Questa storia è un po’ un prequel del racconto in cui vi ho parlato del mio migliore amico d’infanzia: “Mamma con addosso quella vestaglia azzurra…”.
In quell’episodio vi ho già ampiamente descritto come trascorrevamo le giornate, io e lui nella nostra gioventù, fantasticando sulle donne che ci circondavano e sulle loro fantastiche tettone, desiderio ambito da ragazzini.
Siamo in estate, quindi circa tre o quattro mesi prima dell’episodio sulla vestaglia di mia mamma. In estate la mia mammina se ne stava in casa con abitini ridotti ai minimi termini. Addirittura, capitava spesso di vederla girare fra una stanza e l’altra in topless, con l’unico indumento addosso un paio di slip e null’altro, perfino scalza. Il suo abbondante seno, una quinta con enormi capezzoloni color rosa scuro che dava sul nocciola, sventolava sotto i miei occhi con conseguente inturgidimento del mio pisellone da adolescente.
Quando si “vestiva”, se si può dire che fosse vestita, su quegli slip indossava un comodo prendisole. E quel caldo pomeriggio d’estate di cui parlavo all’inizio del racconto la mia mammina aveva indossato un prendisole con decori floreali molto carino.
Le arrivava appena sotto le natiche lasciando scoperte le lunghe gambe ben in carne e quando sollevava le braccia (all’epoca mamma aveva una corporatura robusta) si scopriva la parte inferiore delle sue bianche chiappone.
Ma, più che sul sedere, i miei pensieri si concentravano sul suo fantastico decoltè. Già, perché quando la mia mammina piegava un po’ la schiena chinandosi in avanti, se ero fortunato da trovarmi in quel momento frontalmente a lei ne approfittavo subito per buttare l’occhio nell’ampia scollatura che si formava sotto il suo mento. Guardando dentro la scollatura si riuscivano a vedere entrambi gli enormi seni oscillare nel vuoto. Molto spesso in cima ai seni vedevo i capezzoli resi turgidi dal precedente strusciare del prendisole o da qualche spiffero freddo che li aveva precedentemente accarezzati.
O forse non era questione di spifferi o di vestiti che strusciano. Forse la mia mammina era perennemente eccitata come una piccola cagnetta affamata di sesso, magari perché la sua mente si concentrava su qualche maschione incontrato il giorno prima al mercato o passeggiando per strada. O forse, cosa più probabile, i suoi pensieri volgevano a quella sua avventura estiva che ebbe con Umberto qualche anno prima e di cui vi racconterò prossimamente.
Ad ogni modo, qualsiasi fosse l’origine dell’indurimento dei suoi capezzoli, io ne approfittavo per riempirmi gli occhi e successivamente per dar sfogo ai miei istinti da ragazzo adolescente. Poco mi importasse se quei seni mi avessero allattato alla nascita. Anzi… pensare questo, alimentava ulteriormente i miei desideri favorendomi fantastici orgasmi.
Ma il mio desiderio non era appagato a sufficienza. Volevo condividere con qualcuno queste mie voglie. E il mio migliore amico, il mio compagno di giochi, era la persona più indicata per questa condivisione. Anche perché la sua mammina, come vi ho già raccontato nell’altro episodio, contrariamente alla mia era molto carente di seno.
E così, un pomeriggio di quella calda estate, mi si accese la lampadina. Perché non fargli vedere dal vivo le stupende mammelle della mia mamma? In fondo, pensai, non dev’essere difficile. Basterà fargliela guardare come la vedo io. Mi affacciai al balcone della mia cameretta e guardai verso il palazzo dove abitava. A un tratto anche lui si affacciò nel suo balcone. Fu un attimo. Colsi la palla al balzo e lo chiamai invitandolo a venire da me. In realtà era un rituale. Quasi ogni pomeriggio, dopo pranzo, ci davamo appuntamento nei rispettivi balconi e si sceglieva se giocare da me o da lui. Ma quel giorno, appena aprii il portone per farlo entrare, feci qualcosa di diverso. Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai: “Quando mia mamma si piega in avanti, guardala dentro la scollatura, sotto il collo”.
