Capitolo 1.
La scelta.
“1 mese. Hai 30 giorni per racimolare i soldi dell’affitto o non avrai nemmeno il tempo di fare le valigie. Sono stato anche troppo paziente.” Chiude la porta e se ne va, lasciandomi distrutta.
Lo stronzo è il proprietario del piccolo appartamento che ho affittato 6 mesi fa nel centro di Roma: doveva essere un appoggio momentaneo, giusto il tempo di fare quei 2-3 provini per cui ero stata chiamata e cominciare ad incassare uno stipendio decente e me ne sarei andata di corsa. Purtroppo però le cose non sono andate come speravo ed ora mi ritrovo a fare la cameriera in una caffetteria per 5 euro l’ora e l’affitto mensile, esageratamente alto viste le dimensioni dell’appartamento, è diventato poco a poco un problema sempre più pressante. All’inizio Gigi, il proprietario, è stato paziente ed ha accettato di incassare con qualche settimana di ritardo, ma ora ho addirittura accumulato 2 mesi di arretrati e giustamente mi è arrivato l’ultimatum.
Mi chiamo Cristina, ho 21 anni e studio recitazione da quando ne avevo 16. Sono, a detta di tutti, una bella ragazza: capelli castani con sfumature bionde che cadono sulle spalle, fisico magro e slanciato, gambe lunghe e molto femminili, una terza buona di seno e un culetto tonificato dalla danza di cui mi sono innamorata fin da bambina. Il mio sogno è diventare una modella o, magari, un’attrice di successo. Mi rendo conto di mirare molto in alto e che la strada per arrivarci non è di certo facile, ma madre Natura mi ha dato un corpo, a mio avviso, all’altezza di questa impresa e prima di darmi per vinta ci voglio provare. Sono venuta a Roma proprio per un paio di provini per delle case di moda più o meno famose che mi avevano notato grazie ad alcuni miei scatti pubblicati in una rivista di ‘giovani promesse’, ma, nonostante sembrassero tutte molto interessate e piene di buoni propositi, nessuno mi ha richiamato o offerto un’opportunità. Per alcuni il problema erano le tette: “vanno meglio per fare la velina che la modella” mi hanno detto, ”ci servono corpi sinuosi e capaci di farsi scivolare addosso i nostri abiti”, altri non erano soddisfatti dalla mia camminata sui tacchi o dal mio modo di pormi e così sono rimasta a fare la cameriera a 5 euro l’ora e l’affitto è diventato un incubo.
Sono rimasta nella capitale anche dopo i primi due insuccessi perché ero sicura di avere più chances qui che in altre città, ma i ripetuti fallimenti mi hanno demoralizzata e spinto a fare cose di cui ancora mi vergogno.
Era il mio 11esimo provino da quando mi ero trasferita e il terzo solo quel giorno. Mi sembra fosse per una rivista di intimo o qualcosa di simile. Ero nel camerino ad indossare il solito costumino da mini-sfilata, uno spezzato nero di pizzo decisamente troppo piccolo per le mie forme, quando è entrato Fabio, un membro della giuria che di li a poco mi avrebbe valutata, nonché vicedirettore della rivista. “Sei molto bella Cristina. Meriti questo posto, ma credo che non ti prenderanno. Hanno altre ragazze in lista e molte di loro sono raccomandate o parenti di amici, sai com’è. Però oggi il direttore non c’è. Sono io che comando e sono io che decido chi va nella lista ‘contratto a chiamata’ e chi in quella ‘le faremo sapere’. Ti voglio proporre come nostra modella ufficiale Cristina, ma a noi serve una ragazza forte oltre che bella, determinata e disposta ad enormi sacrifici pur di lavorare.”
“Lo sono! Metto sempre passione in ciò che amo e questo sarebbe il sogno della mia vita! La prego mi dia una possibilità!”
“Mmm non so. Secondo me ti tireresti indietro alla prima difficoltà.” Mi accarezza la guancia con il dorso dell’indice, come a coccolarmi e mi fissa negli occhi con una luce malata, perversa. I suoi intenti sono chiari, non ci vuole un genio per intuirli, ma mi sembra impossibile, quasi come fosse una scena di quei film a basso costo. Mi irrigidisco tutta e sento bruciare la guancia dove mi sta accarezzando. Un brivido di disgusto mi corre lungo tutto il corpo. Le sue dita si fanno improvvisamente più audaci e scendono ad afferrare un seno da sopra il tessuto. Lo lascio fare sperando finisca il prima possibile e si accontenti di un paio di palpatine. Che illusa che ero. Sento la sua mano destra armeggiare con il gancetto del reggiseno dietro la schiena e in un attimo lo slaccia, sfila le spalline e lo lascia cadere a terra. Solo ora mi accorgo di quanto fosse stretto e mi fasciasse dolorosamente il seno. Comincia a palparmi con la mano sinistra come fosse un dottore durante una visita ed io serro gli occhi e cerco di volare via con la mente, rimanendo rigida come un tronco. Il contatto delle sue dita sui capezzoli mi fa sobbalzare e quando li stringe in un pizzicotto mi scosto istintivamente portando le mani a coprire le mie nudità. Lo vedo cambiare espressione in un lampo.
