa, rispetto ai monolocali che si trovano in affitto, allora non era così. La posizione era di fronte alla spiaggia dove andavamo tutti i giorni, si trattava di attraversare la ferrovia dal sottopassaggio, ed eravamo in spiaggia. Per il mio compleanno sarebbero venuti gli amici e amiche compreso il mio ragazzo. Avevo ottenuto il permesso di passare anche la notte in spiaggia, il gruppo veniva con le tende e materassini, avremmo acceso un falò e passata la notte tra canti e bagni notturni.


Arrivarono verso le 11 del mattino con tre macchine, grandi abbracci e baci, in particolare con il mio ragazzo,  le nostre lingue non si staccavano più.


Ero decisa a perdere la mia verginità quella notte, non mi importava niente. Avevo passato le prime due settimane immaginando come sarebbe successo. Avevo molta voglia tanto da essere bagnata intimamente e la notte, nel silenzio che avvolgeva la casa mi masturbavano e godevo. Avevi pensieri perversi, di uscire dalla finestra nel cuore della notte per farmi scopare da qualcuno e questo mi eccitava molto.


Passammo la giornata al mare, giocando, facendo bagni, mangiando panini e pizze. Nel tardo pomeriggio, mentre gli amici montavano le tende sulle rive di un fiumiciattolo che sfociava nel mare, approfittai per fare un salto a casa e farmi una doccia, volevo essere carina, avrei indossato un gonnellino corto, una maglietta aderente e sotto un intimo fatto ad uncinetto, reggiseno e mutandine. Mi stavano bene soprattutto le mutandine con un solo filo intrecciato che legava ai fianchi. Mi piaceva perché tendeva a lasciarsi andare e ai lati del basso ventre si poteva vedere la mia fighetta con il ciuffettino di peli neri.


Si erano procurati delle birre, e bibite, mangiammo delle bruschette preparate sul momento sul fuoco, panini e dolci preparati da mia zia. Si cantò, giocammo a palla e verso mezzanotte si decise per il bagno. 


Attorno al fuoco mi ricordo che un amico propose il gioco della bottiglia. Si trattava di metterci in tondo e far girare la bottiglia, dove puntava l’interessato o l’interessata dove togliersi un capo di abbigliamento, fino ad essere nudi.


Il mio ragazzo non era d’accordo ma era l’unico, il gruppo, compresa io, lo trovavamo eccitante.


Si incominciò, la bottiglia girava e per una serie di circostanze finiva sempre ad un nostro amico, il quale senza problemi incominciò prima a togliersi la maglietta e al secondo giro anche i pantaloncini. Prima di togliersi però precisò che sarebbe stato nudo e non voleva essere il fesso di turno, il gioco avrebbe dovuto continuare, Tutti accettarono all’infuori sempre del mio ragazzo. Lo trovavo un po’ bigotto quella sera, capii più tardi che non voleva vedermi nuda davanti agli altri. Il giocò continuò, uno dopo l’altro si trovavano senza qualche indumento, la prima fu una nostra amica che rimase senza reggiseno, al giro successivo toccò a me togliermi la maglietta e da quel momento la bottiglia nei suoi giri maliziosi, punta sempre su di me, mi tolsi il reggiseno, dopo due giri il gonnellino e il giro successivo le mutandine, senza problemi o vergogna. Fui la prima tra le ragazze presenti a rimanere nuda. Mi sedei vicino al ragazzo che stranamente sembrava non essere toccato dalla sorte. La serata finì con due ragazze nude e tre ragazzi nudi. Vedevo i loro membri raddrizzarci per l’eccitazione e mi piaceva capire che ero, insieme alla mia amica, la causa di questo. Arrivò il momento di entrare in tenda, erano le due di notte, tutti, chi più chi meno, erano euforici, nella tenda vicino le risate e battute facevano capire che le mani involontariamente o no, si muovevano sulla pelle di qualche amica. Noi dovevamo stare in tre io, il mio ragazzo e un amico. La tenda era la più piccola e speravamo entrambi che fosse la scusa per rimanere soli, invece il posto nelle altre non c’era più. 


Decidemmo allora di fare ancora due passi, mentre gli altri si sistemavano per la notte. Ci incamminando lungo la spiaggia verso una zona poco illuminata dai lampioni, ma era comunque una notte di luna quasi piena che rifletteva sulle onde tranquille che si ricorrevano sulla battigia. Ci sdraiammo a terra, io distesa vicino al mio ragazzo, incominciai a baciarlo. Ci abbracciammo e scivolai sopra di lui.