Non aggiunsi altro e andammo subito in cucina dove c’era lei, con indosso quel bellissimo prendisole giallo rosso e verde, che sapeva di estate, intenta a stirare una gonna. Tutta la pelle umida e luccicante di sudore. Capelli crespi. Ciabattine infradito che mostravano le unghie smaltate rosso fuoco. E il suo decoltè che si allargava ad ogni movimento del braccio mentre spingeva il pesante ferro da stiro. Mamma salutò il mio amico, come aveva sempre fatto, e come sempre ci offrì un’aranciata da bere. Io la bevvi tutta d’un fiato mentre il mio migliore amico, lì accanto a me, cominciò a sorseggiarla osservando la mia mammina che riprendeva a stirare la sua catasta di biancheria appena lavata.
Aspettai di assicurarmi che i miei piani andassero per come li avessi progettati nella mia mente diabolica e così, appena vidi mammina piegarsi in avanti lasciando aprire la scollatura del prendisole e mettendo in mostra quelle turgide e luccicanti mammelle, girai gli occhi verso il mio amichetto per assicurarmi che fosse lì accanto a me, anche se non era necessario in quanto lo sentivo spingermi con la spalla in modo da per poter prendere il mio posto ed osservare meglio quel fantastico panorama che il Creato ha sapientemente costruito.
A quel punto gli cedei molto volentieri il mio posto da prima fila. Lo osservai, allontanandomi verso la mia cameretta, posizionato con la bibita in mano. Gli mancavano solo i popcorn per godersi quello spettacolo come se fosse al cinema.
Nella mia cameretta attesi in silenzio cercando, quasi inconsciamente, di immaginare coi pochi rumori udibili, la scena di lui che si eccitava guardando le tette di lei. Mi chiedevo se la mia mammina avesse intuito qualcosa. Se magari, anche lei fosse diventata volontariamente complice di quel gioco malizioso in cui avevo coinvolto a loro insaputa, sia lei che il mio amichetto. “Certamente”, pensai. Lei si presta al gioco. Non può non accorgersi che l’amico di suo figlio, un quindicenne che potrebbe a sua volta esser suo figlio, la sta guardando e si sta eccitando tremendamente. E si sta comportando da troia. Continua, come nulla fosse, a fargli vedere quelle ambite tettone osservando con la coda dell’occhio il suo pisello crescere fra le gambe e pensando a come vorrebbe mungerla e ciucciarla.
Ad un tratto in casa piombò il silenzio. Fu il momento in cui la mia fantasia si attivò vivacemente. Immaginai la mia mamma seduta al tavolo della cucina mentre estraeva la mammella destra dalla scollatura del prendisole mentre il mio amico si inginocchiava ai suoi piedi ed avvicinava le sue labbra al quel capezzolo rosa per ciucciarlo avidamente. Stavo per tirarlo fuori dai miei calzoni per far partire la mia mano lungo il cazzo pulsante, ma in quel momento lui mi raggiunse in camera. Dovetti rapidamente riprendermi da quell’attimo di eccitazione e i miei occhi puntarono subito i suoi calzoni dai quali sporgeva il suo membro ben indurito da quanto i suoi occhi avevano appena visto. Mi si avvicinò e, cercando di non farsi sentire da lei che continuava a stirare nella cucina, mi disse sottovoce: “Giusè…. ho visto le sue minnone. sono enormi, bellissime, e ho visto pure il suo capezzoloooo”. E con la mano si massaggiava pian piano dai pantaloncini l’enorme membro sporgente.
Sperai invano che gli venisse voglia di farsi una sega. Chissà come avrei reagito. Magari gli avrei fatto compagnia segandomi anch’io. E invece ci dedicammo subito ai consueti videogiochi dimenticando rapidamente quell’eccitante episodio. Voglio sperare che alla prima occasione, una volta rimasto solo, abbia dato sfogo ai suoi istinti primordiali impugnando il suo pisello e dedicandogli una mega sega, ripensando alle luccicanti tettone penzolanti nel vuoto che aveva profondamente impresso nella sua mente. Ma se avrà davvero fatto questo, non lo saprò mai. Una cosa però è certa. Per anni ho ripensato in più occasioni a quel caldo pomeriggio segandomi con mia grandissima soddisfazione per il piacere che gli avevo regalato quel pomeriggio.