“Ooohhh ecco, io non sbaglio mai. Lo vedi? Disposta a tutto eh? Sai quante altre ragazzine come te vorrebbero questo lavoro? Sai quante mi si sarebbero già attaccate al cazzo prima di averglielo chiesto? Tu pensi di essere speciale? Continua pure a vivere nell’anonimato. Ci vediamo” si volta e fa per andarsene.
Una solitaria lacrima mi scivola giù per la guancia e si ferma sul labbro, ne sento il sapore. Così salata. Rivivo in un attimo tutti i “le faremo sapere”, i “non idonea” ed i rifiuti ricevuti durante quei mesi lontani da casa. Senza un amico. Sola con la mia scommessa.
“No! Aspetti. Io…io…e va bene. Sono disposta a tutto”
Il volto gli si illumina di un sorriso sadico e perverso e si sbottona i pantaloni. Mi fa mettere in ginocchio mentre si sfila le mutande e appoggia il suo viscido uccello alle mie labbra. “Succhia o fuori di qui”.
Sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato e ho sempre pensato di mandare a fanculo il primo stronzo che avesse cercato di abusare di me, ma questa volta sono rassegnata, voglio quel posto e mi sembra di essere di fronte all’ultimo treno in partenza. Per quanto sporco ed immorale o lo prendo o me ne rimango a casa, dimenticata dal mondo.
-L’hanno fatto tutte prima di diventare famose, è una specie di rituale di passaggio che ti apre le porte del paradiso e ti cambia la vita- penso per giustificarmi.
Mi rassegno e apro la bocca. Non si fa pregare e me lo appoggia, ancora mezzo moscio, alla lingua. L’odore è pungente, mi riempie le narici. Comincio quindi a mettere in pratica quello che avevo imparato quando spompinavo il mio ex e mi concentro sulla cappella. Glie la succhio leggermente e lo sento cominciare ad indurirsi fra le mie labbra. Il rossetto, messo poco prima, gli lascia un cerchio quasi perfetto proprio sotto la cappella e lo vedo entrarmi in bocca ogni volta che me lo affonda in gola, sempre con più vigore. Prendo a fare su e giù con la testa a ritmo piuttosto deciso e intanto do dei piccoli colpetti di lingua sulla punta di quel cazzo rugoso, sperando venga il prima possibile. Non un gran cazzo a dire il vero: 14 centimetri circa, leggermente pendente a destra e di diametro piuttosto piccolo. Non faccio fatica a spompinarlo e le labbra aderiscono bene alla sua pelle per darmi modo di succhiare. Dopo qualche minuto mi fa smettere e mi ordina di sdraiarmi. Speravo di farla finita con un pompino veloce ma il maiale non è del mio stesso parere. Mi fa stendere su una panca dello stanzino e mi si appoggia pesantemente sopra dirigendo il cazzo verso le grandi labbra. Il suo alito è pestilenziale, disturbante, mi impedisce di estraniarmi da quello che sta per succedere. Lo sento forzare l’ingresso della mia fica. Faccio scendere velocemente una mano insalivata a lubrificare quanto più possibile il passaggio, ma con scarsi risultati. Inserisce la cappella con una leggera spinta ed una fitta di dolore mi costringere a serrare i denti. Che non fosse proprio un galantuomo l’avevo capito, ma non pensavo potesse essere anche un sadico bastardo. Con una spinta violenta me lo butta dentro fino alle palle strappandomi un gridolino di dolore puro.
“Accidenti come sei stretta, ha fatto male a me, non oso immaginare quanto l’abbia sentito tu Cristina”.
Il suo volto è deformato da un ghigno folle, quasi ebete. Lo sento cominciare a sfilarlo per poi tornare dentro come se volesse aprirmi a metà. Una, due, tre volte. Ora gli affondi non mi provocano più quel senso di soffocamento come all’inizio, ma sento chiaramente un piccolo rivolo di sangue colarmi lungo la coscia. Mi ha ferito.