«Ho aspettato questo momento non sai da quanto e questa sera per il mio compleanno voglio essere tua» dissi piano nell’orecchio mentre lo mordicchiavo. Lui mi girò e incominciò a spogliarmi mentre io spogliavo lui, nuda sulla sabbia ero a gambe divaricate mentre lui mi leccava la fighetta bagnata dal desiderio.


«C’è uno che ci guarda con il binocolo da quel palazzo.» 


Mi voltai al secondo piano, al di là della ferrovia, si stagliava, dalla finestra illuminata alle sue spalle, una figura e si capiva bene dalla posizione delle braccia che ci stava guardando con il binocolo. Tornò in me la voglia di esibirmi.


«Ti da fastidio?» Chiesi 
«A me no, se non disturba a te. Lui è là lasciamolo pure guardare.»


Riprese a leccarmi e io a bagnare copiosamente, non ce la facevo più, lo volevo, gli presi la testa e lo tirai su verso di me. 


«Ti voglio» le sussurrai all’orecchio.


Avevo le gambe aperte, la vagina all’altezza del suo pene, le gambe avvinghiate alle sue, le mie mani posate sui suoi glutei. Lo spinsi giù mentre avvicinavo il mio bacino per favorire la penetrazione e lui entrò delicatamente dentro di me. Non provai dolore ma solo un immenso piacere.


«Se ti faccio male dimmelo.»
«Non mi fai male vai benissimo vieni dentro di me amore.» 


Lui cominciò a muoversi dentro di me, più si muoveva e più sentivo che mi apriva, il suo pene era gonfio, duro e mi riempiva. Ansimavamo dal piacere e allora mi girai su di lui. Ora era sotto di me, mi tirai su per sfilarmi per poi impalarmi subito dopo.


«Sono senza preservativo!» disse « Sei sicura?»
«Sì, stai tranquillo non è la serata che rimarrò incinta, ho perso solo la mia verginità. Tu sei il primo amore.» 


Era durissimo, scivolavo con la mia figa bagnata e tutte le volte che mi tiravo su, un fiotto di umori, colavano sul suo ventre il piacere che provavo era era immenso. Ci baciammo avidamente e mentre andavo su e giù sempre più convinta, guardavo la figura che continuava a fissarci. Non vedevo il suo viso ma immaginavo che lui vedeva il mio e lo sguardo malizioso che lanciavo. Avrà il cazzo duro pure lui pensavo e ripresi a baciare con più foga.
Intanto aumentavo i miei movimenti, e godevo, dalla mia figa scendeva di tutto e anche lui incominciò ad ansimare fino a che mi riempì dentro e io lasciai andare i miei freni inibitori godendo immensamente.
Rimanemmo così avvinghiati una sopra l’altro, baciandoci e accarezzandoci i nostri volti e asciugandoci le lacrime di gioia che scendevano.


«È stato bello» dissi «Tutta la serata, il gioco della bottiglia che mi ha eccitato e mi ha preparata per averti mio.»
«Non mi andava che ti vedessero nuda, volevo solo averlo io questo privilegio.»
«Io mi sento di condividere la mia nudità davanti agli altri, non mi crea problemi, dovresti provare anche tu, liberati dei tuoi pregiudizi e vedrai che starai meglio.»


Rimase in silenzio a riflettere mentre continuavo a baciarlo.


«E’ stata una serata speciale questa che rimarrà scolpita nella nostra memoria. Devi solo essere convinto che voglio solo essere tua e non vederti geloso.» Dissi


Mi alzai da lui, sul suo ventre e tra le mie cosce eravamo bagnati, incominciava anche a colare il suo sperma rosato, un po’ di sangue in fondo c’era. Ci siamo abbracciati e poi di corsa dentro l’acqua a lavarci, io avevo il suo pene in mano e lo lavavo delicatamente, mentre lui mi lavava internamente la vagina. Tornammo in tenda nudi, il nostro amico, girato su un fianco dormiva, ci infilammo nudi nei nostri sacchi a pelo e una dolcissimo sonno ci abbracciò entrambi.


Al mattino, mentre gli altri ancora dormivano, tornai a casa. Mentre camminavo mi venivano in mente i versi della canzone di Nicola di Bari di qualche anno prima: “Distesa sull’erba come una che sogna, giacesti bambina ti alzasti già donna”.

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