Comincia a prendere ritmo. Sento le sue palle sbattere contro le mie chiappe e il suo cazzo entrare ed uscire dalla mia figa, ben lontana dall’eccitarsi o dal regalarmi piacere. Le sue mani mi palpano le tette e la sua lingua tortura i miei capezzoli. Non si fa mancare nulla il bastardo. Continua a fottermi per non so quanti minuti, senza stancarsi. Cerco di contrarre la figa per farlo capitolare, ma devo ammettere che ha una certa resistenza e continua a fottermi accompagnando ogni affondo con versi animaleschi. Un puro sfogo della sua bestialità. Sono inerme, sdraiata sulla panca senza opporre resistenza. Valuto la possibilità di dirgli delle porcate per eccitarlo e costringerlo a venire, ma non voglio perdere anche l’ultimo briciolo di rispetto che ho per me stessa.
“Eccomi Cristina…sono quasi al limite…preparati a bermi Cristina”
“No, senti Fabio, ho fatto tutto quello che mi hai chiesto,ma la tua sborra non la bevo. Non sono una puttana”.
“Ah, capisco. Preferisci che ti venga in faccia o magari dentro…”. Fottuto stronzo.
“D’accordo… Fai quello che devi”
“Brava bambina” e si sfila da me.
Mi inginocchio prontamente di fronte a lui e aspetto che finisca il lavoro. Si sega velocemente e appena sente l’orgasmo crescere mi afferra la testa e mi spinge contro il suo uccello. Io lo imbocco prontamente e mi fermo con quel coso in bocca aspettando che finisca di spararmi il suo liquido caldo in gola. Viene parecchio, tanto che mi ritrovo a dover ingoiare più di una volta per evitare di strozzarmi. Ingoio tutto aspettandomi un sapore disgustoso, ma rimango piacevolmente sorpresa nel constatare il piacere che mi deriva da quella sensazione e da quel gusto nella mia bocca. Forse il primo piacere provato dall’inizio di quell’incubo.
“Ohhh...brava...bravissima Cristina….hai sicuramente un futuro davanti a te….hai fatto la scelta giusta”.
Si risistema velocemente i pantaloni, si specchia fugacemente nello specchio a muro per controllare che sia tutto in ordine e mi fa: “Datti una sistemata e vieni di là”.
La gioia di avere praticamente il lavoro in tasca, purtroppo, non riesce a farsi strada in mezzo alla vergogna che provo nell’essermi svenduta a quell’uomo così viscido. Vado di là e faccio il mio provino. Sembrano entusiasti, vedo Fabio scambiare due parole con una sua collaboratrice, l’espressione di lei da cordiale diventare seria, quindi alzarsi e parlare:
“Ottimo, ottimo Cristina. Può lasciare il suo numero di telefono alla segretaria. …Le faremo sapere. Grazie”.
“Come le faremo sapere?” Le parole mi sfuggono di bocca senza volerlo.
“Cristina le candidate che hanno inviato il proprio curriculum sono tantissime, non sempre va come speriamo che vada. Se si aprirà la possibilità di una collaborazione in futuro, stia certa che le faremo sapere” Mi sembra di intravedere un ghigno nel volto di quel viscido figlio di puttana e sento crollarmi il mondo addosso. Si è preso gioco di me ed ora mi fissa con un sorriso falso e accondiscendente? Non ci vedo più dalla rabbia e dalla disperazione, mi sento svenire. Vorrei urlare a tutti che mi ha praticamente stuprata promettendomi quel posto, che è un maniaco e un criminale, ma sono come paralizzata, incapace di dare voce all’uragano che ho dentro. Una lacrima scende veloce e mi volto per non dargli la soddisfazione di vedermi piangere. Corro nello stanzino per cambiarmi al volo e fuggo verso casa. E’ il momento più buio della mia vita.
Ero completamente distrutta e quella batosta mi scoraggiò non poco. Saltai alcuni provini e presi una settimana di ferie dalla caffetteria. Mi serviva tempo per riprendermi. Giurai vendetta, ma ero con le mani legate. Se lo denunciavo avrei fatto la figura della puttana e soprattutto sarei diventata un caso TV e nessuno assume come modella un caso Tv. La rabbia mi ribolliva nelle vene e da quel giorno cambiai. Il mio entusiasmo si spense inesorabilmente.
Mi accorgo solo ora che Gigi è uscito lasciandomi sola e mi faccio forza, cancello le preoccupazioni e mi vado a preparare per l’ennesimo provino previsto per quel pomeriggio. Ore 15:00 agli uffici del ‘Daisy’, una rivista che pubblicizza abiti da sposa disegnati da una nuova stilista di successo di nome, appunto, Daisy. Mi metto un abito nero e lungo fino alle ginocchia che fascia il mio corpo e mette in risalto il pancino e le tette, lo stringo quindi alla vita con una cintura, la migliore che ho, e indosso un paio di scarpe nere col tacco molto eleganti. Un piccolo ritocco al trucco, che preferisco comunque lasciare leggero e sono pronta a partire. Tempo 20 minuti e sono seduta in sala d’aspetto, leggendo una rivista per ingannare il tempo.
Finalmente mi chiamano, faccio un profondo respiro, -Ci siamo, questa volta è quella giusta, sono sicura- penso per incoraggiarmi ed entro. Non mi fanno fare subito il provino. Mi fanno entrare in uno stanzino e mi danno un costumino striminzito a due pezzi da indossare. -E ora che diavolo c’entra il mio aspetto in costume da bagno se devo indossare abiti da sposa? - mi chiedo, ma non ci sto a rimuginare troppo sopra, sono abituata a sfilare in intimo oramai e non mi preoccupa più la cosa. Entro e mi dicono di rimare in piedi di fronte al tavolo della giuria finche non saranno loro a dirmi di sfilare o mettermi in posa. “Presentati” mi fa un ometto mezzo pelato che siede alla destra della donna che capeggia il gruppo, probabilmente Daisy in persona: una bellissima 50enne vestita elegantissima.
“Salve, mi chiamo Cristina, ho 21 anni e oltre a studiare recitazione sto seguendo un cor..”
“Troppo giovane”. Sbotta Daisy interrompendomi bruscamente.
“Come scusi?” chiedo, cercando di passare sopra la sua sgarbatezza e mantenendo la calma.
“Senti Marina, noi siamo una rivista che pubblicizza una linea di abiti da sposa e tu non hai proprio l’aspetto di una giovane sposina. Sembri una velina, una letterina o, al massimo, una pin-up di Playboy e il nostro scopo non è quello di far eccitare i futuri sposini che insieme alle loro mogli sfoglieranno la nostra rivista, ma di farli interessare principalmente al vestito e fargli immaginare come calzerebbe sul corpo della loro donna. Capisci cara? Non fa per te. Mandatemi la prossima.”
Sono distrutta. Non riesco a capire il perché della sua scelta ne il perché della sua mancanza di tatto nei confronti dei miei sentimenti. Mi ha liquidata come una cameriera invadente e ciò che più conta è che anche oggi tornerò a casa senza nulla in mano, nemmeno delle futili speranze. Non so che dire.
“Mi chiamo Cristina comunque…” è tutto ciò che riesco a bisbigliare prima di voltarmi e andarmi a cambiare. Infilo meccanicamente i vestiti di prima ed mi dirigo all’uscita del palazzo il più in fretta possibile. Ne ho le palle piene di questo mondo di merda, spietato oltre ogni umana aspettativa.
Sono sulla soglia quando mi sento chiamare. “Cristina! Cristina aspetta!” è un uomo sulla 30ina, molto elegante e il suo volto non mi è nuovo. Asciugo velocemente gli occhi e mi volto. -Mi sarò scordata qualcosa in camerino- penso.
“Ciao Cristina sono Roberto. Senti non te la prendere per il provino, Daisy è così, o gli piaci al volo o gode nel vederti soffrire” di colpo capisco: il suo volto mi è familiare perché anche lui ha assistito al provino e i nostri sguardi si sono incrociati, ma solo per un attimo. Era l’unico in piedi, nascosto in un angolo in fondo alla stanza.
“Senti Cristina, ho un lavoro da offrirti, ma non è un impiego come tutti gli altri e ti prego di pensarci bene e magari di dormirci anche sopra prima di decidere e darmi una risposta”.
La sorpresa e l’euforia iniziale si trasformano in dubbio e curiosità. Questo ragazzo vorrebbe offrirmi un lavoro, ma ‘non come tutti gli altri’? Che diavolo dovrebbe significare? Non che abbia granché da perdere eh. Anche mi offrisse un posto da segretaria potrei comunque pensarci su, sarebbe un modo come un altro per entrare per vie traverse in quel giro d’élite che sin troppo a lungo ho provato a scardinare.
“D’accordo, sentiamo”.
“Sarò schietto e non userò inutili giri di parole: sono un regista di film per adulti e saresti perfetta per fare la pornostar. Ti prego di non prenderlo come un insulto ma una seria proposta di lavoro”.
Panico. Non so se ridere e prenderla come uno scherzo o dirmi indignata e andarmene.
Rimango in silenzio e il mio cervello comincia a lavorare come un motorino: i soldi, certo, sono assicurati, più di quanti immagino….no, aspetta, ma che cazzo faccio?! Ci penso pure?! Attrice porno, ma vaaa. Per prima cosa mi fotterei il futuro: chi assumerebbe come modella una ex-pornostar? E i miei genitori? I miei amici? La famiglia che spero di avere un giorno? Chi sposerebbe una “donnina” di internet? Non ci voglio nemmeno pensare, è fuori discussione.
Roberto, vedendomi titubante e forse sconvolta, si affretta ad aggiungere:
“Ovviamente userai un soprannome o un nome d’arte, nessuno ti obbligherà a fare nulla, sarà tutto protetto e sicuro al 100% e non ti devi nemmeno preoccupare del tuo futuro o della tua fama. Tantissime donne ormai, ritiratesi dal mondo del porno, ora hanno splendide famiglie, impieghi da sogno e sono molto rispettate da tutti: è un modo come un altro per farsi conoscere. Prendi Daisy, ad esempio, lei è una mia ex attrice, una delle migliori anche. Ha fatto successo girando film porno e diventando una pornostar internazionale, quindi, una volta ritiratasi, si è messa in proprio e ora disegna questi stupidi abiti da sposa. Per ricambiare di averla resa famosa mi permette di assistere ai provini che tiene e sono riuscito anche a convincerla a ricevere le ragazze in costume così da poterle valutare meglio.”
“Senti Roberto io...non...”
“Alt! Aspetta. Non rispondermi adesso. Tu vai a casa, ti fai una doccia, ci dormi sopra e domani mi chiami e mi fai sapere. Senza pressioni”. Mi rivolge un caldo sorriso e mi porge il suo biglietto da visita. Si volta e se ne va, senza darmi il tempo di controbattere.
Rimango ferma a rigirarmi il biglietto da visita fra le dita e ripensando all’assurdità di questa giornata. Resisto all’impulso di accartocciarlo e gettarlo nel primo cestino che trovo. Invece apro la borsetta e lo getto dentro prima di riprendere la direzione dell’appartamento con passo spedito.
Faccio come mi ha detto Roberto ed accendo la doccia. Passano i minuti ma l’acqua rimane gelata: c’è un guasto alla mia tubatura da giorni ormai e l’acqua calda è un lusso che non mi posso più permettere se non pago l’affitto. Fanculo.
La sera lavoro in caffetteria e appena stacco corro a casa stanca morta. Non riesco a prendere sonno torturata da quella scelta, che ora non sembra più così scontata, e continuo a rigirarmi sul letto nervosamente.
Mi alzo al suono della sveglia. Le 8:00. Rimango sotto le coperte a rimuginare. La mia vita va a rotoli e il mio sogno è praticamente infranto. Ciò che mi scoccia di più è il pensiero degli sguardi delle mie amiche quando tornerò a casa con nulla in mano. L’essenza stessa del fallimento. Dovrò anche chiedere ai miei di pagare i mesi d’affitto arretrati e ricominciare da capo. Ma da dove? Cosa potrei mai fare nella vita di altrettanto allettante? Dovrò riprendere la girandola di concorsi pubblici come un tempo, magari rimettermi a studiare.
Apro la borsetta e ritrovo il biglietto da visita di Roberto. E’ dorato, elegante. La scritta ‘Roby Production’ sul dorso è composta da grandi lettere rosse in rilievo. Sul retro trovo una mail, un indirizzo ed un numero di telefono. Prendo il cellulare e digito velocemente prima di cambiare idea.
“Ciao Roberto, sono Cristina”
“Cristina! Che piacere sentirti! Ci hai pensato? Non tenermi sulle spine!”
“Sì e…voglio provare. Non ho nulla da perdere ed ho un disperato bisogno di lavorare”
“Ottimo! Questa è una gran bella notizia! Facciamo martedì alle 16 in punto in ufficio da me? L’indirizzo è sul biglietto da visita. Tra qualche minuto ti invierò per messaggio anche un altro indirizzo: è della clinica che utilizziamo per svolgere i normali controlli di routine. Dovrai presentarti con un certificato, che ti rilasceranno nel giro di un paio di giorni, che attesti l’esito delle visite mediche effettuate. Tutto a spese nostre, non ti preoccupare.”
“Sì ho visto. Bhè, ok allora. A martedì”
“Perfetto, ciao Cristina”
Metto giù. Non ci posso ancora credere. L’ho chiamato. Che sto facendo? Devo essere impazzita.
Mi piace fare sesso, per carità, ma farlo per lavoro? Davanti a delle telecamere? Roba da matti.
«Bel racconto, molto molto realistico...ben fatto...merita la lettura del seguito »